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‘Siamo stanchi, Signor Presidente, di essere disincantati’: la lettera degli studenti per salvare Telejato

Questa lettera sta circolando ora nei licei bolognesi, e via via in molte altre scuole. La trovate anche su diecieventicinque.it, la testata bolognese della rete dei Siciliani. “Dieci e venticinque”, il nome del sito, a Bologna vuol dire qualcosa. Bologna che resiste, Bologna allegra e dura, Bologna di tutti noi.

Riccardo Orioles la rilancia e ne ha tutti i motivi. La legga, Signor Presidente. Qua dentro c’è l’Italia che vogliamo.

Egregio Signor Presidente,

ragazzi di tutt’Italia si rivolgono direttamente a Lei, quale massimo rappresentante dello Stato, per trovare una voce all’onda di rancore che sta seppellendo la nostra generazione.

Per l’importanza del documento che Le sottoponiamo, ci auguriamo caldamente che riterrà di renderne note alla Nazione le parole più significative.

Il cuore della presente lettera consiste senza dubbio di un proposito di natura pratica. D’altro canto, la sua causa profonda sta nell’impotenza in cui siamo costretti dalle attuali democrazie rappresentative, sta nell’angoscia di agire, e nella consapevolezza di vivere, proprio per quei principi di progresso che, sebbene continuamente negati da squallore e ottusità, trainano la civiltà europea da che si aprì la ricerca per un criterio di giustizia. E, in verità, il cuore amaro della nostra lettera sta proprio nel valore dell’educazione, della scuola, modello di vita e di politica.

In principio vorremmo tuttavia parlarLe dell’episodio che è stato l’innesco del nostro movimento, e degli interventi che ci siamo auspicati sarebbero seguiti all’appello. Nel corso di un viaggio d’istruzione in Sicilia, all’interno di un itinerario organizzato dall’associazione “Addiopizzo“, alcuni di noi, tra cui i redattori della presente, hanno conosciuto la piccola realtà di Telejato, una rete televisiva comunitaria totalmente dedita all’erosione del potere mafioso. Attraverso lo scherno dei miti e dei bassi modelli dell’illegalità, Telejato ci ha stupiti per determinazione, costanza, per la volontà ferma di migliorare il territorio, e di essere efficace. Valore, l’efficacia, che stiamo lentamente dimenticando, essendo ormai i cittadini italiani abituati a delegare le responsabilità, a lasciare il proprio dovere civico in eredità ad anonime reti amministrative.

Il confronto con Pino Maniaci, proprietario di Telejato, curiosamente, anzichè vertere su temi riguardanti la Mafia in modo specifico, si è concentrato proprio su questo, cioè sulla possibilità dell’individuo di partecipare al bene comune.

Certamente non tutti possono gestire televisioni antimafia, ma l’antimafia vera e propria è forse quella che si crea a partire dall’onestà e dall’interesse per il territorio dei singoli: questa la conclusione cui eravamo insieme giunti, e che, in parte, aveva placato l’insoddisfazione di vederci come al solito disincantati spettatori degli equilibri di potere.

Siamo stanchi, Signor Presidente, di essere disincantati. La conoscenza degli istinti meschini che sembrano dirigere la storia oramai non può più rassicurarci. Quello che le generazioni che ci hanno preceduto ignorano, è che il nostro disimpegno non è stato dovuto a stupidità o leggerezza, ma piuttosto al cinismo nato dalla lucida osservazione della realtà, e dall’abitudine alla sconfitta. Tuttavia, per l’improvvisa incombenza di un disastro sul nostro futuro, quello della crisi, quello di un’inadeguatezza di tutte le istituzioni vigenti – da quelle ideali a quelle concrete – a fronteggiare un passaggio di epoca, guardarvi serenamente non ci è più possibile.

Quando al termine dell’incontro siamo venuti a sapere che Telejato avrebbe chiuso il 30 giugno, al momento dell’entrata in vigore del digitale terrestre in Sicilia, nuovamente siamo rimasti a bocca aperta: nuovamente, le maglie della burocrazia, addirittura le leggi dello Stato sembravano soffocare l’impegno civile da cui esse stesse erano nate. Proprio allora la figlia di Maniaci, Letizia, coraggiosa, rinomata giornalista, è sgattaiolata tra di noi per uscire dallo studio televisivo, a capo chino, come cercando di non farsi notare. Proprio lei che, così giovane, riprende gli scoop e rende possibile il servizio di informazione di Telejato, incurante del rischio che grava sulla famiglia. Per quell’esempio di modestia e di abnegazione in quel momento siamo esplosi in un applauso, ritenendo d’altra parte che null’altro avremmo potuto fare, che le nostre azioni corrette non sarebbero bastate, che Telejato avrebbe chiuso, qualunque cosa ne pensassimo: che il fatto sia giusto o che non lo sia.

Ora, la riflessione che vogliamo proporre alla Nazione è in merito al significato della parola “politica”. In fondo, l’antimafia è politica. Poichè, se si considera la Mafia come quel fenomeno sociale di affidamento del territorio a interessi esclusivamente patrimoniali, l’antimafia è quel dovere di amore per il territorio, per la Nazione, per la propria comunità, che va ben oltre gli egoismi di parte. E se un certo amore per il bene comune è un dovere civico, allora certamente l’antimafia è politica: perchè non dimentichiamo che “politica” non significa insieme di partiti, lotta di classi o di capitali, ma “questioni della vita cittadina”, e che un tempo aveva traduzione “Res Publica”, e che ora, estesisi i nostri Stati da città a popoli interi, trova significato come “vita comunitaria”. Questa la nostra convinzione.

Quale comunità giovanile avremmo potuto chiederLe in merito a giustizia, meritocrazia, rottura delle briglie della finanza, Unione Europea, e a tante delle idee che animano i nostri dibattiti. Invece, La preghiamo di garantire una qualche forma di sopravvivenza a Telejato.

Da atti concreti, mirati vorremo ripartire, e fatti significativi. Riteniamo che dare vita a Telejato, come emittente di diverso genere oppure riservando una percentuale di frequenze alle reti comunitarie, sia oggi, proprio oggi, una priorità. Riteniamo sia questo il momento giusto – il momento di scarse risorse – per investire sullo spirito comunitario, e che solo in questo modo avremo un’occasione per salvare l’Italia, armonizzare l’Europa e governarla.

Infine, per lo meno, La preghiamo di tutelare la famiglia che di Telejato costituisce l’esistenza.

Noi siamo nati da quella famiglia. Se l’Italia ha come nucleo fondamentale la famiglia, allora è in una famiglia che costruisce i valori civici dell’Italia che la Nazione trova le proprie radici. Siamo cresciuti in un sistema di principi tipicamente familiari, nonchè nella nozione di lavoro come riscatto dell’uomo dall’assoggettamento alla sua fame, e alla sua voracità, per i simili che ama. Purtroppo, questi capisaldi della nostra società civile, abbandonati da molte famiglie, li hanno raccolti soltanto le scuole, realtà che sono state volutamente avulse dal potere ma che, lo si voglia o meno, hanno formato i nostri ideali. E noi riteniamo sia maturato il tempo per cui quegli ideali, dalle famiglie che resistono all’istruzione che li alimenta, passino finalmente al potere effettivo, al potere politico.

Se verrà salvata Telejato e la sua famiglia, si darà un significato alla nostra educazione politica, unica fonte della Nazione stessa. E vedremo fin dove le istituzioni che politiche sono dette, nate per unirci, siano voci della Nazione, e dunque avverse alla Mafia.

1. Liceo Galvani, BO

2. Liceo Minghetti, BO

3. Liceo Fermi, BO

4. Liceo Righi, BO

5. Liceo Copernico, BO

6. Liceo Sabin, BO

7. Istituto Laura Bassi, BO

8. Liceo Manzoni, BO

9. I.I.S. Bartolomeo Scappi, Castel San Pietro Terme (BO)

10. Liceo da Vinci, Casalecchio di Reno (BO)

11. Istituto Giordano Bruno, Budrio (BO)

12. Liceo Mattei, San Lazzaro di Savena (BO)

13. Liceo Tassoni, MO

14. Liceo Parini, MI

15. Liceo Marco Polo, VE

16. Liceo Gioberti, TO

17. Istituto Baldessano-Roccati, Carmagnola (TO)

18. Liceo Cascino, Piazza Armerina (EN)

19. I.I.S. Marzoli, Palazzolo sull’Oglio (BS)

20. Consulta Provinciale Studenti di Brescia

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A Ponteranica vogliono rimuovere Peppino Impastato: l’appello (e mailbombing)

A Ponteranica avevano già provato a rimuovere la targa dedicata a Peppino Impastato presso la biblioteca comunale. Poi, le voci di protesta hanno prodotto un giusto ripensamento. Ora ci riprovano. E noi ci mobilitiamo. L’idea condivisa è di mettere in campo una serata per ricordare degnamente le figure di Padri Baggi e Peppino Impastato di fatto screditando e denunciando l’assurda operazione messa in atto dall’amministrazione Aldegani.Il tutto mercoledì 13 all’Aperto sui terreni dei Padri Sacramentini (100 passi dal comune ed altri 100 dalla Biblioteca).

Intanto ecco l’appello per inviare una mail al sindaco. Fate girare.

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L’appello e la multiutility

Ne avevo già parlato qui, ne abbiamo discusso alla prima agorà di NonMiFermo a Milano e oggi Francesco Arcari rilancia sul neonato sito di NonMiFermo: anche oggi possiamo e vogliamo farlo, chiedendo un confronto diretto e sfidando le amministrazioni ad assumere decisioni negli organi elettivi, per partecipare e verificare come voterà ciascun eletto.

L’appello per fermare il processo di creazione della multiutility del Nord, ora è on line. In cinque giorni ha raccolto 2143 firme, tra cui molte adesioni di personalità della cultura, dello spettacolo e delle istituzioni (Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Stefano Rodotà,  Elio e Mangoni  (Le storie tese),  Paolo Rossi,  Claudio Bisio, Daniele Silvestri, Paolo Jannacci, Ale e Franz, solo per citarne alcuni). E la mia.

L’appello è qui

Cultura: dopo le firme le risposte

“Oltre 1300 tra operatori della cultura in Lombardia e cittadini hanno firmato l’appello che abbiamo lanciato lo scorso dicembre a sostegno di un settore letteralmente massacrato dall’azzeramento dei fondi regionali.

Pensiamo si tratti di un numero significativo di persone mobilitate in difesa di un bene primario, che non è soltanto strumento di diffusione della conoscenza, ma significa ben più concretamente anche lavoro e produttività, oltre che consapevolezza e democrazia.

E pensiamo che, dopo l’assordante silenzio di Massimo Buscemi e il recente rimpasto di Giunta, ora il nuovo assessore alla partita, Valentina Aprea, sia rapidamente chiamato a intervenire al riguardo.

Da uno stanziamento di 51 milioni di euro nel 2010, si è passati per l’anno in corso a neanche 8. Il che significa per Regione Lombardia non riuscire nemmeno a mantenere le convenzioni con gli enti teatrali attualmente in essere. Una situazione drammatica e inaccettabile, che colpisce la promozione culturale e che mette a rischio imprese con migliaia di lavoratori.

Occorre uno sforzo immediato per restituire fiato al settore. In tal senso chiediamo che il neoassessore dia un segnale forte e che apra quanto prima un tavolo di confronto con gli operatori, impegnandosi a dare risposte, a reperire, pur nel quadro generale di crisi, le risorse necessarie per un rilancio della cultura in Lombardia e a impostare una programmazione di ben più ampio respiro”.

Giulio Cavalli (SEL)

Pippo Civati (PD)

In movimento contro le spese militari

Il mese di Febbraio 2012 sarà caratterizzato dalle azioni della campagna che culmineranno con una manifestazione a Roma di “consegna delle firme” al Governo.

Dal 7 febbraio associazioni e gruppi locali si attiveranno a sostegno della campagna “Taglia le ali alle armi” promossa da Sbilanciamoci!, Tavola della Pace e Rete Italiana per il Disarmo con il sostegno di Unimondo, GrilloNews e Science for Peace per chiedere al nostro Governo di non procedere all’acquisto di 131 caccia bombardieri Joint Strike Fighter F-35.

La data di inizio di questa nuova fase della campagna, che è attiva del 2009 e già ha raccolto oltre 45.000 adesioni, non è scelta a caso: “In quello stesso giorno nel 2007 il sottosegretario Forcieri firmava l’accordo per la partecipazione alla seconda fase del programma – sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – in cui si mettevano le basi anche per il successivo acquisto. Ma senza prevedere, come recentemente è stato dimostrato, alcuna penale prima della firma di un nuovo contratto: qualcosa che non è mai avvenuto e che ci permetterebbe ancora un dietro-front”.

Proprio quanto chiedono le realtà promotrici della campagna, che sottolineano gli enormi costi che avrebbe per il nostro paese una tale decisione (almeno 15 miliardi per l’acquisto e circa il triplo considerando anche il successivo mantenimento) in una fase di crisi economica che impone grossi sacrifici a tutti gli italiani.

“In un momento di grave crisi per tutto il Paese troviamo fuori luogo che il Ministro-Ammiraglio Di Paola nei suoi monologhi televisivi continui imperterrito a difendere l’F-35, promettendo al massimo qualche sforbiciata – precisa a riguardo Massimo Paolicelli della Rete Italiana per il Disarmo – Parlare di un programma di elevato valore operativo, tecnologico e industriale vuol dire non tenere in considerazione i rilievi negativi dello stesso Pentagono ed i ripensamenti di molti paesi partner nel progetto”. Sono infatti diverse che denunciano il continuo lievitare dei costi a causa dei tempi di sviluppo e produzione che si allungano per mettere mano ai forti deficit qualitativi dell’aereo. Chi oggi dovesse firmare il contratto per l’acquisto dell’F-35 si assume la forte responsabilità di gettare al vento ingenti somme di denaro pubblico. “Che motivo abbiamo per farlo? Per la velleità di alcuni Generali di spacciare l’Italia per media potenza militare industriale, violando palesemente il dettato della nostra Costituzione”, conclude Paolicelli.

La campagna “Taglia le ali alle armi” è disponibile in qualunque sede ad un confronto con il Ministro Di Paola e i funzionari del Ministero della Difesa sui dati e sulle prospettive del programma F-35.

Gli stessi soldi stanziati per i caccia potrebbero essere impiegati in mille altri modi più utili sia economicamente che socialmente. “Con i 15 miliardi da spendere per gli F-35 potremmo costruire 45mila asili nido pubblici, creando oltre 200mila posti di lavoro – sottolinea Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci! – oppure mettere in sicurezza le oltre 13mila scuole italiane che non rispettano le norme antisismiche e quelle antincendio”; anche in questo caso il risultato sarebbe positivo anche sul fronte economico con nuove opportunità per moltissime imprese e decine di migliaia di posti di lavoro creati.

Le giornate di sostegno alla campagna (che si annunciano numerose e creative) culmineranno poi nella data del 25 febbraio, scelta come giornata delle “100 piazze d’Italia contro i caccia F-35″.

“Il primo obiettivo di questa nuova mobilitazione è spingere il Parlamento e ogni singolo parlamentare a discutere in modo aperto e trasparente sugli F-35. L’appello lanciato dalla Marcia Perugia-Assisi dello scorso 25 settembre non deve cadere nel vuoto – ricorda Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace – Il Parlamento deve impedire innanzitutto che si crei il fatto compiuto. L’Italia non può permettersi oggi di impegnare ulteriori 15 miliardi di euro, oltre ai quasi 3 già spesi, per l’acquisto e il mantenimento di questi bombardieri, senza che ci sia un chiaro e onesto dibattito pubblico sulle esigenze e le priorità a cui dobbiamo rispondere”.

In maniera simbolica l’avvio della mobilitazione è stato dato nel fine settimana a Verona, dal palco che ha ospitato la festa per il 50° anniversario del Movimento Nonviolento. “La costruzione di un avvenire di nonviolenza parte anche da scelte concrete di disarmo e riduzione delle spese militari – sottolinea Mao Valpiana presidente dell’associazione fondata da Aldo Capitini – ed è quindi naturale che chi lavora quotidianamente in questa prospettiva di costruzione della pace sia tra i primi a muoversi contro questo mastodontico progetto d’armamento costosissimo, contrario allo spirito della nostra Costituzione e forse anche inutile militarmente”.

L’invito che la campagna lancia a tutti i gruppi locali impegnati su questi temi è quindi quello di organizzare momenti di informazione e raccolta firme, cercando anche di coinvolgere gli Enti Locali nell’approvazione di una mozione di sostegno alla mobilitazione.

Tutte le informazioni sulla campagna si possono trovare anche sui siti delle organizzazioni promotrici:

www.perlapace.it    (Tavola della Pace)

www.disarmo.org    (Rete Italiana per il Disarmo)

(da http://www.sbilanciamoci.org/2012/01/un-mese-di-mobilitazioni-per-dire-no-ai-caccia-f-35/)

 

Libertà e Giustizia chiede le dimissioni di Formigoni

E forse sarebbe il caso di firmare qui. Noi siamo sulle stesse posizioni.

Già nello scorso dicembre LeG aveva chiesto le dimissioni di Formigoni, della Giunta, del Consiglio a fronte dei gravissimi fatti commessi da esponenti di rilievo.

A partire da Filippo Penati che ancora siede nei banchi del consiglio regionale all’ex vice presidente Nicoli Cristiani sorpreso con la mazzetta in casa per una vicenda legata a cave di amianto e a pezzi di autostrada costruiti con rifiuti proibiti. Per arrivare a Nicole Minetti indagata per induzione alla prostituzione, senza dimenticare le pericolose commistioni nel crack del San Raffaele.

L’ultimo caso dell’ex assessore, membro dell’ufficio di presidenza Massimo Ponzoni, arrestato per bancarotta, corruzione, concussione e finanziamento illecito è la goccia che fa traboccare il vaso. Sullo sfondo legami con la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta del nord.

LeG chiede nuovamente, con forza, che si torni alle elezioni, per ridare la parola ai cittadini. Formigoni non può continuare a trincerarsi dietro il “Io non sapevo” gridando al complotto politico. Lui è il responsabile della regione Lombardia e di tutta la ciurma. Si assuma le sue responsabilità invece di cercare una penosa via d’uscita sulla scialuppa di salvataggio.
Twitter #formigonidimettiti

Ti chiediamo di firmare il nostro appello

Io voto chi mi fa scegliere

La decisione della Consulta sull’inammissibilità dei referendum non modifica la sostanza del dibattito pubblico attorno alla legge elettorale. Esiste un patrimonio di attivazione, di impegno prodotto da un milione e duecentomila cittadini e che è ancora intatto. La richiesta del ritorno alle preferenze per scegliere i propri deputati e senatori, in Italia, resta maggioritaria e non è più rinviabile. Per questa ragione Valigia Blu Quink lanciano la campagna “Io voto chi mi fa scegliere”. La parola passa nuovamente al Parlamento e ai partiti che hanno ora piena ed esclusiva responsabilità sul processo di riforma della legge elettorale. Non è nostro compito suggerire ricette, regole o soluzioni, ma vogliamo esprimere la nostra intenzione di premiare quelle forze politiche che si impegneranno in modo chiaro e netto per permettere ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti.

Vittime di mafia dimenticate dallo Stato

Ho aderito subito e con forza all’appello di POLITICAMENTE SCORRETTO in difesa delle vittime di mafie e contro l’incosciente taglio di ben dieci milioni di euro (su dodici) dei fondi destinati a chi ha subito reati di stampo mafioso (compresi racket e usura). Uno Stato che non riesce a proteggere i propri uomini migliori, coloro che sono disposti a mettere in gioco la tranquillità e la sicurezza propria e della propria famiglia è uno Stato che non ha nessuna credibilità istituzionale, nessun futuro etico e morale e che inevitabilmente risulta essere il miglior deterrente alla denuncia contro le organizzazioni criminali. La paura è un costo sociale che questo nostro paese non si merita e il silenzio degli onesti, in questo caso, rischia di essere la migliore forma di favoreggiamento. Vi chiedo di parlarne e farne parlare, di leggere e fare leggere di non stare inermi di fronte a questo scempio.

Da IL FATTO QUOTIDIANO
Quasi all’asciutto le vittime di mafia e i loro famigliari che, con la legge di stabilità per il 2012, si sono visti tagliare 10 milioni di euro sui 12 fino a quel momento destinati al fondo destinato a chi ha subito reati di tipo mafioso, compresi racket e usura. La notizia viene diffusa nel corso di Politicamente Scorretto, manifestazione giunta alla sua settima edizione. Il suo patron, lo scrittore e autore televisivo Carlo Lucarelli, lo annuncia a Casalecchio di Reno, il comune alle porte di Bologna in cui ogni anni si tiene la manifestazione culturale.

E rilancia con un appello condiviso da don Luigi Ciotti, il sacerdote antimafia fondatore del Gruppo Abele e di Libera. Con lui e Lucarelli anche Paola Parenti, presidente di Casalecchio delle Culture, istituzione promotrice della manifestazione, che sta trattando con la Regione Emilia Romagna perché la manifestazione che parla di criminalità organizzata (anche al nord), società civile, cronaca e letteratura, possa continuare ad avere un minimo di fiato economico per le prossime edizioni.

“La lotta alle mafie”, ricordano i promotori della rassegna emiliana, “dovrebbe essere considerata una priorità dell’azione di qualunque governo in questo Paese. Il prezzo che l’Italia paga alla criminalità organizzata in termini civili, morali, politici ed economici è tale da rappresentare uno degli ostacoli principali del nostro sviluppo”.

In un periodo di difficoltà critiche e ricostruzione, questo sforzo economico deve essere considerato “un investimento, non un costo”, si legge nell’appello che da Casalecchio viene lanciato. E ha aggiunto lo stesso Lucarelli: “Dai tagli alle risorse non può nascere mai niente di buono, a meno che non si tratti di quelli agli sprechi. Questi invece sono taglia alla legalità ancor prima che alla cultura”.

Più nel dettaglio, a venire meno saranno “Per esempio il risarcimento per le spese processuali”, dice ancora lo scrittore. “Per essere vittima in maniera civile, ci vogliono delle armi, che sono le battaglie legali. E queste armi hanno un costo, come insegna la storia delle stragi, che è la storia delle vittime che si sono date da fare per avere una verità”.

Ma il problema, è a monte, secondo Lucarelli, perché “vittime si diventa, quando lo stato è assente”. E allora, per spiegare le ragioni di questi tagli, occorre innanzitutto capire se “esiste una volontà politica di combattere la lotta alla mafia. Se la mafia fa politica, la fa proprio in questo modo, asciugando le risorse. Ma in questo caso non credo ci sia stata un’intenzione mirata quanto piuttosto l’ignoranza nel pensare che queste siano questioni secondarie per il nostro Paese e forse anche l’antipatia che certa politica ha nel trattare questi argomenti”.

Ecco che nasce dunque l’appello congiunto che già annovera tra le altre le firme di Pina Maisano Grassi (vedova di Libero Grassi), del magistrato Gian Carlo Caselli, di Nando dalla Chiesa, del giornalista Lirio Abbate, dello storico Enzo Ciconte, dell’attore Giulio Cavalli (finito sotto scorta per i suoi spettacoli teatrali sulla ‘ndrangheta al nord) e di Dario Vassallo, fratello di Angelo, il sindaco di Pollica ucciso nel settembre 2010.

“Il fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura”, si legge, “rappresenta non solo il doveroso intervento dello Stato a fianco di cittadini che già hanno sofferto e spesso contrastato la criminalità organizzata, ma anche uno degli strumenti più efficaci per combatterla. Al nuovo governo chiediamo che venga rivista tale decisione e che il Fondo venga ripristinato”.

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VOGLIAMO UNA VIA PER ANNA POLITKOVSKAJA

Ricevo da Andrea Riscassi e volentieri firmo e giro: Milano nel 2015 sarà – grazie all’Expo – una vetrina internazionale.  La città che ha nel proprio gonfalone Sant’Ambrogio e che ha dato i natali a Manzoni e Beccaria ha l’occasione per non far dimenticare, oltre alla fame del mondo, il rispetto dei diritti umani e della libertà di stampa. In questi anni, una figura più di altre, ha rappresentato a livello mondiale  il giornalismo “dalla schiena dritta”: Anna Politkovskaja. Per mettere a tacere la coraggiosa giornalista russa non sono bastate le minacce, gli arresti, gli avvelenamenti, i finti plotoni di esecuzione, l’isolamento. 5 anni fa, il 7 ottobre del 2006, è stata assassinata nel portone di casa sua. La giustizia russa sta tentando – pur tra molti tentennamenti – di trovare chi le abbia materialmente sparato. Mentre resta (e forse resterà) un fitto mistero sui mandanti. “Io vedo tutto, questo è il problema” scriveva Anna Politkovskaja, uccisa solo perché voleva fare il suo mestiere: la giornalista. Milano ha dedicato i propri giardini pubblici a Indro Montanelli, mentre ha platealmente mancato la consegna dell’Ambrogino d’oro a un altro dei suoi figli adottivi: Enzo Biagi.  Ora c’è un’occasione di riscatto. Nel 2009, dopo una raccolta firme on line e una mobilitazione popolare (organizzate da Annaviva e Gariwo), Palazzo Marino ha dedicato ad Anna Politkovskaja un albero nel Giardino dei Giusti al Monte Stella. Altre città italiane hanno seguito questo esempio (da Brescia a Genova). Oggi, noi firmatari di questo appello, chiediamo al Comune di Milano e al sindaco Pisapia di fare un passo in più, di mettere la città al pari di altre nel mondo, da Roma a Tbilisi, da Tolosa a Ferrara. Dedicando ad Anna Politkovskaja una via o una piazza della comune che tra pochi anni ospiterà l’Esposizione universale. Se davvero un vento nuovo soffia sulla “capitale morale”, crediamo che questa sia l’occasione giusta per dimostrarlo. A tutto il mondo. Per aderire, mandare una mail specificando nome, cognome e professione a questo indirizzo:
unaviaperanna@gmail.com

L’appello di LIBERA per la confisca ai corrotti

Una firma importante per un appello fondamentale.

La corruzione minaccia il prestigio e la credibilità delle istituzioni, inquina e distorce gravemente l’economia, sottrae risorse destinate al bene della comunità, corrode il senso civico e la stessa cultura democratica. Per questo motivo raccoglieremo un milione e mezzo di cartoline da inviare al Presidente Napolitano per chiedergli di intervenire, nelle forme e nei modi che riterrà più opportuni, affinché il governo e il Parlamento ratifichino quanto prima e diano concreta attuazione ai trattati, alle convenzioni internazionali e alle direttive comunitarie in materia di lotta alla corruzione nonché alle norme, introdotte con la legge Finanziaria del 2007, per la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti.

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