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grexit

Sempre sulla Grecia. E sui servetti. E sulla manomissione dell’informazione

(Scritto per LEFT qui)

Dicono le leggi del giornalismo che sarebbe ora di smettere di parlare della Grecia, che ora ci sarebbe da aspettare il risultato del referendum e quel che è detto è detto e quel che è fatto è fatto. E invece no: ci sono momenti in cui l’ossessione è una sana modalità di resistenza quando tutto intorno i servetti hanno apparecchiato tutto per lodare il vestito nuovo del Re anche se è nudo.

Assistiamo, in questi giorni, ad una feroce manomissione della verità che punta a trasformare in eversore chiunque non accetti il senso comune imposto. Non è difficile, ha funzionato spessissimo nella storia: mettere in minoranza un’idea bombardandoci del contrario è un gioco da ragazzi per chi può disporre dell’informazione a piacimento. E state certi che a molti di voi in questi giorni vi diranno (o vi avranno già detto) che la Grecia è altro rispetto all’Italia, che i debiti vanno rispettati, che l’Europa non è “un pozzo senza fondo” e tutti gli altri luoghi comuni che ci vengono inculcati ovunque, tutto il giorno.

Eppure chi proprio in questi giorni dice che i debiti vanno pagati e gli accordi rispettati, è lo stesso Matteo Renzi che da settimane cerca di svicolare sui soldi che il Governo deve ai pensionati, è la stessa persona che governa che una maggioranza diversa da quella delle elezioni e con un programma tradito già in più punti.

Io credo che la vicenda della Grecia sia anche un’occasione per il giornalismo italiano, sia per i giornalisti che per i lettori: si tratta di avere la schiena dritta per spezzare un cappio a forma di buona educazione, che si ostinano a chiamare buon senso. Scrivere che la questione greca è il passaggio fondamentale per raccontare un’altra Europa che preferisca le persone ai numeri, la cura delle fragilità ai bilanci e i popoli ai confini è un dovere politico. È un dovere scriverlo, dirlo, parlarne, analizzarlo, diffonderlo.

Perché la democrazia sta nella scelta tra le diverse opzioni e non nel fagocitare le scelte scomode. E sarebbe anche il cuore del giornalismo, a ben vedere.

 

Cosa ha detto Tsipras ai greci

“Amici greci,
da sei mesi il governo greco combatte una battaglia in condizioni di soffocamento economico senza precedenti, per implementare il mandato che ci avete dato il 25 gennaio. Il mandato che stavamo negoziando coi nostri partner chiedeva di mettere fine all’austerità e permettere alla prosperità ed alla giustizia sociale di tornare nel nostro paese. Era un mandato per un accordo sostenibile che rispettasse la democrazia e le regoli comuni europee, per condurre all’uscita finale dalla crisi. Durante questo periodo di negoziazioni, ci è stato chiesto di mettere in atto gli accordi fatti col precedente governo nel “memorandum”, nonostante questi fossero stati categoricamente condannati dal popolo greco nelle recenti elezioni. Comunque, nemmeno per un momento abbiamo pensato di arrenderci, cioè di tradire la vostra fiducia.
Dopo cinque mesi di dure contrattazioni, i nostri partner, sfortunatamente, hanno rilanciato all’eurogruppo di due giorni fa un ultimatum alla democrazia greca ed al popolo greco. Un ultimatum che è contrario ai principi fondanti ed ai valori dell’Europa, i valori del progetto comune europeo. Hanno chiesto al governo greco di accettare una proposta che accumula un nuovo insostenibile peso sul popolo ellenico e colpisce profondamente le possibilità di recupero dell’economia e della società greche. Una proposta che non soltanto perpetua lo stato di incertezza ma accentua persino le disuguaglianze sociali.
La proposta delle istituzioni include: misure per un’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, ulteriori riduzioni nel salario minimo del settore pubblico e incremento dell’IVA su cibo, ristorazione e turismo, eliminando inoltre le agevolazioni fiscali per le isole greche. Queste proposte violano direttamente fondamentali diritti europei, mostrano che riguardo a lavoro, uguaglianza e dignità, lo scopo di alcuni partners e istituzioni non è il raggiungimento di un buon accordo per tutte le parti, ma l’umiliazione dell’intero popolo greco. Queste proposte sottolineano in particolare l’insistenza del Fondo Monetario Internazionale in una dura e punitiva austerity, e sottolineano più che mai la necessità per i grandi poteri europei di prendere iniziative che conducano al termine della crisi del debito sovrano ellenico. Una crisi che colpisce altri paesi europei e che sta minacciando il futuro prossimo dell’integrazione continentale.

Amici greci,

in questo momento pesa sulle nostre spalle, attraverso le lotte ed i sacrifici, la responsabilità storica del popolo greco per il consolidamento della democrazia e della sovranità nazionale. La nostra responsabilità per il futuro del nostro paese. E la nostra responsabilità ci richiede di rispondere all’ultimatum sulla base del mandato del popolo greco. Pochi minuti fa alla riunione di gabinetto ho proposto l’organizzazione di un referendum, perché il popolo greco possa decidere in maniera sovrana.
Questa proposta è stata accettata all’unanimità. Domani la camera dei rappresentanti sarà convocata d’urgenza per ratificare la proposta del gabinetto per un referendum la prossima domenica, 5 luglio, sull’accettazione o il rigetto della proposta delle istituzioni. Ho già informato della mia decisione il presidente francese e la cancelliera tedesca, il presidente della BCE e domani una mia lettera chiederà formalmente ai leader della UE ed alle istituzioni di estendere per pochi giorni il programma attuale in modo da permettere al popolo greco di decidere, libero da ogni pressione e ricatto, come richiesto dalla costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica europea.
Amici greci, al ricatto dell’ultimatum che ci chiede di accettare una severa e degradante austerità senza fine e senza prospettive di ripresa economica, vi chiedo di risponde in maniera sovrana e orgogliosa, come la nostra storia ci chiede.
Ad una austerità autoritaria e violenta, risponderemo con la democrazia, con calma e decisione. La Grecia, il luogo di nascita della democrazia, manderà una forte e sonora risposta all’Europa ed al mondo. Mi impegno personalmente al rispetto dei risultati della vostra scelta democratica, qualsiasi essi siano. Sono assolutamente fiducioso che la vostra scelta onorerà la storia del nostro paese e manderà un messaggio di dignità al mondo.
In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei popoli. Che in Europa non ci sono proprietari ed ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte fondamentale dell’Europa, e l’Europa è una parte della Grecia. Ma senza democrazia, l’Europa sarebbe un’Europa senza identità e senza bussola. Vi invito a mostrare unità nazionale e calma e fare la scelta giusta.
Per noi, per le generazioni future, per la storia dei greci. Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.”
(Alexis Tsipras Atene, 26 giugno 2015)

 

L’Europa della matita rossa

Io non so se avete avuto occasione di leggere il documento su cui la Grecia di Tsipras e la tecnocrazia europea stanno trattando le fasi finale della diatriba iniziata proprio con l’elezione (democratica) del leader di Syriza. Se volete dargli un’occhiata lo trovate qui: sembra il compito in classe corretto da una maestrina stizzita solo che le regole in discussione hanno una consistente parte politica. L’Europa insomma, ancora una volta, sta imponendo la distruzione dello stato sociale adducendo parametri economici che contravvengono le democratiche scelte di un popolo. E quello che non capisco, se mi è concesso, è perché se da una parte la politica (e la stampa al suo servizio) gioiscono sbavando di fronte al pugno duro con la Grecia dall’altra parte tutti quelli che continuano a ripeterci quanto  la questione greca sia anche e soprattutto una questione di democrazia e di una diversa Europa siano così disuniti e silenziosi. Ci sia gioca talmente tanto su questo foglietto stropicciato e stracorretto che una diversa sinistra non può che partire da qui. Accettando anche la sfida di rendere golosa una notizia che in pochi vogliono dare.