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San Siro

La ‘ndrangheta che bussa a San Siro

L’ultimo obiettivo della ‘ndrangheta a Milano è lo stadio di San Siro, in particolare il servizio catering delle partite del Milan, con un imprenditore del settore manovrato dalle cosche. Nuova ondata di arresti della Procura distrettuale antimafia di Milano: 59 le persone catturate dal Nucleo investigativo dei carabinieri. Coinvolta la cosca di ‘ndrangheta Libri-De Stefano-Tegano. Secondo quanto emerge dall’indagine, gli affiliati avevano messo in piedi un complicato schema per ottenere l’appalto, coinvolgendo addirittura un carabiniere, per gettare discredito sull’azienda che lo deteneva legittimamente. Contestati ben 140 capi di imputazione, che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al traffico di armi, dalla corruzione di pubblico ufficiale all’estorsione, fino all’associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

L’imprenditore

L’imprenditore al servizio della cosca è Cristiano Sala, titolare della «Maestro di Casa Holding», una grande azienda del settore ristorazione fallita nel 2010 e già responsabile del catering di San Siro per l’Inter. Sala, che dopo il fallimento gestiva occultamente altre società, era pieno di debiti e, anziché chiedere alle banche, aveva deciso di rivolgersi per aiuto direttamente alla ‘ndrangheta. La cosca gli aveva ripianato i debiti, e lui era entrato a far parte attivamente dell’associazione per delinquere. Aveva poi trovato un complice, un carabiniere corrotto, Carlo Milesi, in servizio presso l’Ispettorato del lavoro. Milesi aveva deciso di mettere nei guai la concorrenza, ovvero la IT Srl, e per questo aveva messo in piedi una finta indagine con false accuse di sfruttamento del lavoro clandestino. Aveva organizzato persino un’ispezione ai danni della ditta il 16 dicembre 2013, proprio nel giorno in cui a San Siro si disputava la partita Milan-Roma.

Il giornalista ingannato e il carabiniere corrotto

Dopo il blitz, Milesi aveva approcciato alcuni dirigenti del Milan, risultati completamente estranei alla vicenda, per dipingere a tinte fosche l’operato della società rivale, e mandato anche alcune false imbeccate a un giornalista che, del tutto ignaro, aveva scritto un articolo contribuendo ad aumentare il clamore mediatico sulla IT Srl. Le intercettazioni ambientali e telefoniche condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo hanno permesso di smascherare il collega infedele e di evitare che l’appalto per il catering del Milan nell’anno 2014-2015 finisse nelle mani delle ‘ndrine. «Ci è dispiaciuto molto, e siamo stati inflessibili, operando con rigidità», ha commentato il generale Maurizio Stefanizzi, comandante provinciale dei Carabinieri di Milano.

Le cosche

L’indagine è partita circa un anno e mezzo da un fatto minore: spari contro l’auto di un imprenditore proprietario di alcune concessionarie automobilistiche. L’imprenditore in questione risultava anche in rapporti con Giulio Martino. Martino, già agli arresti negli anni ‘90 e recentemente tornato in carcere per traffico di droga, è il «proconsole» in Lombardia della cosca Libri-De Stefano-Tegano, una delle più potenti di Reggio Calabria, protagonista delle cosiddette «Prima e Seconda Guerra di ‘ndrangheta” che insanguinarono la Calabria tra gli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘90. «In 20 anni non era cambiato nulla – ha raccontato il sostituto procuratore Marcello Tatangelo, che ha coordinato l’indagine con il procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Milano Ilda Boccassini e con il procuratore aggiunto Dda Paola Biondolillo – perché abbiamo scoperto che dopo il rilascio Giulio Martino era tornato a coordinare le attività criminali della ‘ndrangheta nella zona di piazza Prealpi e viale Certosa. Com’è consuetudine, questi uomini mantenevano un rapporto costante con la cosca originaria di Reggio Calabria e i vincoli di sostegno alle famiglie degli aderenti in prigione».

La sala bingo

È il caso, oltre che di Cristiano Sala, anche di Michele Surace, originario di Reggio, che si rivolge alla ‘ndrina per aprire una sala bingo a Cernusco e, quando la redditività del progetto è in declino, chiede agli ‘ndranghetisti di incendiare il locale. «Era da circa 20 anni che non si operava in termini di criminalità organizzata a Milano – ha detto il generale Stefanizzi – e l’organizzazione ha mostrato una profonda diversificazione del business, che andava dal traffico di droga soprattutto per sovvenzionarsi e garantire una rendita alle famiglie dei carcerati, fino ai tentativi di condizionare l’aggiudicazione di appalti».

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