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liberalizzazioni

Laurea straccia?

Una giusta riflessione di Pietro BevilacquaQuello che gli abolizionisti e in generale i “riformatori neoliberisti”, ispiratori spesso di queste amenità, non considerano è che le Università italiane non sono state create semplicemente per consentire ai cittadini di accedere ai concorsi, ma incarnano un percorso di formazione. Sono un patrimonio pubblico, che si è consolidato nel tempo, che è fatto della storia delle varie discipline scientifiche, delle diverse scuole accademiche, dei saperi, delle norme e dottrine destinate a formare le classi dirigenti del paese. Le università, da noi più che altrove, sono la sede storica delle diverse comunità scientifiche. In questo grande collettivo di studi si sono formati e si vanno formando non solo dei professionisti, ma il corpo intellettuale della nazione, con la sua identità e i suoi valori condivisi. Qui risiede la legalità, nel senso più alto, dei saperi che il nostro paese produce con la sua straordinaria e creativa operosità. Che senso ha, dunque, smembrare questo patrimonio in cui una parte estesa degli italiani riconosce le sue conquiste più alte? Che senso ha svalutare un lascito straordinario del nostro passato, ingiustamente vilipeso negli ultimi tempi per episodi certamente gravi di corruzione, ma che solo il moralismo indiscriminato e il neoliberismo interessato hanno potuto trasformare in una generale svilimento del nostro sistema formativo? 

La bugia del Governo Monti

Liberalizzare e privatizzare. In questo modo ripartiremo e ricondurremo, finalmente, i conti al livello tale da recuperare lo spread. Non importa che il “rigore” (all’equità penseremo dopo, c’è tempo…) nei conti non sia servito assolutamente a nulla, visto che sui mercati i titoli italiani valgono esattamente quanto prima della manovra che avrebbe dovuto salvare l’Italia. Liberalizziamo e privatizziamo, ma sì, dài.

Allora, privatizziamo, visto che da qualche parte occorre partire, i servizi per il lavoro. Tanto, sono inefficienti e, comunque, il lavoro non si trova. Affidiamolo ai privati, che, invece, loro, miracolosamente, il lavoro lo trovano. Certo, la liberalizzazione imporrà di legalizzare la richiesta di pagamento al disoccupato per la ricerca di lavoro. Però, vuoi mettere l’ebbrezza di pagare per lavorare, in un mondo privatizzato e liberalizzato?

Cos’altro privatizzare? Ah, sì, la sanità. Tanto, per metà già lo è. Eliminiamo dalla busta paga il contributo al sistema sanitario nazionale. Chi lavora versi ad un’assicurazione (ovviamente privatizzata e liberalizzata) il necessario per pagarsi le cure. Chi non lavora paghi il servizio privatizzato e liberalizzato per cercare lavoro e così, poi, pagare l’assicurazione privatizzata e liberalizzata, per ottenere le prestazioni dall’ospedale privatizzato e liberalizzato. Semplice, no? E se nel frattempo non trova lavoro? Desiste.

Poi, è opportuno privatizzare e liberalizzare la scuola. Tanto un terzo quasi è già nelle mani dei privati. Che, ovviamente, non c’è da discutere, insegnano meglio e con maggiore efficienza della scuola pubblica. Certo, ci sarà da pagare una retta. Ma, la riduzione delle tasse sul lavoro, consentirà di mettere da parte i soldi per un piano d’accumulo, da aprire presso una banca privatizzata e liberalizzata, per pagare i costi dell’istruzione privatizzata e liberalizzata. Chi non ha il lavoro? Desiste. Come sia possibile fingere di non vedere quello che descrive Luigi Oliveri rimane un mistero delle mediazioni politiche bipartisan del nuovo asse centro centro centrodestra centrocentrosinistra.