L’Italia è una Repubblica fondata sulla rendita – Lettera43
Scordiamoci l’articolo 1 della Costituzione. Nel nostro Paese la ricchezza non si crea con il lavoro o con il merito, ma si eredita. I capitali familiari si ingrossano grazie a un regime fiscale amico. E per chi non ha lun cognome alle spalle, in assenza di ascensori sociali, il futuro resta una promessa.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. In teoria. Perché in pratica, oggi, il Paese si regge su un principio opposto: quello della rendita. È quanto emerge dal rapporto La pesante eredità, pubblicato dal think tank Tortuga insieme a FutureProofSociety, che disegna un Paese in cui la ricchezza non si crea, si eredita. Non si guadagna, si conserva. E soprattutto non si redistribuisce: si accumula, si tramanda, si protegge dietro franchigie milionarie e aliquote irrisorie.
A Millennial e Gen Z resta il 9 per cento del patrimonio nazionale
I dati sono inequivocabili. Il 10 per cento più ricco della popolazione detiene il 60 per cento della ricchezza nazionale, mentre alla metà più povera resta un misero 7,4 per cento. Una forbice che si è allargata negli ultimi 10 anni di 7 punti percentuali, il doppio della media europea. Il risultato è un Paese dove la ricchezza è sempre più polarizzata, e dove l’anomalia non è solo verticale – tra ricchi e poveri – ma anche generazionale. Nel 2022, il 75 per cento della ricchezza italiana era nelle mani degli over 50, di cui il 40 per cento pensionati. Ai giovani – Millennial e Gen Z – resta appena il 9 per cento del patrimonio nazionale. A parità di età, un baby boomer possedeva il 50 per cento in più rispetto a un 40enne di oggi. Questo non è un normale effetto anagrafico: è una condanna anagrafica. Un sistema che ha funzionato per chi è entrato nel mondo del lavoro prima degli Anni 90 – salari in crescita, casa accessibile, welfare solido – oggi lascia ai nuovi entranti solo precarietà, affitti esorbitanti e contratti a termine. Con il lavoro che non basta più a costruire un futuro, l’unica leva diventa l’eredità. Ma solo per chi può permettersela.

Nei prossimi 20 anni 6.486 miliardi di euro passeranno di mano
Nei prossimi 20 anni, stimano Tortuga e FutureProofSociety, si assisterà al più grande trasferimento di ricchezza intergenerazionale nella storia d’Italia: 6.486 miliardi di euro. Ma a beneficiarne saranno, ancora una volta, i figli dei già ricchi. In assenza di una riforma fiscale, questa “pesante eredità” rischia di trasformarsi in un acceleratore di disuguaglianze: la ricchezza concentrata in pochi nuclei familiari si trasmetterà quasi intatta ai loro eredi, consolidando un’aristocrazia economica di fatto. L’Italia ha una delle peggiori mobilità sociali dell’area Ocse: l’indice di elasticità intergenerazionale del reddito è fermo a 0,5. Significa che metà del reddito di un individuo dipende da quello della famiglia di origine. Più che un ascensore guasto, un sistema a classi fisse, dove i figli dei dirigenti diventano dirigenti e i figli degli operai restano operai. E dove la scuola non basta a cambiare il destino: solo l’8 per cento dei figli di genitori senza titolo di studio superiore riesce a ottenere una laurea.
La proprietà della casa è sempre più inaccessibile
Il problema è che i giovani italiani sono penalizzati su entrambi i fronti: lavoro e capitale. Sul primo, Eurostat certifica un tasso di disoccupazione giovanile del 21,6 per cento (maggio 2025), con un’incidenza del lavoro a termine che raggiunge il 47 tra i lavoratori a basso reddito. Sul secondo, la proprietà della casa – che rappresenta il principale asset patrimoniale – è sempre più inaccessibile: i prezzi sono cresciuti del 120 per cento dal 2000, mentre il 62,7 per cento degli under 36 riesce a possedere un’abitazione, spesso grazie al sostegno familiare.

L’Italia si conferma un paradiso fiscale per l’eredità
La beffa è che a fronte di un trasferimento potenziale di 6.486 miliardi di euro, l’attuale sistema fiscale prevede un gettito stimato in appena 50 miliardi in 20 anni. Meno di 2,5 miliardi l’anno. Con franchigie da un milione di euro e aliquote ferme al 4 per cento, l’Italia si conferma un paradiso fiscale per l’eredità. In Francia, l’aliquota massima arriva al 45 per cento, in Germania al 30, nel Regno Unito al 40. Qui no: chi eredita milioni di euro paga una tassa inferiore a chi guadagna mille euro al mese. Secondo le stime del report, riallineare l’imposta di successione agli standard europei potrebbe generare almeno 17 miliardi di euro in più ogni anno, da destinare a un “Fondo per il Futuro” a favore dei giovani. Un’occasione che il governo non sembra intenzionato a cogliere. Il problema non è solo economico: è politico, sociale, culturale. È una crisi di legittimità.
Oggi la vera cittadinanza si eredita con il capitale e con il codice fiscale
L’articolo 1 della Costituzione recita che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Ma il lavoro non garantisce più l’accesso alla cittadinanza economica. Non emancipa, non premia il merito, non offre mobilità. Oggi la vera cittadinanza si eredita: con il capitale, con le reti familiari, con il codice fiscale. E allora la domanda non è più «che lavoro fai?», ma «di che famiglia sei?». Se non si interviene, il rischio è di scivolare verso una società neo-feudale, dove le classi si riproducono per nascita e dove i giovani, privi di capitale e di futuro, diventano cittadini dimezzati. Un sistema che non solo tradisce la Costituzione, ma spezza ogni promessa di giustizia. E una Repubblica così non è solo fondata sulla rendita. È fondata sull’ingiustizia.
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