Con la revoca della politica sui “luoghi sensibili” saranno possibili retate a caccia famiglie senza documenti anche negli istituti scolastici, nelle chiese e negli ospedali. Un modo per generare panico e spedire un messaggio: nessuno è al sicuro. Ma così The Donald mina il tessuto sociale americano e compromettere il futuro di migliaia di bambini, privandoli dell’istruzione e non solo.
L’attacco della seconda amministrazione Trump ai diritti delle famiglie immigrate passa anche attraverso un luogo che dovrebbe essere sacro: le scuole. Con la revoca della politica sui “luoghi sensibili” — in vigore dal 2011 e ampliata nel 2021 — The Donald ha spalancato le porte agli agenti dell’Ice, l’agenzia federale che si occupa di frontiere e immigrazione, permettendo operazioni di arresto persino dentro scuole, chiese e ospedali. Un gesto che, al netto delle dichiarazioni ufficiali, mira non tanto a garantire la sicurezza, quanto a diffondere un clima di terrore tra le comunità immigrate.
Strategia del terrore contro le famiglie immigrate
La mossa non è stata accompagnata da retoriche di prudenza o sensibilità. Il Dipartimento per la sicurezza interna ha giustificato la decisione come necessaria per garantire l’applicazione uniforme delle leggi sull’immigrazione, eliminando «barriere inutili». Ma dietro la facciata burocratica si cela un obiettivo politico: rendere impossibile la vita per le famiglie senza documenti, togliendo loro ogni spazio di sicurezza. La strategia del terrore, «una dose sana di buonsenso» secondo il segretario ad interim Benjamine Huffman, diventa un’arma di dissuasione.

Le conseguenze, tuttavia, non tardano a farsi sentire. A Los Angeles una madre guatemalteca — che preferisce restare anonima per proteggere la sua famiglia — ha dichiarato al Washington Post che vive con il timore costante di essere arrestata mentre accompagna i figli a scuola. La donna, come molti altri genitori, sta predisponendo piani d’emergenza, designando parenti o amici per prendersi cura dei bambini in caso di deportazione. «Mai avrei pensato di dover pianificare di separarmi dai miei figli per colpa dell’immigrazione», ha detto.
Ci sono 733 mila bambini senza documenti in età scolare
Secondo l’Istituto di politica migratoria, negli Stati Uniti ci sono oltre 733 mila bambini senza documenti in età scolare, oltre a moltissimi altri nati negli Usa ma con genitori non autorizzati. Per loro, la sentenza della Corte suprema nel caso Plyler v. Doe del 1982 garantisce un diritto costituzionale all’istruzione pubblica. Ma come si può parlare di diritto quando la paura di essere arrestati impedisce persino di uscire di casa?

Alcuni distretti scolastici stanno cercando di resistere. A Chicago il preside delle scuole pubbliche Pedro Martinez ha inviato comunicazioni in otto lingue diverse per rassicurare le famiglie. La città, già allarmata da voci di raid imminenti, ha intensificato le partnership con organizzazioni di advocacy per informare i genitori sui loro diritti. Il sindacato degli insegnanti di Chicago ha inoltre organizzato corsi di formazione per il personale, preparando piani d’azione in caso di interventi dell’Ice. Eppure, nonostante gli sforzi, il senso di sicurezza rimane fragile.
Cancellato il diritto all’educazione e il valore dell’inclusione
A Los Angeles il distretto scolastico ha adottato una politica che dal 2017 vieta la cooperazione volontaria con le autorità federali sull’immigrazione. Recentemente il consiglio scolastico di New York ha approvato all’unanimità una risoluzione che impedisce l’accesso dell’Ice agli edifici scolastici senza un mandato giudiziario. Queste iniziative rappresentano tuttavia delle eccezioni in un panorama nazionale dove l’applicazione delle politiche dipende spesso dalla volontà locale. Non tutti, infatti, remano contro le nuove direttive. In Oklahoma il sovrintendente delle scuole Ryan Walters ha apertamente sostenuto la linea dura, dichiarando che la repressione dell’immigrazione irregolare aiuterà a «riportare le scuole sotto controllo». Una retorica che cancella in un colpo solo il diritto all’educazione e il valore di comunità scolastiche inclusive.

L’effetto immediato di queste politiche è la paura: di mandare i figli in classe, di vedere infranto quel fragile equilibrio che rendeva le scuole luoghi sicuri. E non si tratta solo di timori infondati. Come sottolineato dall’Amica Center for Immigrant Rights, il rischio di raid simbolici nelle vicinanze delle scuole — finalizzati più a generare panico che a perseguire reati specifici — è concreto. «Si stanno eliminando gli ultimi spazi sicuri per queste persone», ha dichiarato il direttore esecutivo Michael Lukens.
L’obiettivo è creare un clima di paura generalizzata
Per Trump tutto ciò è funzionale a un progetto più ampio: trasformare la vita delle persone immigrate in un inferno amministrativo e psicologico. L’idea che gli agenti federali possano presentarsi a scuola per arrestare genitori o studenti è un messaggio preciso: nessuno è al sicuro. Julia Gelatt, esperta del Migration Policy Institute, ha evidenziato come l’obiettivo principale sia creare un clima di paura generalizzata. Che i genitori trasmettono ai figli, minando la fiducia in istituzioni che dovrebbero proteggerli.
Saltano anche pasti gratuiti e supporto psicologico
In un momento in cui le comunità scolastiche dovrebbero essere unite, la politica divisiva dell’amministrazione Trump rischia di far saltare il tessuto sociale. Perdere giorni di scuola significa compromettere il futuro di migliaia di bambini, privandoli non solo dell’istruzione ma anche di servizi essenziali come i pasti gratuiti e il supporto psicologico. La storia ci insegna che l’educazione è uno degli strumenti più potenti per combattere l’ingiustizia. Ma come può svolgere questo ruolo quando diventa il bersaglio di politiche che mirano a distruggere la speranza? Il messaggio dell’amministrazione Trump è chiaro: nessun luogo — nemmeno le scuole — è immune dalla sua guerra contro gli immigrati. Un conflitto che non risolve nulla, ma anzi lascia cicatrici profonde su una generazione di giovani che meriterebbero di meglio.
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