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accozzaglia

La prima nata a Genova dimostra che non c’è solo il Covid da combattere nel 2021, ma anche (e ancora) il razzismo

Il 32 dicembre in molti speravano che fosse il primo gennaio, che l’anno nuovo si fosse portato via mica solo il Covid-19 da combattere ora con un vaccino finalmente disponibile ma anche le croste di quelle brutture che hanno insozzato un anno già difficile, pesante, inquinato da un cattivismo (in tutte le sue forme: razzismo, disprezzo per i poveri, bastoni sui disperati) che ha reso l’aria ancora più tossica e pestifera.

Il 32 dicembre il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti ha pubblicato sul proprio profilo Facebook la foto di una mamma che tiene in braccio la figlia appena nata. La bambina si chiama Graeter ed è la prima nata a Genova. Graeter è figlia di Joy, una donna nata in Nigeria, come il papà della bimba. “Siete la nostra speranza, il nostro futuro, la forza per non mollare in questo nuovo anno che è appena iniziato. Benvenuti al mondo piccoli e auguri alle vostre famiglie a nome mio e di tutta la Liguria”, scrive Toti.

E il 32 dicembre inizia lì dov’era finito, con una tormenta di commenti a sfondo razzista: “Dopo il vaccino obbligatorio, lo ius soli? Renzi La aspetta a braccia aperte!”, “Nata in Liguria, ma somala o africana a prescindere…”, “Questo non è vero. Come non è vero che chi nasce in Italia è italiano. Cosa hanno di ligure questi signori? Ma cosa sta dicendo?”, “Stupido e iprocrita pietismo”, “Imbarazzanti lo siete voi…se io fossi nata al polo sud di certo non ero per diritto di nascita un pinguino!”. E così via.

Ovviamente a rimestare nella melma si butta anche la Lega che con il deputato Edoardo Riki si butta a capofitto a chiarire che “quella bambina non è ligure” e che addirittura si spreca in moralismo spiccio: “Niente contro di lei, ma devo dire che poi non apprezzo il fatto che si mettano in mezzo bambini appena nati e si utilizzino per commenti politici”. Alla fine perfino Toti, sconsolato da tanta bassa bruttezza, è costretto a intervenire sulla sua bacheca cercando di abbassare i toni.

E così il 32 dicembre del 2020 che molti hanno scambiato per il primo giorno del 2021 l’Italia fa ancora i conti con quello che è: una livorosa accozzaglia di diritti ostinatamente da negare e di una realtà ostinatamente taciuta e nascosta. Ne ha fatto le spese Graeter ma in fondo è stato il risveglio anche per noi: l’anno nuovo inizia quando iniziano nuovi comportamenti, quando si evolvono i pensieri e i modi, quando la realtà riesce a fare risultare “passato” quello che era. E invece niente di tutto questo. È un anno lunghissimo questo decennio.

Leggi anche: Liguria, Toti pubblica la foto della prima nata a Genova: insulti razzisti e scontro con la Lega

L’articolo proviene da TPI.it qui

A volte ritornano

Dove vuole arrivare Prodi quando strizza l’occhiolino al suo acerrimo nemico? Come mai il Pd non si scompone più di tanto di fronte all’ipotesi di una “alleanza” di governo con Berlusconi? Ecco perché le manfrine di Palazzo di queste settimane sono un (brutto) film già visto

Lo sapete cosa accade quando partiti hanno il terrore mettersi davanti allo specchio degli elettori, quando hanno paura di dover cominciare considerare i possibili effetti di un possibile voto e quando soprattutto cominciano a sentire che il governo in carica ha problemi di tenuta nella percezione popolare? Iniziano a frugare dentro, tra gli anfratti dello scacchiere parlamentare, si lanciano in merletti e alambicchi di strategia che da fuori appaiono come spericolate ipotesi senza capo e senza coda e tengono in mano la calcolatrice per immaginare altre pericolanti maggioranze che restino in piedi giusto il tempo di riorganizzarsi di nuovo. Una burocrazia di maggioranze che ottiene di solito l’effetto di disgustare ancora di più gli elettori (di qualsiasi parte politica) che per anni sono stati scagliati contro i giochi di palazzo e che fa schizzare i populisti nei sondaggi. Poi, quando accade, quando ci si mette tutti insieme in un’accozzaglia di partiti che hanno come unico punto quello della loro autopreservazione, insistono nel dirci che l’hanno fatto per senso di responsabilità, di solito mettono come presidente del Consiglio quello che si definisce un tecnico e di solito danno vita a tutte le misure impopolari che hanno succhiato la vitalità del Paese (il governo Monti, per dirne una facile facile, ve lo ricordate?).

Ecco, quello che sta accadendo in Italia in questi giorni convulsi in cui si torna a parlare di un possibile ingresso nel governo di Silvio Berlusconi corrisponde esattamente alla fase iniziale di un momento del genere, con parte del Partito democratico che non riesce proprio a trattenersi da un filo-destrismo che non riesce proprio a scrollarsi di dosso; con i renziani di Italia Viva che invece Silvio Berlusconi (o meglio: i moderati di destra) lo corteggiano da un bel po’ (quindi niente di nuovo sotto al sole) e con il Movimento 5 stelle che ancora una volta prova le vertigini che procura la sensazione di perdere il potere. Tutto parte da Romano Prodi, icona di un centrosinistra che ha bisogno di idoli in mancanza di classe dirigente, che nel suo ruolo di souvenir del centrosinistra che c’era ci fa sapere che non sarebbe «un tabù l’ingresso di Forza Italia». Dicendolo come ci ha abituato a dire le cose Romano Prodi, a lato di qualche altro evento o mentre viene incrociato per caso da qualche giornalista durante la sua passeggiata mattutina. L’innesco funziona perfettamente: è tutto un profluvio di riabilitazioni politiche e di venute in soccorso verso il Cavaliere caduto in disgrazia con frasi che superano la semplice circostanza e che addirittura mostrano una sfrenata volontà di riabilitare in fretta quella classe dirigente che fu senza l’impiccio del Movimento 5 stelle e senza i populismi di Salvini e di Meloni: il sogno di un centrosinistra e di un centrodestra che rimangano soli nell’arco elettorale e che fingano di farsi la guerra lavorando sotto traccia per la pace è il desiderio recondito di molti dirigenti che ancora non hanno fatto pace con ciò che è successo in Italia negli ultimi dieci anni. In mancanza di un vocabolario per leggere e per scrivere il presente preferiscono rimettere in piedi quel passato in cui nuotavano così agilmente.

Ma, seriamente, cos’è tutto questo baccano sulla riabilitazione di Berlusconi? Proviamo a fare due conti, passo passo, analizzando le diverse situazioni dei personaggi in commedia. Prodi, innanzitutto, è quello che nemmeno troppo segretamente aspira alla presidenza della Repubblica e sa benissimo che per riuscirci ha bisogno dei voti di un centrodestra che in tutti questi anni l’ha demonizzato e l’ha indicato come la causa di tutti i mali europei: per assurdo…

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Accozzaglia

Dice Pierfrancesco Majorino (assessore Pd a Milano): «grazie all’accozzaglia che abbiamo vinto le elezioni amministrative a Milano e in tante altre città (tante tra le non molte che hanno vinto)».

Basterebbe dare un’occhiata all’accozzaglia chiamata Assemblea Costituente che ha votato (all’80%) la Costituzione. Dentro c’erano:

Liste/Gruppi Voti  % Seggi
Democrazia Cristiana (DC) 8 101 004 35,21 207
Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) 4 758 129 20,68 115
Partito Comunista Italiano (PCI) 4 356 686 18,93 104
Unione Democratica Nazionale (UDN) 1 560 638 6,78 41
Fronte dell’Uomo Qualunque (UQ) 1 211 956 5,27 30
Partito Repubblicano Italiano (PRI) 1 003 007 4,36 23
Blocco Nazionale della Libertà (BNL) 637 328 2,77 16
Partito d’Azione (Pd’A) 334 748 1,45 7
Movimento Indipendentista Siciliano (MIS) 171 201 0,74 4
Concentrazione Democratica Repubblicana 97 690 0,42 2
Partito Sardo d’Azione 78 554 0,34 2
Partito dei Contadini d’Italia 102 393 0,44 1
Movimento Unionista Italiano 71 021 0,31 1
Partito Cristiano Sociale 51 088 0,22 1
Partito Democratico del Lavoro 40 633 0,18 1
Fronte Democratico Progressista Repubblicano 21 853 0,09 1
ALTRE LISTE 412 550 1,79 0
TOTALI VOTI VALIDI 23 010 479 100,00 556
SCHEDE NULLE 1 936 708
DI CUI BIANCHE 643 067
TOTALE VOTANTI 24 947 187

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Che poi – come dice Pippo nel suo blog – anche tra i sostenitori del Sì si va da Briatore a Pisapia, da Benigni a Lorenzin, da Tosi a Finocchiaro, da Marchionne a Cuperlo. Per dire. Appaiono meno distanti tra loro di quanto non siano i sostenitori del No solo perché rappresentano un centro che guarda a destra, come succede appunto nella maggioranza e nel governo, da ormai quasi cinque anni, di cui tre con l’attuale premier. E ormai siamo abituati a pensare che il super centro politico elettorale sia un soggetto unico“.

Poi ci sarebbe la vecchia storia delle “accozzaglie” in occasione del referendum sull’acqua pubblica (e il PD era con Casa Pound) o contro la riforma costituzionale proposta dal governo Berlusconi (anche il PD stava con l’estrema destra) che dovrebbe suggerirci di smetterla di fingere di non sapere che i fronti di un referendum non sono fronti politici.

Poi c’è (lo scrive sempre Civati qui):

“Accozzaglia di argomenti per promuoverla, dalla difesa del sistema all’antipolitica, dal «ce lo chiede l’Europa» alla rivolta contro l’Europa dei burocrati, dalla riforma elettorale per eleggere direttamente il premier (anzi, il Capo, come lo definisce l’Italicum) alla rassicurazione che non cambia la forma di governo. La riforma dell’Ulivo e quella voluta dal Pdl. Tutto e il contrario di tutto. Una vera accozzaglia”.

È un accozzaglia il metodo del mettere insieme clientele come si può ascoltare dalla viva voce di De Luca qui, dove ci insegna “Una clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda. Che cosa bella”, dice.

Io, da parte mia, pur essendo per il No devo dire che tra quelli che che compongono il fronte del sì ci ritrovo dentro molte persone che stimo con, inevitabilmente, gente che aborro. E le differenze le noto, altroché. Ed è facilissimo scorgere chi appoggia la riforma per servilismo o per convinzione. Eppure accozzaglia no. Proprio no.