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Salvatore Ruggiero

“Mafia Capitale”: le armi nascoste nel cimitero o nei battiscopa

Nascondendo le armi dentro il cimitero monumentale del Verano, gli uomini ritenuti essere il trait de union tra le ’ndrine calabresi e l’organizzazione «Mafia Capitale», pensavano di essere al sicuro. Invece i militari del Ros, durante una perquisizione effettuata lo scorso 11 dicembre negli spogliatoi a disposizione degli impiegati dello storico cimitero romano, avevano trovato alcuni documenti relativi ad armi, munizioni e anche un «serbatoio monofilare per pistola». Il caricatore era custodito nell’armadietto personale di Salvatore Ruggiero. L’uomo, secondo gli inquirenti, insieme a Rocco Rotolo, assicurava il collegamento tra la cosche calabresi e le cooperative gestite da Salvatore Buzzi. Un legame che garantiva ai romani una certa «protezione», una sicurezza ricambiata da Buzzi e Carminati che «avrebbero creato – scrivono gli inquirenti – la Cooperativa Santo Stefano Onlus, che nella progettualità dello stesso Buzzi sarebbe stata una “Cooperativa di ‘ndranghetisti”». Inoltre, a bordo della Citroen di proprietà di Ruggero, gli investigatori avevano anche trovato l’occorrente per la pulizia e manutenzione delle armi. Il Verano non era l’unico posto dove, secondo la procura di Roma, venivano custoditi gli armamenti. Rotolo, durante una conversazione intercettata successivamente all’arresto del «Cecato», spiegava al suo interlocutore di aver approntato, nei pressi della sua abitazione, un nascondiglio: «Ce l’ho a casa…mo’ poi ho preso la mezza panchina di queste..l’ho scavata dentro… gli ho fatto la vaschetta… e mo’ la monto…li scavo dentro… gli faccio il posto… poi ci metto un filo di silicone nel contorno…e chiudo…e la metto a mo’ di gradino». Ma le armi possono deteriorarsi a causa dell’umidità perché «il marmo è maledetto», quindi occorre celarle in un luogo dove sia possibile estrarle con facilità: «Basta togliere una mattonella del battiscopa per fare nu’ buco – continua l’indagato – incolli il battiscopa con la calamita… metti… u’ ferru… e il battiscopa..e la calamita nel buco». Così è possibile prelevare velocemente l’arma: «Quando ti serve…tiri avanti la calamita…tiri la mattonella….e stacchi la calamita…co’ la colla speciale… iu adesso quando ho tempo u facci…» continua l’uomo specificando che tale operazione risultava essere di sicura efficacia contro eventuali controlli delle forze dell’ordine: «Non mi’ ’i trovano mai…a me…a casa mia….u sistema è questo qua…ce l’ho dietro a cucina…e a stufa a pellet…o dietro l’armadio…non vanno mai col metaldetector basso capito…?». Effettivamente, presso la casa di Rotolo non è stata trovata neanche una pistola.

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Per quelli che “non è mafia”: Mafia Capitale si riorganizzava come un oliato clan

Minacce di morte, pizzini e regole sulla successione. Roba da associazione mafiosa, per l’appunto, quella che ieri la procura di Roma ha depositato al tribunale dei Riesame, chiamato a decidere sulla revoca della custodia cautelare di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, entrambi calabresi ed entrambi in carcere dall’11 dicembre scorso nell’ambito dell’inchiesta su Mafia Capitale (i giudici si sono riservati).

I due, accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, sarebbero il collegamento tra la banda guidata da Massimo Carminati e il clan Mancuso di Vibo Valentia. Un legame che avrebbe uno snodo centrale in Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative capitoline, considerato dai pm il braccio finanziario del “Cecato”. Parla chiaro l’informativa che i carabinieri del Ros del 3 gennaio: i legami con i calabresi c’erano eccome, secondo l’accusa.

Il 3 dicembre, giorno successivo ai primi arresti, Rotolo e Ruggiero (in quel momento ancora a piede libero, ndr) non si danno pace. Commentano gli arresti con gli amici, si preoccupano di non fare la stessa fine. E pensano alla gestione futura: già il giorno successivo alla retata, fissano un incontro per decidere che cosa ne sarà della Cooperativa 29 giugno, fino ad allora guidata da Buzzi.

Prima di andare alla riunione Rotolo incontra Franco La Maestra, ex brigatista condannato a 18 anni di carcere e coinvolto nell’omicidio di Massimo D’Antona, e uomo di fiducia di Buzzi. L’ex terrorista racconta: “Ieri l’ho visto (Buzzi, ndr). C’ha teso a specificà a noi de Giovanni (Campennì, ndr). .. ha detto… “quello non deve… non si deve neanche avvicina’…” le testuali parole so state queste mentre lo portavano via… “non voglio che Giovanni stia in mezzo ai piedi”… ci ha detto a me e a Salvatore (Ruggiero, ndr)”. Giovanni Campennì, imprenditore, secondo i pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli è il collegamento tra Buzzi e la ‘ndrangheta.

Non a caso Rocco e La Maestra si stupiscono delle parole di Buzzi e si chiedono se quest’ultimo non avesse appositamente voluto far individuare Campennì dalle forze dell’ordine. “E se l’è cantatu stu scemo di merda?  –  chiede Rotolo  –  I Mancuso u ‘mmazzano”. Sta di fatto che, proprio come nella tradizione mafiosa, Buzzi negli attimi prima di finire in carcere, riesce a dare le indicazioni sulla sua “successione” alla guida delle cooperative. Vuole escludere Campennì e decidere chi deve prendere il suo posto. “Mentre andava via  –  dice ancora La Maestra a Rotolo  –  m’ha guardato e m’ha fatto: “Me raccomando, non litigate. Tu sei il capo, mi raccomando, non litigate”. Poi mentre andava via mi ha detto: “Ci vediamo tra due anni”… lui s’è già attrezzato”.

Infine i pizzini. I militari del Ros ne hanno sequestrati alcuni a casa di Salvatore Ruggiero. In mezzo a una serie di ricevute di pagamento da parte della Cooperativa 29 Giugno, gli investigatori hanno trovato anche due pen drive, una lettera del 2004 in cui Buzzi invitava i suoi soci e dipendenti a votare Oriano Giovannelli e Nicola Zingaretti al Parlamento europeo e tre pizzini. Uno con la dicitura “Glok 179.21, uno con scritto “Rosario 29 giugno” e un terzo: “Fasciani”. Probabilmente il riferimento è al clan che da anni gestisce la malavita di Ostia. Elementi sui quali ora il Ros è al lavoro.

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Buzzi che citofona alla ‘ndrangheta

Per tutti quelli che “sono solo affaristi”:

Il patto con la ‘ndrangheta

Gli arresti dei carabinieri del Ros sono scattati poche ore prima dell’audizione di Pignatone all’Antimafia: in carcere sono finiti Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, che già nel 2009 si sarebbero recati in Calabria, su richiesta di Buzzi, per accreditarsi con la cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), in relazione all’esigenza di ricollocare gli immigrati in esubero nel Cpt di Crotone. A luglio scorso il clan avrebbe chiesto il conto: in cambio della protezione Buzzi – con l’assenso di Carminati, a cui giovedì i militari hanno sequestrato una katana, cioè una spada da samurai, nella casa di Sacrofano – avrebbe fatto ottenere l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino a Giovanni Campennì, imprenditore di riferimento della cosca, mediante la creazione della cooperativa Santo Stefano. Il clan calabrese sarebbe comandato da Sabatino Di Grillo e dal suo braccio destro Vincenzo Evolo, già coinvolti nell’inchiesta sui legami tra la ‘ndrangheta e alcuni imprenditori in Lombardia: giovedì Evolo è stato perquisito e ha ricevuto un avviso di garanzia.

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