Vai al contenuto

E se?

E se non fosse più il tempo delle blandizie centriste? Se non fosse più il momento dell’equilibrismo autoreferenziale, dei salotti, dei caminetti? Se non avessero più senso né la sicumera catastrofista di certi economisti dell’alta finanza né l’egocentrismo mediatico di lillipuziani segretari di partito? Se non fosse più il tempo della favola liberista (e liberticida)?

Se il mantra della crescita fosse solo un abbaglio? Se non servisse più accettare supinamente patti di stabilità, strette del credito, svendite, privatizzazioni? Se non fosse più eticamente accettabile dimenticare non solo i nomi dei morti ammazzati, ma anche quelli dei responsabili; i nomi e i cognomi di chi con ostinazione ancora infligge a questo Paese la pena più grave, quella dell’incoscienza? Se non volessimo chiedere consigli a oracoli ottuagenari, figli (se non padri) di una classe dirigente grigia e vergognosamente colpevole?

Se fosse giunto il momento della resa dei conti? Se fosse l’ora di parlar chiaro e parlarci, magari dando le spalle all’ombroso miraggio di confusi papocchi? Se provassimo a unire anziché dividere; a difendere un’idea invece di tramortirla e vivisezionarla per poi seppellirne le spoglie in qualche cimitero del diritto castale?

Per favore leggete qui Claudio oggi su Non Mi Fermo. Perché non è così difficile.

Riscrivere il passato per preparare il futuro. Da Genova.

No, la verità ufficiale non solo non racconta la storia di quei giorni, ma la sua palese asimmetria offende il buon senso. Non avvicina la giustizia, ma la allontana, e non rappresenta certamente un’occasione per chiudere una ferita, ma piuttosto un inganno. Siamo all’autoassoluzione dello Stato e alla riduzione delle giornate di Genova a una storia di disordini e casini sfuggita di mano un po’ a tutti.
Genova è stato ben altro. Lo sa chi c’era e chi non c’era. E, soprattutto, lo sa benissimo chi allora sospese l’ordinamento democratico ed organizzò la repressione contro il movimento antiliberista, nell’intento di stroncarlo sul nascere. L’operazione Diaz di undici anni fa doveva coprire tutto ciò, legittimando ex post la bestiale repressione, e da quel punto di vista fu un fallimento. Oggi c’è il teorema che sostiene che a Genova ci fu una situazione di “devastazione e saccheggio” e che quindi gli “errori” delle forze dell’ordine vanno letti in quel contesto. E quel che è peggio -e moralmente ripugnante- è che sull’altare di quel teorema sono state sacrificate dieci persone.
Sarebbe però un errore grossolano pensare che qui si tratti soltanto di mettere in sicurezza gruppi di potere, cricche e uomini politici ancora in vista. Certo, si tratta anche di questo, ma c’è dell’altro, perché riscrivere il passato serve sempre per preparare il futuro. Non è, infatti, un caso che alle parole del Ministro Cancellieri e alle scuse del Capo della Polizia Manganelli non sia seguito alcun fatto degno di nota, mentre la conferma in sede di Cassazione del reato di “devastazione e saccheggio” è densa di concretissime implicazioni presenti e future.
Negare la politicità di Genova, oscurare le centinaia di migliaia di persone che allora scesero in piazza e ridurre il tutto a fatto di ordine pubblico è pienamente coerente con quello sta succedendo ora, in tempi di crisi e governi tecnici, dalla Val di Susa alle cariche contro gli operai delle cooperative di Basiano. Anche per questo, non è possibile scendere a compromessi con una verità ufficiale che non è compatibile con quello che avvenne undici anni fa, che non fa giustizia e che getta più di un’ombra sul futuro.

Luciano su Il Manifesto di oggi.

20120718-095942.jpg

Concorso esterno in associazione politica

Il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri è indagato dalla Procura di Palermo per estorsione nei confronti dell’ex premier Silvio Berlusconi. Nell’ambito di questa inchiesta i Pm avevano convocato lunedì scorso Berlusconi, che è persona offesa.

Sequestrata Green Hill, che sequestra i cani

«Green Hill» è stata posta sotto sequestro dal Corpo forestale dello Stato. L’azienda che alleva cani beagle per i laboratori di vivisezione a Montichiari (Brescia), è salita agli onori delle cronache nei mesi scorsi per le dure contestazioni da parte degli animalisti, alcuni dei quali anche arrestati e condotti in carcere per 48 ore. Le operazioni di ispezione e sequestro della strutture sono state disposte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Brescia, sono ancora impegnati nel momento in cui scriviamo circa 30 forestali appartenenti ai Comandi provinciali di Brescia, Bergamo e al Nucleo Investigativo per i Reati in danno agli Animali (NIRDA). Tra i reati contestati, quello di maltrattamento animale. Sotto sequestro tanto la struttura – composta dai quattro capannoni dove sono rinchiusi, senza aria naturale e solo con luce artificiali, i cani – per un totale di cinque ettari, ma anche gli stessi beagle, sia cuccioli che adulti. (da Fanpage.it

Lo scrive l’Ansa. E, peccato, ancora una volta la politica arriva in ritardo. Ma parlarne (sono anni, ormai che lo facciamo anche noi) serve.

Dieci anni di Bossi-Fini

Nel luglio 2002 il Parlamento approvava la legge Bossi-Fini. Dieci anni dopo, insieme al più recente “pacchetto sicurezza” lascia un’eredità pesante. Il suo obiettivo non era quello di frenare gli ingressi, bensì di ridurre la permanenza sul territorio dei lavoratori immigrati. Tanto che oggi è previsto un sistema di crediti e debiti che può portare anche alla revoca del permesso di soggiorno. L’esatto contrario di quanto suggerito dall’Unione Europea: politiche di integrazione per chi è già all’interno di un paese, con flussi di ingresso più contenuti.
Andrea Stuppini propone un’analisi dei (pessimi) risultati raggiunti. Noi ne abbiamo parlato con Non Mi Fermo e un’agorà a Bergamo. E il tema in questi ultimi dieci anni è stato un continuo incartarsi tra chi ha rincorso una xenofobia moderata e all’apparenza democratica o tra chi ha preferito non parlarne.
Per evitare alle prossime politiche di essere sbiaditi (come dieci anni fa) proviamo a partire da qui.

20120718-094325.jpg

Isa in bicicletta

Andava alla seduta di commissione delle Politiche Sociali al Comune di Lodi. Alle 18. Perché le commissioni nei comuni si fanno dopo avere terminato una giornata di lavoro. Isa Veluti era la presidente di commissione. Li conosceva bene quei temi, ci aveva lavorato anni. E anche ieri era puntuale. In bici. E in bici è stata l’ennesima persona travolta. Questa volta da un camion, come  Giorgia o Valerio o come Laura.

E’ che in fondo sembra che ci siamo abituati. All’eventualità di morire di bici.

Il medico servo delle cosche

Da amico dei Lampada e dei Valle a relatore antimafia in un convegno organizzato dal “Museo della ‘ndrangheta” a Reggio Calabria. Da stamattina è in carcere il medico Gabriele Quattrone, primario del Policlinico della Madonna della Consolazione, con l’accusa di aver falsificato alcune perizie psichiatriche, disposte dal Tribunale di Catanzaro, sul boss Antonio Forestefano certificando la sua incompatibilità con il regime carcerario. Un favore per il quale lo specialista di igiene mentale sarebbe stato pagato 5mila euro dalla cosca di Cassano dello Jonio. L’operazione è stata condotta dai Carabinieri del Ros di Cosenza. 

Può capitare che mafia e antimafia incrocino i loro destini. A volte consapevolmente, altre in maniera del tutto casuale. Il risultato non cambia: la distanza tra i due mondi può ridursi grazie a soggetti come il medico Quattrone oggi arrestato nell’operazione “Villa verde” per i suoi rapporti con le cosche, ma ieri relatore in un convegno in cui è intervenuto sulla “comunicazione mafiosa all’interno della famiglia”. Un tema delicatissimo affrontato dal professionista davanti a magistrati e forze dell’ordine. Gli stessi inquirenti che, pochi mesi più tardi, ritroveranno il nome del primario del Policlinico nelle carte dell’inchiesta “Infinito 2” della Direzione distrettuale di Milano.

Quando si fatica a spiegare i “colletti bianchi” e i professionisti al servizio delle mafie. L’articolo di Lucio Musolino racconta bene l’asservimento dei professionisti.

Lo stesso gip Gennari aveva avuto, “per la prima volta, cognizione dell’esistenza del neurologo Quattrone – ricorda il magistrato – quando veniva presentata (nel novembre del 2010) una istanza di scarcerazione per Valle Maria, all’epoca sottoposta a misura cautelare nel procedimento Valle. In quel contesto il sottoscritto – respingendo l’istanza fondata, su asserite patologie psichiatriche di cui avrebbe sofferto la giovane Valle – aveva evidenziato la singolarità della consulenza di parte redatta da Quattrone, la quale, dietro toni apparentemente ineluttabili, appariva del tutto inconsistente dal punto di vista scientifico. Ebbene, leggendo la informativa della Questura reggina, fa piacere apprendere che quello che sembrava solo un sospetto era una fondatissima constatazione”.

Perché dubitare, in questo campo funziona.

Una firma per il compleanno di Federico

I poliziotti condannati per aver picchiato e ucciso mio figlio 18enne Federico Aldrovandi non andranno in carcere e sono ancora in servizio. C’è un solo modo per evitare ad altre madri quello che ho dovuto soffrire io: adottare in Italia una legge contro la tortura.

La morte di mio figlio non è un’eccezione: diversi abusi e omicidi commessi dalle forze dell’ordine rimangono impuniti. Ma finalmente possiamo fare qualcosa: alcuni parlamentari si sono uniti al mio appello disperato e hanno chiesto di adottare subito una legge contro la tortura che punirebbe i poliziotti che si macchiano di questi crimini. Per portare a casa il risultato però hanno bisogno di tutti noi.

Oggi è il compleanno di mio figlio e vorrei onorare la sua memoria con il vostro aiuto: insieme possiamo superare le vergognose resistenze ai vertici delle forze dell’ordine e battere gli oppositori che faranno di tutto per affossare la proposta. Ma dobbiamo farlo prima che il Parlamento vada in ferie! Vi chiedo di firmare la petizione per una legge forte che spazzi via l’impunità di stato in Italia e di dirlo a tutti – la consegnerò direttamente nelle mani del Ministro dell’Interno non appena avremo raggiunto le 100.000 firme.

* Appello della mamma di Federico Patrizia Moretti

Vale la pena mettere una firma qui. Sul serio.