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I poliziotti bugiardi della Diaz sono stati puniti. Con 47 euro di multa.

Ne scrive Marco Preve per Repubblica:

A 15 anni da quel drammatico G8 del luglio 2001 una piccola breccia nel muro di omertà eretto dalle istituzioni permette di scoprire quale sanzione disciplinare sia stata comminata agli agenti e funzionari responsabili della macelleria messicana e delle false prove della scuola Diaz: 47 euro virgola 57 centesimi.

Una giornata di lavoro decurtata di contributi e altro. A dire il vero, l’assistente capo (era semplice agente nel 2001) Massimo Nucera condannato a 3 anni e cinque mesi per falso e lesioni (queste ultime prescritte) a natale del 2013 era stato condannato dal Consiglio provinciale di disciplina della polizia ad una sospensione dello stipendio di un mese.

Ma neppure un anno dopo, nel marzo del 2014, il suo ricorso veniva accolto dall’allora capo della polizia in persona, Alessandro Pansa – da pochi mesi è diventato capo dei servizi segreti italiani – che riduceva da 30 giorni a un solo giorno la sanzione.

Incredibilmente Nucera veniva ritenuto responsabile di un comportamento colposo e non doloso, il che avrebbe fatto lievitare automaticamente la pena disciplinare. Nella mite sentenza firmata da Pansa, Nucera è ritenuto responsabile di un “comportamento non conforme al decoro delle funzioni… dimostrando di non aver operato con senso di responsabilità…”. Un buffetto per aver partecipato a quegli eventi che i giudici di Appello e Cassazione così hanno descritto “L’enormità di tali fatti, che hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”.

Lo stesso Pansa, per altro, un anno dopo, nel giugno del 2015, denunciava al Consiglio Superiore della Magistratura il pm del processo Diaz, Enrico Zucca, il quale in un dibattito avvenuto durante la manifestazione “Repubblica delle Idee” aveva ricordato alcuni passaggi della durissima sentenza con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva condannato l’Italia per i fatti della Diaz in merito all’assenza di leggi e norme finalizzate a punire la tortura e i torturatori.

Tra le ragioni della condanna quella relativa all’assenza di qualsiasi forma cautelare per sospendere dal servizio, o almeno bloccarne la carriera, pubblici funzionari anche solo indagati o sospettati di gravi violazioni come appunto quelle avvenute alla scuola Diaz o nella prigione lager di Bolzaneto.

E la vicenda Nucera ne è ancora una volta l’esempio. Quando Nucera viene giudicato dal Consiglio di disciplina (presieduto dal dirigente Lorenzo Suraci all’epoca numero due della questura di Roma) nel suo curriculum non c’è soltanto la condanna definitiva per i fatti genovesi del luglio 2001 relativa anche alla bufala della coltellata ricevuta da parte di un occupante della Diaz (Nucera consegnò il proprio giubbotto strappato ma le indagini dei carabinieri svelarono che si era auto inferto la coltellata).

Pochi anni dopo, nel 2005, a Teramo, sempre indossando al divisa del VII Reparto Mobile di Roma, finisce di nuovo nei guai. Due celerini picchiano un tifoso della squadra di basket locale e Nucera viene accusato di aver coperto i colleghi raccontando, ancora una volta, delle bugie. E’ condannato per falsa testimonianza a un anno e quattro mesi ma di nuovo la prescrizione lo salva in Appello.

Questo precedente però non interferisce con il super sconto disciplinare del prefetto Pansa. Anche per una questione di equità. Infatti, per determinare la giusta sanzione, si legge nel provvedimento, è necessario tenere conto che “la situazione penale del Nucera è comparabile con altro coimputato sanzionato con pena pecuniaria di 1/30 che non giustifica la diversità delle sanzioni preposte”. In altre parole altri poliziotti condannati per la Diaz hanno ricevuto sanzioni disciplinari minime. Chi? Forse tra altri 15 anni lo sapremo.

Sul tema della tortura da segnalare che il 15 luglio a Genova si terrà un importante convegno in cui per la prima volta in 15 anni si confronteranno un esponente del Governo – il sottosegretario alal Giustizia Gennaro Migliore – e una delle vititme del G8,

il giornalista Lorenzo Guadagnucci che venne picchiato alla Diaz e rinchiuso a Bolzaneto.

E che la ferita del 2001 sia ancora aperta lo dimostra anche il giallo della Cassazione dove le sentenze Diaz e Bolzaneto sono state misteriosamente oscurate per poi ricomparire altrettanto inspiegabilmente seppur con i nomi delle vittime cancellati.

Fascisti su Marte e poliziotti alla Diaz.

Eh, sì: direi proprio che il messaggio della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo è stato recepito. Come si dice in italiano l’esser fieri di avere commesso un reato? Basta leggere qui:

Schermata del 2015-04-14 14:51:32Qui il profilo dell’eroe.

Scuola Diaz: 11 arresti 13 anni dopo

diaz_scuola_g8_irruzione_psDopo tredici anni (13) sono stati arrestati undici dei poliziotti responsabili della “macelleria messicana” all’interno della Scuola Diaz a Genova durante il G8 del 2001. Certo che in questi tempi di nuovismo (tra anno nuovo, pd nuovo e centrodestra nuovo) la notizia è passata pressoché inosservata come un normale raffreddore invernale ma non è facile dimenticare chi con grande sicumera ci diceva che alla Scuola Diaz non era successo nulla di illecito, dimenticare Castelli che definì normale lo stato delle stanze durante una visita alcuni giorni dopo senza notare il sangue sulle pareti, oppure il Ministro dell’Interno Bobo Maroni che oggi gioca a fare la verginella lassù in Lombardia, o il Ministro della Giustizia Nitto Palma oppure Gianfranco Fini che fu presente tutto il tempo nella sala operativa della Questura. Forse vale la pena di ricordare anche il brutto errore di Tonino Di Pietro che si accodò ai berluscones per negare una Commissione d’Inchiesta sul G8. Insomma è passata un’era eppure basterebbe così poco per ricordare.

Ci sono voluti quasi tredici anni ma adesso la vicenda dell’irruzione nella scuola Diaz, che chiuse nel sangue i giorni drammatici del G8 di Genova, può dirsi finalmente compiuta.

Fra Natale e Capodanno, su ordine del tribunale del capoluogo ligure, sono stati infatti arrestati 11 dei poliziotti condannati in via definitiva per l’irruzione del 21 luglio 2001 nella scuola dormitorio e per l’introduzione nella stessa di prove false che erano servite a giustificare la «macelleria messicana» (la definizione è di Michelangelo Fournier, all’epoca del G8 vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma) che aveva causato 87 feriti gravi e gravissimi. Gli ultimi due funzionari per cui sono scattati gli arresti, il pomeriggio del 31 dicembre, sono stati Spartaco Mortola, ai tempi del G8 capo della Digos Genovese poi diventato questore vicario di Torino e capo della Polfer nel capoluogo piemontese, e Giovanni Luperi ex dirigente Ucigos poi passato ai servizi segreti prima della pensione.

I due, in base alla sentenza definitiva emessa dalla Cassazione nel luglio scorso, devono scontare ancora rispettivamente otto mesi e un anno di reclusione (sui quattro di condanna). Li passeranno agli arresti domiciliari e devono ringraziare il decreto «svuota carceri» del ministro della Giustizia Cancellieri se per loro non si sono aperte le porte di una cella dopo che il tribunale di Sorveglianza di Genova, nei giorni scorsi, ha respinto le richieste di affidamento ai servizi.

Stessa sorte, soltanto poche ore prima, era toccata anche a Francesco Gratteri, ex capo dello Sco ed ex numero 3 della Polizia e una carriera piena di successi e encomi nella lotta contro la mafia (fu tra i poliziotti che fecero scattare la manette ai polsi di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca) prima della sospensione dal servizio e della condanna definitiva che lo consegna adesso ad un anno di arresti domiciliari sui quattro a cui lo aveva condannato la Cassazione.

Dopo una battaglia legale durata anni, dopo tre processi, continui rinvii, silenzi, coperture istituzionali, depistaggi e infine prima la prescrizione, che ha cancellato le accuse di violenze lasciando in piedi solo quelle per la costruzione di prove false, e poi l’indulto, nei giorni scorsi è finito agli arresti anche l’ex capo dello Sco Gilberto Caldarozzi, per cui la Cassazione ha respinto il ricorso con cui chiedeva la cessazione della detenzione domiciliare e l’affidamento ai servizi sociali, che deve scontare gli otto mesi restanti della condanna originaria a 3 anni e 8 mesi (ridotta grazie all’indulto).

Stesso provvedimento, visto che il tribunale di sorveglianza ha negato per tutti l’affidamento ai servizi, anche per Nando Dominici, ai tempi del G8 capo della squadra Mobile di Genova e oggi pensionato, Filippo Ferri, ex capo della squadra mobile di Firenze e oggi responsabile della sicurezza del Milan, Massimo Nucera, l’agente che finse di essere stato accoltellato all’ingresso nella scuola Diaz, Salvatore Gava, ex capo della Mobile di Viterbo che ha lasciato la divisa, Fabio Ciccimarra, ex capo della Mobile de l’Aquila, e l’ispettore capo Maurizio Panzieri.

Tutti, durante gli arresti domiciliari che varieranno dagli otto mesi all’anno di detenzione, potranno godere di alcune ore di permesso, potranno utilizzare il telefono e godere degli sconti di pena per buona condotta. E per molti di loro non ancora arrivati alla pensione, una volta terminata la sospensione del ministero dell’Interno legata all’interdizione dai pubblici uffici, la carriera in polizia potrebbe anche ripartire dopo le molte promozioni accumulate in questi quasi tredici anni.

Massimo Solani per L’Unità

Solidali dalla parte sbagliata

Invece, a voler fare uno sforzo di giudicare le cose come in un paese normale, succede che un ex capo della polizia e oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si sia detto “solidale” con dei dirigenti di polizia condannati in via definitiva per aver mentito e cercato di occultare le violenze compiute nella scuola Diaz, e le cui responsabilità in quelle violenze non sono state sanzionate solo per prescrizione dei reati. Succede che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si metta dalla parte di chi, invece di proteggere delle persone, si è occupato di aggredirle, picchiarle, e far sparire le tracce di queste aggressione, cercando di addossare la responsabilità ad altri.

Succede, insomma, che ci aspetteremmo che un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio oggi presenti le sue dimissioni, o che oggi lo stesso Presidente del Consiglio faccia in modo di ottenerle. Perché non è pensabile che si faccia come se fosse normale tutto questo, in un paese normale.

Luca Sofri scrive delle strabiche solidarietà di questo paese.

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G8: dietro al sangue e dietro alla sentenza

Sono definitive tutte le condanne ai 25 poliziotti per l’irruzione della polizia alla scuola Diaz al termine del G8 di Genova la notte dei 21 luglio 2001. Lo hanno deciso i giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione. Confermata anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, che dunque colpisce alcuni altissimi gradi degli apparati investigativi italiani: Franco Gratteri, capo della Direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi, capo dello Servizio centrale operativo, Giovanni Luperi, capo del dipartimento analisi dell’Aisi, l’ex Sisde. Tutti condannati per falso aggravato, l’unico reato scampato alla prescrizione dopo 11 anni, in relazione ai verbali di perquisizione e arresto ai carico dei manifestanti, rivelatisi pieni di accuse infondate. ”La sentenza della Corte di Cassazione – ha dichiarato il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri – va rispettata come tutte le decisioni della Magistratura. Il ministero dell’Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte”.

E fin qui tutto bene. Almeno rimane la sensazione di una giustizia che abbia avuto voglia di andare in fondo. Ma intanto rimane il sangue. Il sangue, la politica e forse il punto vero.

Il sangue della Diaz è la sindone della sospensione della democrazia in Italia. Lo pensavo ieri e lo penso ancora di più questa mattina. In Italia non ci siamo accorti che la comunità internazionale aveva già condannato ciò che era avvenuto. La verità storica da noi viene certificata solo dalle sentenze (quando abbiamo la fortuna di averne una). Prima è troppo difficile.

Poi la politica: il Parlamento non ha voluto l’istituzione di una commissione d’inchiesta. Ricordiamocelo, per favore. Perché oggi chi attacca smodatamente Napolitano per le telefonate di Mancino (e, nel punto, hanno ragione ma i modi lasciano perplesso) è lo stesso che ha affossato la commissione su Genova.

Poi c’è la politica che forse proprio oggi potrebbe riflettere sull’eventualità di introdurre il reato di tortura. Ma ve lo vedete questo governo e questa maggioranza? Niente, si spegnerà anche il dibattito.

E poi c’è forse quello ce è il punto vero. E lo coglie benissimo Matteo Bordone sul suo blog:

Perché quando a Bolzaneto e alla scuola Diaz quei pubblici ufficiali mi facevano vergognare di avere la cittadinanza italiana, non lo stavano facendo nel senso della vergogna, del moto d’orgoglio, ma nella sostanza. Un italiano che pesta a sangue una persona inerme è prima una persona, e poi un italiano. Un agente di polizia che pesta a sangue una persona inerme, e lo fa in servizio, è prima un pezzo dello Stato, e poi una persona. E allora la sua colpa è tre volte più grave. Perché mi rappresenta, e quello che fa lo fa per mio conto; perché a lui sono stati delegati dei poteri legati alla forza e alla violenza che i comuni cittadini non possono giustamente esercitare; perché cercando di prendersi gioco delle indagini e dello Stato dall’interno lo ferisce, lo indebolisce nelle sue fondamenta.

Ma quella di oggi è una buona notizia. Per prima cosa perché la giustizia ha dimostrato di saper essere più moderna e democratica di quella di venti anni fa, e lo Stato è venuto prima della Ragione di Stato. E poi perché così i disfattisti che dicevano che non sarebbe mai successo nulla hanno avuto torto. E quando hanno torto i disfattisti, quelli che tanto non cambia mai niente, ad avere ragione quell’idea di progresso che in questo paese fatica così tanto ad attecchire.

La responsabilità è individuale. Dei poliziotti criminali sono feccia, e forse i primi a volerli fuori dalla polizia dovrebbero essere i poliziotti onesti.

 

Scuola Diaz: vogliono il film al passo con la (loro) giustizia

Mi crea un certo sconcerto leggere la notizia che il sindacato di Polizia COISP trovi il tempo per chiedere a Domenico Procacci (produttore del film diretto da Daniele Vicari sui fatti di Genova) di aspettare la sentenza di Cassazione e, addirittura, offrirsi consulente per una visione dei fatti a ‘trecentosessanta gradi’. Anche perché la sentenza di secondo grado (lo scrive bene il sempre preciso Agostino Riitano) parla di “vile massacro” e di “condotte aggressive” e scrive chiaramente chiaramente come l’esito dell’operazione “sia stato l’indiscriminato e assolutamente ingiustificabile pestaggio di quasi tutti gli occupanti”. E il sangue sui muri parla da solo. A trecentosessanta gradi.

Genova, nome per nome

In occasione del decennale della contestazione al G8, Carlo Gubitosa (direttore della rivista Mamma!) e le edizioni Altreconomia vogliono contribuire alla memoria storica di quei giorni diffondendo su internet “Genova, nome per nome”, un libro/inchiesta di 600 pagine, frutto di un lavoro di ricerca e documentazione durato due anni. Il libro è qui.