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bologna

A Bologna la campana (flebile) sulla scuola pubblica

Insomma a Bologna ha vinto il . O comunque hanno perso tutti coloro che ci volevano dimostrare che la battaglia per le scuole pubbliche togliendo i (troppi) finanziamenti alle scuole private (il timido Ambrosoli compreso, su in Lombardia) ora ci penseranno due volte prima di provare a convincerci che “privato” è bello perché “privato” funziona e sul “privato” sono tutti d’accordo tranne noi quattro gatti comunisti.

Perché il risultato del referendum è scritto nella Costituzione, per dire:

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(per l’immagine grazie a Malvino)

#2agosto1980

Un tumblr per raccogliere i ricordi e le testimonianze, qui.

Perché siamo un Paese che deve assumersi il fardello di esercitare memoria anche se non ci hanno raccontato la Storia e chi è Stato.

“Mauro leggeva il giornale e infatti quando lo abbiamo rivisto, a Medicina legale, morto, era rimasto con le braccia così, come se tenesse il giornale aperto. Non aveva un graffio, sembrava che dormisse”.Così racconta Aldo, il papà. Prima Padova e poi Venezia: Mauro insieme a un amico stavano aspettando nella sala d’aspetto di prima classe. Mentre Franco si allontana per prendere aria mauro rimane a “fare la guardia” alle macchine fotografiche.

Mauro lavorava come commesso in una libreria di Asti, era il più piccolo di tre fratelli: il 19 agosto avrebbe compiuto 22 anni.

Racconta la mamma: “Era un ragazzo bravissimo sempre in casa, serio; aveva preso le ferie da una settimana ed era arrivato con un’ora di ritardo alla stazione di Bologna. Se il treno da Asti fosse stato in orario, forse Mauro non si sarebbe trovato lì a quell’ora. E’ stato un appuntamento con il destino. Pensi che il suo amico, Franco Ponchione, quello che è uscito dalla sala d’aspetto prima dello scoppio, non s’è fatto niente. E’ finito a terra, ma neppure una sbucciatura. E’ stato lui a telefonare a casa, ai parenti, per dire che si era salvato, ma che di Mauro non sapeva più nulla”

MAURO ALGANON (22 anni)

L’ammorbidente per la memoria del primo Maggio

Il congresso della Seconda Internazionale il 20 Luglio 1889 afferma: “ Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi”. In ricordo della grande manifestazione operaia avvenuta a Chicago nel 1886 e repressa nel sangue, viene scelto il Primo Maggio come giorno di festa dei lavoratori di tutti i paesi.

Sono passati 121 anni da quel giorno. I lavoratori hanno combattuto molte battaglie e hanno rivendicato condizioni lavorative e sociali migliori. Attraverso difficoltà, repressioni e rinunce i lavoratori di tutto il mondo hanno raggiunto importanti traguardi. Ancora oggi, però, bisogna combattere. I labili contratti di lavoro a tempo determinato, la volontà politica di cancellare alcuni pilastri fondamentali dello Statuto dei lavoratori, le reali perplessità su una pensione futura sono solo alcune problematiche che i lavoratori del 2010 si trovano a dover affrontare.

È proprio in questo quadro storico e sociale che il Primo Maggio è un giorno fondamentale. Non è il ricordo di qualcosa che è stato, ma è l’affermazione di ciò che deve essere e deve ancora divenire. Proprio per questo le discussioni sull’apertura degli esercizi commerciali nel giorno dei lavoratori sono desolanti.

La desolazione è quella che si prova davanti ad amministratori eletti dalla cittadinanza, che calpestano il loro mandato in nome di interessi economici. E la sensazione di abbandono della reale etica politica si avverte ancora di più quando questi stessi amministratori appartengono alla tua area politica, perchè, in fondo, “dagli altri te lo aspetti”.

Vi confesso che quando ho letto la notizia che città gestite dal centro-sinistra come Bologna, Firenze e Lodi hanno optato per l’apertura dei negozi nella giornata dei lavoratori, ho provato una profonda delusione e amarezza. L’amarezza deriva dall’abbandono della memoria del vero significato della festa del Primo Maggio e dall’ennesimo allontanamento della politica dalla realtà dei lavoratori.

Auguro a tutti i lavoratori di poter trascorrere al meglio la loro festa, la festa dei diritti ottenuti grazie al sacrificio e alla lotta di molti.