Pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO
Lui è Antonino Schillaci, insieme ai fratelli gestisce a Palermo diversi negozi di calzature, ieri al tribunale di Palermo ha testimoniato contro i suoi estorsori rispondendo alle domande del pubblico ministero Francesco Del Bene. Sembrerebbe una bella storia di reazione e di coraggio a vederla così. Fino a quando Schillaci ha detto: “io al signor Ciulla (il presunto estorsore, ndr) devo dire di essere grato perché ebbi la sensazione che ci avesse tirato fuori da una brutta situazione”. L’estorto grato all’estorsore: nemmeno Sciascia si sarebbe spinto a tanto.
Il Presidente di Confocommercio di Palermo ha preso subito posizione (a proposito, chissà quando succederà anche qui nella brillante Milano) e ha inviato un telegramma ad Antonino Schillaci. Lo hainvitato formalmente a dimettersi dal suo ruolo di presidente dei calzaturieri di Confcommercio Palermo. “Appreso delle tue dichiarazioni rilasciate in aula ti invito alle immediate dimissioni – scrive Helg – diversamente provvederemo nelle sedi e negli organi competenti. Certe affermazioni sono inaccettabili e gravissime e certamente non intendiamo passare sopra a comportamenti come questo”.
Lo stesso pm non ha potuto trattenere la reazione ed è insorto contro Antonino Schillaci: “ma lei contro Ciulla è parte civile – gli ha detto il magistrato – ci può spiegare perché si è costituito in giudizio visto che é grato all’imputato?”. Schillaci non ha saputo replicare. Dopo avere pagato al Ciulla settemila euro di pizzo in due tranche da tremilacinquecento euro, Schillaci non ha saputo in quel momento pensare un altro modo, un’altra protezione, un’altra strada di crescita per il proprio lavoro.
Non è nemmeno questione di pavidità. Non solo. E’ diventata l’unica strada immaginabile, lo status quo più rassicurante rispetto a qualsiasi alternativa. Perché se ringraziano gli estorsori allora lo Stato ha perso o si è ritirato. E nel mercato (non solo delle calzature) viene il dubbio che possa avere preso accordi per la sua provvigione.