Si era affacciato anche José Samarago, suscitando anche un certo clamore tra fan e detrattori, alla rete aprendo un blog che usciva dal solito sito di scrittori basicamente informativo, confezionato dall’ufficio stampa e statico al di là delle nuove pubblicazioni (e nel migliore dei casi aggiornando l’agenda). Il caderno di Samarago (qui nella sua versione italiana) ha rotto l’incantesimo e il pregiudizio dello scrittore che deve essere una figura sparente e preoccuparsi di esserci poco e bene. L’amica Michela Murgia ha un blog che riempie di opinioni sulla letteratura, sulla politica e sulle diverse quotidianità. E non solo blog: su twitter o fb sono molti gli scrittori che decidono di avere un dialogo reale che non si fermi al “mi piace” o al retweet ma che risponda e interagisca davvero.
Giorgio Fontana è scrittore e editorialista sul web e ha provato ad analizzare il ruolo “sociale” di uno scrittore stilando alcune semplici regole di base presentate al workshop “Uno scrittore deve essere social?”, tenuto l’8 settembre per il ciclo Extralab al Festival Letteratura di Mantova.
La rete è un’occasione sociale se abitata con verità e interazione. Come al mercato quando le signore ti additano perché costa troppo la tua scorta e ne viene fuori una chiaccherata sulla sicurezza e le mafie che riempi mezza mattina e lentamente si forma un’agorà politica in mezzo alle verdure: il piacere del dialogo contrapposto all’esposizione. Quando saremo tutti abbastanza alfabetizzati da riconoscere finalmente la sincerità nonostante il mezzo ci sarà da divertirsi perché non stoneranno solo i dinosauri ma a ruota i paratelivisivi disabituati al dialogo. E sarà un buon momento. Mica per la rete. Per la socialità, appunto.