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Azzolina ha ragione: riaprire tutto ma tenere chiuse solo le scuole è semplicemente assurdo

Si parla di tutto. Regali, negozi, centri commerciali, cenoni, spostamenti, virgole per descrivere chi siano i congiunti abbastanza congiunti e quando ci si può spostare e dove: la discussione che si infiamma sul Natale finge di volere essere parareligiosa e invece si fionda sui modi per permettere di spendere soldi, di incassare soldi, di spostare soldi. Per carità, va bene anche così: i soldi sono lavoro e sopravvivenza di alcune attività (ma siamo sicuri che poi non finiscano nelle tasche dei soliti noti che da questa pandemia ci hanno pure guadagnato?) ma ciò che stupisce, o forse non stupisce più nemmeno, è che dal dibattito sia scomparsa ancora una volta la scuola. Ancora.

Qualcuno timidamente prova a ricordarlo (il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo lo ripete da giorni) e la ministra Azzolina prova a insistere, ma niente. Badate bene: l’apertura delle scuole non è un vezzo italiano, no: le maggiori organizzazioni delle Nazioni Unite come Who, Unesco e Unicef, oltre che le decisioni di Paesi come Francia, Regno Unito e Germania concordano sul fatto che l’apertura delle scuole sia un obbligo da perseguire con cura e attenzione, un bisogno primario per tenere in piedi la salute e lo sviluppo delle generazioni di ragazzi, un dovere di Stato per evitare gravi ripercussioni psicofisiche, sociali e culturali su intere generazioni che in questa pandemia sono retrocesse nella lista delle priorità.

Andare a scuola non significa semplicemente prendere parte a una lezione, andare a scuola significa spesso vivere il momento più importante di formazione e di socialità per crescere nella propria identità. Eppure le scuole continuano a essere trattate come un disturbo burocratico a cui tendere poco la mano, qualcosa di sacrificabile in nome dell’economia che si deve muovere e deve crescere. Se davvero la preoccupazione è la salute dei cittadini (nel senso più ampio del temine) allora viene difficile giustificare un lockdown generalizzato in cui tutti si spostano, per lavoro, mentre i ragazzi rimangono confinati in un limbo.

Si parla delle riaperture prossime per fare cassa e la scuola scivola forse all’11 gennaio. Quando forse poi ci diranno che gli acquisti compulsivi natalizi hanno riacceso la terza ondata e si tornerà al punto di partenza. E in tutto questo fluire di previsioni continua a mancare il danno, grave e difficilmente reversibile, di chi, insieme agli anziani, vive tutto questo come una forzata clausura: i giovani. “I dati ci dicono che i contagi in età scolastica non sono significativamente diversi da quelli di altre classi di età e non abbiamo evidenze per capire se siano avvenuti a scuola o fuori”, dice Miozzo. Ma sembra non interessare a nessuno.

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Non è Lino Banfi all’UNESCO, il problema è che odiano la cultura


Nel magico mondo gialloverde funziona esattamente così: non ci si mette a concorrere con i saperi cercando di perfezionarne di nuovi o di migliori, no, si preferisce ridurli a barzelletta disconoscendoli e riducendoli a una risata, roba da barbosi professoroni e cosa c’è di meglio di un Lino Banfi come elemento delatore di un’istituzione da buttare in caciara? Dentro quel “commissioni fatte con persone plurilaureate” lanciata come battuta da Banfi c’è tutto lo spregio per la conoscenza e addirittura la fierezza di essere diversi (e quindi “vicini al popolo”, esattamente “come noi”) proprio perché l’ignoranza dà la sicurezza di non dovere dimostrare nulla, anzi di esserne fieri.
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Per Villa Adriana succede anche che gli studenti scrivano al Ministro

La lettera degli studenti è pubblicata nel mio spazio per Il Fatto Quotidiano e racconta nella sua semplicità quanta passione politica ci sia da non disperdere nei confronti della bellezza e della sua salvaguardia:

Non ci fanno credere nel nostro Paese quei politici che hanno fatto della loro carica solo un mezzo per apparire e non hanno una statura intellettuale all’altezza del paese che dovrebbero curare. Ministro, ci perdoni questi voli pindarici ma non capita tutti i giorni di esprimere le proprie frustrazioni ad un personaggio tanto importante. Le rinnoviamo la nostra preoccupazione e speriamo vivamente che accolga il nostro invito a visitare insieme Tivoli, una volta città d’Arte, oramai città deturpata.

Pensa che regalo se arrivasse un’azione concreta e una risposta. La lettera completa è qui.