Vai al contenuto

expo 2015

A 13 giorni da Expo. Nonostante l’ottimismo a cannonate.

Di Gianni Barbacetto e Marco Maroni

Meno 13. Mancano solo 13 giorni e poi i cancelli si apriranno per la manifestazione più celebrata, attesa, contrastata e discussa degli ultimi anni in Italia. “Expo 2015sarà certamente inaugurata il primo maggio”, assicura Piero Galli, il direttore generale della divisione sales and entertainment. “Il tema del rinvio dell’inaugurazione non si pone proprio. Abbiamo già mandato gli inviti ai capi di Stato e alle istituzioni”. Già doverlo ribadire segnala però che “il tema del rinvio” è tutt’altro che campato per aria, visti i ritardi accumulati e le opere ancora non terminate. Certo, i cancelli dovranno essere aperti la mattina del 1 maggio. Expo, Milano e l’Italia non possono permettersi una figuraccia planetaria. Ma intanto il capo di Stato del Paese ospitante non ci sarà: Sergio Mattarella verrà a Milano il 25 aprile, per celebrare la Resistenza, e si terrà invece fuori dalle incertezze dell’esposizione universale. L’apertura, infatti, si farà, ma con tre incognite: le incompiutela sicurezza, il dopo Expo.

Il cantiere eterno: perfino i giornali cinesi parlano di ritardi. Non tutto sarà finito
Tutto pronto, dice il commissario Expo Giuseppe Sala. Ma l’expottimismo strategico dei vertici cozza perfino con i dati pubblicati sul sito ufficiale Openexpo. L’ultimo aggiornamento, del 10 aprile, dice che è finito solo il 25 per cento dei lavori di responsabilità di Expo (dunque tutto meno i padiglioni stranieri). Su 20 aree, sono ultimate solo quattro. E alcune aree, tra cui proprio Palazzo Italia e gli edifici del Cardo, sede delle eccellenze made in Italy, hanno ritardi ormai irrecuperabili per il 1 maggio. Saranno aperti, ma solo parzialmente.
Un brutto colpo lo hanno avuto anche gli industriali dell’associazione “Sistema Brescia per Expo”. Hanno “salvato” loro l’Albero della vita, il simbolo dell’esposizione che stava per essere archiviato per i costi troppo alti, per l’opaca gestione degli appalti e per l’arresto del responsabile dei lavori Antonio Acerbo. Il loro consorzio “Orgoglio Brescia” ha realizzato l’opera in poco più di tre mesi e mettendoci 3 milioni di euro, meno della metà del costo previsto. Però ora Expo ha comunicato che il 7 maggio non potranno celebrare la prima delle sei giornate dedicate a Brescia: perché gli spazi di Palazzo Italia non saranno pronti. Se ne riparla il 4 giugno. “Non c’è alcuna intenzione di rivalsa economica per il danno”, ha reagito il direttore di “Sistema Brescia”, Piero Costa, “a meno di ulteriori rinvii”. Che le cose nel cantiere non siano messe bene, del resto, lo hanno capito anche i cinesi (1 milione i visitatori attesi dalla Cina, anche se i visti richiesti tra gennaio e marzo erano solo 13 mila in più dell’anno scorso). Sentite che cosa scriveva quattro giorni fa il China Daily, quotidiano cinese in lingua inglese: “A meno di tre settimane dall’apertura dell’Expo Milano, il 1 maggio, il sito dell’evento è ancora una massa di camion che solleva polvere e di lavoratori con l’elmetto in corsa per finire le costruzioni tra ritardi, corruzioni e costi fuori controllo”.
Sicurezza: 1.200 militari, agenti e carabinieri Ma non c’è tempo per fare i test
Forse non si arriverà ai 29 milioni di ingressi promessi, ma comunque le persone che nei prossimi sei mesi entreranno nel sito Expo, tra visitatori e personale, saranno milioni. Questo pone due problemi nel campo della sicurezza. Il primo è connesso ai controlli e alla vigilanza. Dopo i morti al Palazzo di giustizia di Milano, ha fatto impressione sapere che l’azienda chi vigila sugli ingressi degli uffici giudiziari, laAllSystem, è la stessa che controlla gli accessi a Expo. Chi ha sparato a Milano era però entrato dall’unico accesso non controllato dalla AllSystem (che peraltro ha ottenuto un incarico che vale più di 2,3 milioni di euro con il metodo della “procedura ristretta semplificata”, che permetterebbe invece affidamenti per cifre non superiori al milione e mezzo: ma questa è un’altra storia). Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha comunque promesso che servizi segreti, polizia e carabinieri veglieranno su Expo, anzi hanno già cominciato a farlo, affiancati anche da 1.200 militari impegnati a Milano nell’operazione “Strade sicure”. E l’altroieri il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, presieduto dal prefetto Francesco Paolo Tronca, ha “disposto un’intensificazione massima degli interventi di prevenzione generale e di controllo del territorio”. Il secondo problema che attiene alla sicurezza di visitatori e lavoratori di Expo si chiama collaudi. L’esposizione è una grande macchina fatta di edifici stabili, edifici temporanei, strade, passerelle, tendoni, ristoranti, chioschi… Come ogni opera, pubblica e privata, dopo la fine dei lavori e prima di essere utilizzata deve essere collaudata. Con collaudi statici per gli edifici e per gli impianti, piuttosto complessi poiché ogni padiglione avrà elettricità, acqua calda e fredda, gas, scarichi, cucine. E perché ci sarà un grande afflusso di pubblico. Per i collaudi sarebbero necessario almeno un paio di mesi. Non ci sono. Anche perché molte opere non sono ancora finite. La soluzione trovata: l’autocertificazione, ogni oste dirà che il suo vino è buono. E poi incrociamo le dita, e niente gufi: speriamo che tutto funzioni e che Mercurio , il dio dai piedi alati del commercio e delle esposizioni, protegga Expo da incidenti e incendi.
Il dopo: nessuno, per ora, s’è fatto avanti per sviluppare l’area (deve sborsare 314 milioni)
È l’incognita più aperta: che cosa succederà dell’Expo dopo Expo? Chi vigilerà, nei mesi successivi all’esposizione, perché l’area non si trasformi in una landa desolata tipo “Fuga da New York”, occupata da senzatetto e disperati? Tra 13 giorni l’esposizione aprirà, ma ancora non si sa che cosa succederà dopo che i padiglioni saranno smontati. Con un problemino: non si è fatto avanti nessuno disposto a pagare i 314 milioni di euro necessari per assicurarsi la possibilità di “sviluppare” l’area (cioè costruirci su). La gara, nel novembre 2014, è andata deserta. Così non si sa chi pagherà a Comune di Milano e Regione Lombardia i 160 milioni (più oneri e interessi) messi sul piatto per comprare un’area privata: è il peccato originale di Expo, il primo realizzato su terreni non pubblici. Le banche che hanno prestato i soldi – Intesa, Popolare di Sondrio, Veneto Banca, Credito Bergamasco, Bpm eImi   – avrebbero voluto già cominciare a incassare le restituzioni del debito. Invece rischiano di restare con l’area sul groppone, a meno di provocare il fallimento di Comune e Regione. Il rettore della Statale di Milano, Gianluca Vago, vorrebbe farci la nuova Città Studi per le facoltà scientifiche: costo previsto 400 milioni. Gianfelice Rocca di Assolombarda ipotizza una Silicon Valley padana. Ma bisogna trovare i soldi: per le aree e per costruirci su. Dei 160 milioni per le aree, 45 dovrebbero andare nelle casse del “centauro”: la Fondazione Fiera che è, nello stesso tempo, venditrice (in quanto proprietaria iniziale di due terzi del terreno) e compratrice (in quanto socia di Expo spa). “Mi interessa che il governo entri e metta soldi”, dice chiaro il presidente della Regione Roberto Maroni. Il vicesindaco Ada Lucia De Cesarischiede “una forte regia pubblica”. Il ministro delegato a Expo, Maurizio Martina, e quello alle Infrastrutture, Graziano Delrio, stanno studiando il dossier e venerdì 24 aprile avranno un incontro per affrontare la questione. La speranza è che arrivi, con i suoi soldini, la Cassa depositi e prestiti, come la fata buona capace di dissolvere il cattivo sortilegio e garantire il lieto fine. Ma sarà dura anche per la magica creatura presieduta da Franco Bassanini.

Da Il Fatto Quotidiano del 18 aprile 2015

 

L’irritabile Farinetti e quelle carte di Eataly

ELEZIONI: RENZI, BERLUSCONI TI VENDE PENTOLE A EURO 19.90Il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, ha chiesto di visionare le carte che hanno portato all’aggiudicazione diretta di uno store di Expo 2015 a Eataly di Oscar Farinetti per capire se le procedure si sono svolte in maniera corretta. “Eataly è una delle più note realtà nel mondo, dopo l’interrogazione parlamentare ho chiesto di vedere le carte”, ha detto Cantone spiegando di essere abituato a esprimersi “sulla base dei documenti”. Quanto la notorietà di Eataly possa aver inciso ai fini della gara (non avvenuta), “mi riservo di verificarlo”. La replica di Farinetti, affidata ai microfoni di Radio Capital, non si è fatta attendere: “Se continuano le polemiche di gente che non fa e che ha un sacco di tempo da perdere per criticare chi fa, noi ci ritiriamo senza problemi”.

Sull’affidamento diretto a Eataly era stata presentata un’interrogazione parlamentare di due deputati di Sel al ministro Maurizio Martina. E il commissario unico del governo per Expo 2015, Giuseppe Sala, ha difeso la scelta: “Possiamo non fare una gara quando c’è unicità. E dal nostro punto di vista, Eataly è unico”, ha detto durante un incontro all’Expo Gate. Un riferimento alla capacità della società fondata da Farinetti e alla sua notorietà internazionale. “Non è facile vendere 24 milioni di biglietti e all’estero quando parli della Scala aperta sei mesi, di Eataly e di Slow Food la gente capisce”. L’idea di Farinetti, che avrà a disposizione due ‘stecche’ da 4mila metri quadrati ciascuna in cui funzioneranno 20 ristoranti, uno per ciascuna regione italiana, è quella di realizzare “l’osteria più grande del mondo”.

(fonte)

I terreni dell’Expo

Hanno ripetuto centinaia di volte che “l’aspetto fondamentale è avere una visione lunga e pensare al dopo EXPO”, in tutte le salse, in tutte le riunioni e invece:

Deserta la gara per i terreni del dopo Expo, le banche già alla finestra

Ore 12 di Sabato 15 novembre 2014. L’ultima data disponibile per il primo bando di gara per l’assegnazione dei terreni su cui si terrà l’Expo nel 2015 a Milano. Insomma, nessun investitore vuole raccogliere l’eredità di ciò che l’esposizione universale lascerà. Un band da 315,4 milioni di euro messa in vendita a metà agosto da Arexpo, ovvero la società che nel 2011 ha acquisito le aree per l’esposizione e che ha il compito nel post-evento di “accompagnare” la trasformazione dei terreni che hanno ospitato i padiglioni.

Tutto da rivedere il piano che evidentemente non ha fatto abbastanza gola ai re del mattone. Stando al bando, si era prevista la vendita un lotto unico, la cui parte edificabile, sul totale di 105 ettari, non avrebbe dovuto superare i 479mila mq, mentre il 54% dei terreni doveva essere destinato al parco tematico. Forse troppo verde, forse un piano commerciale che non ha attirato, forse i tempi troppo stretti: fatto sta che ora si dovrà ricorrere a un piano B, nonostante il presidente di Arexpo Luciano Pilotti nelle scorse settimane ebbe a dire che «Siamo qui per il piano A, non per il piano B».

Nel frattempo sono arrivate però ad Arexpo richieste per appezzamenti minori tra i 20mila e i 50mila metri quadrati, ma, come riporta Il Sole 24 Ore “il rischio che il progetto venga “spezzettato” si scontra con il rischio che gli offerenti vogliano accaparrarsi solo le parti più prestigiose e con minori oneri sociali, lasciando fuori dal progetto parchi e opere di interesse collettivo. E al Comune di Milano non intende rinunciare all’obbligo, contenuto nel masterplan, di destinare il 56% dell’area a verde pubblico”.

Quindi? Quindi le vere protagoniste del piano B potrebbero diventare le banche. Già in agosto lo stesso presidente di Arexpo sottolineava come una volta andato deserto il primo bando si sarebbe potuta rivedere la «mission societaria di Arexpo», andando a fare nuove gare in lotti più piccoli e pianificando la riconversione dell’area in lotti più piccoli.

Non è infatti un caso che il quotidiano finanziario in rosa scriva «Un eventuale accordo con le banche potrebbe consentire ad Arexpo di trasformarsi in soggetto promotore e garantire l’operazione di sviluppo sull’area attraverso un’importante regia pubblica. La vera spada di Damocle, infatti, è il finanziamento delle banche che – salvo eventuali nuovi accordi da prendere nelle prossime settimane – potrebbero presto avanzare le loro pretese e diventare attori protagonisti del post-Expo».

E il pool degli istituti di credito bussano già alla porta: Arexpo ad aprile 2017 dovra alle banche (Intesa Sanpaolo, Banca Popolare di Sondrio, Veneto Banca, Credito Bergamasco, Banca Popolare di Milano, Banca Imi) 160milioni con la garanzia di andare a gara entro fine 2014. Termine rispettato, ma se entro la primavera 2015 non ci saranno le condizioni per aggiudicare bando e lotti, sosteneva già in agosto Pilotti «bisognerà rinegoziare termini nuovi con le banche», e ancora «In caso di gara deserta – dice il presidente di Arexpo – bisognerà rivedere la macchina organizzativa con il supporto delle banche». Insomma gli istituti di credito sembrano già aver messo un piede nell’affaire post-expo, che con le imminenti elezioni a Palazzo Marino è un affare tutto tranne che chiuso.

Una nuova assemblea dei soci si terrà nelle prossime settimane, perché il vincolo sulla cessione unica dell’intero lotto al momento sembra non interessare gli acquirenti.

[di Luca Rinaldi su Linkiesta]

EXPO, commissariata Maltauro: non si poteva e adesso sì

La saga continua:

C_4_articolo_2051302_upiImageppIl Prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, ha provveduto, con decreto, a commissariare l’impresa Maltauro relativamente ai lavori relativi all’appalto per le architetture di servizio del sito di Expo 2015, oggetto dell’inchiesta sulla cupola degli appalti. Amministratore è stato nominato il professore Armando Brandolese,del Politecnico di Milano. Il commissariamento era stato chiesto dal presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, il 10 luglio scorso.

L’impresa Maltauro era finita nel mirino dell’inchiesta sulla cosiddetta ‘cupola degli appalti’ legata a Expo 2015. Il prefetto ha provveduto stasera, con decreto, a commissariare la società per quanto concerne i lavori relativi all’appalto per le architetture di servizio del sito di Expo 2015. Il provvedimento è stato emanato in base al decreto legge che ha attribuito nuovi poteri all’Autorità nazionale anticorruzione. Una delle norme attribuisce al presidente dell’Anac, in caso di appalti finiti in inchieste giudiziarie, il potere di proporre al prefetto di adottare le misure per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto oggetto del procedimento penale.

Inoltre, il cda di Expo 2015, per garantire la continuità dei lavori, ha oggi confermato di voler appellarsi al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar della Lombardia che aveva accolto il ricorso dei secondi aggiudicatari dell’appalto, il consorzio RTI. Una volta constatata la volontà di Expo spa di non risolvere il contratto con la Maltauro, ai cui vertici, si precisa nel decreto della prefettura, permangono le “medesime figure, legate ad Enrico Maltauro, con ruoli decisionali e di rappresentanza e, quindi, con una potenziale capacità di incidere sulle scelte afferenti l’esecuzione dell’appalto oggetto di indagine”, il prefetto ha dunque provveduto alla “straordinaria e temporanea gestione dell’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro spa”.

Tra i motivi per cui la richiesta di Cantone è stata ”ritenuta fondata” dal prefetto, c’ è “la gravità del ‘modus operandi‘ della società” che ha ‘dimostrato, nel tempo, di ‘adattarsi’ a pressioni criminali pur di acquisire commesse”. La misura adottata perdurerà “fino al definitivo collaudo dei lavori oggetto di appalto, in ragione della valenza strategica sottesa agli stessi per la definizione delle opere relative alla completa funzionalità del sito espositivo”. Il prefetto si riserva altresì di nominare successivamente, previa verifica della effettiva esigenza, un altro amministratore che affianchi il professore Brandolese.

(la notizia è qui)

EXPO in fretta e furia. Anche le leggi.

Quel pasticciaccio brutto di EXPO 2015 sta mettendo in moto tutti i peggiori meccanismi dell’opera a tutti costi, costi quel che costi. Un’accozzaglia di interventi disorganizzati e disomogenei per tranquillizzare l’emergenza mentre tutti quelli che sono chiamati a lavorarci dipingono un quadro sempre più desolante. Ora tocca a Raffaele Cantone:

A leggere il documento di dieci pagine firmate dal magistrato non stupisce la velocità d’azione, invocata urbi et orbi soprattutto dopo l’altro grande scandalo quello del Mose, ma le critiche di poca chiarezza che emergono nei confronti degli articoli del decreto legge 90/2014 che riguardano proprio i poteri del presidente dell’Anac. Nel mirino del magistrato, che oltre a dare la caccia ai clan dei Casalesi è stato per un lungo periodo all’Ufficio del Massimario della Cassazione, l’articolo 32. Cantone trova che la descrizione del fumus bonus iuris (ovvero la presunzione dell’esistenza di presupposti sufficienti per applicare un istituto giuridico) sia oscura: “il legislatore, non sempre utilizzando una terminologia chiarissima e lasciando, quindi, adito a qualche dubbio ermeneutico, sembrerebbe distingue un duplice momento che pur avendo idealmente autonomia potrebbe, però, non averla dal punto di vista squisitamente temporale”.Quando matura questo pressupposto? Cantone, dopo un ragionamento, conclude da sé che basterà un’ordinanza di custodia cautelare o un decreto che dispone il giudizio. 

Su EXPO e Raffaele Cantone

Poiché mi pare che sia bastato l’annuncio per rendere tutti felici vale la pena leggere un interessante articolo di Luca Beltrami Gadola sul Decreto legge 24 giugno 2014 n. 90 che è stato sventolato da più parti come il “salva Expo”:

Di Expo si parla all’articolo 30 (Unità operativa speciale per Expo 2015), la cui lettura, che consiglio a tutti al colto e all’inclita come esempio di fumo puro, indica in sintesi quel che si deve fare: verificare in via preventiva, controllare i corretti adempimenti in materia di trasparenza, si assegnano poteri ispettivi, si dà accesso a banche dati “già attribuiti alla soppressa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (1) “, eccetera eccetera. Insomma si tratta semplicemente di aver soppresso un’autorità, quella di vigilanza sui contratti pubblici, che implicitamente si accusa di incapacità, e di avene trasferito i poteri all’ANAC, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione. Di nome in nome. Posso aver preso un abbaglio, e me ne scuserei con i lettori, ma del potere di “commissariare” singoli cantieri di imprese colte con le mani nel sacco della corruzione non ne vedo traccia. Forse si pensa di ricorrere ai famosi “patti d’integrità” sottoscritti dalle imprese in fase contrattuale, dove per altro è prevista sì la rescissione del contratto ma nessuna forma di commissariamento.

Expo 2015: la confessione di Sala e la Grande Bugia

GIUSEPPE SALADice Sala, commissario unico della società che gestisce Expo 2015:

 “Io mi riconosco due errori – afferma -Non aver capito quello stava facendo Paris (Angelo Paris, direttore generale di Expo fino all’arresto dell’8 maggio, ndr) e non essermi impuntato quattro anni fa, quando avrei voluto affidare appalti e lavori a un general contractor esterno, da scegliere con una gara internazionale. E invece mi lasciai imporre da Formigoni e Moratti Infrastrutture Lombarde e Mm“.

La confessione è importante: dichiara che nonostante le scatole cinesi la politica (senza confronto politico quindi senza politica) avevano già deciso il finale. Cioè: i cittadini sono solo spettatori inermi e scemi.

Intanto Raffaele Cantone rimane solo

Non arrivano le nomine, l’Autorità Anticorruzione è parcheggiata dietro il nastro della propaganda:

E Cantone restò solo. Mentre si infiamma il dibattito politico sugli arresti per i Mose e per l’Expo2015, il consiglio dei ministri convocato oggi non ha scelto i tre componenti dell’Autorità anticorruzione da affiancare al magistrato nominato presidente da Renzi in aprile. Se era già nell’aria il rinvio del decreto sui famosi poteri dell’Autorità in fatto di controllo sugli appalti pubblici, la mancata scelta degli altri membri si traduce nell’immobilità di fatto dell’ente, dato che i vecchi componenti hanno presentato le loro dimissioni all’arrivo del nuovo numero uno