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Albania

La mattanza non percepita

Provate a immaginare cosa scriverebbero certi giornali se dei terroristi, meglio ancora se islamici ché funzionano meglio, ogni 5 giorni ammazzassero qualcuno in Italia…

Provate a immaginare se dei terroristi, meglio ancora se islamici ché funzionano meglio, ogni 5 giorni ammazzassero qualcuno in Italia. Ogni 5 giorni esce una notizia sulle pagine di cronaca contro questa violenza che, sono sicuro lo scriverebbero così, “mette in pericolo il nostro Paese”. Oppure immaginate un’etnia, preferibilmente nera ché funziona meglio, che ogni 5 giorni uccida una donna, una “nostra” donna come scriverebbero sicuramente certi giornali e provate a prevedere cosa direbbe la politica, certa politica. Oppure immaginate di mettere certe morti tutte in fila, una dopo l’altra. Così:

11 gennaio: Sharon ha 18 mesi e vive a Cabiate, in provincia di Como. Muore per una stufa che le cade addosso in casa. La Procura di Como scopre che la bimba però era stata maltrattata e violentata e ha disposto l’arresto del compagno della madre, Gabrile Robert Marincat, che ora si trova in carcere. La madre nutriva dei sospetti.

16 gennaio: Victoria Osagie, 34 anni, è stata uccisa dal marito nel tardo pomeriggio all’interno della propria abitazione a Concordia Sagittaria in provincia di Venezia. L’uomo l’ha colpita più volte con un coltello al termine di un litigio. I tre figli hanno assistito alla scena.

24 gennaio: Roberta Siragusa. Il corpo della diciassettenne al momento del rinvenimento si presentava parzialmente carbonizzato e nudo nella parte alta, con i pantaloni abbassati, il volto tumefatto, il cranio ferito e parte dei capelli rasati (da stabilire se di proposito o a causa delle bruciature).‍ Per recuperare i resti della ragazza sono dovuti intervenire sul posto i Vigili del fuoco. È stato arrestato Pietro Morreale, 19 anni, fidanzato della vittima. I due litigavano spesso: un mese prima la vittima aveva un occhio tumefatto.

29 gennaio: Teodora Casasanta, 39 anni e il figlio Ludovico di 5 anni sono stati uccisi dal marito e padre Alexandro Vito Riccio a Carmagnola. Il gesto sarebbe stato premeditato, poiché sul posto è stato ritrovato un biglietto su cui il trentanovenne avrebbe espresso l’intenzione di togliere la vita alla coniuge e al bambino. Lei aveva espresso la volontà di separarsi. L’esame autoptico ha rilevato circa 15 fendenti sul corpo della moglie e 8 su quello del figlio. L’aggressore avrebbe prima accoltellato le vittime nel letto, poi si sarebbe accanito su di loro pestandoli con diversi oggetti presenti in casa, tra cui il televisore.‍

1 febbraio: Sonia Di Maggio, 29 anni, è stata uccisa a Minervino di Lecce. La vittima si trovava in strada, nella frazione di Specchia Gallone, insieme al fidanzato quando all’improvviso è stata aggredita da un individuo: era Salvatore Carfora, 39 anni, ex compagno della giovane. Armato di coltello, ha sferrato numerosi fendenti alla ventinovenne. Il fidanzato ha tentato di difenderla, ma nulla ha potuto contro la furia dell’aggressore. Sonia si è accasciata al suolo in un lago di sangue. Vani i tentativi dei sanitari giunti sul posto che hanno provato a rianimarla, ma le lesioni erano troppo gravi.

7 febbraio: Piera Napoli, cantante di 32 anni e madre di tre figli, è stata uccisa la mattina del 7 febbraio 2021 all’interno dell’abitazione in cui risiedeva a Palermo, nel quartiere Cruillas. Il marito della donna, Salvatore Baglione, 37 anni, dipendente di una ditta che trasporta carni, intorno alle ore 13.00 si è costituito dai Carabinieri alla caserma dell’Uditore per confessare il delitto. Circa un mese prima la donna aveva richiesto l’intervento della Polizia dopo un’ennesima lite in casa con il coniuge, ma alla fine non se l’era sentita di sporgere denuncia.

7 febbraio: Luljeta Heshta, 47 anni, è una donna originaria dell’Albania, da 10 anni in Italia e regolare sul territorio, morta nel pomeriggio del 7 febbraio 2021 all’ospedale Humanitas di Rozzano in provincia di Milano. È stato arrestato il convivente della donna. Il gesto sarebbe stato compiuto a causa della presenza di un presunto amante nella vita della donna. La stessa nei giorni precedenti avrebbe lasciato l’abitazione che condivideva con il compagno per separarsi da lui.

12 febbraio: Lidia Peschechera, 49 anni, è stata trovata morta durante il pomeriggio del 17 febbraio 2021 all’interno della sua abitazione in zona Ticinello a Pavia. In carcere c’è il suo ex convivente Alessio Nigro. Il ventottenne, senza fissa dimora, si definiva un clochard e aveva problemi legati alla dipendenza dall’alcol. La donna si era offerta di aiutarlo, ospitandolo anche in casa, ma l’individuo non aveva fornito segnali di ripresa, anzi, in un’occasione lei aveva anche dovuto chiamare la Polizia per sedare una lite, al termine della quale non se l’era sentita di denunciare. Successivamente però la stessa aveva intimato al giovane l’intenzione di volerlo mandare fuori dall’abitazione a causa dei suoi comportamenti violenti, sfociati poi nell’omicidio.

19 febbraio: Genova. Clara Ceccarelli, 69 anni, è stata uccisa dall’ex compagno Renato Scapusi, 59 anni. Si parla di circa 100 coltellate. La donna è stata uccisa al termine del proprio turno di lavoro. All’inizio del 2020 si erano lasciati e da quel frangente sarebbero iniziate una lunga serie di aggressioni e persecuzioni messe in atto dall’uomo. La donna da giorni si era pagata il funerale e aveva provveduto a organizzare l’assistenza per il padre anziano e il figlio disabile. Sapeva di morire.

Ieri, 22 febbraio: Deborah Saltori, 42 anni, è stata uccisa in località Maso Saracini a Cortesano, frazione della città di Trento. La vittima sarebbe stata colpita con un’accetta dall’ex marito Lorenzo Cattoni, 39 anni, in una zona di campagna dove lui stava lavorando. Ad allertare i soccorsi sarebbe stato un passante che, durante il pomeriggio, ha notato i corpi esanimi dei due ex coniugi, riversi al suolo (l’uomo avrebbe infatti tentato di togliersi la vita). Secondo le prime ricostruzioni, Cattoni era già stato ammonito due volte dal questore della città per violenza domestica, anche verso la sua precedente compagna. Lo stesso era sottoposto agli arresti domiciliari a casa dei genitori nel comune di Terre d’Adige (Trento) perché, nel corso degli ultimi anni, era ricorso più volte a violenze fisiche e psicologiche nei confronti della vittima.

Sempre ieri, 22 febbraio: Rossella Placati, 51 anni, è stata trovata morta e sanguinante nel suo appartamento di Bondeno, Ferrara. Per ora non ci son arresti ma il suo compagno si è presentato in caserma raccontando di una discussione avvenuta la sera precedente e di essersi allontanato.

Questo è il punto in cui siamo.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Contrordine, sovranisti: ora la mascherina va messa. La ridicola retromarcia di Trump e Salvini

Dice Trump che chi usa la mascherina è un vero patriota. Dice Salvini che bisogna usare la testa (è credibile come un bradipo che ci insegna come correre lesti) e che bisogna mettere la mascherina nei posti chiusi. Contrordine camerati! La mascherina non è più la spada con cui il sovranismo combatte la sua sacra guerra contro l’ordine mondiale e ora di colpo si diventa tutti responsabili. Bellissimi i messaggi disorientati di quelli che hanno creduto al Covid come una messinscena e avevano trovato i loro falsi profeti. Non hanno mica capito che Trump, Salvini e compagnia cantante hanno come arma di propaganda quella di leccare i complotti ma poi non hanno nemmeno il coraggio di cavalcarli davvero, con la faccia tosta di chi ci mette almeno la faccia.

No, Salvini butta l’amo e poi lo ritira subito, giusto in tempo per pescare in superficie i pesci che abboccano. Non hanno idee: sono opinioni omeopatiche che durano il tempo di qualche mi piace su Facebook o di qualche retweet ma poi sono pronti a cambiare fronte se i sondaggi scendono. E così quando i collaboratori del Trump originale e del nostro Trump in versione discount gli hanno fatto notare che con questa storia della mascherina stavano perdendo voti (presumibilmente anche solo quelli dei malati, dei famigliari delle vittime e degli amici dei malati, che nel nord Italia e che negli USA sono numeri considerevoli) allora hanno inforcato la retromarcia. E così il loro bullismo suona ancora più goffo, più stonato, risibile e estremamente pericoloso.

Avere dei leader di partito che come giochetto non fanno nient’altro che dire il contrario di quello che dicono i loro avversari politici li costringerà presto a affermare che il nero è bianco, che gli alberi hanno le ruote e che i tram crescono sotto i cavoli. Un trucco di propaganda talmente banale che li mostra per quello che sono: banalissimi propagatori di bufale che devono far credere che un nemico invisibili giochi tutto il giorno per portarli alla sconfitta.

La retromarcia sulle mascherine è un manifesto politico: prima era tutto un “non usatele, non usatele, viva la libertà” e ora che si sono ammalati gli altri è tutto un correre ai ripari per salvarsi la pelle. Del resto il vero sovranista ha un’unica Patria: se stesso. E per la propria autopreservazione sono disposti a tutto, anche a apparire più ridicoli di quello che sono già stati. E continueranno così finché ci sarà una nuova bufala da cavalcare per fomentare un po’ di gratuita indignazione.

Leggi anche: Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: quando “serve” la Lega diventa internazionale (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: quando “serve” la Lega diventa internazionale

Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: se “serve”, la Lega è internazionale

Dice “prima gli italiani” ma la Lega ama l’estero, eccome se lo ama, e si riferisce a Paesi stranieri quando c’è da brigare affari di soldi e utilità. C’è la laurea di Renzo Bossi in Albania, all’Università albanese Kriistal di Tirana, che potrebbe essere la prima scena di questa brutta commedia all’italiana in cui gli odiati albanesi (quelli contro cui la Lega ha lanciato strali) sono gli stessi che poi incoronano il figlio dell’imperatore. Rimarrà negli annali anche la meravigliosa risposta del figlio del Senatur, che ai giornali disse di essersi laureato a sua insaputa.

Ma Umberto Bossi e i figli Riccardo e Renzo sono finiti anche in un processo che ci porta addirittura in Tanzania, dove l’ex tesoriere del partito Francesco Belsito ha investito parte dei rimborsi elettorali, acquistato partite di diamanti e poi distribuito soldi alla famiglia del segretario della Lega. Il tesoriere genovese Franco Belsito alla vigilia di Capodanno 2012 fa partire da Genova il bonifico da 4,5 milioni di euro, destinati a finire in Tanzania, svelando il giro di mega prelievi, operazioni offshore, movimenti di assegni, vorticosi giri tra Africa e Cipro, milioni di corone norvegesi e pacchi di dollari australiani. La seconda scena della commediola in salsa leghista potrebbe essere quella Audi A6 che parte da Genova a Milano con undici diamanti e dieci lingotti d’oro nel bagagliaio da consegnare direttamente in via Bellerio. Si tratta del famoso processo dei famosi 49 milioni di euro (di cui Salvini continua a parlare come “parte lesa” dimenticandosi di diritti lesi dei cittadini italiani) che si è chiuso con un’inedita trattativa per cui il partito di Salvini pagherà in 76 comode rate annuali da 600mila euro l’una. Data di estinzione del debito: 2094, alla faccia dei cittadini abituati alle rateizzazioni di Equitalia.

Poi c’è quell’incontro in Russia, con la visita a Mosca del leader leghista all’epoca ministro e vicepremier, in cui il suo ex portavoce Gianluca Savoini all’Hotel Metropoli il 18 ottobre del 2018 parla di alcuni fondi neri che dovrebbero arrivare al partito attraverso una fornitura di petrolio. L’inchiesta è ancora in corso ma la conversazione (al di là del fatto che Salvini sapesse o meno) l’abbiamo ascoltata tutti. Infine c’è il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, con il suo trust alle Bahamas con 5 milioni di euro, regolarizzati da uno scudo fiscale ma sulla cui origine nulla dice.

Prima gli italiani, dicono, ma questi leghisti hanno le mani in pasta sui conti correnti in giro per il mondo.

Leggi anche:

1. Esclusivo TPI: Ecco che fine hanno fatto i 49 milioni della Lega / 2. Fondi Lega, l’ex tesoriere Belsito: “Dovete chiedere a Maroni e Salvini come hanno usato quei soldi” / 3. Fondi Lega: tutto quello che c’è da sapere sulla truffa allo Stato e sui soldi del partito spariti nel nulla

4. Esclusivo TPI, ex tesoriere Lega: “I 49 milioni? Li abbiamo spesi scientemente. Salvini era d’accordo” / 5. Esclusivo TPI: L’ex segretaria di Bossi accusa anche Giorgetti: “I milioni della Lega usati per licenziare i dipendenti” / 6. Esclusiva TPI: “Salvini sapeva dei 49 milioni spariti, ma non fece nulla”. Le rivelazioni shock dell’ex dipendente della Lega che incastrano il Segretario

L’articolo proviene da TPI.it qui

Ma i 180 milioni di euro che la Lega ha preso (e speso indebitamente) da Roma ladrona?

(Un pezzo di Francesco Giurato e Antonio Pitoni per Il Fatto Quotidiano)

Dalla Lega Lombarda alla Lega Nord, transitando dalla prima alla seconda repubblica a suon di miliardi (di lire) prima e milioni (di euro) poi generosamente elargiti dallo Stato. Dal 1988 al 2013sono finiti nelle casse del partito fondato da Umberto Bossi e oggi guidato da Matteo Salvini, dopo la parentesi di Roberto Maroni, 179 milioni 961 mila. L’equivalente di 348 miliardi 453 milioni 826 mila lire. Una cuccagna, sotto forma di finanziamento pubblico e rimborsi elettorali, durata oltre un quarto di secolo. Ma nonostante l’ingente flusso di denaro versato nei conti della Lega oggi il piatto piange. Ne sanno qualcosa i 71 dipendenti messi solo qualche mese fa gentilmente alla porta dal Carroccio. Sorte condivisa anche dai giornalisti de “La Padania”, storico organo ufficiale del partito, che ha chiuso i battenti a novembre dell’anno scorso non prima, però, di aver incassato oltre 60 milioni di euro in 17 anni. Insomma, almeno per ora, la crisi la pagano soprattutto i dipendenti. In attesa che la magistratura faccia piena luce anche su altre responsabilità. A cominciare da quelle relative allo scandalo della distrazione dei rimborsi elettorali, che l’ex amministratore della Lega Francesco Belsito avrebbe utilizzato in parte per acquistare diamanti, finanziare investimenti tra Cipro e la Tanzania  e per comprare, secondo l’accusa, perfino una laurea in Albania al figlio prediletto del Senatùr, Renzo Bossi, detto il Trota. Vicenda sulla quale pendono due procedimenti penali, uno a Milano e l’altro a Genova.

MANNA LOMBARDA Fondata nel 1982 da Umberto Bossi, è alle politiche del 1987 che la Lega Lombarda, precursore della Lega Nord, conquista i primi due seggi in Parlamento. E nel 1988, anno per altro di elezioni amministrative, inizia a beneficiare del finanziamento pubblico: 128 milioni di lire (66 mila euro). Un inizio soft prima del balzo oltre la soglia del miliardo già nel 1989, quando riesce a spedire anche due eurodeputati a Strasburgo: 1,03 miliardi del vecchio conio (536 mila euro) di cui 906 milioni proprio come rimborso per le spese elettorali sostenute per le elezioni europee. Somma che sale a 1,8 miliardi lire (962 mila euro) nel 1990, per poi scendere a 162 milioni (83 mila euro) nel 1991 alla vigilia di Mani Pulite. Nel 1992 la Lega Lombarda, diventata proprio in quell’anno Lega Nord, piazza in Parlamento una pattuglia di 55 deputati e 25 senatori. E il finanziamento pubblico lievita a 2,7 miliardi di lire (1,4 milioni di euro) prima di schizzare, l’anno successivo, a 7,1 miliardi (3,7 milioni di euro). Siamo nel 1993: sulla scia degli scandali di tangentopoli, con un referendum plebiscitario (il 90,3% dei consensi) gli italiani abrogano il finanziamento pubblico ai partiti. Che si adoperano immediatamente per aggirare il verdetto popolare, introducendo il nuovo meccanismo del fondo per le spese elettorale (1.600 lire per ogni cittadino italiano) da spartirsi in base ai voti ottenuti. Un sistema che resterà in vigore fino al 1997 e che consentirà alla Lega di incassare 11,8 miliardi di lire (6,1 milioni di euro) nel 1994, anno di elezioni politiche che fruttano al Carroccio, grazie all’alleanza con Forza Italia, una pattuglia parlamentare di 117 deputati e 60 senatori. Nel 1995 entrano in cassa 3,7 miliardi (1,9 milioni di euro) e altri 10 miliardi (5,2 milioni di euro) nel 1996.

RIMBORSI D’ORO L’anno successivo, nuovo maquillage per il sistema di calcolo dei finanziamenti elettorali. Arriva «la contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici», che lascia ai contribuenti la possibilità di destinare il 4 per mille dell’Irpef(Imposta sul reddito delle persone fisiche) al finanziamento di partiti e movimenti politici fino ad un massimo di 110 miliardi di lire (56,8 milioni di euro). Non solo, per il 1997, una norma transitoria ingrossa forfetariamente a 160 miliardi di lire (82,6 milioni di euro) la torta per l’anno in corso. E, proprio per il ’97, per la Lega arrivano 14,8 miliardi di lire (7,6 milioni di euro) che scendono però a 10,6 (5,5 milioni di euro) iscritti a bilancio nel 1998. Un campanello d’allarme che suggerisce ai partiti l’ennesimoblitz normativo che, puntualmente, arriva nel 1999: via il 4 per mille, arrivano i rimborsi elettorali (che entreranno in vigore dal 2001). In pratica, il totale ripristino del vecchio finanziamento pubblico abolito dal referendum del 1993 sotto mentite spoglie: contributo fisso di 4.000 lire per abitante e ben 5 diversi fondi (per le elezioni della Camera, del Senato, del Parlamento Europeo, dei Consigli regionali, e per i referendum) ai quali i partiti potranno attingere. Con un paletto: l’erogazione si interrompe in caso di fine anticipata della legislatura.

ELEZIONI, CHE CUCCAGNA Intanto, sempre nel 1999, per la Lega arriva un assegno da 7,6 miliardi di lire (3,9 milioni di euro), cui se ne aggiungono altri due da 8,7 miliardi (4,5 milioni di euro) nel 2000 e nel 2001. E’ l’ultimo anno della lira che, dal 2002, lascia il posto all’euro. E, come per effetto dell’inflazione, il contributo pubblico si adegua alla nuova valuta: da 4.000 lire a 5 euro, un euro per ogni voto ottenuto per ogni anno di legislatura, da corrispondere in 5 rate annuali. E per la Lega, tornata di nuovo al governo nel 2001, è un’escalation senza sosta: 3,6 milioni di euro nel 2002, 4,2 nel 2003, 6,5 nel 2004 e 8,9 nel 2005. Una corsa che non si arresta nemmeno nel 2006, quando il centrodestra viene battuto alle politiche per la seconda volta dal centrosinistra guidato da Romano Prodi: nonostante la sconfitta, il Carroccio incassa 9,5 milioni e altri 9,6 nel 2007. Niente a confronto della cuccagna che inizierà nel 2008, quando nelle casse delle camicie verdi finiscono la bellezza di 17,1 milioni di euro.

CARROCCIO AL VERDE E’ l’effetto moltiplicatore di un decreto voluto dal governo Berlusconi in base al quale l’erogazione dei rimborsi elettorali è dovuta per tutti i 5 anni di legislatura, anche in caso discioglimento anticipato delle Camere. Proprio a partire dal 2008, quindi, i partiti iniziano a percepire un doppio rimborso, incassando contemporaneamente i ratei annuali della XV e della XVI legislatura. Nel 2009 il partito di Bossi sale così a 18,4 milioni per toccare il record storico con i 22,5 milioni del 2010. Anno in cui, sempre il governo Berlusconi, abrogherà il precedente decreto ponendo fine allo scandalo del doppio rimborso. E anche i conti della Lega ne risentiranno: 17,6 milioni nel 2011. La cuccagna finisce nel 2012 quando il governo Monti taglia il fondo per i rimborsi elettorali del 50%. Poi la spallata finale inferta dall’esecutivo di Enrico Letta che fissa al 2017 l’ultimo anno di erogazione dei rimborsi elettorali prima della definitiva scomparsa. Per il Carroccio c’è ancora tempo per incassare 8,8 milioni nel 2012 e 6,5 nel 2013. Mentre “La Padania” chiude i battenti e i dipendenti finiscono in cassa integrazione.

FINANZIAMENTI E RIMBORSI ELETTORALI ALLA LEGA NORD

(1988-2013)

1988 € 66.249,25 (128.276.429 lire)
1989 € 536.646,25 (1.039.092.041 lire)
1990 € 962.919,55 (1.864.472.246 lire)
1991 € 83.903,87 (162.460.547 lire)
1992 € 1.416.991,83 (2.743.678.776 lire)
1993 € 3.707.939,87 (7.179.572.723 lire)
1994 € 6.125.180,49 (11.860.003.225 lire)
1995 € 1.915.697,39 (3.709.307.393 lire)
1996 € 5.207.659,00 (10.083.433.932 lire)
1997 € 7.648.834,36 (14.810.208.519 lire)
1998 € 5.518.448,11 (10.685.205.533 lire)
1999 € 3.947.619,62 (7.643.657.442 lire)
2000 € 4.539.118,41 (8.788.958.807 lire)
2001 € 4.511.422,19 (8.735.332.610)
2002 € 3.693.849,60
2003 € 4.284.061,62
2004 € 6.515.891,41
2005 € 8.918.628,37
2006 € 9.533.054,95
2007 € 9.605.470,43
2008 € 17.184.833,91
2009 € 18.498.092,86
2010 € 22.506.486.93
2011 € 17.613.520,09
2012 € 8.884.218,85
2013 € 6.534.643,57

TOTALE 179.961.382,78

AAA Albanesi cercasi

La-Vlora-a-Bari--499x285Temo i pregiudizi. Sempre. Da sempre. Credo che la narcolessia intellettuale e culturale di questo Paese sia in gran parte figlia di un’informazione sommaria, di una riflessione affrettata e di un’immatura riflessione lasciata spesso ai luoghi comuni. Forse anche per questo ho sempre pensato alla “sinistra” come laboratorio di elaborazione di struttura di pensiero piuttosto che località geografica sulla mappa politica. Sul fronte dell’immigrazione abbiamo, in Italia, i migliori (o forse, i peggiori) mistificatori europei: sono riusciti (da Bossi in giù) a macinare una xenofobia nutrita “dall’impellente bisogno” e quindi vissuta con molti meno sensi di colpa rispetto alle sfacciate destre europee. In Italia anche i cittadini “accoglienti per cultura e per natura” si sono ritrovati ad essere vicini alle posizioni di Lega o partiti di destra per una visione distorta della propria realtà, imboccata troppo spesso da allarmi troppo ghiotti per non diventare virulenti. E allora, poiché amo spingermi ad essere curioso, stiamo preparando un progetto di studio e di analisi dell’immigrazione albanese in questi ultimi anni con un occhio di riguardo ai guadagni della criminalità organizzata.

Per questo avrei piacere (e bisogno) di ascoltare, leggere e confrontarmi con gli “immigrati” (parola orribile e cacofonica) e gli operatori che abbiano qualcosa da dirmi, qualche interesse convergente o suggerimento. La mail è la solita: giulio (@) giuliocavalli.net.

Intanto vale la pena leggere uno tralcio dell’intervento in occasione della Settimana della cultura albanese, org. da Illyricum,Patronato Acli, Acli e Ipsia, Milano 3 dicembre 2010:

Non ci occupiamo qui delle fasi storiche dell’emigrazione albanese, che addirittura si rifanno al 1400 quando, a seguito dell’invasione turca, una consistente quota della popolazione riparò in Italia, ma ci concentriamo sui flussi determinatisi dopo il superamento del regime comunista.

Gli albanesi hanno conosciuto una emigrazione di massa durata all’incirca un decennio, mentre l’Italia ha fatto questa esperienza per un secolo e mezzo. Le condizioni problematiche dell’esodo sperimentate anche dagli albanesi hanno caratterizzato la lunga esperienza degli italiani all’estero anche più duramente, senza pregiudicarne uno sbocco finale positivo.

Tra i Paesi europei l’Italia si distingue per essere stato fortemente segnato dall’emigrazione, assicurando a tante aree del mondo una preziosa riserva di manodopera. Non bisogna dimenticare che gli stessi ricchi Paesi del Nord e del Centro Europa furono, a loro volta, Paesi di emigrazione diretta oltreoceano: tra il 1900 e il 1920 furono circa 20 milioni gli europei che partirono alla volta del continente americano

Al Censimento del 1861 gli italiani che vivevano all’estero erano appena 230.000. Con l’unificazione del 1861, il ritardo economico del Sud d’Italia e l’aggravarsi della situazione agricola determinarono la necessità di emigrare anche nelle regioni settentrionali, ma specialmente nel Meridione, per il quale Francesco Saverio Nitti coniò la celebre frase: “O emigranti o briganti”.

Dal 1861 al 1880 la media annuale degli espatri superò di poco le 100.000 persone all’anno, negli anni ’80 fu di poco inferiore alle 190.000 unità l’anno e negli anni ’90 toccò le 290.000 unità.

Nel primo decennio del 1900 gli espatri, in continua crescita, furono in media 600.000 l’anno, prevalentemente transoceanici. Nel 1913 si registrò il picco massimo, con quasi 900.000 espatri, su

una popolazione di 35 milioni di abitanti. Nel periodo 1871-1911 furono 6 milioni le persone a emigrare, in prevalenza oltreoceano, trattenendosi all’estero nei due terzi dei casi.

Poi i flussi verso l’estero diminuirono a causa degli eventi bellici e, tuttavia, la media degli emigranti nel periodo 1911-1920, fu pari a 382.000 espatri l’anno.

Quindi ci fu un rallentamento dovuto alle restrizioni legislative dei Paesi di insediamento e la media annuale degli espatri, dalle 255.000 unità degli anni ’20, scese alle 70.000 negli anni ’30. Il 1932 fu l’anno in cui, per la prima volta, il numero dei migranti scese sotto le 100.000 unità con 83.348 espatri. In quel periodo si indirizzavano i flussi verso le colonie italiane. Tuttavia, nel 1930 venne stipulato un accordo con la Germania in base al quale si trasferirono in terra tedesca ben 500.000 italiani, ma dal 1939 vennero incrementati i rimpatri. Il saldo migratorio per il periodo 1922- 1942 è valutato pari a circa 1.200.000 persone.

La necessità di emigrare riprese dopo la seconda guerra mondiale, ancora una volta coinvolgendo diverse regioni del Nord, e in particolar modo il Veneto. L’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Alcide De Gasperi, per far fronte a questa situazione raccomandò, in maniera generalizzata, di imparare una lingua e di andare a lavorare all’estero.

Il ritmo più alto di espatri dall’Italia si collocò negli anni ’50, con quasi 300.000 unità l’anno e il picco fu raggiunto nel 1961 (387.000 espatri).

Nel complesso sono emigrati quasi 30 milioni di persone, si contano 4 milioni di cittadini italiani residenti in tutte le parti del mondo e tra i 60 e gli 80 milioni di oriundi.

Il 1975 fu l’anno dell’inversione di tendenza perché i rimpatri (123.000) prevalsero sugli espatri (93.000). Si colloca in quel periodo l’inizio dell’immigrazione straniera in Italia, che però ha iniziato a coinvolgere l’Albania solo 15 anni dopo.

È doveroso chiedersi come fossero trattati gli italiani all’estero in questo lungo periodo di emigrazione di massa. In Brasile sostituirono gli schiavi; negli Stati Uniti non poterono utilizzare le chiese normali e furono ammessi a pregare solo nei sottoscala; non mancarono i casi di linciaggio, tanto negli Stati Uniti (fu famoso quello di New Orleans nel 1901) che in Francia (Aigues Morts nel 1893); in Belgio nell’ultimo dopoguerra molti furono sistemati nelle baracche di internamento dei prigionieri tedeschi; in Sud Africa l’avvio di una consistente collettività va riferito al grande campo di concentramento stabilito sul posto per più di 100.000 italiani. A Buenos Aires il prof. Cornelio Moyano Gacita così scriveva degli italiani: “La scienza ci insegna che insieme col carattere intraprendente, intelligente, libero, inventivo e artistico degli italiani c’è il residuo di un’alta criminalità di sangue”. Considerazioni simili sugli italiani, specialmente se meridionali, erano diffuse in altri Paesi esteri, come ad esempio negli Stati Uniti: “Gli individui più pigri, depravati e indegni che esistano… Tranne i polacchi, non conosciamo altre persone altrettanto indesiderabili” (Corriere della Sera, 22 febbraio 2002, pag. 1 e 9).

[…]

La maggioranza della popolazione italiana, come hanno evidenziato diverse indagini, è propensa a ritenere che il problema della criminalità e la mancanza di sicurezza urbana in Italia siano, in gran parte, addebitabili agli immigrati, in particolare agli albanesi e ai romeni.

Un giudizio così severo, secondo le ricerche condotte dai redattori del Dossier Caritas/Migrantes (che trovano un supporto anche in altre indagini), senz’altro non è giustificato nei confronti degli immigrati regolari e va riferito con grande cautela anche agli irregolari. Sono, perciò, fondamentali le precisazioni sul tasso di criminalità degli immigrati, sul ritmo d’aumento delle denunce contro stranieri, sul comportamento dei nuovi immigrati e, infine, sugli aspetti penali riguardanti gli albanesi.

a. Italiani e stranieri: un tasso di criminalità simile. Il tasso di criminalità dei cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia non è più alto di quello degli italiani: queste sono le conclusioni alle quali è giunta una recente ricerca condotta dall’équipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes insieme all’agenzia Redattore Sociale (cfr. Caritas/Migrantes, Dossier Statistico Immigrazione 2009, Edizioni Idos, ottobre 2009, pp. 208-217). Il confronto tra italiani e stranieri è stato attuato seguendo una ripartizione omogenea per classi di età (popolazione tipo), così come non si è tenuto conto delle denunce riguardanti gli stranieri non regolarmente soggiornati. Ciò ha consentito di ridimensionare il tasso di criminalità degli stranieri e di concludere che italiani e stranieri hanno un tasso di criminalità abbastanza simile.

b. Aumento delle denunce inferiore all’aumento della popolazione straniera. I dati del Ministero dell’Interno riguardanti le denunce contro stranieri nel periodo 2005-2008, confermano che le denunce presentate contro gli immigrati aumentano a un ritmo più contenuto rispetto all’aumento della popolazione straniera, pur essendo questa popolazione più giovane, così come già evidenziato da altre recenti ricerche (Fondo Europeo per l’Integrazione/Ministero dell’Interno, Immigrazione, Regioni e Consigli Territoriali per l’Immigrazione, Edizioni Idos, Roma giugno 2010; cfr. anche, sulla base di altri dati, Paolo Buonanno, Paolo Pinotti, Do immigrants cause crime?, Paris School of Economics, Working Paper No. 2008-05; cfr. anche www.bancaditalia.it/pubblicazioni e, per una sintesi, www.lavoce.info; Tito Boeri, Immigrazione non è uguale a criminalità, Lavoce.info, 2 febbraio 2010).

È vero che per gli immigrati regolari sono andate aumentando le denunce, ma ancor di più è aumentata la popolazione di riferimento. Le denunce presentate in Italia contro cittadini stranieri sono state 248.291 nel 2005, 275.482 nel 2006, 299.874 nel 2007 e 297.708 nel 2008. In questo stesso periodo le denunce sono aumentate del 19,9%, mentre gli stranieri residenti (quindi, solo quelli regolari anche se essi non sono gli unici autori dei reati) da 2.670.514 a 3.891.293 (aumento del 45,7%). Anche se le denunce riguardassero solamente i cittadini stranieri residenti, l’incremento dei reati sarebbe inferiore all’incremento della popolazione straniera, minando così alla base l’equiparazione tra aumento della popolazione straniera e aumento della criminalità.

c. Il tasso di criminalità dei nuovi immigrati nel VII Rapporto Cnel. La paura diffusa tra gli italiani riguarda in prevalenza i nuovi arrivati, che non si conoscono e perciò destano i maggiori sospetti. Il VII Rapporto Cnel sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia (luglio 2010: cfr. www.cnel.it) è entrato nel merito di questa obiezione e si è chiesto se i cittadini stranieri venuti ex novo in Italia nel periodo 2005-2008 abbiano influito negativamente sulla situazione di sicurezza del Paese. A tale scopo è stato ipotizzato che l’aumento delle denunce contro cittadini stranieri (49.417, risultanti della differenza tra quelle del 2005 e quelle del 2008) corrispondano a reati commessi esclusivamente dagli stranieri registrati ex novo come residenti (1.220.779): in questo modo, l’incidenza delle denunce nei loro confronti è del 4,05%, pari a 1 denuncia ogni 24,7 persone.

Il tasso così calcolato va confrontato con l’addebito penale nei confronti dell’intera popolazione residente in Italia alla data del 31 dicembre 2008: si è trattato di 60.045.068 persone (tra le quali una ogni 15 è di cittadinanza straniera) sulle quali hanno inciso per il 4,49% le 2.694.811 denunce penali complessive. Per le persone già residenti si è trattato di 1 denuncia ogni 22,3 residenti, con una incidenza maggiore rispetto a quella addebitale ai nuovi venuti, che perciò non possono essere considerati i maggiori colpevoli della situazione di insicurezza vissuto dalla gente.

d. Il VII Rapporto Cnel e il tasso di criminalità degli albanesi. Per gli albanesi, se si distingue tra criminalità organizzata e criminalità comune, si riscontra che a quest’ultimo riguardo si sono fatti notevoli passi in avanti. Nel periodo 2005-2008 le denunce contro tutti gli stranieri sono aumentate del 19,9%. Rispetto a questo valore medio alcune collettività si sono collocate al di sotto e così è avvenuta anche per gli albanesi, per i quali l’incremento delle denunce è stato pari al 17,4%, passando da 17.561 nel 2005, a 19.027 nel 2006, a 19.006 nel 2007 e 20.609 nel 2008. L’incidenza che gli albanesi residenti in Italia hanno avuto nel 2008 sulle denunce (6,5%) è inferiore a quello che essi hanno avuto sui residenti (11,3%), con una differenza a loro favore di 4,8 punti percentuali che merita di essere segnalata. L’andamento virtuoso dell’Albania si riscontra anche da un altro dato. Nel 2005 gli albanesi incidevano per il 7,1% sul totale delle denunce presentate contro stranieri, mentre questa percentuale è risultata più ridotta negli anni successivi (6,9% nel 2006, 6,3% nel 2007 e 6,9% nel 2008).

Alla luce dell’evoluzione storica che ha caratterizzato la collettività albanese in Italia, è fondato ritenere che ai consistenti flussi irregolari del recente passato vada ricollegata una certa lievitazione delle denunce penali, non solo perché una quota consistente di esse ha riguardato l’inosservanza della normativa sugli stranieri, ma anche perché le persone sprovviste di permesso di soggiorno sono state più facilmente ricattate dalle organizzazioni malavitose. A cavallo degli anni ’90 e i primi anni del nuovo secolo, gli albanesi incidevano per il 20-30% sui respingimenti effettuati alla frontiera, superando la pressione migratoria della Romania e del Marocco, e risultavano la prima collettività per numero di denunce. Chiusa l’esperienza delle migrazioni di massa e dei gommoni, controllati i trafficanti di manodopera (che hanno tentato nuove rotte) e potenziate le vie legali d’ingresso, si è delineato uno scenario più soddisfacente perché le denunce sono aumentate in misura ridotta rispetto all’aumento della popolazione e ciò, in altre parole, diminuisce il tasso di criminalità.