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Christian Abbondanza

RadioMafiopoli 19a puntata: l’assurda intervista in cui Lucia Riina parla della sua famiglia come di “una favola”

Schermata 2014-02-04 alle 11.04.08Parliamo della deplorevole intervista pubblicata da Panorma in cui Lucia Riina ha l’occasione di dirci che la sua infanzia è passata in una famiglia da favola ed è fiera del cognome che porta. Scopriamo una sorpresa del suo sito che utilizza la parola “mafia” per portarsi visite e ascoltiamo Christian Abbondanza sulle minacce ricevute in tribunale.

Da vedere e condividere, se volete.

Vuoi vedere che lo status di minacciato è riconosciuto solo a chi appartiene al salotto buono?

abbondanzaLa domanda se la pone Marco Preve (uno che di giornalismo, denunce e fatti se ne intende facendo per benino nomi e cognomi come piace a noi) scrivendo di Christian Abbondanza e delle ultime minacce ricevute. E il suo articolo va letto con attenzione anche da chi galleggia nel Circo Antimafia sapendo senza sapere, parlando per luoghi comuni dei propri vanti o delle proprie dicerie e soprattutto per chi coltiva l’idea che non esista antimafia senza “rete” e poi invece non riesce ad essere solidale se non con i propri sodali. Fuori dai riflettori e dai “salotti buoni” di cui parla Marco Preve sono in moltissimi a subire l’isolamento istituzionale ma anche “antimafioso” per i modi non sempre compiacenti e per avere rifiutato di sdraiarsi sulle posizioni più frequentate. Si può discutere di tutto su Abbondanza e su tutti gli altri minacciati dai più noti ai meno noti: si può dire che siano (o siamo, se volete) antipatici, egocentrici, pieni di difetti e di errori e spesso anche maleducati ma la credibilità è una corda di sopravvivenza troppo importante per permettere a chicchessia di ballarci sopra per mettersi in mostra. Per questo noto anche con piacere che a Christian sia arrivata la solidarietà di Libera nonostante le infelici uscite di qualche suo rappresentante perché la lezione di Don Ciotti è proprio questa: includere, con i propri limiti. E questa volta ci è riuscita (almeno formalmente) davvero.

I meccanismi con cui lo Stato decide di proteggere o non proteggere persone che vengono minacciate a volte sono sfuggenti. Prendiamo il caso di Christian Abbondanza, ideatore e anima della Casa della Legalità. Chiariamo subito: sono un amico di Christian. Il che non mi ha mai impedito di dirgli che ritenevo alcune sue battaglie forzate o sbagliate. Ciò detto, il suo impegno nella lotta alle mafie penso non possa essere messo in discussione.  Il suo modo di condurre queste battaglie oltrechè renderlo bersaglio di querele per diffamazione (che a volte possono anche diventare, perché no giustamente, delle condanne) lo ha anche esposto a rischi fisici e più volte sono dovute intervenire le forze dell’ordine per garantire la sua incolumità. Bene. Da oltre due anni le autorità (magistratura, forze dell’ordine, prefetture) sanno che alcuni presunti ‘ndranghetisti oggi a processo parlando di Christian pronunciavano nei suoi confronti minacce di morte. E altre minacce gli sono state rivolte nei giorni scorsi nell’aula del tribunale di Imperia dove si celebra il processo La Svolta contro 30 accusati per vari reati tra cui l’appartenenza alla ’ndrangheta. Insomma: sono mafiosi pericolosi secondo la magistratura si o no? Forse non lo sono quando parlano di Abbondanza?

Comunque sia, a Christian nessuno ha ancora ritenuto di dover garantire una forma di protezione. Neppure, una qualche autorità ha ritenuto di dover manifestare solidarietà, per farlo sentire meno solo. Capisco: Christian fa un’antimafia irritante, non una di quelle da convegni, salotti televisivi e via dicendo sulla quale son tutti d’accordo: pure le mafie. Ha rotto le balle al mondo compreso a un paio di magistrati che l’hanno querelato. Spero non sia per questo motivo che a lui non viene garantita la protezione mentre invece lo Stato, giustamente ci mancherebbe altro, la garantisce da anni o l’ha garantita, a chi come minacce ha ricevuto una scritta su un muro, un insulto per strada, una lettera anonima. Magistrati, avvocati, cardinali, professori. Vuoi vedere che lo status di minacciato è riconosciuto solo a chi appartiene al salotto buono? Agli altri, gli sfigati, non resta che toccare ferro.

Minacce in aula

Comunque la si pensi le minacce (in un’Aula di Tribunale) rivolte a Christian Abbondanza oggi da Peppino Marcianò sono la testimonianza che la misura è colma e la responsabilità dell’antimafia evidentemente sfilacciata:

“Tu ridi perché io sono qui dentro e tu sei là fuori. Ma se fossi fuori, non rideresti più”. Dalla gabbia dell’aula Trifuoggi del tribunale di Imperia, dove si sta svolgendo il processo per ‘ndrangheta “La Svolta”, Vincenzo Marcianò, figlio del presunto di boss di VentimigliaPeppino, non rinuncia a minacciare (guarda l’intervista a Peppino Marcianò nel video di ilfattoquotidiano.it). Vittima dell’intimidazione è Christian Abbondanza, presidente della Casa della Legalità di Genova, che assisteva all’udienza in prima fila. L’episodio si è poi ripetuto nel pomeriggio, poco prima che gli imputati decidessero di abbandonare l’aula come forma di “rispetto” e “in solidarietà” con Peppino Marcianò che, a 81 anni, non si è sentito bene e – per la seconda volta in due giorni – ha lasciato il processo.

Aspettando di essere tradotto fuori dalla gabbia con il padre in sedia a rotelle, Vincenzo si è rivolto ad Abbondanza apostrofandolo per due volte “pezzo di merda” e indicando le sbarre che lo separavano da lui. Le minacce sono state prese seriamente dagli agenti in servizio presso il tribunale, che hanno invitato l’attivista della Casa della Legalità a sporgere denuncia. Questo anche per li clima di tensione che si respira nel procedimento che vede 36 persone alla sbarra e che potrebbe arrivare a sancire per la prima volta la presenza della ‘ndrangheta in Liguria. Lo stesso pm della Dda, Giovanni Arena, che sta conducendo l’accusa, è stato posto sotto protezione dopo che alcuni imputati si sono lasciati andare a frasi ingiuriose e di tono minaccioso durante una delle ultime udienze.

Non è stato questo il primo avvertimento ricevuto dal pm. Già a luglio scorso, il collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, lo aveva avvertito: “Lei dottor Arena è a rischio. La ’ndrangheta, quando vi saranno delle sentenze o delle conflsche di beni, gliela farà pagare. Non aspettate che succeda perchè poi sará tardi. Non necessariamente agiscono con criminali ma il più delle volte tramite persone insospettabili che vengono definite “corpo riservato”» Quelle di oggi non sono state le prime minacce neanche per Abbondanza, il cui nome ricorre più volte nelle intercettazioni dell’inchiesta La Svolta, profferito dagli imputati.

Dalle carte dell’indagine, infatti emerge che Peppino Marcianò era molto attento alla stampa e a quanto veniva pubblicato. Soprattutto da “quel cornuto di Ventimiglia (il blogger Marco Ballestra ndr) e Savona” (Abbondanza ndr). “Dovrebberlo aspettarlo e non lo devono ammazzare, ma gli devono tagliare la faccia, perché sta facendo troppi problem” si lascia scappare una volta Marcianò, mentre il figlio Vincenzo, l’autore delle ultime minacce, puntualizza “che secondo lui sarebbe da chiudere in qualche strada di campagna e sparargli alle gambe come avvertimento, e che comunque, se fosse capitato a lui di essere bersagliato a quell modo, lo avrebbe ammazzato”.

Chissà che qualcuno non rifletta. Perché queste certo non sono minacce che si possano inventare. O no?

Fare antimafia con “Abbondanza” in Liguria

Il mio pezzo scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

gli-innominabili-FOTIA_ii-vol-quaderni-dell-attenzione“Due colpi di pistola alle gambe e se continua a scrivere un colpo alla testa che gli passa la voglia”, “Sanno tutto, scrivono di tutti”, “vanno lasciati perdere per un paio d’anni per eliminarli dopo”.
Dicono così i protagonisti delle intercettazioni dell’inchiesta “La Svolta” che ha colpito la ‘ndrangheta in Liguria. Messaggio chiaro: Christian Abbondanza e Marco Ballestra rischiano la pelle. Anche perché sono soli. Niente protezione per loro.

Comincia così l’articolo (che è più un grido di allarme) di Ferruccio Sansa su Il Fatto Quotidiano nel numero della vigilia di Natale; del bandito Christian ne abbiamo parlato e ne parliamo da un po’ cercando di sostenere  le sue denunce che risultano antipatiche e spigolose come sono spigolosi i rompipalle per vocazione. Vocazionista dell’antimafia più che professionista, si dovrebbe dire.

Se c’è qualcosa che a Christian va riconosciuto (da sempre) è l’amore per i dati, i confronti, i passaggi, le date e i collegamenti: merce rara in un movimento antimafia che rischai di diventare sociologico credendo di potersi bastare senza scendere nei dettagli investigativi e nella mappatura dei “cattivi” oltre alla memoria dei “buoni”, soprattutto se i “cattivi” sono sani, operativi e politicamente accolti nei loro territori.

So già (succede che me lo ricordino nei commenti ogni volta che ne scrivo) che Christian Abbondanza e la Casa della Legalità sono considerati scomodi anche da voci autorevoli dell’antimafia a cui sono molto legato (ne parla Savona News qui e risponde direttamente l’associazione qui) ma credo che il punto che oggi ci deve interessare sia un altro: la memoria antimafia deve essere abbastanza contemporanea da sfociare nella vigilanza per essere utile. E su questo credo non sia difficile essere uniti.

Oggi la Casa della Legalità decide di pubblicare uno dei loro Quaderni dell’Attenzione che contiene la raccolta (oltre 200 pagine), dal 2010 – 2012, delle pubblicazioni dedicata alla famiglia FOTIA ed alle loro imprese (il file è allegato). Il link per scaricare il volume [5,27 Mb] è questo (http://www.casadellalegalita.info/Gli-innominabili-FOTIA.pdf ).

La Nota Introduttiva al volume:

Questa è una raccolta dei testi sui FOTIA scritti e pubblicati tra il 2010 ed il 2012.
Molti di questi articoli hanno anche dato spunto ad attività investigative e giudiziarie e rotto
il silenzio che avvolgeva la famiglia FOTIA nonostante gli Atti parlassero da tempo
chiaramente.
Tutte le pubblicazioni si fondando su fatti di rilievo pubblico indiscutibile, ed informazioni
pubbliche relative ai FOTIA ed alle loro società.
Tra le fonti ufficiali utilizzate vi sono Atti Giudiziari (Sebastiano FOTIA, Pietro FOTIA,
SCAVO-TER, Mario VERSACI, indagine MAGLIO 3 e LA SVOLTA, TAR); Relazioni e
Rapporti della Procura Nazionale Antimafia, DIA, Commissione Parlamentare Antimafia;
Informative ROS e Polizia di Stato.
Sono stati inoltre richiamati articoli di stampa nonché documenti contabili e visure camerali
delle imprese dei FOTIA, oltre a delibere e determine di Enti Locali.
E’ una verità scomoda che qualcuno, oltre a loro, vuole oscurare, con una vera e propria
censura. Da un lato hanno tentato di fermarci con intimidazioni palesi, dall’altro con azioni
legali a raffica volte sempre a cercare di farci tacere. Hanno tentato aggressioni e
delegittimazioni di ogni genere… ma noi non abbiamo mai ceduto!
Noi non chiniamo il capo, altri sì, lo hanno fatto e lo continueranno a fare. Per noi conta la
verità dei fatti, piaccia o non piaccia agli “innominabili” signori FOTIA, secondo gli Atti:
cosca MORABITO-PALAMARA-BRUZZANITI.
Siamo o no dei “banditi”? Quindi, ecco a voi, questa storia, fatta di capitolo dopo capitolo,
in ordine cronologico di pubblicazione, dove la situazione veniva aggiornata, pezzo dopo
pezzo, sino ad oggi. Tasselli scomodi di una realtà indecente che bisogna conoscere!
Buona lettura e se volete diffondete!

Antimafia senza divisa

Luca Rinaldi scrive un libro di storie di antimafia civile. Nell’introduzione si legge: «gli arresti e la repressione sono lo stadio finale del contrasto, quando ormai la cosiddetta frittata è stata fatta. Occorre oggi inoculare nella società il virus della legalità, non sempre facile da far girare in periodi di crisi economica, ma quanto mai necessaria per uscire da questa» Qui trovate la presentazione e una bella intervista al resistente Don Aniello Manganiello.

Il bandito Christian e la Casa della Legalità di Genova

Firmo, contribuisco, giro e vi invito a fare lo stesso.

CONTRO MAFIE E IPOCRISIE, SOSTENERE LA CASA DELLA LEGALITA’ E’ UN DOVERE CIVILE

Ci sono nuove e concrete evidenze che il presidente della Casa della Legalità – Onlus (www.casadellalegalita.org), Christian Abbondanza, sia ritenuto in concreto ed effettivo pericolo di vita per possibili attacchi da parte di cosche mafiose operanti sul territorio. Le Prefetture di Savona e Genova hanno conseguentemente disposto misure di protezione per tutelarne l’incolumità, dando così conferma del fatto che nel 2011 in LIGURIA un uomo rischia la vita se denuncia le pesanti presenze ed attività mafiose nel territorio e le infiltrazioni nell’economia e nella politica.

Questa notizia dovrebbe imporre a tutta la comunità ligure una profonda riflessione e smuoverne la coscienza.

La Casa della Legalità, tramite i suoi Osservatori su mafie, reati ambientali e pubbliche amministrazioni, ha promosso inchieste ed effettuato denunce che hanno anticipato anche di diversi anni sviluppi giudiziari ed investigativi che hanno poi confermato la Liguria come “colonizzata” in tutte le sue province dalle mafie. A riconferma di ciò, la recente riunione della Commissione Parlamentare Antimafia a Genova, con le audizioni di Prefetti, Reparti e Magistratura, ha evidenziato, dopo anni, che quanto denunciato dalla Casa della Legalità era fondato! Con un lavoro costante la Casa ha raccolto segnalazioni e promosso approfondimenti che sono stati poi raccolti dai reparti dello Stato, Prefetture e da diverse Procure. Questo lavoro ha permesso anche al mondo dell’informazione di aprire gli occhi su questa drammatica realtà, contribuendo fortemente a rompere il muro di silenzi, negazionismi e omertà che per anni ha avvolto ed avvolge tutt’ora mafiosi noti e meno noti, così come anche i rapporti di affari che questi avevano (ed hanno) con imprese, cooperative, società pubbliche e pubbliche amministrazioni. Con determinazione non hanno lasciato soli coloro che hanno trovato il coraggio di denunciare, così come sono stati stati capaci di mettere in imbarazzo e difficoltà la politica che, da una parte e dall’altra, vede propri esponenti affiancarsi ai boss e diversi Comuni soccombere ad infiltrazioni e condizionamenti, spesso in cambio di una manciata di voti. Certamente qualcuno potrà dire: “se la sono cercata”. E’ vero, si sa a cosa si va incontro quando si denunciano certe collusioni e complicità, quando si punta l’indice sul mafioso e sulle attività di riciclaggio che vedono, ad esempio, la Liguria in prima fila con le speculazioni edilizie. Ma non è così che una società civile può e deve rispondere! Una “società civile” deve prendere esempio da quanto fatto dalla Casa della Legalità. Ognuno deve farsi carico di un pezzetto di responsabilità in questa lotta all’illegalità ed alle mafie. Ognuno deve sostenere questa battaglia. La Casa della Legalità è una struttura che non riceve alcun contributo pubblico e che non ha sponsor: non li ha proprio perché ha voluto mantenersi assolutamente indipendente e libera d’azione; l’unica fonte di sostentamento della struttura sono le sottoscrizioni e le donazioni dei singoli cittadini. Purtroppo alle spese ordinarie (cancelleria, telefono, benzina per gli spostamenti solo per fare alcuni esempi) si aggiungono sempre più sovente (e più a fondo si colpisce) da un lato le spese legali per difendersi dalle querele dei Boss mafiosi e dall’altro magari le spese di “manutenzione” per le casuali manomissioni all’auto usata per gli spostamenti o per gli attacchi informatici… Ed allora ecco che ci sentiamo in dovere, oltre all’esprimere solidarietà al Presidente della Casa della Legalità ed agli altri ragazzi che lo affiancano nelle inchieste, nelle denunce e nelle incursioni sul territorio, di invitare ad un sostegno anche economico della Casa della Legalità, così che possano continuare ad andare avanti nel loro lavoro che si è dimostrato così efficace ed incisivo, sia per l’impatto civile e culturale, sia per il contributo portato anche ad inchieste e provvedimenti giudiziari che hanno condotto ad un’aggressione vera e propria alle cosche ed ai loro capitali illeciti. Se ognuno di noi si impegnasse a sostenere questa realtà libera, con un piccolo contributo mensile, tutti saremo più liberi. Questo sostegno, alla luce dei nuovi atti intimidatori che in queste ore stanno colpendo i membri della Casa della Legalità e le persone ad essa vicine, stringendo sempre di più il cerchio attorno al Presidente dell’associazione, è una sorta di “impegno e dovere civile”, a testimonianza del fatto che cedere di un solo passo sarebbe una sconfitta ed una svendita del nostro territorio e patrimonio alla criminalità organizzata.

Nel mirino, ora, ci sono loro.

https://www.facebook.com/pages/Le-Vostre-Minacce-Non-Ci-Fermeranno/186180774798849

Emiliano, Christian, i giornalisti calabresi e le minacce come un prurito

Mi ero ripromesso di parlare e scrivere il meno possibile delle minacce. Soprattutto per una questione mia personale di pudicizia e coscienza e soprattutto per il gioco perverso di questo Paese (oggi posso dire pienamente verificato sulla mia pelle) che ogni volta accende i riflettori sulla bestialità degli intimidatori che meriterebbero il peggiore oblìo.  Non sono per niente convinto che la scelta sia sensata ma me lo ero imposto in questi ultimi mesi in cui ho avuto modo di sentirmi addosso la paura ancora più appuntita. Me l’ero imposto perché potessero cantare ad alta voce tutti i professionisti delle “carte a posto” secondo cui la nostra dovrebbe essere una condizione passeggera e niente di più.

Christian Abbondanza è un uomo contestato e contestabile. Con la sua associazione CASA DELLA LEGALITA’ da anni racconta la Liguria (e non solo) complice consapevole delle mafie sul territorio: dai Gullace e Fazzari, ai Fameli, Mamone, Fotia a tutta la banda Raso-Gullace-Albanese. Senza remore contro i mafiosi e i politici conniventi. Qualcuno dice che sia un allarmista provocatore.

Emiliano Morrone è il direttore de LA VOCE DI FIORE nonché autore di libri sulla ‘ndrangheta calabrese (insieme a Francesco Saverio Alessio) che sono “magicamente” spariti dagli scaffali e che non fanno sconti a nessuno. Qualcuno lo definisce con un po’ di spocchia “un semplice blogger”.

In Calabria (mentre la ‘ndrangheta alza il tiro impunemente contro le istituzioni) quotidianamente si sente di giornalisti minacciati e intimiditi per smussare la scrittura e tacere le notizie che possono dare fastidio. Si accende la solidarietà (poca) per il tempo di ualche editoriale sparso nel web e subito dopo sembra cadere un silenzio cimiteriale. Mentre loro rimangono al fronte. Qualcuno dice che se la sono andata a cercare e cercano un po’ di pubblicità.

Eppure Christian Abbondanza nei giorni scorsi ha ricevuto l’ennesima minaccia che gli ha fatto gridare “basta!“, Emiliano è ritornato la sera a casa e non ha più trovato i computer con le proprie inchieste e i documenti (vi ricordate non molto tempo fa un caso analogo alla giornalista di LA7 Silvia Resta?) e in Calabria si continua con le lettere anonime, i proiettili in busta e le taniche di benzina. Senza contare le centinaia di casi che rimangono taciuti per paura o peggio per nostra disattenzione.

In una scia inaccettabile a cui ormai ci siamo abituati. Come se facesse inevitabilmente parte del gioco. Come se fosse colpa loro pretendere un po’ di attenzione. Come se fosse diventata una colpa in Italia essere minacciati perché, in fondo, chi non si adegua, chi è fuori dal gruppo, non ha il diritto alla solidarietà. Chi alza i toni o accende i riflettori sceglie consapevolmente di uscire dalla “comunità”.

Eppure sembrerebbe così banale e normale che le opinioni e i modi abbiano tutte il diritto di non ricevere pallottole. Anche i blogger e gli allarmisti. O no?