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Santa Sede

“Il Vaticano calpesta i diritti umani”: parla l’avvocato di Monsignor Balda

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Non ci sta, l’avvocato Antonia Zaccaria, difensore di Monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, che deciso di rompere il silenzio finora “anche in rispetto della Santa Sede” e a Fanpage parla di “violazione dei diritti fondamentali dell’uomo e del diritto di difesa” di fronte a cui “non si può rimanere inermi”. Oggi in Vaticano inizia il processo nei confronti di Angel Lucio Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui, Nicola Maio, Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi. I primi tre sono chiamati a rispondere del reato di cui all’art. 248 cod. pen. (quest’ultimo come sostituito ad opera dell’art. 25 della Legge n. IX dell’11 luglio 2013) «perché all’interno della Prefettura per gli affari economici e di COSEA si associavano tra loro formando un sodalizio criminale organizzato, dotato di una sua composizione e struttura autonoma, i cui promotori sono da individuarsi in Angel Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, allo scopo di commettere più delitti di divulgazione di notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato».

Come ci spiega l’avvocato Zaccaria “A poche ore dalla prima udienza, importante per dichiarare  l’innocenza o la colpevolezza, Monsignor Vallejo Balda non ha un difensore, visto che quello di fiducia non viene ammesso, nonostante la producente collaborazione con gli inquirenti” nonostante non siano mai stati evidenziati problemi durante tutta la fase istruttoria. “La Santa Sede – dice l’avvocato – emblema del rispetto dell’uomo e dell’Amore di Dio, nella prima fase ha permesso la presenza del difensore di fiducia, raggiunta la fase di collaborazione per fare emergere la verità sulla vicenda, ha poi negato a Monsignore di essere assistito e difeso dal proprio difensore. Ha preteso di applicare una norma, che prevede la facoltà di ammettere in coodifesa, anche un difensore non abilitato presso lo Stato Vaticano, adducendo una motivazione vacua. A poche ore dal processo si dovrà nominare un difensore abilitato ed iscritto nell’apposito elenco della Santa Sede, che nulla conosce della vicenda giudiziaria, al quale verrà consegnata della documentazione probatoria a scelta degli inquirenti, in disprezzo delle norme del codice di procedura, che prevede la messa a disposizione del difensore di tutto il fascicolo di indagine. Premettendo che il legale nominato il 18 novembre 2015, con i requisiti richiesti dalla Santa Sede, ha rinunciato al mandato a poche ore dall’inizio del processo.”

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“La Giustizia faccia il suo corso” e invece il Vaticano salva Don Inzoli

don-inzoli-675“Gli atti istruttori e processuali sono sub secreto pontificio”. Con questa motivazione la Santa Sede ha respinto la rogatoria richiesta dalla Procura di Cremona per conoscere che cosa avesse appurato il Vaticano sulla vicenda di don Mauro Inzoli, il prete cremasco di Comunione e Liberazione condannato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per pedofilia.

Il procuratore Roberto Martino il 20 febbraio scorso ha ricevuto un’informativa del ministero della Giustizia che dava notizia della decisione presa dalla Segreteria di Stato del Vaticano il 23 gennaio scorso. Oltre Tevere non sono intenzionati a collaborare con chi ha aperto un’indagine a seguito dell’esposto presentato il giugno scorso dal parlamentare di “Sinistra Ecologia e Libertà” Franco Bordo.

Dai palazzi della Santa Sede non sarà trasmesso alcun atto alla Procura. I documenti che hanno portato Papa Francesco a ridurre allo stato laicale il prete noto a tutti per la passione per le auto di grossa cilindrata e il legame con l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, resteranno nelle segrete stanze. Il “no” alla rogatoria, tuttavia, non fermerà le indagini: il procuratore Martino ha già messo a verbale la testimonianza di diverse persone.

Sul sacerdote 64enne, ex presidente del Banco Alimentare e punto di riferimento per il movimento fondato da don Giussani, già lo scorso gennaio si era scatenata una bufera vista la sua presenza in seconda fila al convegno sulla famiglia promosso dal quotidiano “La Croce” con il Pirellone. Una fotografia che lo ritraeva mentre stringeva la mano a Roberto Maroni, che in passato aveva già incontrato il discusso prete, aveva sollevato accese polemiche tanto da far dire al numero uno del Pirellone: “Se fossi stato informato della sua presenza, quella persona sarebbe stata allontanata”.

La scelta del Vaticano per ora “salva” don Inzoli nonostante l’estate scorsa il Pontefice avesse emanato un decreto pesante nei suoi confronti: “In considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori – si leggeva nel documento emanato dalla Congregazione per la dottrina della fede e diffuso dalla diocesi di Crema – don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza. Gli è inoltre prescritto di sottostare ad alcune restrizioni, la cui inosservanza comporterà la dimissione dallo stato clericale. Don Mauro – proseguiva la condanna dell’ex Sant’Uffizio – non potrà celebrare e concelebrare in pubblico l’Eucaristia e gli altri sacramenti, né predicare, ma solo celebrare l’Eucaristia privatamente. Non potrà svolgere accompagnamento spirituale nei confronti dei minori o altre attività pastorali, ricreative o culturali che li coinvolgono. Non potrà assumere ruoli di responsabilità e operare in enti a scopo educativo. Non potrà dimorare nella diocesi di Crema, entrarvi e svolgere in essa qualsiasi atto ministeriale. Dovrà inoltre intraprendere, per almeno cinque anni, un’adeguata psicoterapia”.

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