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Francesco Greco

Indagano Lucchina ma si sgretola Formigoni

Attenzione, la difesa è già scritta. Formigoni ha sempre detto che nulla che riguardasse la Regione era mai stato messo in discussione. Adesso ci dirà che l’eventuale infedeltà del Direttore Generale della Sanità (il cuore del potere formigoniano) non può mettere in discussione il suo operato. E’ lo scaricabarile: pratica banale e abusata. E intanto si sgretola tutto. E più si sgretola e più il Governatore si inchioda alla sedia.

Ventotto indagati, tra cui il direttore generale della sanità Carlo Lucchina, al quale viene contestato il reato di turbativa d’asta, nell’ambito di un’indagine su finanziamenti pubblici regionali, stanziati e non stanziati, per qualche milione di euro. L’indagine, ordinata dal pm Carlo Nocerino, avrebbe fatto luce sugli accordi tra aziende private e ospedali pubblici per l’acquisto di strumenti per la sperimentazione clinica ad alto contenuto tecnologico finanziati da Regione Lombardia. Sono in corso interrogatori davanti al pm di Milano, Carlo Nocerino. Sono state effettuate perquisizioni negli uffici del direttore Lucchina in Regione e negli ospedali Niguarda a Milano, di Lecco, di Busto Arsizio e Saronno: impiegati una settantina di militari del Nucleo Speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza con la collaborazione degli uomini del Nucleo di polizia tributaria di Milano. L’assessorato alla Sanità delle Ragione Lombardia ha precisato che le perquisizioni non hanno riguardato i propri locali, e che l’assessore Luciano Bresciani non figura nell’elenco degli indagati.

LE SPERIMENTAZIONI – L’inchiesta, nella quale sono indagate una trentina di persone, nei confronti delle quali sono ipotizzati a vario titolo i reati di associazione per delinquere, turbativa d’asta, rivelazione del segreto d’ufficio e peculato, è coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Carlo Nocerino. Le indagini riguardano principalmente presunti accordi per pilotare l’assegnazione di progetti di sperimentazione clinica ad alto contenuto tecnologico finanziati dalla Regione Lombardia. Oltre a Lucchina, tra le persone indagate ci sono funzionari dell’assessorato alla Sanità e delle aziende ospedaliere coinvolte.

Criminalità economica

A proposito di spending review, le parole di Francesco Greco:

Nuove norme per battere i criminali economici quelli che possono non lasciare tracce perché mancano gli strumenti giuridici per inseguirli e catturarli. “La criminalità economica sta strangolando l’Italia”riflette il procuratore aggiunto alla Procura di Milano, Francesco Greco, nel corso della presentazione del Protocollo Quadro Nazionale tra ministero dell’Interno ed Enel, che ricorda come l’Italia non abbia un il reato di autoriciclaggio: un’assenza dal codice penale che il nostro paese divide con “Cina e Tanzania, e non è un caso, non ce l’hanno, ce l’ha anche ilVaticano”.  Per Greco è impossibile andare avanti così”. L’aumento della criminalità economica, rileva l’ex pm di Mani Pulite, “è impressionante mediamente del 35% con punte del 400% per i reati fiscali e di bancarotta”.

Del resto sono si può dimenticare e il responsabile del dipartimento che persegue i reati finanziari non lo fa “i 60 miliardi di danni dovuti alla corruzione”, i soldi portati all’estero, l’evasione fiscale, “tutte risorse sottratte alla crescita”. Un ragionamento che porta il magistrato ad argomentare che “la criminalità economica è il problema principale della crescita zero in Italia”. E per combattere questa piovra bisogna reintrodurre il reato di falso in bilancio. “Si tratta di una cartina al tornasole della volontà di combattere la criminalità economica – osserva il pubblico ministero – .Penso che il falso in bilancio, che è stato abolito nel 2002, sia una norma cardine e che non ci possiamo permettere di non avere. I problemi del falso in bilancio e dei fondi neri –  spiega – sono problemi strutturali in Italia e qualche riflessione andrebbe fatta e il Parlamento dovrebbe adottare una normativa più seria ma non mi sembra ancora il tempo”. Altro punto sul quale lavorare, soprattutto per le imprese che danno lavori in subappalto, è “l’obbligatorietà della tracciabilità dei pagamenti”.

La mafia a Milano esiste – il video

E’ stata un bella serata quella organizzata da Mattia Calise e i ragazzi del Movimento5Stelle e da Pierpaolo Farina di QualcosadiSinistra. Credo che l’intervento di Cicconi, ad esempio, debba essere il manuale sugli appalti pubblici che dovrebbe stare sui banchi di tutti i consiglieri. Credo che l’obbiettivo di trasformare Palazzo Marino nella casa degli antimafiosi sia una delle promesse più belle da farsi in questo fine anno. Qui il video della serata:

da STAMPO ANTIMAFIOSO: La mafia a Milano esiste

Un partecipatissimo incontro dal titolo “La Mafia a Milano esiste” ha alternato momenti di riflessione a numerosi spunti sul tema del contrasto alla criminalità organizzata a Milano. Il tutto in una (paradossalmente) insolita cornice: Palazzo Marino, sede del Comune di Milano.

di Federico Beltrami

“La mafia a Milano esiste” e a Palazzo Marino lo si dice.

Questo il messaggio lanciato dall’incontro organizzato dal giovane Mattia Calise – attivissimo consigliere comunale del Movimento 5 Stelle – e dal blog “Qualcosa di Sinistra” nella sede del Comune meneghino, che ha ospitato alcuni dei volti più tenaci dell’antimafia lombarda.

Fa effetto sentire il giornalista calabrese Biagio Simonetta snocciolare nomi, dati e numeri sulla presenza – «il termine infiltrazione è ormai riduttivo» – della ‘ndrangheta nel milanese sotto gli imponenti busti di Marte e Minerva della splendida Sala Alessi. La stessa che, per anni, ha ospitato il Pillitteri della mafia che “a Milano è solo una favola” e la Moratti del “milanese onesto e per bene” che non può cedere alla prepotenza dei clan.
Fa effetto anche pensare che questo sia avvenuto solo oggi, nonostante – come ricorda il Pm Francesco Greco – “Milano sia la città in cui tutte le mafie hanno prosperato dagli anni ’50 in poi. La città di Calvi e Sindona, la città che, negli anni ’80, aveva il più alto numero di omicidi di mafia e il più alto numero di detenuti per mafia”.

Oggi, però, sulla scorta delle indagini della magistratura e dell’impegno della nuova amministrazione, si respira un’aria nuova in città, ricca di quel “pathos e di quella consapevolezza civile che innesca la voglia di reagire dei cittadini”, come sottolinea il Professor Nando dalla Chiesa, presidente del nascente Comitato di esperti che affiancherà il sindaco Pisapia e la Commissione consiliare antimafia del Comuna di Milano nel contrasto alla criminalità organizzata.

L’entusiasmo, sia chiaro, non deve lasciare spazio alle facili illusioni: i clan calabresi “sono partiti 20 anni fa alla conquista della Lombardia, colonizzando interi comuni della periferia milanese. Per questo, adesso, dobbiamo correre più di loro: dobbiamo essere noi a far sì che quei Comuni vengano colonizzati dagli antimafiosi, dobbiamo prenderci un supplemento di responsabilità tale da coprire le mancanze di questi ultimi anni da parte di governo e istituzioni”.

Insomma, non ci si può più permettere di ignorare il fenomeno: “oggi chi non sa è colluso”, ricorda Giulio Cavalli, il consigliere regionale minacciato dai clan, citando Ilda Boccassini. “Lo dice anche l’articolo 4 della Costituzione che l’indifferenza è incostituzionale, e noi siamo pieni di politici che incontrano ma non sanno”. “Le leggi – continua Cavalli – vanno usate e osate: non è un caso che tutte le più importanti leggi antimafia, apparentemente impensabili, siano state accolte come rivoluzionarie”.

In realtà, come osserva l’esperto di normative sugli appalti Ivan Cicconi, “la semplice applicazione e il rispetto delle leggi in vigore rappresenterebbero già uno strumento fondamentale nel contrasto alla criminalità organizzata e al fenomeno del progressivo slittamento dell’economia legale verso l’economia illegale avvenuto negli ultimi 15 anni”. “Tra queste la norma che, obbligando l’appaltatore a indicare, per ciascun subcontratto, il nome del subcontraente, l’oggetto e l’importo del subcontratto, permetterebbe di capire se ci si trovi effettivamente di fronte a un subcontratto o se a un subappalto, per il quale sarebbe necessario presentare il certificato antimafia. Oppure la norma che impone il divieto di appaltare lavori pubblici a società con capitale coperto da segreto fiduciario o il cui reale proprietario è sconosciuto. O ancora – conclude Cicconi – la norma che impone l’obbligo di esporre nei cantieri di lavori pubblici il nome dei subcontraenti, dei subappaltatori e dei fornitori che lavorano nel cantiere”.

Ebbene «oggi, al nord, queste semplici norme vengono totalmente disapplicate o ignorate, nel segno di quella logica del “meno so, meglio è” dimostrata dai funzionari pubblici preposti al controllo di legalità». Sul tasto dolente dell’economia e dell’imprenditoria batte anche il Pm Francesco Greco, del Tribunale di Milano. “Sono convinto che la criminalità organizzata sia la componente fondamentale della criminalità economica, che in Italia è ormai una vera e propria emergenza nazionale che ci costa 200 miliardi all’anno. Soldi sottratti al bene comune e di cui oggi avremmo estremo bisogno, ma che non vengono aggrediti in nome di un patto – lo scudo fiscale – fatto con dei criminali. Patto che, come dice la Costituzione, potremmo disattendere, ritassando i capitali scudati”.

Fortunatamente ci sono anche imprenditori come Pino Masciari, cinquantaduenne calabrese sottoposto da quasi 15 anni al programma speciale di protezione riservato ai testimoni di giustizia. La sua colpa? Aver denunciato i suoi estorsori mafiosi – o meglio ‘ndranghetisti – e politici. Una vicenda che Masciari descrive nei suoi lati più drammatici, scagliandosi con genuina rabbia contro i politici e le istituzioni che “con i mafiosi hanno sempre fatto affari” al sud come al nord. L’urlo dell’imprenditore si trasforma in un sorriso amaro: “dopo 20 anni, dopo gli incendi, le intimidazioni e i colpi di lupara ritrovo, qui a Milano, gli stessi nomi dei clan calabresi che denunciai vent’anni fa”.

“Non sono un professionista dell’antimafia – continua Masciari lasciando la sala con il fiato sospeso – non ho scelto tutto questo, mi ci hanno obbligato. Ma – conclude tra le lacrime mentre i presenti gli riservano un tributo commovente– ho fatto la mia parte”.

La serata – moderata dalla bravissima Antonella Mascali, giornalista del “Fatto Quotidiano” – avrebbe dovuto concludersi con una sorpresa: il conferimento della cittadinanza onoraria milanese allo stesso Masciari, che, invece, avverrà solo nei prossimi giorni. In certi casi, la burocrazia, si dimostra davvero inflessibile.

(foto di Marco Carandente)