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Quando le dimensioni contano

A Ferrara mezza città scende in piazza per ricordare Federico, stare vicini alla madre Patrizia e sottolineare l’imbecillità di cani patetici benché feroci, travestiti da poliziotti.

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Saggi, seggi, tsunami e democrazia

untitledE’ Pasqua e passa la voglia di parlare anche oggi di politica, sarà perché in questo campo le resurrezioni sono quasi sempre una pessima notizia.

Non vorrei nemmeno sottolineare per l’ennesima volta come in questo Paese sia impossibile declinare la “saggezza” al femminile: qui le grandi donne al massimo riusciamo a concepirle come sfondo di un grande uomo, alla faccia del rinnovamento.

Non mi viene nemmeno da infliggere lezioni su chi siano Violante e Quagliarello, i due politici (onomatopeici) che hanno firmato pagine politiche troppo mediocri per meritare una santificazione (basta farsi un giro nel web per rinfrescarsi la memoria). Non mi piacciono i saggi e non mi piace la soluzione.

Una riflessione però vorrei farla: doveva essere il Parlamento di svolta per la democrazia diretta, la rappresentanza, le scelte dal basso, e invece ci ritroviamo dieci persone che sono state nominate (nominate) da un Presidente della Repubblica (che, nonostante l’autorità non è propriamente l’espressione della rappresentanza diretta). Non solo siamo passati dai tecnici ai saggi ma ancora una volta inghiottiamo il metodo del “porcellum” nobile che dall’alto ci indica le intelligenze. Auguri, ne abbiamo bisogno.

p.s. (e SEL?)

 

Antimafia di quartiere

CL176x300_9231Un progetto di Terre di Mezzo, agenzia Codici e il Consiglio di Zona 9 del Comune di Milano che prova “su strada” ad ascoltare e fare antimafia. Il federalismo dei curiosi “scassaminchia” in ogni quartiere è il federalismo che serve.

Un gruppo di giovani volontari scout, di Libera e del comitato di quartiere, sta battendo palmo a palmo le vie Farini, Thaon de Revel, Sassetti, De Castillia e Pepe per consegnare il questionario. Partner dell’iniziativa sono l’agenzia di ricerche sociali Codici, che ha curato la formazione dei volontari, e il Consiglio di zona 9, che ha dato un contributo di 2.500 euro. “Il nostro auspicio è di avere un quadro complessivo di quanto stia accadendo all’Isola e speriamo che questa fotografia non sia eccessivamente negativa. In ogni caso, siamo pronti ad affrontare qualunque risultato”, dichiara Beatrice Uguccioni, presidente del parlamentino di zona 9. In questi anni non sono mancate le segnalazioni al Consiglio di zona di episodi sospetti. “Confido che con l’iniziativa di Terre di mezzo, commercianti e cittadini si sentano affiancati. Bisogna tenere alta l’attenzione, promuovendo sempre più incontri e dibattiti sul tema mafia”, conclude Uguccioni.

“L’effetto positivo è che così si inizierà a parlare in quartiere della presenza e degli interessi mafiosi -aggiunge David Gentili, presidente della Commissione consigliare antimafia-. Mi aspetto inoltre che dai risultati del questionario si possa capire perché ci sono continui cambi di licenza e attentati incendiari”.

L’episodio più inquietante è avvenuto il 28 settembre 2011, quando è andato a fuoco lo Sugar Lounge di via Alserio 9, bar che compare nell’inchiesta Redux Caposaldo che sei mesi prima aveva portato in carcere Davide Flachi, figlio del boss della ‘ndrangheta Pepé Flachi. Nella stessa via, negli anni precedenti, avevano subito attentati incendiari anche una videoteca e un ristorante. “Ci sono persone che aprono nuovi locali e ti chiedi con quali soldi, data la crisi che c’è. So quanto serve per iniziare e non è poco”, ci ha detto un commerciante qualche settimana fa. Un altro dice di non aver mai sentito notizie di minacce, ma non si sbilancia. Si sa che tra i commercianti si tende a non toccare certi argomenti. Chissà se un questionario anonimo non faccia venir la voglia di parlare.

Per approfondire: un articolo pubblicato sul Corriere della sera (27 marzo 2013) racconta il progetto (leggi, qui).
Per dare il proprio contributo al progetto (segnalazioni, suggerimenti, contatti): redazione@terre.it 
Per seguire gli step: Twitter @terredimezzo #isolalamafia 

La rinocentite e la casta

In tempo di facilonerie e pancismi un articolo equilibrato, finalmente, di Alessandro Campi per Il Messaggero:

basta-castaPersino Maurizio Crozza – che è un grande professionista, ma rimane pur sempre un comico – alla fine ha riconosciuto che «forse stiamo esagerando». Sentire i presidenti delle Camere che all’unisono, appena eletti, annunciano in diretta televisiva di essersi ridotti lo stipendio (ma perché solo del 30%? perché non rinunciarvi del tutto?), leggere di un parlamentare grillino messo sotto accusa dai suoi colleghi per aver mangiato al ristorante di Montecitorio invece che alla mensa, tutto ciò dà il segno – ha sostenuto Crozza – di «una escalation assurda».

Se continua così, ha concluso fra le risate del pubblico, fra qualche tempo qualcuno si inventerà in televisione un’inchiesta-denuncia su un onorevole sorpreso a mangiare una brioche con crema all’autogrill di Roma Sud. Uno scandalo, ovviamente, visto che i parlamentari degli altri Paesi europei le brioche le mangiano vuote. E chi la paga la crema se non i poveri contribuenti italiani?

La verità, messa in luce da uno spettacolo satirico ma che si ha evidentemente paura di sollevare a livello di dibattito pubblico, è che la campagna mediatica contro la casta e gli sprechi della politica è sfuggita di mano a coloro che, nel corso dell’ultimo decennio, l’hanno meritoriamente promossa. Ma il loro obiettivo, apprezzabile dal punto di vista dell’impegno civile, era la riforma del sistema dei partiti, non la sua paralisi o peggio la sua distruzione.

Una riforma peraltro sostenuta da argomenti che ormai oscillano sempre più tra la demagogia e l’invettiva vera e propria. Nata per denunciare i costi oggettivamente esorbitanti delle assemblee rappresentative (centrali e periferiche) e in genere della macchina burocratico-istituzionale italiana, per mettere a nudo la corruzione dei singoli e i molti privilegi, diretti e indiretti, connessi allo svolgimento di ruoli e incarichi politici, tale campagna ha tuttavia finito per gettare una sorta di discredito generalizzato, un’ombra di sospetto permanente, su chiunque occupi uno scranno o svolga una funzione di governo, avallando implicitamente l’idea che la politica sia in sé un affare sporco.

Il trionfale ingresso di Grillo e dei suoi seguaci nelle aule parlamentari è in gran parte da attribuire proprio a questo sentimento collettivo, che da anni è largamente ostile alla politica e ai suoi attori tradizionali. Sentimento che Grillo – un Savonarola nell’epoca dei social network – ha capitalizzato, accomunando destra e sinistra in una condanna senza appello.

La sua vittoria ha spinto tutte le altre forze politiche, frastornate e impaurite, ad assecondarlo a costo di sfondare il limite del grottesco. Tutto, ivi comprese le trattative politiche più riservate e delicate, deve essere reso trasparente e accessibile. Ogni atto o parola deve essere ripreso in video e sottoposto al giudizio del pubblico. Ogni spesa, ivi comprese caramelle e penne a sfera, deve essere documentata scontrino alla mano.

Non c’è competenza o carriera professionale, non c’è funzione o incarico, per quanto delicato e prestigioso, che possa giustificare uno stipendio o una pensione che offenda l’amor proprio (o stimoli l’invidia sociale) di un pensionato, una casalinga o uno studente fuori corso. Tutti – purché cittadini – possono occuparsi di tutto e svolgere qualunque mansione, in omaggio all’idea che le istituzioni funzionano in virtù della volontà e dei desideri di chi momentaneamente se ne appropria, non delle conoscenze tecniche di chi opera stabilmente al loro interno.

Ma non basta. Ogni esperienza politica pregressa, aver già ricoperto un incarico pubblico o un mandato politico, è da considerarsi con sospetto, in una versione aggiornata e un tantino ridicola del delirio rivoluzionario che nella Cambogia degli anni Ottanta spingeva i seguaci di Pol Pot a deportare nelle campagne o eliminare chi indossava un paio di occhiali o possedeva un titolo di studio, e a consegnare il potere ai fanciulli.

E guai naturalmente a farsi vedere in un ristorante del centro, meglio recarsi a piedi in Parlamento, tutti a chiedere di tagliare: stipendi, province, rimborsi, numero dei deputati e dei senatori, auto blu, scorte, appannaggi, pensioni, in una gara nella quale il qualunquismo travestito da morigeratezza sembra superato solo da un’ipocrita insipienza.

Per chi si ricorda di Ionesco e del teatro dell’assurdo, sulla scena politica di queste settimane sembra essersi realizzata la trasformazione di milioni di italiani – ivi compresi opinionisti eccellenti e politici di lungo corso – in rinoceronti impazziti che caricano senza risparmiare nulla, mossi dallo spirito di rivalsa e dal desiderio di fare tabula rasa.

La “rinocerontite”, come la chiamava il drammaturgo romeno, sembra aver colpito la maggioranza e si va diffondendo come un virus. E l’unico che abbia sin qui avuto l’ardire (e il buon senso) di opporsi a questo delirio febbrile sembra essere stato Crozza, un uomo di spettacolo ma per sua fortuna ancora politicamente pensante.

L’ingenua prova contraria

bersani-crimi-lombardi-620x350Scriveva anni fa Stefano Rodotà (che forse Bersani avrebbe anche potuto ogni tanto consultare) che l’uomo di di vetro è una metafora totalitaria. Lo riscrivo: l’uomo di vetro – l’idea stessa che il cittadino che non ha nulla da nascondere debba poter essere interamente esplorato – è una metafora totalitaria. Vale per l’ultimo di noi ma vale, almeno in parte, anche per i nostri rappresentati in Parlamento. E non è un caso che Beppe Grillo inneggi ad una sua personalissima idea di trasparenza a corrente alternata, dove l’unanimità dei parlamentari grillini è ottenuta in segreto e diventa comunicazione fiduciaria (perché come ha sostenuto la povera Lombardi oggi senza nemmeno accorgersi delle enormità che le uscivano di bocca loro sonocredibili) mentre il punto di vista di chiunque altro (tutti gli altri sono invece per definizione gli “incredibili”) resta il risultato di un commercio sottobanco fino a prova contraria. E la prova contraria, l’ingenua prova contraria nella mente dei semplici è la presenza della telecamera.

(Massimo Mantellini via manteblog)

Expo 2015 e la società abusiva che controlla gli abusivi

Villa-campaaAbbiamo detto che il controllo degli accessi nei cantieri Expo è un nodo cruciale per evitare le infiltrazioni. Dico: ce lo siamo detti in tutte le salse, in tutte le serate di campagna elettorale, in tutti i convegni, in tutti i libri senza bisogno di essere saggi o ex ministri degli interni o professori.

Ogni tanto mi viene il dubbio che a qualcuno basti avere la soddisfazione di esprimere la propria analisi più o meno autoreferenziale (quando almeno è un’analisi e non solo una declamata masturbazione), che a qualcuno basti potere dire “l’avevo detto”, “vi avevo avvisato”, “era prevedibile” e ci si dimentichi del pezzo del “fare”.

Perché il “fare” oggi dovrebbe essere (correggetemi, vi prego, se sbaglio) quel potente signore ex ministro con gli occhialini che siede nel piano alto di Palazzo Lombardia e i garanti (a tutti i livelli politici, Comune incluso) delle varie commissioni e delle centinaia di protocolli “per la legalità” che ci propinano tutti i giorni con una santa conferenza stampa, tutti i giorni.

Perché non si capisce se il nodo degli accessi ai cantieri è un punto nevralgico per l’antimafia in Expo, ecco, non si capisce come possa succedere che la cooperativa CMC (che non è proprio di destra, diciamo) affidi la sicurezza dei cantieri alla Pegaso srl che da una denuncia per mancati pagamenti scopriamo non avere nemmeno le carte in regola per svolgere quel lavoro.

Come dice bene MilanoX “sono insomma degli abusivi che controllano che non ci siano abusivi nel cantiere.” 

O in fondo sono abusivi gli “esperti dell’antimafia” che qui hanno raccolto qualche briciola di troppo di credibilità.

 

‘Ndrangheta a Milano, i Pelle, la coca e gli spari alle vetrine

saracinesca_internaLa notte tra venerdì e sabato 23 marzo 2013, le serrande del lounge bar Stardust sono state colpite da cinque proiettili. Due giorni dopo il locale doveva essere comprato da un imprenditore milanese. Ex titolare è Giovani Scipione legato alle cosche di San Luca.

Cinque colpi di pistola contro le serrande di un locale in piazza Bernini a Milano. L’ultimo capitolo dell’infiltrazione mafiosa nel cuore dell’ex capitale morale d’Italia riparte da qua. Dalle tre vetrine dello Stardust. E da quei fori di grosso calibro penetrati all’interno fino a mandare in frantumi le vetrate del bancone di questo lounge bar di lusso. Il locale è stato chiuso circa un anno fa, dopo che uno dei suoi titolari è inciampato in un’indagine su un massiccio traffico di droga coordinato da Angelo Antonio Pelle, originario di San Luca, legato alla famiglia Giorgi, a sua volta coinvolta nella strage di Duisburg del 15 agosto 2007‘Ndrangheta ai massimi livelli, che, stando alla ricostruzione fatta dalla squadra Mobile di Roma e dal Ros di Milano, sotto la Madonnina aveva la sua centrale della cocaina. Qui la polvere arrivava dal Sudamerica per poi scendere verso la Capitale.

L’indagine romana si chiude nel maggio del 2012 con 40 arresti. Parallelamente a Milano indaga il Nucleo operativo speciale all’epoca comandato dal colonnello Alessandro Sandulli. Obiettivo: fotografare gli interessi delle cosche di San Luca in riva al Naviglio. In questo modo i militari arrivano in piazza Bernini davanti allo Stardust. E non a caso. Visto che uno degli ex soci del locale con una quota del 20% è Giovanni Scipione, nato a Locri nel 1981, ma residente a Milano in via Andrea Costa. Scipione sarà arrestato dalla squadra Mobile di Roma perché organico al cartello dei narcos calabresi con un ruolo preciso: “Offrire rifugio e assistenza logistica ai latitanti, mettere a disposizione schede telefoniche e auto a noleggio, da usare per i trasporti”. E infine “curare la gestione della ricezione della cocaina e del successivo smistamento delle partite nel mercato illecito”. Capo d’imputazione sostanzialmente identico per il fratello Santo Rocco, anche lui residente in via Andrea Costa. I due risultano nipoti di Santo Scipione, alias papi, classe ’33 oggi latitante. L’anziano trafficante inoltre risulterà in costante contatto con Angelo Antonio Pelle. Per chiudere il quadro ecco le parole del giudice per le indagini preliminari Massimo Di Lauro. “Nel capoluogo lombardo, Angelo Pelle ha sfruttato la disponibilità dei due fratelli Scipione”.

E così mentre nella Capitale, la squadra Mobile comandata di Vittorio Rizzi scrive la mappa delle piazze di spaccio, al nord i carabinieri riannodano rapporti e contatti. Intercettazioni, tabulati telefonici e servizi di appostamento delimitano la zona della città, compresa tra via Padova, via Porpora e piazzale Loreto. Una fetta di Milano che in passato ha fatto da sfondo agli affari criminali del boss Giuseppe Onorato regolati ai tavolini dell’Ebony bar di via Ampere. Stessa strada dove abita il siciliano Giuseppe Bellinghieri, alias Pippo l’americano, il quale tiene i rapporti tra Pelle e i fratelli Scipione. Nel 1998 viene coinvolto in un traffico di auto di grossa cilindrata. All’epoca la squadra Mobile di Milano annota: “Giuseppe Bellinghieri, personaggio scaltro e intelligente, dalla spiccata proclività a delinquere, ritenuto appartenente ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso per i suoi assidui contatti con Angelo Epaminonda”. E ancora: “Il 27 giugno 1991 personale del I Commissariato di Roma lo sottopose a controllo di Polizia unitamente al pregiudicato Salvatore Contorno, noto esponente della mafia siciliana”.

Via Ampere, via Andrea Costa, non distante piazza Bernini e lo Stardust. Questa la geografia delle potenti cosche di San Luca a Milano. Geografia ancora parziale visto che dopo gli arresti di Roma, anche il Ros sospende le proprie informative. Agli atti, però, restano i dialoghi catturati da una microspia piazzata nell’appartamento milanese degli Scipione. All’interno della casa, gli investigatori trovano il passaporto di Rocco Santo Scipione. Annotano: “Attraverso l’esame del timbro apposto dall’Ufficio Immigrazione, si rilevava che lo stesso era rientrato in Italia in data 29.05.2010, proveniente dalla Colombia”. Di più: al civico 33 di via Andrea Costa troverà alloggio Angelo Pelle, durante il periodo della sua latitanza, ma anche Luigi Martelli, luogotenente del boss incaricato di coordinare il traffico di droga tra Roma e la Calabria.

L’ultimo capitolo di questa storia (ancora tutta da scrivere) si chiude così tra la sera del 22 marzo e la mattina del 23 marzo 2013. Poco dopo le tre, la custode del palazzo di piazza Bernini viene svegliata da quelli che lei pensa siano petardi. Sono, invece, colpi di pistola. Cinque, tutti contro la serrande di sinistra dello Stardust. La scoperta sarà fatta solo il lunedì successivo, quando davanti al locale si presentano i due nuovi acquirenti, padre e figlio che vogliono rilevare il locale dal vecchio titolare, una donna sudamericana che dopo averlo preso non lo ha mai aperto. Impossibile, però, sapere perché. Certo le coincidenze degli spari due giorni prima dell’arrivo dei nuovi compratori insospettiscono e non poco la polizia che ben conosce il passato criminale dello Stardust.

(da Il Fatto Quotidiano)

Il far west nel cervello di De Corato

decoratoCi interessa molto quando De Corato dice che “ormai siamo al Far West: in 7 mesi 5 morti“. E’ molto interessante questa parola, “Far West“. Non la sentivamo dal 1999, dall’anno in cui, a gennaio, ci furono 9 morti in 9 giorni. E chi è che c’era, all’epoca, a vigilare sulla sicurezza dei milanesi? Ma che domande, proprio Riccardo De Corato.

E a proposito di rapine in gioielleria, chissà se il consigliere comunale d’opposizione ma consigliere regionale di maggioranza De Corato ricorda il nome di David Moneypenny, ovvero il killer del gioielliere Ezio Bartocci, ammazzato in via Padova, nel suo negozio, nell’estate dello stesso anno,

Anche allora, chi c’era a far rispettare l’ordine in città? Ancora lui, Riccardo De Corato.

Il giochino della strumentalizzazione fatta sul sangue, oltre a fare schifo, è anche molto pericoloso, come si vede. Si finisce per fare delle figure tali da dover correre a nascondersi.

La sicurezza è un tema molto serio, forse il più serio di tutti. Proprio per questo, certa gente andrebbe immediatamente isolata, e a farlo dovrebbero essere i suoi – molto più responsabili – compagni di partito.

Notevole I Hate Milano nel suo post di oggi. De Corato ora è consigliere regionale. Io mi vergogno di questa maggioranza in Consiglio regionale.

Si porta la sua luna

Leonid Tishkov viaggia con la sua luna personale. Leonid di mestiere fa il fotografo e racconta il suo progetto ”Private moon” che definisce un poema visuale che, attraverso ogni scatto, racconta la storia di un uomo che incontrò la luna e visse il resto della sua vita con lei, notte e giorno in ogni luogo. Insieme hanno attraversato ponti, strade e fiumi in Russia, Inghilterra, Francia, Austria, Germania, Italia, Singapore, Giappone, Taiwan, Nuova Zelanda, fino all’Artico.

Ogni tanto leggi storie e vedi foto così e ti chiedi dov’è finito quel fiume di ispirazione che ritrovi ogni tanto pieno di immondizia e lattine. Mi chiedo se sto tenendo abbastanza da conto la mia, di luna.

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Gli spettacoli, appunto

giulioL’andare in scena per raccontare, scrivere per provare a trovare una liberazione che sia una costruzione. Gli spettacoli, appunto. Stiamo sistemando il sito e abbiamo pubblicato la pagina degli spettacoli che abbiamo in tasca portandoceli in giro in questo momento. Almeno per sapere di cosa stiamo parlando. Per iniziare. Ecco: una comunicazione di servizio. Tutto qui. La pagina è qui.