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Michele Serra

Gommapane CL

I MINISTRI del governo Renzi vengono accolti al meeting di Rimini da calorosi applausi, così come i ministri di tutti i precedenti governi, nessuno escluso. È probabile che solo un dicastero nazista, o una delegazione dell’Is che porta in dono le teste mozze del nemico, sarebbero accolti, a Rimini, con qualche cautela, o addirittura con aperta diffidenza. Poiché questa cordialità indistinta verso qualunque tipo di potere, e di potente, è oggetto di legittimo sarcasmo ormai da qualche anno, non ripeteremo anche nel 2014 la solita solfa sulla misteriosissima natura di quel movimento, adattabile come la gommapane a qualunque pertugio o angolino che odori di governo.

(Michele Serra, L’amaca del 27/08/2014)

L’inseguimento del “grillino”

tgcom24-grillini-pullmanL’amaca di oggi di Michele Serra, consigliata per iniziare la giornata:

Le telecronache dell’inseguimento del pullman grillino lungo raccordi anulari e autostrade sembrano la parodia di un road-movie americano di serie B, manca solamente una autostoppista avvenente e dal passato misterioso. Sembrano. Ma sono, invece, uno spietato documentario sulla impotenza dei media, incapaci di partorire e anche solo di concepire, di fronte alla renitenza grillina, qualunque strategia alternativa. Tutto è meglio di quell’avvilente elemosinare mezza frase, rubare mezza inquadratura, implorare mezza informazione. Meglio il silenzio, meglio mandare in onda un fermo-immagine di Beppe Grillo con musica classica in sottofondo, meglio un comunicato sindacale, meglio uscire al primo casello e andare a farsi due spaghi, meglio far finta che 5 Stelle non esista. Recuperare credibilità, per i media, vorrebbe dire prima di tutto recuperare dignità e autonomia di linguaggio: più rincorrono trafelati i fuggiaschi, più confermano l’idea grillina che il sistema mediatico, così come è adesso, sia infrequentabile. Quando Grillo caccia dal suo palco il cameraman indesiderato è odioso. Ma quando cameraman, fotografi e cronisti pedinano un autobus mandando in onda se stessi che pedinano un autobus, danno del diritto di cronaca un’idea talmente penosa da metterne a rischio il prestigio e l’urgenza.

Dare alla gente quello che vuole

Il codazzo di fotografi, cameramen e cronisti che fa da scorta a Nicole Minetti costituisce, in sé, una delle prove più schiaccianti della mancanza di dignità e di libertà del sistema mediatico così come ci illudiamo di gestirlo e così come lo stiamo subendo, per metà impotenti e per metà complici. Non c’è persona di buon senso, di qualunque orientamento ideologico e livello culturale, che non ritenga futile e dannoso dedicare tempo, tecnologia, parole e pensieri a una figuretta minore della nostra scena pubblica che è stata, a suo tempo, co-protagonista di uno scandalo di regime e oggi è protagonista di niente. Con la sola e spiegabile eccezione della stessa signorina Minetti, nessuno ha interesse a tenere acceso anche un solo riflettore su di lei. Se questo avviene è solo perché il potere (anzi: il dovere) di scegliere che cosa mostrare, di che cosa parlare è progressivamente venuto meno fino a scomparire dentro l’alibi – davvero ignobile – che bisogna “dare alla gente quello che vuole”: ma la gente legge e clicca ciò che le viene offerto, non altro. Non è la gente che fabbrica le notizie, sono i media. Anche il più scalcinato dei bancarellai ha facoltà di decidere quali merci esporre. I media sono gli unici commercianti che danno sempre al cliente la colpa della loro merce avariata.

Michele Serra da La Repubblica del 07/09/2012

La graduatoria del dolore per Bologna #2agosto1980

Di Michele Serra.

Basta avere perso la suocera per considerarsi a pieno titolo parente delle vittime di una strage? Sembra Achille Campanile, puro umorismo nero, è invece la cronaca politica di questo pazzesco Paese, nel quale uno dei condannati per la strage di Bologna (il serial killer Giuseppe Valerio Fioravanti) e un deputato di destra non convinto della sentenza (Raisi) accusano il presidente dell’Associazione delle vittime di non essere legittimato a quel ruolo perché in quella mattanza ha perduto solamente la suocera… Ridere e piangere per la stessa notizia è cosa che capita sempre più spesso. Non sai se siano la vergogna o il ridicolo, l’ira o l’ilarità a garantire il miglior esito ai tuoi sentimenti. Nel dubbio, preferendo non fare domande a Fioravanti, è al deputato Raisi che chiediamo di chiarire meglio la sua posizione stilando una graduatoria che consenta ai parenti delle vittime di tutte le stragi di legittimarsi. È sufficiente perdere la moglie? Un figlio può bastare? E quanti punti in meno valgono, secondo Raisi, un cognato, un cugino? E un partner molto amato, ma non sposato regolarmente, vale, quanto a gravità del lutto, come un coniuge regolare, o la Chiesa metterebbe il veto?

La politica e la puzza di carogna

Michele Serra, oggi.

È in corso una polemica personale e procedurale, dentro il Pd, a proposito del doppio incarico del nuovo sindaco di Civitavecchia, che è anche deputato. Costui ha definito “carogne” i suoi compagni di partito che (in maggioranza) gli chiedono di dimettersi immediatamente dalla Camera. Ma la sola carogna delle quale si sente l’odore è l’intelligenza della politica, che dev’essere in avanzato stato di decomposizione se esiste ancora qualcuno, là dentro, così ottuso da non capire che ogni gesto meno che limpido, in questo momento, equivale a un suicidio. La domanda è semplice: come è possibile che la stessa persona faccia in modo decente due lavori difficili come il deputato della Repubblica e il sindaco di una città? La risposta è altrettanto semplice: non è possibile, a meno che uno dei due lavori sia interpretato come una carica onorifica. Una prebenda. Un premio alla carriera. È accaduto, in passato, infinite volte. Non si contano i casi di doppi incarichi. Ora, finalmente, è stato deciso (anche dentro i partiti) che non è più il caso, non solo per ragioni di leggi e regole, ma per ragioni di rispettabilità della politica. Che essendo una cosa seria, va fatta seriamente, e a tempo pieno. Non è incredibile che se ne debba ancora discutere?

Da La Repubblica del 02/06/2012.

Se non sono capaci la chiamano antipolitica

L’avevo scritto ieri: perché l’antipolitica sta negli amministratori incapaci, asserviti alle lobby, bulimici di potere e soldi e incapaci di pensare ad altro che non sia la preservazione ossessiva della specie. La propria. Oggi Michele Serra su Repubblica torna sul tema:

Per ar­ri­va­re pre­pa­ra­ti a un fu­tu­ro di scon­quas­si, sa­rà be­ne evi­ta­re di chia­ma­re “an­ti­po­li­ti­ca” tut­to quel­lo che non ca­pia­mo. Spe­cial­men­te noi an­zia­not­ti, cre­sciu­ti den­tro una so­cie­tà fat­ta di par­ti­ti e di sin­da­ca­ti, ten­dia­mo a but­ta­re in quel sac­co tut­to e il con­tra­rio di tut­to. Ma è sba­glia­to. La so­la ve­ra an­ti­po­li­ti­ca (non da og­gi) è la non-po­li­ti­ca. È il me­ne­fre­ghi­smo ci­vi­co, la tir­chie­ria vol­ga­re di chi al­la co­sa pub­bli­ca non dà nul­la (nep­pu­re la fa­ti­ca di in­for­mar­si) ma da lei tut­to pre­ten­de. È l’e­va­sio­ne fi­sca­le, il qua­lun­qui­smo igno­ran­te, la fur­bi­zia ple­bea op­po­sta al­l’im­pe­gno po­po­la­re.

Sug­ge­ri­rei di non de­fi­ni­re an­ti­po­li­ti­ca, in­ve­ce, ciò che ri­bol­le fuo­ri dai par­ti­ti, e si rag­gru­ma in re­te e al­tro­ve at­tor­no a pa­ro­le d’or­di­ne cer­to mol­to di­scu­ti­bi­li, ma to­tal­men­te po­li­ti­che. Il gril­li­smo (che non amo) è cer­ta­men­te po­li­ti­ca. E, per quan­to roz­za­men­te espres­si, so­no ma­te­ria po­li­ti­ca an­che lo sde­gno con­tro i pri­vi­le­gi ca­sta­li, il sor­do som­mo­vi­men­to con­tro il si­ste­ma dei par­ti­ti, per­fi­no la con­te­sta­zio­ne del si­ste­ma di ri­scos­sio­ne fi­sca­le in­car­na­to da Equi­ta­lia. Al­cu­ne di que­ste pul­sio­ni so­no ti­pi­ca­men­te di de­stra. Al­tre po­pu­li­ste di si­ni­stra. Al­tre an­co­ra del tut­to nuo­ve e tut­te da in­ter­pre­ta­re. Esor­ciz­za­re il tut­to de­fi­nen­do­lo “an­ti­po­li­ti­ca” ser­ve so­la­men­te a tap­par­si oc­chi e orec­chie.