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POPOLARE DI LODI A LODI: “PREVISIONI METEO: DILUVIO UNIVERSALE” in scena a Lodi il 3 ottobre

Sabato 3 ottobre –  ore 21.00 presso l’Aula Magna del Liceo Verri di Lodi

L’Associazione Teatrale Duende
con il sostegno di:
Associazione culturale Adelante, Associazione culturale Bottega dei Mestieri teatrali,  Teatro Nebiolo, Associazione culturale Casa del Popolo, Centro documentazione Teatro Civile, Circoscrizione dei Soci di Banca Etica  della Provincia di Lodi, Laboratorio per la città, Legambiente Lodi, Punto Informazioni Finanza Etica, Rete Lilliput-Nodo di Lodi

presenta lo spettacolo teatrale

“PREVISIONI METEO: DILUVIO UNIVERSALE”

The rise and fall of Gianpy

di e con Eugenio de’Giorgi

PREVISIONI METEO: DILUVIO UNIVERSALE è uno spettacolo/denuncia, comico, violento, ironico, irriverente. Dopo avervi assistito immagino che la gente “normale” spererà in un “diluvio universale”. L’argomento è il “caso Antonveneta”: la famosa scalata, la banda dei furbi, le telefonate, la storia quotidiana fatta di corruzioni, banditi, manovre losche, il tutto a danno, come al solito, dei poveri risparmiatori. Nei salotti e nei locali notturni, tra tette e alcool, si costruiscono nuovi castelli di sabbia, progetti/imbrogli economici, si studia indisturbati come fregare il prossimo, con l’approvazione del potere politico e finanziario.Questo “caso” rappresenta – grazie a Dio – la vittoria della giustizia: qualche volta, raramente, funziona! Ma se le cose non fossero andate così? Se la giustizia non avesse vinto? Il fallimento di questa scalata non deve rimanere solo un caso, deve diventare la normalità! Speriamo non sia un’utopia. Io da parte mia, denuncio: “J’accuse”.

Dopo lo spettacolo interverranno: Eugenio de’ Giorgi, Giulio Cavalli direttore artistico del Teatro di Nebiolo, Mario Gerevini, giornalista e autore di “Capitalismo di rapina” e una rappresentanza delle associazioni.

Vi aspettiamo! insieme, per il diritto di espressione!
un grazie particolare a tutti i firmatari e sostenitori

Info & prenotazioni
Gli uffici sono aperti
da lunedì a venerdì
dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.30
Tel +39. 02.36508918
Fax: +39 02.36508918
info@atduende.it

Ingresso unico 15.00 euro
I biglietti dello lo spettacolo  si possono ritirare il giorno stesso ( sabato 3 ottobre)  presso l’Aula Magna del Liceo Verri dalle ore 18.30 alle 20.30

Gli incontri del CENTRO DOCUMENTAZIONE TEATRO CIVILE

Inizia a pieno ritmo l’attività del CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PER UN TEATRO CIVILE con il ciclo di incontri animato da illustri ospiti. Quest’anno oltre alle presentazioni di libri, anche documentari e dibattiti.

14/11/2009
Gioacchino  Genchi

21/11/2009
“La santa” video e incontro con Ruben Oliva

11/12/2009
Carlo Lucarelli

08/01/2010
Giancarlo Caselli e Raffaele Cantone

19/02/2010
Antonella Mascali e Peter Gomez

26/02/2010
“L’etica libera la bellezza” video e incontro con Don Luigi Ciotti

data in via di definizione
Marco Travaglio

data in via di definizione
Biondani/ Malaguti/ Gerevini “Popolare 4 anni dopo”

data in via di definizione
Antonio Ingroia e Alberto Nobili

Ingresso gratuito

TEATRO NEBIOLO via 4 Novembre c/o Centro Civico Mascherpa
26838 Tavazzano con Villavesco (LO)
TRENO Stazione di Tavazzano
AUTOSTRADA da Milano uscita Melegnano poi direzione Lodi;
da Piacenza uscita Lodi poi direzione Milano

VEDI LA MAPPA

Recessione e mafie (1). È l’Eldorado delle economie illegali?

RUSSIA-EONOMY-BUSINESS-DERIPASKAdi Carlo Ruta

È il caso di partire da un dato. Nell’attuale crisi, la sola che riesce a evocare quella drammatica del 1929, un peso non da poco hanno avuto i flussi di capitali anomali, di origine illegale, per il rilievo del tutto particolare che i medesimi hanno recato nell’estendersi delle bolle speculative. Si consideri il caso della Russia, dove la forbice delle ricchezze ha assunto ampiezze iperboliche, anche al cospetto di paesi di tradizione liberal. Dopo il trauma dell’89, uomini d’affari legati spesso all’Organizatsya, la mafia di quelle regioni, hanno potuto dettare regole, fare accordi alla pari con pezzi di stato, fino al capolinea del Cremlino. Sono andati quindi letteralmente all’assalto, puntando sull’industria metallurgica, sul petrolio, ma pure, con decisione, sul grande mercato immobiliare: tutto da ridisegnare dopo decenni di edilizia pianificata dalle burocrazie sovietiche. Con tali numeri si sono riversati altresì lungo i continenti, mettendo radici negli Stati Uniti, nell’oriente asiatico, in Israele, nell’Europa occidentale, Italia inclusa. Hanno alimentato trame speculative, incettato territori, animato paradisi già esistenti o in ascesa tumultuosa, come quello di Dubai, finendo per crearne di propri, come quello di Goa, in India, dove hanno avocato a sé, con guadagni d’oro, gran parte del territorio, combinando ad arte le suggestioni dell’effimero e il cash, la forza del contante.

Si tratta evidentemente di uno scorcio, solo rappresentativo di uno scenario multiplo, euforico, che ha visto del tutto ridisegnate le mappe delle fortune. È fin troppo sintomatico che nella lista dei più ricchi al mondo compilata da “Forbes” emergano oggi non soltanto nababbi russi dal profilo equivoco, come Oleg Vladimirovič Deripaska, notoriamente legato alla mafia moscovita dei fratelli Lev e Michail Černye, ma anche autentici gangster, come il narcotrafficante messicano Joaquin Guzman Loera, che dopo l’uccisione del colombiano Pablo Escobar ha avocato a sé il mercato della cocaina negli Stati Uniti. In sostanza, una genia riconoscibile di uomini d’affari, di radice criminale, proveniente da tutti i continenti, ha potuto partecipare a pieno titolo ai processi, li ha in parte sospinti, ha corroborato un metodo, imprimendo agli scambi velocità inconsuete, radicalizzando quindi il senso dell’azzardo. Ne sono un riscontro i paradisi del riciclaggio che, sorretti da potenti cartelli, proprio negli ultimi due decenni hanno potuto operare al massimo di giri. Se quelli della tradizione, dal Liechtenstein a Panama, dal Lussemburgo alla Svizzera, hanno guadagnato infatti in scioltezza, soprattutto i più recenti, meglio attrezzati alle situazioni, hanno fatto per certi versi il nuovo catechismo della finanza internazionale.

In sostanza, tali siti, pur connettendosi con la tradizione inesausta dell’evasione fiscale, hanno mutato carattere e modi, per certi versi specializzandosi, rendendosi sempre più organici alle economie propriamente criminali: in particolare ai traffici di narcotici, armi, esseri umani. Le contiguità, pure dirette e materiali, indotte da tali paradisi hanno contribuito altresì a superare remore e slargare gli orizzonti operativi. Evidentemente, le isole Cayman, che, come testimoniano le vicende della Bank of Credit and Commerce International e non solo, a lungo hanno costituito un punto di condensazione fra mafie ed economie ufficiali, sono solo l’emblema di un modo d’essere. Come può esserlo Lefkose, capitale della repubblica cipriota vassalla della Turchia, in cui, all’ombra di un centinaio di banche off-shore e di ben 18 casinò, da qualche decennio vengono organizzate le tratte dei migranti, e degli schiavi, che dall’oriente asiatico e dall’Africa si versano in Europa, dalle porte balcaniche, spagnole, siciliane. Dalle cose emerge insomma che i paradisi vecchio stampo, immobili, perfino riconoscibili, hanno lasciato il posto a un mondo ubiquo, mobile, al passo con i tempi, largamente impermeabile alle stesse rilevazioni dell’Ocse, e comunque irriducibile, malgrado il sommarsi di accordi, perlopiù incoerenti, fra governi dopo il varo del Patriot Act statunitense nel 2001.

Tutto questo, ovviamente, non può essere estraneo alle bolle speculative, che, impinguate pure dalla politica economica americana di questi anni, volta ad alzare valli di difesa e a pianificare assalti “preventivi”, alla fine sono esplose in modo catastrofico. E qui si innesta un paradosso. Se l’economia illegale ha contribuito, seppure da comprimaria, a generare la depressione economica dei nostri giorni, è quella che di più può beneficiarne. Le mafie del resto hanno sempre guadagnato dalle crisi, non soltanto economiche, dell’ultimo secolo. Quella italiana ha tratto vantaggi immensi dalle cesure del 1943-45. Quella russa e le altre slave hanno tratto uno slancio supremo dall’89. L’illegalità economica statunitense può essere detta figlia della grande crisi del 1929, perché proprio in quello snodo, nei primi anni trenta, i boss raccolsero maggiormente i frutti del contrabbando che aveva caratterizzato il decennio precedente, del proibizionismo: Al Capone in testa, che dall’hotel Lexington di Chicago, suo quartier generale, dettava legge alle ufficialità, mentre nei propri ristoranti offriva pasti caldi ai poveri che più erano stati colpiti dalla recessione.

In che modo, allora, gli imperi economici illegali stanno beneficiando della recessione? Il caso italiano, di certo fra i più rappresentativi per numeri e presenze in campo, consente di tracciare delle coordinate. È stato documentato che clan mafiosi stanno acquisendo proprietà d’immobili in tutta la Liguria, facendo leva sulla loro disponibilità di contante. È stato segnalato inoltre, con dovizia di dati, che è in crescita l’usura, quindi il passaggio di mano di attività economiche legali ad ambiti illegali. Allarmi in tal senso sono stati quindi lanciati dalla Direzione Nazionale Antimafia e da varie procure, oltre che da numerose associazioni, lungo tutta la penisola. Se si allarga tuttavia il quadro affiora dell’altro. Le mafie italiane, che secondo la Confesercenti muovono capitali per diverse centinaia di miliardi di euro, pari al 6 per cento del PIL, hanno sempre avuto un feeling con l’edilizia, come del resto quelle di ogni altro paese. Mai però come in questi anni, che proprio nella vicenda immobiliare hanno visto le accensioni economiche più telluriche, si sono dimostrate lungimiranti. Si sono rese artefici infatti di un importante progetto di diversificazione, che sta recando dei punti fermi in tre ambiti divenuti eminentemente economici: l’acqua, il ciclo dei rifiuti, le energie, incluse quelle che vengono dette alternative, come nel caso delle eoliche. E tali affari, a conti fatti, non possono conoscere crisi né in Italia né altrove, almeno nei modi e nei numeri che adesso, a titolo generale, si registrano.

Tale paradigma non può valere d’altronde solo per questo paese. La crisi, che ha avuto l’epicentro negli States ma si è propagata ovunque per le interdipendenze del sistema, è stata originata soprattutto dalle bolle speculative, abnormi, che hanno interessato il mercato immobiliare. Non c’è ragione quindi di ritenere che le economie illegali di stati come Colombia, Russia e Stati Uniti, non prive peraltro di nessi con quella italiana, si siano mosse diversamente. E alcuni dati ne danno conto. È documentato che la mafia russa e quella cecena sono presenti nel business del petrolio, dei materiali radioattivi, del gas. È emerso in particolare che il controllo esercitato dalla neftemafiya sulle esportazioni di greggio, ha provocato alla Federazione Russa perdite annue per miliardi di dollari. I dati delle maggiori borse internazionali, inclusa quella di Piazza Affari, confermano d’altronde che i titoli dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica, le cosiddette Utilities, hanno retto meglio di altri, inclusi quelli del mitico Nasdaq, ai colpi della recessione. Prova ne è che i fondi EFT, contenenti i titoli delle 30 maggiori società multinazionali dell’acqua, sono fra i pochi in questi tempi a garantire degli utili. 10 mila dollari investiti in tali titoli agli inizi del 2002, sono diventati infatti 20 mila a fine 2008. Mentre altri fondi, soprattutto a causa dei rovesci del biennio 2007-2008, hanno dato di massima risultati negativi.

Cosa Nostra perde la faccia e le palle per lasciarle allo Zen

zenSe “il pauroso ha la bocca piena di minacce” come recita l’antico adagio del proverbio popolare, allora l’alone di Cosa Nostra che si spalma sul quartiere Zen di Palermo deve risuonare una tremarella proprio poco “onorevole” al di là di quella proiezione così eroica che i capi mafia della zona provano a rivenderci.

Entrare allo Zen di Palermo è un’agopuntura al veleno. Un vomito di (pre)potenza mafiosa che si solidifica e si arrampica a forma di palazzi. Una medusa di vigliaccheria tra vedette con le ginocchia sbucciate e per pochi euro che comunque non riesce a soffocare la dignità di alcuni; è prevedibile quindi aspettarsi una scia umida come una lingua di minacce prevedibili, noiose, banali e regolari per chi nel brodo dell’arrendevolezza continua a tenere alta la schiena e la testa. Allo Zen il pizzo è una cerimonia laica che si rispetta nella messa del racket nelle forme più primarie e ignobili: molti degli abitanti dei cosiddetti “padiglioni” del quartiere hanno occupato abusivamente gli alloggi in cui vivono e non hanno allacci regolari. Cosa nostra sopperisce al problema in cambio di denaro: consentendo l’allaccio irregolare ai pali elettrici e aprendo le condutture dell’acqua a orari prestabiliti. A raccogliere il pizzo è, generalmente, il capocondomino di ciascun complesso. A confermare quanto già i magistrati avevano scoperto tre anni fa sono nuovi pentiti nell’inchiesta denominata “Addio pizzo 3” che hanno parlato di una imposizione “di 20-30 euro per ciascun nucleo familiare”. 20 euro per vivere serenamente disperati.

Eppure negli ultimi episodi di questi giorni i guappi da quartiere (e peggio ancora quell’organizzazione puttana che li muove sulla scacchiera del mandamento) escono con il broncio patetico dei mafiusetti allo sbaraglio: Cosa Nostra ha sempre più paura della cultura e della parola, in un insostenibile (per lei) “giuoco delle parti” dove un’educazione (e un’istruzione) qualsiasi inevitabilmente la svela culturalmente alla deriva. La mafia in Palermo che allo Zen si accapiglia contro chiese e scuole come due “fimmine” appena scese per strada è grottesca come una danza della pioggia tra bambini. Chissà cosa avranno pensato loro, i guappi da due monete, mentre andavano armati di bastoni a urlare forte (ad una chiesa ed una scuola) la legge barbara della codardia intimata al quartiere.

Loro si sono presentati giovedì scorso con bastoni e mazze davanti alla chiesona in cemento armato dello Zen per minacciare don Miguel Pertini, sacerdote italo-argentino, da un anno parroco della chiesa di San Filippo Neri al centro tra palazzoni cadenti dello Zen e le isole di case alte due piani chiuse da recinti e filo spinato dello Zen 2. La notizia è trapelata oggi proprio nel giorno del sedicesimo anniversario dell’uccisione di Don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio assassinato dalla mafia. L’intimidazione è avvenuta dopo una messa e la polizia è intervenuta quando ormai i giovani con le spranghe si erano dispersi raccogliendo le dichiarazioni di pochi testimoni. La procura ha aperto un’inchiesta chiedendo gli atti delle indagini svolte alla polizia. Le ragioni che hanno spinto la squadraccia dello Zen a spaventare il parroco non sono emerse. Don Miguel è turbato e non vuole parlare con i giornalisti. Dice: «Non so di alcuna inchiesta. La chiesa è chiusa non ho niente da dire». La parrocchia di San Filippo è molto grande è una struttura alta tre piani con l’enorme tetto spiovente che si apre su un grandissimo giardino che contiene anche un campetto di calcio. Tutto è chiuso da cancellate e ringhiere anti intrusione. Attorno vi sono i cortiletti delle isole abitative dove si spaccia cocaina ed eroina, e le stradelle che s’intersecano ospitando relitti di auto e ciclomotori rubati. Vicino la chiesa ci sono sei scheletri di Smart e due di Lancia Y regolarmente posteggiati da cui è stato asportato quasi tutto dal volante ai sedili, dai portacenere all’impianto elettrico. Molte case sono protette da grate e tutti i cortili comuni hanno la possibilità di essere chiusi da cancelli. Le vedette delle bande di spacciatori agli angoli delle strade hanno anche 12 anni. Proteggono la rete di pusher che si rifornisce da nuclei familiari cui la droga viene fornita da Cosa nostra. Perfino il citofono della parrocchia è blindato: una grata di ferro impedisce di asportare la placca e i pulsanti. Alcuni ragazzini giocano su uno spiazzo abbandonato saltando sulle collinette di rifiuti edili versati illegalmente da camion di imprese che non vogliono pagare la tassa e che molto più sbrigativamente gettano il materiale di risulta fra le case. L’irredimibile Zen torna alla ribalta dopo l’intervento del ministro dell’ Interno Roberto Maroni che ha assicurato al responsabile sicurezza del Pd, Marco Minniti, la sua attenzione sul quartiere dove da mesi si registrano attentati alla scuola materna, elementare, media «Francesca Morvillo – Giovanni Falcone». Dice Domenico Di Fatta, 49 anni, da tre preside: «Questo istituto ha attivato numerosi progetti, e altri sono in itinerere, per togliere bambini e ragazzi dall strada, dallo spaccio dalla delinquenza. Questo alla mafia non va bene. È l’unica ipotesi che posso fare per spiegare i gravissimi attentati degli ultimi mesi». «Il sistema di video sorveglianza – aggiunge – è stato alterato dall’interno dell’istituto per consentire atti devastanti come l’incendio delle aule di scuola materna: le porte sono state sigillate per permettere al fuoco di distruggere tutto. La videocamera che sorvegliava la scuola materna si è bloccata due giorni prima il raid. Dietro questi atti c’è una regia ben precisa, un progetto criminale». «A settembre sarebbe dovuta nascere – aggiunge il preside – una scuola calcio con un allenatore di grido. Ai ragazzi avremmo fornito la borsa, la tuta, i pantaloncini, le magliette. Un grosso richiamo. Poi i 50 mila euro stanziati dal ministero della Pubblica istruzione per questo progetto sono serviti per riparare le aule di scuola materna. Qualcuno vuole strapparci i ragazzi che devono rimanere per strada a lavorare per la criminalità organizzata. Ma il progetto è solo rinviato, si farà»

Gesualdo Bufalino diceva che la mafia si sconfigge con un esercito di insegnanti; oggi Cosa Nostra allo Zen ha un affanno a forma di spranga.

Operazione MATASSA nel Lodigiano: arrestati due funzionari pubblici. L'adulterio tipico è servito.

SEDEITALIA90Adesso tutti sanno, tutti sapevano e ricomincerà pronto il circo dei profeti muti che l’operazione “Matassa” l’avevano annusata già da tempo. Perché è innegabile che, soprattutto a Sant’Angelo Lodigiano, girasse quella strana voce di metodi non convenzionali di qualcuno della società “Italia 90” nel “tirare giù dai camion quelli della Meco per dirgli di smetterla” oppure di uno strano profumo di mafia per una società che si arricchiva tanto in fretta. Eppure oggi, calmate le acque, risuonano gli spigoli di una vicenda che affila una gestione dei rifiuti dubbia e spesso sottovalutata e soprattutto il solito noioso vizio antico di proclamare sorpresa verso un fenomeno che pretende invece coscienza e programmazione:

Tra gli arrestati ci sono un dirigente e un funzionario del comune di Sant’Angelo Lodigiano (Giuseppe Tacchini, ora rinchiuso nel carcere di Lodi, e Stefano Porcari, agli arresti domiciliari); secondo le accuse il dirigente del comune Tacchini avrebbe avuto un intenso scambio epistolare con Claudio Demma (procuratore speciale, nonché unico proprietario delle quote di “Italia 90”) per calibrare l’offerta e intascarsi l’appalto con il vecchio trucco delle due buste (con offerte diverse) da estrarre dal cilindro al momento opportuno. Questo a ricordare come l’infiltrazione mafiosa attecchisce lì dove la pubblica amministrazione apre uno spiraglio e la politica non vigila se addirittura non nega. E suona simpatico che proprio Sant’Angelo Lodigiano sia il feudo di un sindaco sceriffo (perfetta incarnazione della fanteria leghista) che ha come parole d’ordine “Sicurezza Pulizia Ordine Territorio” e che si ritrova beffato da una filo che parte proprio dalla pulizia e finisce sul territorio; per di più con il placebo della sicilianità dell’azienda coinvolta rovinosamente sfumato dal sangue sant’angiolino del proprio dirigente. Oggi il sindaco Domenico Crespi dice solo: “Sicuramente non posso che esprimere il mio rammarico. Naturalmente non posso che occuparmi anche del lato umano della vicenda, esprimendo attenzione per le persone coinvolte e le loro famiglie”. Amen.

Il presidente della Provincia di Lodi Pietro Foroni parla di un “preoccupante livello di infiltrazione mafiosa che ha raggiunto il Lodigiano e Cremona” e assicura di avere sempre guardato con sospetto “Italia 90” precisando di “non averli mai incontrati di persona”. I comuni di Mulazzano e Zelo Buon Persico più semplicemente avevano notato il certificato antimafia “sospetto” di Italia ’90 segnalandolo in procura. Il territorio ha forze sane e guardinghe che, forse, meriterebbero di essere stimolate con l’informazione e la sensibilizzazione.

Appropriarsi dei valori di “ordine e sicurezza” in campagna elettorale per delegarle completamente, ad elezioni vinte, alle forze dell’ordine e alla magistratura è un giochetto politico da vigliacchi.

OPERAZIONE MATASSA

1. Nel corso dell’aprile del 2008 militari del Nucleo Operativo Ecologico hanno ricevuto diverse notizie confidenziali relative a sospette attività poste in essere dal management della società “ITALIA 90 s.r.l.” (con sede legale in Palermo via dello Spasimo n. 62-64 e sede operativa in Ospedaletto Lodigiano (LO) via Fermi) in relazione ad eccessivi ribassi nell’ambito dei procedimenti di aggiudicazione delle gare d’appalto per la raccolta e gestione di rifiuti urbani in diversi comuni della provincia di Lodi e Cremona. Oltre a tale scenario – che faceva asseritamente riferimento ad ipotesi di riciclaggio di denaro e violazioni ambientali (smaltimenti illeciti) – le fonti indicavano atteggiamenti intimidatori posti in essere da uno dei soci verso potenziali concorrenti delle gare d’appalto che si sarebbero dovute aprire. Primi elementi di riscontro acquisiti e relativi alla mappatura degli appalti attualmente in corso di esecuzione dalla “ITALIA 90 s.r.l.” hanno permesso di comprendere come la società operasse in diversi comuni della provincia di Lodi (10 comuni tra cui Maleo, Zelo Buon Persico, Sant’angelo Lodigiano) ed in quasi i due terzi della provincia di Cremona (38 comuni) per un ammontare totale superiore a Euro 8.000.000 di fatturato distribuiti nel corso degli anni in cui vigevano i contratti con le pubbliche amministrazioni. La stessa ITALIA 90 srl conduceva appalti anche in alcuni comuni della regione Liguria.

2. Ulteriori approfondimenti esperiti nel corso dell’estate 2008 hanno permesso di rilevare come nel giugno di quell’anno il comune di Mulazzano (LO) depositava presso la locale Procura della Repubblica una denuncia nei confronti della società relativa a ipotesi di falso documentale riferita alla correttezza dei requisiti soggettivi del procuratore (assenza di precedenti penali) nelle autocertificazioni prodotte per l’aggiudicazione della gara d’appalto bandita. La conseguente analisi, estesa agli appalti in corso di esecuzione nella provincia di Lodi, ha consentito di evidenziare che, rispetto a diverse gare, la società aveva prodotto atti falsi in relazione alla sussistenza delle qualità soggettive ed oggettive necessarie alla aggiudicazione dei contratti.

3. In relazione a quanto sopra è stata depositata una informativa presso la Procura della Repubblica di Lodi a carico del management della “ITALIA 90 srl “, per le ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di atti pubblici, turbativa d’asta e corruzione. Il quadro indiziario è stato condiviso dalla Procura della Repubblica di Lodi che ha concesso l’emissione di decreti di intercettazione telefonica nei confronti delle utenze mobili in uso ai procuratori ed amministratori della società, nonché al Dirigente dell’Area Tecnica del comune di Sant’Angelo Lodigiano (LO) sospettato di mantenere improprie relazioni, verosimilmente di natura corruttiva, con almeno uno degli indagati.

4. La prosecuzione della manovra investigativa ha permesso di individuare una gara d’appalto bandita dal comune di Sant’Angelo Lodigiano avente per oggetto l’affidamento dei servizi di raccolta integrata dei rifiuti urbani e dei servizi di igiene urbana per un importo complessivo a base d’asta di 5.159.091,00 euro (oltre IVA ) per una durata di 5 anni a partire dal 01.01.2009, servizio già condotto dalla società “ITALIA 90 srl” dal 2003. Gli elementi probatori acquisiti nel corso dalle attività tecniche in ordine a tale appalto, hanno permesso di accertare come il procedimento di formazione del capitolato speciale veniva in parte condiviso tra il Pubblico ufficiale responsabile del procedimento amministrativo e il titolare di fatto della società “ITALIA 90 srl”. Tra la data di pubblicazione del bando di gara e la data di presentazione delle offerte (1° dicembre 2008) il grado di collusione tra i due soggetti diventava più evidente, come testimoniato dai diversi incontri effettuati presso gli uffici comunali tra il Dirigente dell’Area Tecnica e l’imprenditore della “ITALIA 90 srl”. Nel corso del monitoraggio tecnico era infatti emerso il ricorso, per lo scambio di informazioni particolareggiate, anche all’uso di fax “civetta” e linguaggi telefonici criptati. Inoltre, la documentazione di gara presentata da “ITALIA 90 srl” e rinvenuta nel corso degli accertamenti appariva da subito incompleta ed inesatta: in tale contesto il titolare di fatto della società “ITALIA 90 srl” veniva continuamente avvisato sulle verifiche in corso e indirizzato su come aggirarle e/o comunque acquisire quella documentazione mancante utile alla assegnazione della proroga del contratto di appalto avente termine il 28 febbraio 2009.

5. L’apertura dell’offerta economica evidenziava ancor di più come quella proposta da “ITALIA 90 srl” fosse inaccettabile dalla Pubblica amministrazione del Comune di Sant’Angelo Lodigiano anche alla luce della offerta effettuata dalla concorrente società “MECO srl” (con sede in Trapani via Generale Ameglio n. 37). Il tutto portava all’aggiudicazione provvisoria dell’appalto a favore di quest’ultima società che avrebbe dovuto iniziare il servizio di smaltimento rifiuti a partire dal 1 marzo 2009. Venivano messe in atto dal titolare di fatto della società “ITALIA 90 srl” una serie di “pressioni” anche attraverso minacce nei confronti degli aggiudicatari dell’appalto; l’indagine ha permesso di evidenziare come – prima della formalizzazione dell’affidamento del servizio – presso un’importante società di fornitura di automezzi industriali per la raccolta degli rsu palermitana, la “MAVI spa” (con sede in Palermo viale della Resurrezione n. 83), fosse stato tenuto un incontro tra il management della società “ITALIA 90 srl” e quello della “MECO srl”. Nel corso della riunione i responsabili di quest’ultima avevano esternato la volontà di recedere dall’appalto e concordato le modalità di uscita dalla gara senza subire danni economici per la mancata esecuzione dell’appalto, pensando anche ad un possibile ricorso “pilotato” al TAR.

6. Successivamente è stato verificato che la “MECO srl” aveva effettivamente formalizzato la richiesta di recessione dal contratto ad esito della aggiudicazione provvisoria dell’appalto. Il comune di Sant’Angelo Lodigiano dapprima affidava in urgenza il servizio di smaltimento dei rifiuti alla società “Astem Gestioni srl” e successivamente garantiva in via definitiva l’appalto alla società “ITALIA 90 srl”.

7. L’attenzione investigativa si è appuntata anche sulla gara pubblica bandita nel mese di ottobre 2008 dal comune di Zelo Buon Persico per l’affidamento del servizio di igiene urbana dell’importo a base d’asta di 255,000.00 euro l’anno per 5 anni, servizio di appalto già condotto da “ITALIA 90 srl” nel corso di svariati anni. Dopo l’aggiudicazione provvisoria a favore della citata società, unica partecipante alla gara, il comune ha richiesto la prevista certificazione antimafia alla Questura di Palermo. L’esito della richiesta ha evidenziato “infiltrazioni mafiose“ (come risulta da dati di fatto acquisiti nel corso dell’indagine, sono state verificate relazioni di parentela (fratelli) tra la consorte dell’amministratore di fatto della società Italia 90 srl – che ricopre la qualifica formale di procuratore speciale della stessa – ed Abbate Luigi, nato a Palermo il 18.04.1958 detto “Gino u’ mitra” ed Abbate Ottavio, nato a Palermo il 08.07.1966, considerati rappresentanti di spicco della famiglia mafiosa di Porta Nuova del rione “Kalsa” di Palermo.): il comune di Zelo Buon Persico ha avviato pertanto immediatamente il procedimento di annullamento dell’affidamento provvisorio della gara.

8. Nel corso delle indagini è stato individuato anche un traffico illecito di ingenti quantità di rifiuti prodotti presso il cimitero di Sant’Angelo Lodigiano ed illecitamente smaltito con falso codice CER presso un impianto di trattamento rifiuti di Montanaso Lombardo. Sono state, altresì, evidenziate una serie di truffe perpetrate dalla società “ITALIA 90 srl” nei confronti di alcuni comuni del lodigiano, consistenti nell’indebita attribuzione del costo di smaltimento di alcune tipologie di rifiuto – che avrebbe dovuto sopportare la stessa società per via del contratto d’appalto – ad ignari amministrazioni comunali.

9. Il gip presso il Tribunale di Lodi, concordando con le risultanze investigative prodotte da NOE di Milano ed in conformità alla richiesta avanzata dal Pubblico Ministero, ha emesso n. 9 (nove) misure cautelari personali restrittive (2 in carcere e 7 agli arresti domiciliari), in base alla sussistenza dei reati di:

  • Turbativa d’asta aggravata;
  • Traffico illecito di rifiuti;
  • Falso ideologico;
  • Associazione a delinquere finalizzata ai reati di falso e truffa.

Nel corso dell’operazione sono stati eseguite complessivamente 9 ordinanze di custodia cautelare. Cinque di queste sono state eseguite a Palermo, più precisamente quattro agli arresti domiciliari ed una in carcere.

I quattro soggetti tradotti agli arresti domiciliari sono:

1. Madonia Mario, titolare della concessionaria autocarri 1. Renault MAVI s.r.l.

2. Abbate Maria, dipendente della società ITALIA 90 s.r.l.;

3. Gatti Tiziana, impiegata amministrativa della società ITALIA 90 s.r.l.;

4. Ingargiola Susanna, amministratore unico della società ITALIA 90 s.r.l..

Demma Claudio, socio della società ITALIA 90 s.r.l. ma di fatto gestore della citata società, è stato invece tradotto presso la Casa Circondariale Ucciardone di Palermo.

Sicurezza Pulizia Ordine Territorio

Mafia e rifiuti: "Italia 90" in Lombardia questa volta ha preso il palo

matassa

I carabinieri del Noe, Nucleo Operativo Ecologico, di Milano hanno smascherato i presunti componenti di un’associazione a delinquere finalizzata all’aggiudicazione e all’acquisizione di appalti pubblici aventi per oggetto la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di alcune cittadine lombarde. I militari, in collaborazione con il personale dei Gruppi Tutela Ambiente di Treviso e Napoli nonche’ dei Comandi provinciali dei carabinieri di Lodi, Piacenza, Palermo e Trapani, hanno eseguito nove ordinanze di custodia cautelare: due in carcere e sette agli arresti domiciliari. Le ipotesi di reato contestate agli indagati sono di turbativa d’asta aggravata; traffico illecito di rifiuti; falso ideologico; e associazione a delinquere finalizzata ai reati di falso e truffa.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip presso il Tribunale di Lodi. Al centro delle indagini e’ finita la societa’ “Italia 90 srl”, con sede legale in via dello Spasimo a Palermo e sede operativa in via Fermi, ad Ospedaletto Lodigiano (LO). Cinque delle ordinanze sono state eseguite a Palermo. Agli arresti domiciliari sono finiti Mario Madonia, titolare della concessionaria autocarri Renault Mavi srl, Maria Abbate, dipendente della societa’ Italia 90 srl e sorella dei boss del quartiere kalsa di Palermo, Tiziana Gatti, impiegata amministrativa della stessa societa’ e Susanna Ingargiola, amministratore unico sempre della Italia 90 srl. Mentre in carcere e’ stato condotto Claudio Demma, socio ma di fatto – secondo gli investigatori – gestore sempre della societa’ Italia 90 srl, con sede a Palermo. Nel corso delle indagini e’ stato accertato che alcune gare d’asta sarebbero state vinte aggirando le procedure relative al possesso delle qualita’ soggettive degli amministratori delle societa’ concorrenti.
L’attenzione investigativa e’ ricaduta anche su una gara pubblica bandita nel mese di ottobre 2008 dal comune di Zelo Buon Persico per l’affidamento del servizio di igiene urbana dell’importo a base d’asta di 255.000 euro l’anno per cinque anni, servizio di appalto gia’ condotto da “Italia 90 srl” nel corso di altri anni.
Dopo l’aggiudicazione provvisoria a favore della societa’, unica partecipante alla gara, il comune aveva richiesto la prevista certificazione antimafia alla Questura di Palermo. Ma L’esito della richiesta ha evidenziato “infiltrazioni mafiose”, cosi’ il comune di Zelo Buon Persico ha avviato immediatamente il procedimento di annullamento dell’affidamento provvisorio della gara.
I carabinieri avrebbero individuato anche un traffico illecito di ingenti quantita’ di rifiuti prodotti presso il cimitero di Sant’Angelo Lodigiano e illecitamente smaltiti con falso codice Cer presso un impianto di trattamento rifiuti di Montanaso Lombardo. Inoltre, sarebbero state evidenziate una serie di truffe consumate dalla societa’ “Italia 90 srl” nei confronti di alcuni comuni del lodigiano, consistenti nell’indebita attribuzione del costo di smaltimento di alcune tipologie di rifiuto – che avrebbe dovuto sopportare la stessa societa’ per via del contratto d’appalto – a ignare amministrazioni comunali.

Sabato 26 settembre DO UT DES al Festival del Diritto di Piacenza

DO UT DES – Riti e Conviti Mafiosi sarà in scena sabato 26 settembre alle ore 21.30 in occasione del Festival del Diritto al Teatro dei Filodrammatici di Piacenza.

La seconda edizione del Festival del Diritto, che si svolgerà a Piacenza dal 24 al 27 settembre, si profila ancora più ricca del fortunato esordio del 2008. Il programma definitivo, che avrà come tema portante “Pubblico e Privato” ed è curato da Stefano Rodotà, è reperibile su questo sito.
Numerosi e prestigiosi i partecipanti alla manifestazione: l’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, Eugenio Scalfari, Paolo Garimberti, Giancarlo De Cataldo, Fedele Confalonieri, Ferruccio De Bortoli, Vasco Errani, Roberto Formigoni, Carlo Freccero, Massimiliano Fuksas, Carlo Galli, Piercamillo Davigo, Mario Calabresi, Pierluigi Bersani, Francesco Greco, Guido Rossi, Salvatore Settis, Giuliano Amato, Alberto Abruzzese.
Al programma principale del Festival che prevede 48 incontri nell’ambito della quattro giorni piacentina, si affianca anche quest’anno il programma partecipato, costruito con le proposte presentate, a livello locale, dalle istituzioni, numerose associazioni, diverse categorie professionali, il mondo della scuola e diversi operatori culturali. Si tratta di 24 eventi, quattro dei quali organizzati dalle scuole superiori di Piacenza. Otto spettacoli di vario genere -musica, teatro, cinema, danza – animeranno le serate del Festival. Sono previste anche mostre fotografiche e di pittura e laboratori creativi.

PER INFO

http://www.festivaldeldiritto.it

Giulio Cavalli relatore a Piacenza nel convegno ““Come combattere il fenomeno mafioso. L’impegno della società civile come parte integrante della filiera antimafia”

Sabato 26 settembre 2009 a Piacenza in via moizo 2, Giulio Cavalli sarà tra i relatori del convegno ““Come combattere il fenomeno mafioso. L’impegno della società civile come parte integrante della filiera antimafia” a partire dalle ore 17.30 organizzato dal Lions Club Piacenza Ducale in collaborazione con il SIAP. Ecco il programma di massima:

“Come combattere il fenomeno mafioso”. L’impegno della società civile come parte integrante della filiera antimafia.

Tale evento organizzato presso il ristorante La Volta del Vescovo sito in Piacenza avrà luogo il 26 Settembre 2009 alle ore 17,30.
Per motivi organizzativi La prego di confermare la Sua presenza e quella di eventuali ospiti, unitamente ad eventuali necessità legate agli spostamenti e/o agli alloggi, al Presidente del Comitato Service del L.C. Piacenza Ducale Club Davide Bonanno al n° 335/6830498 o al Segretario Provinciale del SIAP Walter Verardi al n° 331/3724596 .
Lo scopo dell’ iniziativa è quello di sensibilizzare la cittadinanza affichè sempre più, si diffonda il messaggio di solidarietà verso coloro che si espongono in prima persona nel combattere la criminalità organizzata per affermare la legalità.   

Il ruolo di moderatore verrà rivestito dal Governatore del Distretto Lions
Prof. Dott. Renato Sambugaro

Hanno già confermato la loro partecipazione quali ospiti relatori:

Giulio Cavalli
Attore e scrittore
“il dovere per la cultura di informazione e alfabetizzazione nella battaglia antimafia al nord”

Dott. Leonardo GUARNOTTA
Presidente del Tribunale di Termini Imerese

On. Mario TASSONE
Membro della Commissione Parlamentare Antimafia

Dott.ssa Nadia FURNARI
Laurea in Informatica – Scienze dell’informazione
Associazione “Rita Atria”
l’impegno della società civile nella lotta contro le mafie.

I.M:D.
Autore del libro “Catturandi” edito da Flaccovio
“Come e perchè è fondamentale la ricerca dei Latitanti da parte della polizia
giudiziaria”

Pino MANIACI
Giornalista e Direttore di “TELEJATO”

Rosa FRAMMARTINO
Responsabile scientifica del Progetto “Percorsi di Cittadinanza e Legalità”
Consorzio “Oscar Romero”

Cavalli, attore sotto scorta che sfida la mafia

L’intervista – Il 31enne direttore del teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco, è stato minacciato per i suoi spettacoli che deridono i boss. “Il teatro italiano è omertoso”
“Tengono sotto scacco una nazione grazie alla complicità della politica”
LODI- “C’è una certa fiction che ci vende i mafiosi come geni del male. In realtà sono persone senza credibilità che tengono sotto scacco una nazione solo grazie alle complicità con la politica e i colletti bianchi”.
Giulio Cavalli, 31 anni, attore milanese, molto conosciuto nel lodigiano per aver fondato una compagnia teatrale 8 anni fa e per dirigere il teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco, è sotto scorta, dall’aprile scorso, caso unico nel panorama teatrale italiano. La sua colpa, agli occhi dei mafiosi, è quella di indagare i rapporti fra mafia (in particolare quella gelese che, secondo Cavalli, è ben presente nel lodigiano), politica e pubbliche amministrazioni, soprattutto per quel che riguarda il riciclaggio di denaro sporco e gli appalti pubblici al Nord.
L’attore ha messo in scena tutto questo nel suo teatro di narrazione. Come se non bastasse, Cavalli, fedele al vecchio slogan “Una risata vi seppellirà”, li ha presi pure per i fondelli i mafiosi nella sua ultima messa in scena “Do ut Des, riti e conviti mafiosi”. Nello spettacolo, scritto da lui insieme a Francesco Lanza, sbeffeggia Cosa nostra raccontando la storia di Totò Nessuno, giovane aspirante mafioso. Attraverso gli occhi di Totò, interpretato da Cavalli, lo spettatore scopre la ritualità della mafia e arriva a riderne in una pièce che è uno sberleffo tagliente e irriverente alla cultura mafiosa.
Quando ha iniziato ad occuparsi di mafia?
“Nel 2006, perchè in quell’anno il Comune di Lodi e di Gela avevano deciso di produrre un mio spettacolo che aveva come scopo quello di continuare l’attività di Peppino Impastato (il giovane ucciso dalla mafia a Cinisi 31 anni fa e diventato un simbolo della lotta alla criminaliltà organizzata, ndr). Per scrivere lo spettacolo ho collaborato con i magistrati e ho lavorato sui documenti giudiziari. I miei viaggi a Gela erano frequenti, così come i miei incontri con il sindaco di Gela. Sapevo che questo mio lavoro era tenuto sotto osservazione. Era passato dagli uffici e dal consiglio comunale. Tutti sapevano su cosa stavo lavorando”.
Ma lei, nello spettacolo, parla anche della mafia al Nord.
“Do ut Des è stato l’inizio di una mia immersione in un certo mondo. Da lì ho cominciato a capire la realtà di Gela, nel lodigiano, e ad occuparmi del fatto che a Tavazzano, dove gestisco un teeatro, una famiglia gelese, i Rinzivillo, ha ottenuto un appalto da quattro milioni di euro per i lavori della centrale termoelettrica (l’operazione, alla fine del 2005, finì nel mirino della procura antimafia, ndr). Parlare della mafia gelese, pensandola a Gela, sarebbe stato un errore. Lo spettacolo è l’occasione per risvegliare un territorio che delega il problema della criminalità organizzata alle regioni del sud”.
Quello che forse ha fatto più arrabbiare i mafiosi è la loro desacralizzazione.
“In “Do ut Des” prendo in giro Riina e Provenzano per l’ortografia che usavano nei pizzini. Lo spettacolo rivendica il diritto a disonorare un onore che, culturalmente, noi non accettiamo”.
E’ per questo motivo che lei è finito nel mirino della mafia?
“Si è partiti dalle minacce via mail, fino a cose molto più pesanti come le gomme tagliate alla mia macchina (ma anche il disegno di una bara, con accanto il nome Cavalli sulla porta del suo teatro e scritte sul furgone dell’attore, ndr). Sulla vicenda c’è un’indagine in corso. Tutto, secondo me, è legato al fatto che nell’ultimo anno e mezzo ci siamo dedicati alla ‘ndrangheta e ad indagare sugli appalti dell’Expo e su quelle famiglie, in Lombardia, che hanno troppa liquidità in un momento di congiuntura economica disastroso”.
Come vive sotto scorta?
“In un modo assolutamente tranquillo. Non amo il voyeurismo che si è sviluppato sulle scorte e poi penso a gente con cui lavoro, come Giancarlo Caselli, che è sotto scorta da decenni. Tuttavia questo è simbolicamente importante, perché significa che lo Stato crede ancora nel valore della parola”.
Cosa pensa, un attore sotto scorta come lei, di uno scrittore che condivide la stessa sorte come Saviano?
“Conosco Saviano e stimo molto il suo lavoro perché ha dimostrato che la parola è importante. Comunque non è la scorta che aumenta la nostra credibilità. Noi raccontiamo cose su cui hanno lavorato magistrati e giornalisti. Siamo i loro megafoni”.
Secondo lei c’è un rischio mafia elevato per quel che riguarda gli appalti dell’Expo?
“E’ la procura nazionale antimafia che dice che la criminalità qui da noi, ha un aspetto prettamente economico. Io racconto cose che sono state indagate, giudicate e magari dimenticate. La previsione futura è che nella zona dell’Expo faranno grandi affari i Barbaro, i Papalia e i Piromalli (famiglie della ‘ndrangheta calabrese finite più volte nel mirino dell’antimafia, ndr) che hanno il controllo della movimentazione terra in quelle zone”.
Lei è sotto scorta, ma il teatro italiano si occupa di mafia?
“Il teatro italiano vive di finanziamenti pubblici e quindi è un teatro omertoso su questi fatti. In questa situazione, una normalità dignitosa è sufficiente per essere eccezionali. Mi chiedo se il teatro civile, in Italia, debba essere per forza solo teatro di memoria senza essere calato nell’attualità. E’ bravo a raccontare quello che è già successo ma poi, dipende dalle amministrazioni di turno, si ferma su qualsiasi cosa che possa turbare i politici”.
Paolo Pergolizzi

La piece
Il picciotto capì che un decreto legge costa meno del tritolo
“Do ut Des, riti e conviti mafiosi” è il titolo dell’ultimo spettacolo di Giulio Cavalli, scritto insieme a Francesco Lanza. La messa in scena sbeffeggia Cosa nostra raccontando la storia di Totò Nessuno, giovane aspirante mafioso. Attraverso gli occhi di Totò, interpretato da Cavalli, lo spettatore scopre la ritualità della mafia e arriva a riderne grazie alla presenza in scena di un insolito Virgilio, il clownesco maestro di cerimonie mafiose Matteo Barbè. La piece diventa uno sberleffo tagliente e irriverente, una rilettura in chiave comica della storia della “parola di 5 lettere” che non esiste nei documenti ufficiali, non appare sulle lapidi, ma uccide. Le registrazioni delle voci di Peppino Impastato e Libero Grassi, ma anche di Totò Cuffaro si intrecciano alla vicenda di Totò Nessuno che da semplice aspirante mafioso di bassa lega arriva a intuire che “un decreto legge costa meno del tritolo” e si appresta a intraprendere una carriera tutta politica all’interno della società dalle 5 lettere, non prima di un pirotecnico comizio-talk show. Fra i collaboratori dello spettacolo Rosario Crocetta, sindaco anti-mafia di Gela, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, Giuseppe Maniaci, giornalista di Telejato, tv locale con sede a Partinico che dal’99 informa con nomi e cognomi senza censure su tutto quello che succede in Sicilia.

DA LA LIBERTA’

L’ARTICOLO QUI

"Piccola città bastardo posto": il silenzio degli untori sulla Popolare di Lodi

lodi1Chiudete gli occhi e ascoltate.

“Indagini frenate dal silenzio”, “non c’è nessuno che abbia voglia di parlare con la procura, altrimenti tutte le indagini aperte sull’urbanistica nel capoluogo sarebbero già arrivate a conclusione”, “ci sono forti gruppi di pressione”, “sui fatti di quegli anni è scesa una cortina di silenzio”.

Non immaginate scenari criminali pelosi o apocalittici e nemmeno terre di omertà da letteratura: siamo a Lodi, chi parla è il procuratore capo Giovanni Pescarzoli che lancia un allarme che profuma nei modi e nei toni di una “mancanza di collaborazione” che dovrebbe accendere gli animi, smuovere la società civile e spingere la politica “buona” a prenderne le difese. E invece rimane una pagina di (buon) giornalismo sulle pagine del quotidiano “Il Cittadino”, e il giorno dopo è già finito nel cassetto.

Eppure Pescarzoli non parla di processi di criminalità a Lodi in trasferta ma del filone più lodigiano dei processi a carico del mai troppo poco ex amministratore dell’impopolare Banca Popolare di Lodi  (poi Banca Popolare Italiana): quello sui presunti rapporti tra l’ex rampante banchiere e il dirigente del settore pianificazione e gestione del territorio del Comune di Lodi Luigi Trabattoni. L’inchiesta è figlia delle dichiarazioni del Fiorani nell’interrogatorio del 5 ottobre del 2006 (nel pieno dello scandalo dei “furbetti del quartierino”) in cui Fiorani parlava della società CORES srl con la quale era stato acquistato un terreno in prossimità della filiale BPL in Lodi in via San Bassiano. Nei verbali si legge come dietro alla CORES ci fosse l’UNIONE FIDUCIARIA (collegabile secondo le dichiarazioni a Silvano Spinelli) e la ZONIVEST srl (riferibile alla famiglia Zoncada) nonché come soci occulti (questo sempre secondo le dichiarazioni di Fiorani, successivamente ritrattate perché “nate sotto la pressione del carcere”) egli stesso, Giovanni Benevento e appunto il Trabattoni che si sarebbe impegnato ad aumentare la volumetria ottenendo in cambio il ruolo di progettista e direttrice dei lavori per la moglie. Da qui l’inchiesta della Procura di Lodi e il blitz della Guardia di Finanza presso gli uffici del Comune per accertare le responsabilità (che lo stesso Trabattoni rifiuta con sdegno come si può leggere nell’articolo del Corriere della Sera del 1 giugno 2006).

Al di là degli esiti giudiziari dell’inchiesta (che, Pescarzoli tiene a precisare, non è “nè chiusa nè archiviata“) rimbalza stonato il silenzio della politica e della città nei confronti di un’omertà latente (per di più svelata da un procuratore) che da molti non è ritenuta propria di queste terre. E’ la prevedibile dinamica dei paesi dei signorotti dove il buon nome viene sfoggiato davanti ad uno spumantino in un adulterio di amicizie interessanti e interessate che attraversano indifferenti strati sociali, economici e politici: il silenzio come grumo per difendere l’orticello e il vicino. Una posizione ostinata di “disinteresse” assolutamente interessata per non dovere essere costretti a prendere una posizione. Una miopia su sé stessi degna del sospetto di premeditazione. Un delegare la narrazione dei fatti ai processi e solo nei processi come in un feudo mai sconsacrabile. Una liturgia del silenzio officiata come dovere per il buon nome.

Qualche professionista della moderazione dal lato dell’ottundimento vi dirà che è una cosa vecchia, archiviata almeno nella sensazione e nella memoria, e che comunque l’allarmismo sul passato è un’inquietudine inutile per il futuro: la risposta sta nella frase del procuratore “Lodi non è più omertosa del resto d’Italia, purtroppo, ma probabilmente su alcune vicende ci sono nel territorio forti gruppi di pressione che si stanno ricompattando.Si stanno ricompattando: futuro. Prossimo.

Forse sarebbe il caso che il pullman della prossima missione legalitaria-turistica a sfamarsi d’antimafia si fissi al pomeriggio; e al mattino si appoggino i nostri, di procuratori.