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Voghera

Effetti collaterali del “Governo di tutti”: la Lega blocca la legge sull’omofobia

Solo a marzo, con un Paese in piena pandemia, il quadro è questo: a Brugherio l’auto di Danilo Tota e del suo compagno Sasha Di Cicco viene vandalizzata, sempre lì a Brugherio Danilo Tota era stato aggredito perché gay al parco cittadino, “checchina” e “feminuccia” gli urlavano addosso; il 14 marzo a Vicenza Andrea C. è stato adescato su Facebook e si è ritrovato di fronte 12 ragazzini che l’hanno preso a calci e pugni, è stato salvato da alcune persone di passaggio; il 15 marzo esce la notizia Thomas racconta di essere stato offeso, circondato e preso a sassate da un branco di 15 persone che l’hanno preso di mira per i suoi capelli tinti di rosa e per il fatto di essere gay.

Thomas racconta che le Forze dell’Ordine gli hanno perfino sconsigliato di sporgere denuncia; il 24 marzo Aurora e Valentina sono in un parco a Voghera vengono aggredite da un uomo che le rimprovera per essersi date un bacio, il video è uno spaccato di omofobia benpensante; il 26 marzo a Asti Nicholas Dimola viene invitato ad andarsene mentre era seduto su una panchina del parco (“sei un travestito di merda, vattene”, gli dicono) perché quella era “una zona per bambini”. È proprio Nicholas che nella sua denuncia pubblica ricorda che a Asti tre suoi amici omosessuali si siano suicidati; nella notte tra il 28 e il 28 marzo a Perugia l’auto di un giovane viene vandalizzata con la scritta “sono gay” durante la notte.

Questi sono solo i casi di cui si ha conoscenza, quelli che sono diventati pubblici in mezzo ai molti episodi che si ripetono tutti i giorni e che per vergogna vengono taciuti e rimangono nascosti. La questione dell’omofobia è una costante nelle cronache locali, con azioni e esiti più o meno gravi, eppure viene derubricata nella categoria delle “ragazzate” dove si infilano spesso i problemi complessi che non si vogliono affrontare.

Per anni si è nascosta sotto il tappeto ma ora quel tappeto è una montagna che incombe sulle responsabilità della classe politica. Eppure il centrodestra compatto ieri ancora una volta ha incagliato il disegno di legge contro l’omotransfobia (la “legge Zan”) con la solita patetica scusa di “altre priorità”. E fa niente che siano gli stessi che presentano proposte di legge sui crocifissi o sulle canzoni di Casadei: il governo Draghi, piaccia o no, tiene insieme una compagine così larga che non riuscirà mai a trovare la quadra per smuovere qualcosa in tema di diritti. Siamo in zona rossa anche per i diritti, sospesi, in attesa che torni la politica. Non è una buona notizia, no.

Leggi anche: 1. Legge contro l’omofobia: no secco della Lega. Ora il ddl è a rischio al Senato /2. Omotransfobia, il difficile cammino e le polemiche sulla legge che vieta l’odio contro omosessuali e trans /3. Caivano, Zan a TPI: “Meloni strumentalizza l’omicidio, ma è la prima a ostacolare la mia legge sull’omotransfobia”

4. Il linguaggio di certi giornali sul caso di Caivano rivela l’arretratezza italiana sull’omofobia (di G. Cavalli) /5. Il senatore della Lega Pillon condannato per aver diffamato un’associazione Lgbt /6. La legge contro l’omofobia? Serve proprio perché c’è chi non la vuole (di Fabio Salamida)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Così a Voghera la ‘ndrangheta affilava affari e vendette

(l’articolo di Nicoletta Pisanu, fonte)

Marco Ferrentino
Marco Ferrentino

Quel pugno dato alla sua ragazza andava vendicato. E per questo, il rivale è stato accoltellato in pieno centro a Voghera. Ferocia e violenza traspaiono dalle quasi tremila pagine del provvedimento di fermo spiccato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che ha portato a bloccare quarantuno persone in tutta Italia con l’accusa di affiliazione alla ’ndrangheta. Pagine che raccontano il perché del coinvolgimento nella vicenda giudiziaria degli otto vogheresi arrestati. Marco Ferrentino, 36 anni, è considerato dagli inquirenti «il reggente e capo carismatico dell’omonima cosca», si legge nelle carte giudiziarie, «distribuendone i relativi proventi ai sodali e gestendo ‘la cassa comune’». Il cugino Francesco, 26 anni, secondo le accuse «nella vicenda afferente l’accoltellamento compiuto da Giuseppe Dimasi ai danni di M.F. (estraneo all’inchiesta, ndr) in data 4 dicembre 2014, pur rimasto estraneo al fatto, diventerà il punto di riferimento per gli spostamenti di Pasquale Dimasi, fratello di Giuseppe, assicurando il mutuo soccorso tra i sodali in caso di controffensive da parte di gruppi criminali avversi». La vicenda si riferisce all’accoltellamento successo in viale Montebello. La natura delle cause che hanno portato all’atto violento, sono spiegate dalle intercettazioni. M.F. aveva aggredito la compagna di Pasquale Dimasi, sua ex moglie, scatenando la vendetta: «L’ha stroppiata sì, si è fatta male ed è scappato, gli faccio dove scappi?», racconta al fratello. Poi aggiunge: «Chiama chi devi chiamare e digli di arrangiarsela lui!», secondo gli inquirenti riferendosi alla necessità di avvertire Marco Ferrentino di quanto accaduto.

A Voghera sono state sequestrate tre imprese edili che secondo le accuse servivano per coprire affari illeciti e per questo gli indagati si erano affidati a un prestanome. Parlando di problemi relativi alle firme di alcuni assegni in virtù di questa pratica, Giuseppe Dimasi intercettato spiega a Marco Ferrentino: «Quando vieni quassù devi farti subito la delega e deve salire anche ‘chidu pecuruni’», riferendosi secondo gli inquirenti al prestanome. La costituzione di una società di import di riso, di cui risulta agli inquirenti socio il vogherese Fabio Aschei, indagato, era legata al business della droga. Aschei viene intercettato mentre un indagato calabrese spiega che per formare la società è necessario l’aiuto economico dei Ferrentino: «Il bambinello Gesù (Marco, ndr) deve portare i doni anche se non è ancora Natale». Droga che circolava anche a Voghera. Le intercettazioni riportano il consiglio di Francesco Ferrentino a Diego Freitas De Siqueira, 30enne, indagato, che secondo le accuse stava movimentando gli stupefacenti. Ferrentino gli suggerisce di non passare dal ‘carro armato’ in via Gramsci, per la presenza della polizia: «Non passare di là, cambia strada, non vorrei che ni mungianu». Usa il termine mungere, in dialetto, secondo l’interpretazione degli inquirenti, per indicare il tocco degli agenti durante l’attività di perquisizione.