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Lombardia, l’allerta del M5s: “Sull’operazione Pedemontana la Regione rischia il danno erariale”


L’operazione volta all’aumento di capitale di Autostrada Pedemontana lombarda, fortemente voluta da Regione Lombardia, finisce nel mirino dei Cinque stelle per il costo del pacchetto azionario da acquistare da Banca Intesa: “Regione Lombardia in qualità di ente pubblico ha l’obbligo di acquistare a prezzi di mercato e non in base a ipotetici accordi che possano favorire dei soggetti privati”, denuncia a Fanpage.it il consigliere Marco Fumagalli, che ipotizza un possibile danno erariale con l’operazione.
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Il “grande affare” Pedemontana ora è un quasi fallimento

Ah, la “Lombardia che produce”. Ne scrive il Sole 24 ore:

La Procura di Milano chiede il fallimento della società autostradale Pedemontana. Il documento, dove sono stati spiegati i presupposti della richiesta, è stato inviato due giorni fa al Tribunale di Milano, chiamato ad esprimersi. Pedemontana era già sotto inchiesta (ipotesi di falso bilancio); ora i pm Roberto Pellicano, Giovanni Polizzi e Paolo Filippini chiedono a giudici di verificare se «la società Apl (Autostrada Pedemontana lombarda) si trovi «nelle condizioni previste dalla legge fallimentare».

Controllata dalla società autostradale Serravalle (finita a sua volta sotto il controllo della Regione Lombardia con il passaggio dalla Provincia di Milano alla città Metropolitana) e partecipata da Intesa sanpaolo, Unione di banche italiane e, in piccolissima quota, da Bau Holding Beteiligugs, la Pedemontana ha una lunga e controversa storia. Si tratta di una strada di 68 km (più due tangenziali più piccole a Como e Varese) che dovrebbe collegare la provincia di Varese con quella di Bergamo, e che aspetta di essere costruita da 20 anni. Per ora siamo ad un terzo dell’opera e se la Provincia di Milano non è stata in grado di ricapitalizzare la società, con il nuovo azionista Regione Lombardia i vertici di Serravalle stavano lavorando ad un progetto di parziale privatizzazione per trovare capitale fresco.

Si tratterebbe del project financing più grande d’Italia: il valore dell’opera è di 5 miliardi inclusi gli oneri finanziari. Al momento ci sono 1,2 miliardi di contributi pubblici (di cui 800 già utilizzati), 450 milioni tra equity e prestito subordinato, 200 milioni di prestito ponte. Il secondo lotto è stato aggiudicato all’austriaca Strabag, con cui la società ha avviato peraltro un contenzioso sulla richiesta di extracosti. La concessionaria Cal ha affidato a Pedemontana la progettazione, realizzazione e gestione della società e il piano finanziario è stato approvato dal Cipe il 6 novembre 2009.

Ritardi e conti per la Procura

Ricordano i procuratori che «i bilanci evidenziano uno squilibrio finanziario della società che risulta sovraccaricata, quantomeno dal 2012, del peso dell’indebitamento, in particolare nei confronti degli istituti di credito e dei fornitori che rappresentano il 66-72% del totale fonti di finanziamento».

Il documento ricorda anche la natura del prestito ponte «con un pool di banche cui venne attribuito parallelamente l’incarico di arrangers in relazione alla strutturazione del prestito project da circa 32 miliardi…è oggetto di continue proroghe. Altri debiti di rilievo sono nei confronti dei debitori per le tratte dei lavori in costruzione e per gli espropri».

Un’altra passività, si ricorda, è anche «il finanziamento fruttifero erogato dalla controllante Milano Serravalle… che dopo l’ultimo finanziamento pari a 50 milioni, oggi è arrivato a 150 milioni». La procura elenca poi le perdite: nel 2013 15 milioni; nel 2014 7 milioni e oltre 22 milioni nel 2015. Nella semestrale del giugno 2016 si registra un’ulteriore perdita di oltre 6 milioni. Il bilancio 2016 era stato firmato dal presidente Antonio Di Pietro, rimasto in carica un anno. «Non è ragionevole prevedere che lo stato di insolvenza possa recedere», conclude la procura, che sottolinea: «l’eventuale sperpero d denaro di pubblica provenienza può risultare anche penalmente rilevante». La relazione da cui prende avvio la richiesta è stata firmata dal consulente Roberto Pireddu.

La reazione
Nelle casse di Pedemontana ci sono 50 milioni e nessun creditore ha fatto richiesta di risarcimento. Questa la reazione della società, che punta il dito anche contro un’analisi della procura che si è fermata al 2015. Nel 2016 infatti il bilancio, firmato da Di Pietro, aveva garantito la continuità aziendale. Regione Lombardia sottolinea il suo impegno a voler proseguire l’opera e a presentare le controdeduzioni nell’udienza del 24 luglio.

Vergogna Pedemontana: ne parla anche Cantone

211150747-18f9f127-c7a0-4d1c-ab22-5e402ef0450aL’Autorità nazionale anticorruzione boccia la gara d’appalto per l’assegnazione dei lavori della tratta A della Pedemontana, del primo lotto della tangenziale di Varese e di quello di Como. La prima, lunga 15 chilometri, collega da Lomazzo e Cassano Magnago le autostrade A8 e A9 ed è stata inaugurata a gennaio dal governatore lombarde Roberto Maroni. Le altre due dovrebbero essere pronte, rispettivamente, ad aprile e a luglio, per un totale di circa otto chilometri. L’appalto è stato vinto nel 2007 dal gruppo RTI Impregilo per l’importo di 629 milioni 644mila 723,77 euro. Di cui 579 milioni 91mila 163 per lavori.

La relazione ispettiva dell’autorità presieduta da Raffaele Cantone, però, contesta che i costi sono saliti del 47 per cento dell’importo contrattuale. Falsando di fatto la gara ai danni degli altri concorrenti. L’aumento, pari a 296 milioni 108mila 351,26 euro, è stato dovuto a due variazioni e ha portato il costo complessivo a 925 milioni 773mila 75,02. Nel rapporto ispettivo – inviato fra gli altri all’ufficio vigilanza dei lavori, al capo della Struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, alla Corte dei conti, al Cipe e alla Procura – si legge che «la fattispecie riscontrata, in virtù del principio di invarianza delle condizioni negoziali, si traduce in una oggettiva alterazione della parità di condizione dei concorrenti e viola il principio di certezza delle situazioni giuridiche sotteso alla immodificabilità della lex specialis; contrariamente il bando di gara perderebbe la sua forza cogente per i soggetti partecipanti, ai quali non è dato interpretare e precisare il senso e la portata di quei parametri di gara la cui immutabilità è posta a garanzia di tutti indistintamente i partecipanti».

Inoltre l’Autorità nazionale anticorruzione fa notare che «la fattispecie riscontrata viola il principio della immodificabilità dell’offerta, teso a garantire, da un lato, la par condicio fra i concorrenti, e dall’altro, l’affidabilità del contraente». La durata dell’appalto era prevista in 2.480 giorni decorrenti dalla data di aggiudicazione. Mentre nel rapporto ispettivo firmato da Cantone si dice che «l’opera è in ritardo e solo con i successivi atti aggiuntivi hanno riportato il tutto entro l’anno 2014», dato che il completamento dei lavori e la messa in esercizio delle opere autostradali in questione «era stata assicurata entro il tempo utile per Expo 2015».

Il documento dell’Autorità anticorruzione si conclude con un’accusa pesante. Rileva che la gestione del procedimento di esecuzione dell’appalto relativo alla realizzazione del primo lotto della tangenziale di Como, del primo lotto della tangenziale di Varese e della tratta della Pedemontana che collega le autostrade A8 e A9 «non appare in linea» con i principi della legge 162 del 2006. Perché «attraverso gli accordi ratificati in corso di esecuzione sono state formulate clausole che variano sostanzialmente sia l’offerta del partecipante sia il contratto principale di appalto con conseguente aumento dei costi di esecuzione e di slittamento nel tempo della conclusione dei lavori, e ciò a danno dell’interesse pubblico e della collettività». Una nuova tegola che arriva sul vertice di Pedemontana in scadenza. Al quale si aggiunge l’audit firmato dal presidente dell’organismo di vigilanza della società autostradale Rodolfo Mecarelli, che suona come un atto di accusa verso l’amministratore delegato di Pedemontana, Marzio Agnoloni, già finito nella bufera per una vicenda di assunzioni e consulenze.

Nel rapporto dell’organismo di vigilanza, che prende in considerazione il periodo dal febbraio 2014 al gennaio di quest’anno, è scritto che «l’intuitu personae è stato considerato come presupposto esclusivo per la scelta dei consulenti». Che «non è dato conoscere se è stato elaborato nel tempo un elenco dei consulenti di fiducia da cui scegliere, a rotazione, quelli in possesso delle professionalità occorrenti di volta in volta alla missione aziendale». Mentre «nei fogli autorizzativi, che attestano l’effettività della prestazione, mancano le causali che dovrebbero coincidere con gli oggetti delle fatture e, a volte, manca il gestore del contratto». Per non parlare del fatto che «gli importi delle prestazioni non sono definiti, ma aperti e fatturati a consuntivo, successivamente; le lettere di incarico fanno rinvio alle precedenti e in un solo caso è emersa una richiesta di più offerte».

Infine l’audit rimarca «la mancata tracciabilità predeterminata delle trasmissioni delle fatture da parte degli studi (a volte a mano, con la posta elettronica, con quella ordinaria)». Anche se dà atto che a ottobre 2015 è stata diffusa una nuova procedura che prevede la richiesta di tre preventivi. Fermo restando la possibilità di selezionare i consulenti solo sul rapporto fiduciario. Equitalia ha inoltre notificato nel 2013 a Agnoloni un atto di pignoramento perché gli contesta un debito nei confronti della società di cui è amministratore delegato di 602mila 880,40 euro.

(clic)

Consumo di suolo e di buonsenso, bipartisan, in Lombardia

Paiono proprio Qui, Quo, Qua, ma bisogna segnarsi i nomi: Raffaele Straniero (PD), Mauro Piazza (Pdl) e Antonello Formenti (Lega). Tutti convinti che il già demente secondo anello di tangenziali che sta sbancando il territorio attorno a Milano sia solo l’inizio della trionfale futura saturazione a colpi di mattoni di quanto resta fra i margini dell’area metropolitana e le pendici delle Prealpi. Poi forse lasceranno il campo ai paladini dei trafori trans-resegonici, ma per adesso tengono il campo coi loro sedicenti progetti faccia di bronzo. Che ideona, prolungare il braccio di collegamento della Tangenziale Est con la Pedemontana, oggi attestato sulla linea della vecchia SS36 fino allo sbocco dell’Adda dal lago, a Olginate, ovvero già ampiamente in vista delle montagne. Poi si tratterà solo di continuare nella medesima logica, gettando il cuore degli altri oltre l’ostacolo, e via verso l’Europa in un tunnel di sciocchezze alla leggera!

Come se già non bastasse il ramo di tangenziale esistente che si prolunga da Vimercate, ad alimentare la dispersione insediativa, proprio nell’area in cui anni fa si provava ad arginare il consumo di suolo con la cosiddetta Dorsale Verde, riflesso sbiadito della greenbelt metropolitana meridionale milanese. Lì si sono aggrappati tutti i soliti appetiti delle amministrazioni locali per il nuovo complesso chicchessia, che ci porterà prosperità e benessere eccetera. E invece serve solo a soffocare quel po’ di respiro momentaneamente arrivato con la nuova arteria. Ma niente paura, ci sono Qui, Quo, Qua a proporre il nuovo ramo dell’autostrada urbana, perché ormai di città compatta e continua si tratta, dal core metropolitano a Lecco, nonostante i palpiti localisti e ruralisti di chi va a caccia di voti a destra, e anche a sinistra a quanto pare.

Lo scrive (tutto da condividere) Fabrizio Bottini dopo che il Consiglio Regionale ha approvato ordine del giorno al Piano regionale di Sviluppo.

Detto fatto: le strade che chiudono i ristoranti e non sanno cosa rispondere

Avevamo scritto del ristorante in difficoltà perché sulla linea della tragitto della Pedemontana. Come promesso ieri si è discussa in commissione la nostra interrogazione. L’assessore Cattaneo ieri ha risposto:

Nell’ambito della concessione per la costruzione e gestione dell’autostrada Pedemontana, l’esercizio dei poteri espropriativi e le connesse attività di acquisizione degli immobili e di erogazione delle indennità vengono effettuati dal concessionario, Società Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A., che – ai sensi della Convenzione unica di concessione – è stata a tal fine delegata dal soggetto Concedente CAL S.p.A.

In particolare, in forza di detta delega, il Concessionario ha assunto le funzioni di Autorità Espropriante e effettua, in nome proprio, tutte le procedure previste. Non compete dunque alla Regione Lombardia provvedere all’indennizzo dovuto per l’esproprio dei terreni per la costruzione dell’infrastruttura. Tuttavia Regione Lombardia segue la vicenda attraverso costanti contatti con APL, Pedelombarda e tutte le ditte interessate da esproprio. In particolare, si sono già svolti numerosi incontri fra APL/Pedelombarda e i proprietari delle aree di pertinenza del Ristorante (l’ultimo dei quali avvenuto circa un mese fa), ma non si è per il momento giunti ad un accordo circa l’indennità da corrispondere.

Qualcuno però ci fa notare che le cose non sono proprio così. Questa mattina una mail infatti mi dice che

In questi giorni la situazione al Ponte di Vedano è peggiorata in modo
tragico, per i residenti della zona:
http://www3.varesenews.it/varese/articolo.php?id=237220

Al programma Falò avevano fatto uno speciale su L’oro di Cantello dove
parlavano della Pedemontana.
http://la1.rsi.ch/falo/welcome.cfm?idg=0&ids=0&idc=41197

Praticamente devo distruggere due gallerie fatte circa 8 anni fa,
perchè nel progetto definitivo sono state modificate le angolazioni rispetto
alla strada.

segnalo questo articolo presente sul sito di VareseNews sul ristorante del
Ponte di Vedano del Luisun
Allego Foto storica fatta al ristorante:
http://www3.varesenews.it/varese/articolo.php?id=236750

Può sembrare un piccola storia privata ma è la fotografia della rincorsa alle infrastrutture senza criterio, misura e rispetto per il territorio. Territorio che può essere il suolo e l’ambiente devastato o anche, come in questo caso, un’attività imprenditoriale che deve reinventarsi e salvarsi. Perché qualcuno ha tirato una linea sulla cartina tutto sorridente in conferenza stampa. Per dire.

La strada che chiude i ristoranti

Succede in Lombardia. La patria delle infrastrutture che (secondo loro) fanno PIL.

Siamo stati dimenticati da tutti. Siamo stati costretti a chiudere, ma è come se non esistessimo e per giunta non abbiamo ancora preso un euro di indennizzo». 

A parlare così è Corrado Guzzetti, figlio della titolare del ristorante “Ponte di Vedano” di Lozza, costretto dalle circostanze a chiudere i battenti. Tutta colpa delle gravi perdite lamentate in seguito all’apertura del cantiere per la realizzazione del collegamento tra il lotto 1 della tangenziale di Varese e il tratto esistente. Guzzetti, che già in passato non aveva mancato di cercare di difendere l’attività di famiglia, è tornato a parlare dopo l’iniziativa dello scorso sabato, quando i cittadini sono stati invitati a visitare il cantiere alla presenza di politici e dirigenti.

«Si sono dimenticati presto delle promesse fatte e di tutto quello che non va tutto attorno. Nel 2010 sono venuti qui l’assessore Raffaele Cattaneo, il direttore generale di Pedemontana Umberto Regalia e mi hanno assicurato che nella fase esecutiva il cantiere avrebbe occupato meno spazio rispetto a quello che era tracciato sulle carte. Lo hanno detto qui, davanti a me, nel luglio del 2010, quando ho spiegato che un’attività come la mia non poteva stare aperta senza parcheggio. Il parcheggio è tutto occupato dal cantiere, ci staranno una trentina di macchine. Mi spieghino come può un ristorante da mille coperti tenere aperto con soltanto trenta posteggi».

E’ un caso piccolo nell’insieme ma rende bene l’idea delle ricadute delle “grandi opere” che di grande sembrano avere solo la miopia.

«Continuano a dirci che ci risarciranno – spiega infine Guzzetti – ma non sappiamo né come, né quando, né quanto. Intanto la banca chiede gli interessi del fido, Equitalia vuole il pagamento dei bollettini e noi non abbiamo più un’entrata. Non chiedo i soldi subito. Oggi mi accontenterei anche di un documento in cui si attesta che ho dovuto chiudere per via di questa opera pubblica, che tra espropri definitivi e temporanei mi ha portato via il parcheggio. Queste carte potrebbero essere offerte in garanzia alla banca, evitando così di dover pagare ogni mese rate salatissime di interessi».

La Lombardia incapace di costruire infrastrutture sociali. Appunto. Noi adesso glielo chiediamo con un’interrogazione.

Pedemontana, TEM, BreBeMi e i soldi che mancano

Per la Pedemontana non ci sono i soldi, lo dicono gli industriali (famosi faziosi comunisti qui in Lombardia, secondo Formigoni) rileggendo con attenzione i dati dell’Osservatorio sulle Infrastrutture. Ricordo che quando mi capitò di dirlo in occasioni pubbliche (ultimamente abbastanza spesso) gli sguardi attoniti dei professoroni di cose lombarde mi accusavano di disfattismo. Il punto è che qui le infrastrutture si ha l’urgenza di iniziarle per dare il via al banchetto dei soliti noti e concluderle è un aspetto secondario. Le ultime inchieste giudiziarie ci raccontano perfettamente come gli interessi (di più quelli illeciti) operano nella fase iniziale, nuotano tra l’iter di autorizzazione e l’assestamento su appalti e subappalti. La prossima volta che vi chiedono perché le infrastrutture di faraonica memoria formigoniana dovrebbero essere inutili provate a parlare della calma sospetta con cui (non) vengono portate a termine. Avete mai visto qualcuno indugiare sul necessario?
Le uniche infrastrutture che vorticosamente si attivano sono quelle che oscenamente si muovono dietro le quinte; e per disarticolarle non basta arrestare un Nicoli Cristiani, serve un altro modo. E a noi chiedono di farsene carico senza patetiche imitazioni.