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“Vaccino? Un lombardo vale più di un laziale”: l’eurodeputato Ciocca e l’infinito odio della Lega

Centinaia di magliette, migliaia di manifesti, quintali di retorica: la Lega di Salvini che vorrebbe diventare “nazionale” ha usato tutti gli strumenti possibili in questi ultimi anni per convincerci che la sua matrice padana fosse solo un lontano ricordo, che fosse diventato un movimento interessato alle esigenze di tutti, che davvero fosse distante il ricordo di Bossi (e Salvini stesso) che se la prendevano con i terroni scansafatiche e con i romani ladroni.

Poi basta lasciarli parlare un po’, aspettare solo che mollino la frizione e alla fine il loro pensiero viene fuori e ritorna, mostruoso, disuguale e razzista come sempre, senza che sia cambiata una virgola. A cadere nella trappola questa volta ci pensa Angelo Ciocca, uno di quelli che più di una volta ha faticato nel tenersi a freno e uno di quelli che sa bene come funzioni nella Lega: dire una boiata, spararla grossa, è il modo migliore per farsi notare dai propri seguaci e mal che vada si finge di porgere delle tiepide scuse oppure si dichiara di essere fraintesi.

Dice Ciocca, eurodeputato della Lega, che “se si ammala un lombardo vale di più che se si ammala una persona di un’altra parte d’Italia” e quindi che bisogna vaccinare in base all’importanza economica del territorio. Niente vaccino quindi per chi non fattura, non produce e non torna utile alla produttività. La dichiarazione del resto non è molto distante da ciò che ha detto Guzzini di Confindustria Macerata qualche giorno fa, poi fortunatamente dimessosi per la pessima figuraccia per la frase sugli “affari che devono andare avanti e se muore qualcuno, pazienza”.

Ciocca, vale la pena ricordarlo, è lo stesso che a ottobre disse che il Covid era più diffuso in Francia e in Spagna “perché noi italiani siamo più puliti” e perché “abbiamo il bidet”. Il punto è che la Lega continua a contenere nella pancia quel germe del razzismo che quando non riesce a puntare verso gli stranieri devia inevitabilmente nella suddivisione fra gli italiani. È sempre così: a forza di odiare diventano tutti potenzialmente odiabili, è solo questione di tempo.

Ma la sensazione peggiore, quella che intossica questo tempo, è che in fondo Ciocca sia solo stato talmente ingenuo da avere detto ciò che in molti pensano. Sarebbe curioso sapere quanto quel suo ragionamento sia popolare tra pezzi di classe dirigente che al contrario di Ciocca hanno semplicemente la furbizia di non dire ma forse condizionano il proprio fare.

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Terroni e fili spinati

So che ultimamente lo sto citando spesso ma non posso che essere d’accordo con quanto scrive oggi Alessandro:

Ma a me il ritorno agli stati nazionali dell’Ottocento – confini, muri, chiusure, fili spinati, gente che urla contro lo straniero – fa un po’ sorridere: mi sembra un tentativo di fermare il mare con le mani. Le tecnologie ci portano ogni giorno di più nella casa comune, i ragazzi vanno all’estero con l’Erasmus e non solo, questo straccio di post lo possono leggere pure in un cyberbar di Dakar.

Insomma non è cosa.

La scommessa semmai è provare a fare, gestire e governare in modo umanista l’altra cosa, cioè lo stare insieme. E mai come adesso mi vengono in mente i rompiscatole che di sovranità democratica transnazionale parlano da anni, ma anche gli utopisti tipo Jacque Fresco, Emery Reves o Daisaku Ikeda: gente che oggi vediamo come strampalata, domani chissà.

Radio Mafiopoli 13 – Natale con i buoi

NATALE CON I BUOI

Caro Babbo Natale,
mi chiamo Luigino, quest’anno la letterina di Natale il mio babbo mi ha detto di scrivertela a te e non più ad Andreotti come gli anni scorsi perché ormai, dice il babbo,  quello è fuori di testa e rischiamo che ci arrivi ancora sotto l’albero il sottobicchiere con la faccia di Gelli che il mio fratellino c’è rimasto così male che ha frignato fino ai primi d’aprile. Io gli ho detto al babbo – allora scriviamola al presidente del consiglio! – ma lui dice – lascia perdere… che con il cognome che ci chiamiamo capisce subito che siamo terroni e comunisti e ci regala un corso intensivo di conversione alla fede di Emilio Fede. E io non ho capito se la fede è quella di Fede o intendesse la fede quella maiuscola o la maiuscola era per fede, ma il babbo mi ha detto di smetterla che oramai sto natale ci ha anche la fede, in cassa integrazione.  Allora scriviamola alla minoranza che ci può aiutare! – gli ho detto. E lui ha cominciato a diventare tutto rosso e paonazzo e a ridere come un ossesso che si è subito bevuto con la mamma un bel bicchiere di rosso in due… erano anni che non lo vedevo andare a letto così felice e contento. Allora caro Babbo Natale quest’anno la scrivo a te la letterina, che ormai come dice mio papà sei il candidato più accreditato per farci uscire dalla crisi.
Quest’anno giù a Mafiopoli ci hanno detto a scuola che sarà un natale di crisi nera:  che neanche ci hanno avuto i soldi per stamparci i manifesti per prometterci  più acqua per tutti che facevano tanto aria di natale anche se non ci credeva più nessuno, perché a natale alla fine è il pensiero che conta.
Se passi da Palermo mandaci giù dal camino ai miei amici mafiopolitani uno di quei libri dell’autogrill su come gestire ottimizzati l’azienda 2.0 e tutte quelle storie lì. Perchè proprio in questi giorni la polizia ci ha fatto 99 ingabbiati che volevano rimettere in piedi la nuova commissione mafiopolitana come ai bei tempi di Riina ‘u Curtu (che il babbo dice che era una specie di parlamento ma molto più silenzioso e con gli scuri alle finestre molto più scuri). Ecco se passi di lì almeno s’imparano che se si mettono a fare la commissione in 99 succedono quei naturali problemi di convivenza tipici della democrazia. Pensa, Babbo Natale, che a capo della commissione antiantimafia questi gran geni dei boss ci volevano metter Bernardo Capizzi si vede perché ci aveva il cognome di uno che aveva già capito tutto,  ed è un bel giovanotto di 64 anni. Papà dice che deve essere proprio l’anno santo dei rinnovamenti a favore dei giovani in tutti i campi, questo. Ecco se tu ci regali un bel manuale a questi bei boss mafiopolitani magari cominciano a capirci un po’ di più e magari anche a curare un po’ di più l’immagine e ad affittarsi una sala riunioni decente senza riunirsi sempre in queste casupole tutte sgarruppate con l’arbre magique alla ricotta che viene la tristezza nelle ossa solo a guardarle. Se riesci e non è troppo disturbo a Riina U’Curtu il libro  portaglielo solo con le figure, altrimenti si incaglia al primo congiuntivo che dice che i congiuntivi sono il vero problema di Mafiopoli e che li hanno inventati i comunisti. E se vuoi proprio esagerare e fare un figurone, Babbo Natale, a Zu’ Binnu Provenzano portaglielo su una bella carta intestata a forma di bibbia, che sono così sicuro al cento che si commuove perché ci ha il cuore commuovibile, mica solo la prostata. E magari salutami Raccuglia e Messina Denaro, perchè babbo mi dice che sei l’unico che ha il loro numero di telefono. Perché, dice babbo, quella è gente che se ha bisogno di solito ti chiamano loro.
Se passi da Napoli butta giù un altro problema a caso di quelli tuoi che c’hai nel sacco. Così ci dimentichiamo presto anche questi ultimi e li spediamo insieme a tutti gli altri nella discarica della distrazione. E visto che ci sei, se puoi controllare nel tuo mazzo di chiavi delle porte di tutto il mondo guarda se ti avanzano quelle per la discarica, giù a Chiaiano: che siccome è un posto non pericoloso e sotto controllo come continuano a dirci magari, visto che sono così sicuri e ci rassicurano, gli prepariamo il cenone sopra la montagnola. E voglio vederli che faccia fanno mentre si mangiano gli astici che diventano fluorescenti.
Da Gomorra puoi anche non passare, tanto lì ci passa qualcuno di Sandrocàn Schiavone a darci la mesata e a natale pure con la tredicesima. E poi se ti vedono in centro tutto rosso e con le renne ricominciano a frantumarceli che è colpa di Roberto e del suo libro e ricomincia la tiritera. E magari regala un fiore a Rosaria Capacchione, e prova a convincerla anche tu che in una Mafiopoli civile è normale dover vivere in freezer per aver scritto i fatti degli altri. Che sono sicuro che non ci crede ma almeno le strappi un mezzo sorriso.
Se passi da Buccinasco (occhio alle code in tangenziale) lascia nel camino del sindaco Cereda uno di quei pupazzi cinesi che gli tocchi il pancino e ripetono le parolacce quelleche non si devono mai dire: pipì, pupù, scemo e mafia. Così si tranquillizza e agisce con calma: nei beni confiscati ci può mettere gli uffici della commissione sull’assegnazione dei beni confiscati e ha risolto il problema, alla Macchiavelli, e a Saviano ci sarà poi tempo per dedicargli una via. Come nei paesi civili.
A Milano buttaci giù dal camino una commissione per l’immagine antimafia. Così almeno riescono a convincerci che una commissione antimafia legittima la mafia ed è dannosa, e magari riescono a convincerci anche che la mafia non esiste e il pluripregiudicato Marras che stava nel cantiere qui dietro al ConDuomo fiscale aveva preso un senso unico e stava semplicemente facendo manovra. Così come Liggio era in via Ripamonti perchè fanno lì il bitter campari come non lo sa fare nessuno. E magari ci facciamo anche uno scherzo. Ci scrivi in piazza Duomo che il santo expò è anticipato a settimana prossima, così noi ci mettiamo seduti sulle scale a guardarci bene chi arriva di corsa in comune suonare il campanello.
Caro Babbo Natale, per tutti gli altri facci due regali. Due palle, mica quelle di Natale, due palle di quelle non rimovibili e un sacco di schiene dritte, per sopportarci mentre non ce la facciamo a non dire che disonorarli è una questione di onore.
Per me, Luigino, Babbo Natale, non regalarmi niente, magari, se fosse possibile, vieni a riprenderti qualcuno di questi politici che ci hai portato l’anno scorso e che a me e al mio fratellino ci sembrano un po’ scassati, e magari visto che hanno solo un anno, magari sono ancora in garanzia.

Cronache da Bengodi – W la squola e il qulo della Gelmini

Cara maestra Germini,
le sscrivo questa lettera letteraria dalla mia classe a forma di qulo perché ci tienevammo tanto a ringraziargliela a lei che è ministra e a tutta la sua squadra (che penso ma cielo devo chiedere alla mamma che oramai sia la Scuadra 13 o 14 visto che ce la fanno all’ora di televissore  al doppocena da quando mio nonno era banbino ). La voglio tanto dirgli grazie perchè oggi Santo Gabibbo protettore degli ignoranti ci ha portato in dono la nostra nuova squola e per la nostra classe è tutta un’artra musica. Allora abbiamo scritto nella lettera quello che ci piace. Anche perchè quello che non ci piaceva ci hanno detto di non scrivercelo a lei e di non preoccuparglielo, che tanto quello che non ci piace della nostra nuova squola poi arriva a sfollarlo il vigile urbano con l’oglio di Ricino. Allora, tutti in coro, come gli alpini. Ci piace:
•    Ci piace tantissimo la nuova aula con tutti questi tagli e anche i ritagli. E anche la lavagna con tutti i tagli è bellissima che sembra un quadro di Fontana. Chissà Sgarbi che pugnette… signora Germini…
•    Ci piace tantissimo la nostra maestra Unica. Che anche la mia nonna Gina dice che solo il signore può essere uno e trino ed è giusto che i maestri la smettano di essere sacrileghi. La nostra maestra Gina Unica c’ha una faccia che dà tristezza anche solo a guardarla di spalle in fotografia. Ma lei ci ha detto che il suo Modello Unico è peggio, che infatti non ha mai capito nemmeno chi si è ciucciato il Modello Unico in parlamento per fare carriera nella moda.
•    Ci piace tantissimo la maestra Gina Unica sia specializzata in Tutto Lo Scibile Umano, come i papà rompicoglioni dei miei compagni terroni. Deve vederla, cara Germini, come ci fa ridere la nostra maestra con i pantaloni della ginnastica e il piffero in bocca della lezione di musiqa e il mappamondo sottobraccio della lezione di geografia dopo averci spiegato il passato remoto del verbo sfanqulare  ci porta tutti insieme nell’aula di matematica a insegnarci gli avverbi al quadrato. Per fortuna che Gina Unica almeno non deve ramazzare il corridoio: perchè per quello ci sono settemila hosties dell’Alitalia. Una per metro quadrato.
•    Ci piace tantissimo essere in una classe di centotrenta bambini. Perchè basta essere un po’ furbi e ci si riesce a farsi interrogare una volta a quinquennio. E quel giorno lì averci per finta il mal di pancia. Così quando ci danno la licenza elementare ci avremo l’ars oratoria di Calderoli e magari ci fanno sindaci. E ci piace essere in tanti perchè i i miei compagni delle ultime file riescono a fare dei lungometraggi con i videofonini senza essere visti. Io recito la parte del Gabibbo. Uno spasso, signora Gelmini.
•    Ci piace tantissimo andare in gita al cesso per i tagli del governo. Io mi sono fatta la foto ricordo vicino al bidet insieme al mio amico Marco. Che in verità Marco si chiama Mohamed ma non lo dice a nessuno altrimenti gli tocca dare l’esame di quinta sulla digestione dei  leoni e sull’elasticità delle liane che sono le materie delle classi dei negri.
•    Ci piace tantissimo avere la nuova foto dietro la cattedra di cartone al posto del vecchietto di prima. Questo nuovo ci ha il toupet di cascmìr, gli stivaloni neri da pescatore, le medaglie d’oro alle barzellette e quel sorriso ebete che ci mette subito di buon’umore al mattino. Tranne a Ciro: ma lui è un comunista terrone.

Questo è tutto signora Germini. Ci tienevamo a ringraziarla e a farcelo sapere. Perchè abbiamo saputo che lei se l’era un po’ presa e voleva oscurarci Paperissima. Ma adesso sappiamo che con la nostra lettera sarà più tranquilla.

I bambini di Bengodi.