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Mineo

A pochi metri dalla solita manfrina

Che Matteo Salvini sia terribilmente scomodo in questo governo allargato è un’evidenza negata solo da quelli che per convenienza hanno voluto rivenderci la svolta del leader leghista, tanto per magnificare preventivamente le doti di Draghi nel mondare salvificamente una politica che invece (purtroppo) rimane sempre uguale a se stessa. Che la base di Salvini sia in subbuglio, soprattutto quella più estrema ai limiti del negazionismo che ha accarezzato di sponda in tutti i mesi di questa pandemia è un fatto che basta verificare scorrendo i commenti ai suoi post su uno qualsiasi dei social che il segretario leghista utilizza con veemente frequenza. Anche i molti imprenditori che confidavano in lui per un fulmineo ritorno alle aperture e a una presunta normalità (perfino sfidando i ragionevoli rischi del virus) sono parecchio incazzati.

A questo aggiungeteci che all’interno del partito Salvini comincia a perdere appoggi importanti e a soffrire figure come quella di Giorgetti che viene considerato molto più affidabile dai ceti produttivi del nord, senza dimenticare Zaia che da tempo aspetta solo il momento giusto per provare a tirare la sua zampata e prendersi il partito. Se non bastasse là fuori c’è anche Giorgia Meloni che nella più comoda posizione di oppositrice al governo ha le mani libere per sparare a palle incatenate contro le decisioni di Draghi e dei ministri senza doversi prendere la responsabilità di proporre per forza delle alternative.

E che farà Salvini? Tornerà a essere il solito Salvini. Anzi, ha già cominciato. Nella distrazione generale ha cominciato a spargere un po’ di messaggi di odio e di razzismo: l’8 marzo ha commentato la notizia del referendum in Svizzera sul burqa mischiando un po’ le carte e parlando di «una decisione dei cittadini a difesa dei valori della civiltà occidentale ed europea, contro ogni violenza, discriminazione e sopraffazione»; lo stesso giorno ha scritto che «serve più rigore nel controllo degli sbarchi, anche alla luce del recente allarme dei Servizi di intelligence sui rischi di infiltrazione terroristica: i confini dell’Italia sono confini europei»; il 9 marzo è tornato ai fasti di un tempo annunciando l’intenzione di «confrontarmi al più presto con il Presidente Draghi e il ministro Lamorgese per trovare soluzioni. L’Italia soprattutto in pandemia – e con molti cittadini costretti a casa – non può permettersi sbarchi a raffica, clandestini a spasso e illegalità»; ieri è partito con le solite menzogne sbraitando «che il traffico di esseri umani sia un business per la malavita organizzata e che alcune Ong siano complici era una mia convinzione ed ora lo è anche di diverse procure» e dicendo chiaramente «continuo a pensare che, anche in un momento di pandemia, tornare a difendere i confini sia una necessità».

Come al solito, quando si trova in difficoltà, estrae dal cilindro migranti e confini che gli hanno fruttato tanta fortuna. Solo che il difficile momento nazionale (e la conformazione di questo governo) renderanno ancora più difficile la sua propaganda e allora urlerà ancora più forte, ancora più feroce, ancora più violento. E tornerà il solito Salvini, la sua conversione si dimostrerà una semplice posa e si ricomincia tutto da capo.

Segnatevelo.

Buon venerdì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

I ristori ancora non si vedono, ma c’è Draghi e va tutto bene

Per ora hanno cambiato il nome: non si chiamano più “ristori”, ora si devono dire “sostegni” e, quando si è saputo in giro, la pletora di adoratori di Draghi e del Governo dei Migliori ha lanciato gridolini di gioia. A volte basta poco, evidentemente.

Però, che siano ristori o sostegni, la realtà dei fatti dice che di soldi per ora non ne siano arrivati: la crisi politica ha bloccato gli aiuti alle attività e alle imprese e da due mesi e mezzo (gli ultimi aiuti sono stati varati a dicembre) gli imprenditori si ritrovano senza aiuti nonostante le chiusure e, soprattutto, con la previsione di un’ulteriore stretta nei prossimi giorni.

Sui ritardi, tra l’ao, si registra un curioso silenzio della Lega (e infatti molti elettori sono infuriati con Salvini per questo improvviso cambio di rotta), interrotto solo dalle parole del ministro al Turismo Massimo Garavaglia che annuncia (ma non era il governo “del fare” senza annunci?) una prossima “misura importante per la montagna”.

Anche Fratelli d’Italia, pur essendo all’opposizione e nonostante per mesi abbia gridato allo scandalo per i ritardi degli aiuti di Stato, tace. Le voci (timide) di protesta si sono levate dal capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, che parla di “ritardo accumulato” dicendo che “è urgente, urgentissimo, approvare il decreto sui ristori. “È passato del tempo ormai dallo scostamento di bilancio che approvammo in Parlamento con 32 miliardi previsti per le imprese”, fa notare il senatore dem.

Anche il capogruppo al Senato del M5S, Ettore Licheri, prova a porre il punto: “Adesso però un governo c’è, ed è bene che i ministeri competenti si attivino con maggiore decisione”, ha detto in una nota.

Poi c’è un ao aspetto curioso: da qualche settimana non si vedono più in televisione e sui giornali ristoratori e partite Iva che protestano, eppure proprio in queste ore si stanno preparando nuove manifestazioni. Forse ha ragione lo chef Gianfranco Vissani, che racconta di non essere più chiamato “in tv per parlare del problema, come avveniva invece durante il governo Conte”.

Fermi anche i congedi parentali e i bonus baby sitter per chi ha figli in Dad, aiuti non ancora rinnovati nonostante la chiusura di molte scuole sul territorio nazionale a causa della cosiddetta “terza ondata”.

Tra pochi giorni è un mese di Governo Draghi. Quello che doveva essere un fulmineo cambio di passo per ora è fermo al palo: per ora il piano vaccini è ancora quello di prima, le Regioni vanno in ordine sparso e i soldi non arrivano. Però c’è entusiasmo, finché dura.

Leggi anche: Produci, consuma, crepa: siamo liberi di andare a lavoro e rinchiusi in casa nel tempo libero. È coerente? (di G. Cavalli) 

L’articolo proviene da TPI.it qui

Hanno sgomberato il Cara di Mineo. Sì, ma come?

«Abbiamo sgomberato il Cara di Mineo»: il ministro dell’Interno Matteo Salvini annunciava festoso qualche tempo fa l’ennesimo sgombero, da parte di chi, incapace di costruire, esulta ogni volta che riesce a distruggere qualcosa come è nella sua indole da ruspatore sempre in favore di telecamera incapace di stare nel posto dove dovrebbe stare e sempre alla ricerca di nuove demolizioni (di persone o di diritti) per mantenere la propria immagine da duro.

Alcuni degli sfollati del Cara di Mineo invece sono finiti (ma va?) stipati nell’ex-caserma Gasparro nel rione Bisconte di Messina e le condizioni di vita (era difficile riuscirci, in effetti) sono addirittura peggiori di quelle a cui erano abituati. Il ministro dell’Interno ha pensato bene di stipare decine di letti a castello in stanze dove, le immagini parlano chiaro, non ci sono nemmeno i centimetri per poter passare tra un letto e l’altro. Con una capienza massima di 250 posti la caserma ospita oggi almeno 300 persone, tutte in attesa che venga valutata la propria richiesta di asilo e tutti in fila nei pochi bagni che la struttura ha a disposizione.

Ma non è tutto, no, no, aspettate. Nel Cara di Mineo c’erano circa mille e cinquecento persone che sono state (per così dire) distribuite tra Palermo, Agrigento, Messina e Trapani. Perché, nonostante la retorica salviniana le persone, come si sa fin da piccoli, non spariscono nel nulla nonostante le premesse e le condizioni dei diversi centri siano tutte assolutamente emergenziali.

Anzi, no. Non è vero. Spariscono le persone. Eccome. Si dissolvono nel nulla quando vengono caricati sui pullman (di cinquanta in cinquanta, come merce da spargere in giro, come sacchi dell’umido da nascondere negli anfratti perché tutto intorno sembri pulito) e scappano inoltrandosi nella campagna cercando soluzioni per raggiungere altri Stati europei. Un disastro organizzativo che sta facendo indignare tutte le associazioni umanitarie che tengono sott’occhio la situazione ma che non riesce a trovare spazio sulle pagine dei giornali e figurarsi nel dibattito pubblico.

Rimane un’immagine, iconica e solitaria, del ministro che ripete in ogni intervista: «Sul Cara di Mineo stiamo mantenendo le promesse.»

Contento lui. Intanto ci piacerebbe sapere dove sia, tutta questa sicurezza tanto decantata.

Buon martedì.

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La ‘ndrangheta dietro al CARA di Isola Capo Rizzuto. Ma va?

 Ecco l’articolo di Alessia Candito:

Il Cara più grande d’Europa era in mano alla ‘Ndrangheta. Da dieci anni. Su 103 milioni di euro di fondi Ue, che lo Stato ha girato dal 2006 al 2015 per la gestione del centro dei richiedenti asilo di Crotone, 36 sono finiti alla cosca degli Arena. Questo racconta l’ultima inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, in base alla quale questa mattina sono state fermate 68 persone, molte appartenenti appunto al clan Arena.

BUFERA SULL’UOMO DELLE MISERICORDIE. Agli arresti sono finiti anche Leonardo Sacco, presidente della sezione calabrese e lucana della Confraternita delle Misericordie, organizzazione che da dieci anni gestisce il Cara di Isola Capo Rizzuto, ed il parroco del paese, don Edoardo Scordio, entrambi accusati a vario titolo di associazione mafiosa, oltre a vari reati finanziari e di diversi casi di malversazione, reati aggravati dalle finalità mafiose. Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros, guidati dal generale Giuseppe Governale, in collaborazione con i finanzieri della Tributaria di Crotone, Sacco avrebbe stretto accordi con don Scordio, parroco di Isola di Capo Rizzuto e tra i fondatori delle Misericordie, per accaparrarsi tutti i subappalti del catering e di altri servizi. Grazie a Sacco la ‘ndrangheta sarebbe riuscita a mettere le mani sui fondi girati dal governo non solo per la gestione del Cara calabrese e di due Spraar aperti nella medesima zona, ma anche per quella dei centri di Lampedusa.  Un affare da 30 milioni di euro: i cibi da preparare, gli operatori chiamati a lavorare nel centro, le lavanderie industriali per pulire lenzuola e tovaglie. Tutto in mano ai clan.

“IL SISTEMA DI SFRUTTAMENTO DEL PARROCO”. In tale quadro, una somma consistente veniva distribuita indebitamente al parroco della Chiesa di Maria Assunta, a titolo di prestito e pagamento di false note di debito: solo nel corso dell’anno 2007, per servizi di assistenza spirituale che avrebbe reso ai profughi, ha ricevuto 132 mila euro. Don Scordio, ritenuto il gestore occulto della Confraternita della Misericordia, è emerso quale organizzatore di un sistema di sfruttamento delle risorse pubbliche destinate all’emergenza profughi, riuscendo ad aggregare le capacità criminali della cosca Arena e quelle manageriali di Leonardo Sacco al vertice della citata associazione benefica, da lui fondata.

Sotto la lente degli investigatori la Quadrifoglio srl di Pasquale Poerio, cugino del presidente della ditta ‘la Vecchia Locanda’ che fino al 2011 si occupava del catering per i migranti ospiti del Cara. Un contratto rescisso in fretta e furia quando i contatti del presidente Fernando Poerio con uomini della ‘ndrangheta locale hanno indotto la prefettura a sospendere il certificato antimafia alla società. A sostituirla – e forse non a caso – con quella del cugino. Ma questi non sarebbero gli unici rapporti “imbarazzanti” del presidente Sacco. Per gli investigatori, non è per nulla casuale che il capannone della protezione civile della Misericordia sia quello un tempo appartenuto a Pasquale Tipaldi, uomo di spicco del clan Arena ucciso nel 2005, e oggi ancora in mano ai suoi parenti.

LE “AMICIZIE” CON ALFANO E BIANCHI. Rapporti che per lungo tempo Sacco sarebbe riuscito a tenere sotto traccia, mentre non esitava a mostrarsi in compagnia di politici e uomini delle istituzioni. Considerato vicino alla parlamentare Dorina Bianchi, come alla famiglia dell’attuale ministro degli Esteri, Angelino Alfano, qualche anno fa Sacco è finito nell’occhio del ciclone per aver indicato Lorenzo Montana, cognato del fratello di Alfano, per dirigere la struttura di Lampedusa. Un incarico che l’uomo, funzionario dell’Agenzia delle Entrate, dunque senza esperienza per quel ruolo, non ha ricoperto per molto. Si è dimesso poco dopo a causa delle polemiche.

Anche in Calabria però Sacco ha sempre goduto di stima, protezione e potere, tanto da entrare – in quota politica – all’interno del Cda della società che per lungo tempo ha gestito l’aeroporto di Crotone.

Lo “spiegone” sul CARA di Mineo

Cara-Mineo-2015-400x215La corruzione nel nostro paese offre notizie sempre fresche ai quotidiani, e lo fa con estrema generosità. E’ utile fermarsi un attimo e precisare la storia di alcuni tra i principali attori delle inchieste in corso. Cominciamo dal CARA di Mineo.

Giornalisticamente lo chiamiamo “spiegone” ed è per chi ama approfondire. Lo trovate qui.

Finalmente si mette il dito sul Centro rifugiati di Mineo

caramineo_512x384Giusto ieri ne parlavamo a Cadorago con tre senatori della Commissione Antimafia: il Cara di Mineo è un’altro “buco” della buona amministrazione e infatti ecco finalmente la notizia:

Un vero e proprio terremoto nel comune di Mineo, guidato dal sindaco Anna Aloisi, Ncd, che contemporaneamente presiede anche il consorzio di comuni che gestisce il centro di accoglienza.

Delle criticità del centro rifugiati ne avevamo parlato noi , partendo da quel 2012 in cui Giuseppe Castiglione, attuale sottosegretario all’Agricoltura del governo Renzi in quota Ncd, da soggetto attuatore dell’emergenza migranti, affida l’appalto da 30milioni di euro annui al raggruppamento guidato dalla Sisifo, consorzio che a Catania ha sede in un appartamento dell’onorevole Giovanni La Via, eletto al parlamento europeo nel 2014 con il Nuovo centrodestra. La Via, intervistato da Reportime, ha risposto che a condurre la trattativa per la locazione “è stata un’agenzia immobiliare”.

Nel 2014 si è svolta una nuova gara, alla quale Sisifo ha partecipato con le stesse imprese con cui aveva vinto in precedenza. I criteri di selezione, in due gare diverse, non sono stati modificati -come ha confermato a Reportime il direttore generale del Consorzio che gestisce il centro rifugiati Giovanni Ferrera- e hanno vinto sempre gli stessi soggetti, con un ribasso dell’1%.

A chiedere l’intervento dell’Autorità guidata da Cantone è stato l’imprenditore Emanuele Ribaudo, della Cot Ristorazione di Palermo, unico altro partecipante alla gara che però era stato escluso. Intervistato da Reportime, Ribaudo aveva dichiarato che il bando prevedeva determinati “paletti” che non consentivano, a chi non avesse “conoscenze”, di poter vincere. Questi elementi, come per esempio “aver gestito più di una struttura di accoglienza negli ultimi tre anni e almeno una con un numero di migranti superiore a 1.500 giornalieri; aver gestito negli ultimi tre anni un servizio di ristorazione collettiva non commerciale per un numero di persone non inferiore a 2.000 pasti giornalieri; aver gestito acquedotti destinati al consumo umano per un numero di utenti pari a 3.000 unità”, sono stati passati in rassegna dall’Anticorruzione, ma il direttore generale del Consorzio, Giovanni Ferrera, ha ribadito che l’appalto è stato assegnato dopo l’indizione di una gara europea.

Il Consorzio ha sottolineato che l’appalto è stato predisposto “in conformità con lo schema di capitolato approvato dal Ministero dell’Interno nel 2008”, modello quindi che è stato preso a riferimento da tutta Italia e non solo da Mineo. Il problema però, secondo l’Antincorruzione, non risiede nello schema di bando del ministero, ma nell’assegnazione ad un unico gestore dei servizi di ristorazione, pulizia e accoglienza dei centri per migranti.

È necessario mettere in gara ogni singolo servizio da appaltare, cosa che non sarebbe avvenuta invece a Mineo: tra le imprese che hanno vinto, tutte della stessa cordata, c’è il Sol.Calatino di Paolo Ragusa, che sul proprio portale sottolinea di essere un sostenitore del Nuovocentrodestra. Un partito che nel comune del centro rifugiati, alle ultime europee, ha conquistato il 40% dei consensi (un record nazionale per il partito di Alfano). “Merito della bravura della classe dirigente -ha detto l’imprenditore alfaniano che ha vinto l’appalto Paolo Ragusa- non bisogna fare illazioni”.

(fonte)