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La discocrazia

È l’immagine di questa destra che si è involuta nel tempo, che è invecchiata male ballando al Billionaire e al Twiga, allo Smaila’s e al Papeete che negli anni hanno voluto trasformare come simbolo di un Paese che esiste solo nelle loro tasche, nelle loro teste e nella loro ristretta cerchia di amicizia che non ha niente a che fare con il mondo reale e nemmeno con la situazione reale.

Se c’è qualcosa di più stupido di quelli che temono di avere in futuro un microchip sotto pelle iniettato con un vaccino allora è sicuramente questa discocrazia che viene proposta, tra l’altro, mica da giovani che reclamano la propria libertà, ma da attempati signorotti della politica, che di politica hanno vissuto e continuano a vivere, che vorrebbero risultare giovanili e invece sono semplicemente patetici. Daniela Santanchè che balla per fare opposizione è una scena da film dell’orrore che tra qualche anno riguarderemo con disgusto.

È la destra che da anni si propone come il partito del “rispetto delle regole” e invece ora vorrebbe crescere nei sondaggi invitando gli altri a non rispettarle. Badate bene: non propone una nuova regolamentazione e non propone nemmeno una soluzione strutturale a un problema strutturale (perché il virus chiede un nuovo paradigma piuttosto che una serie di interventi tardivi e isolati), no, la destra italiana chiede il “diritto di ballare” dimostrando tutta la sua distanza dalla realtà.

Agli elettori della discocrazia non interessa poi nemmeno troppo in fondo ballare, vivono questa battaglia di resistenza culturale perché qualcuno gli dice che si comincia così, vietando i balli, imponendo le mascherine e poi togliendo i diritti civili. E i leader della discocrazia hanno pensato bene che essere liberi significhi praticare la propria libertà di ammassarsi in nome della loro nuova rivoluzione.

Dalla mignottocrazia di Berlusconi alla discocrazia di Meloni e Salvini il passo è stato breve e, se guardate bene, i protagonisti sono sempre gli stessi.

A un mese dall’apertura delle scuole, nel pieno della discussione sul Mes, mentre si dovrebbe discutere di come ripensare il Paese con i soldi che arrivano dall’Europa, qui si continua a discutere da giorni di discoteche. Nell’anno di una pandemia mondiale.

Ma vi sembra normale?

Buon mercoledì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La maionese è impazzita

Dai cinque parlamentari che hanno fatto richiesta del bonus di 600 euro alla guerra alla politica senza senso della misura. E l’antipolitica è una pessima notizia

Ecco qua. Ci sono cinque parlamentari senza dignità che alla faccia nostra incassano i 600 euro che sarebbero serviti a persone certamente più bisognose e ora la guerra si allarga e si assiste al solito assolutismo italiano, quello che è l’ingrediente perfetto per scivolare ancora più in basso rispetto a dove siamo.

Sia chiaro, i cinque sono imperdonabili. Imperdonabili. Ne abbiamo parlato giusto nel buongiorno di ieri.

Ma si legge in giro qua e là che “addirittura dei sindaci, assessori e consiglieri comunali” avrebbero aderito al bonus Covid, come se davvero la gente fosse talmente cretina da non sapere che un consigliere comunale o un sindaco di un piccolo paese deve lavorare (eh, sì, incredibile, lavorare) per fare politica perché non può permettersi di vivere di quella. Così si butta tutto nel calderone.

Ieri una consigliera comunale di Milano, Anita Pirovano, ha provato a spiegarlo con calma: «Mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei. Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e – addirittura – ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza. In più ho studiato fino al dottorato e all’esame di stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere “più utile” alla società che in consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace). Infine e soprattutto pur non cedendo alle sirene antipolitiche ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere “più libera” nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto. Come tanti mi indigno – perché è surreale – se un parlamentare in carica fruisce ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito».

Niente, è una guerra continua alla politica senza senso della misura e senza cognizione. Magari il presidente dell’Inps Tridico potrebbe anche spiegarci come mai non siano stati comunicati i furbetti delle casse integrazioni inventate o del Reddito di Cittadinanza. Sia chiaro, non è benaltrismo, è che vorremmo conoscerli tutti i furbetti. Tutti. Per avere cognizione di causa.

Intanto veleggia l’antipolitica, ancora una volta. Ed è una pessima notizia. Peggiore di quei cinque cretini.

Buon martedì.

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I maestri della “vita reale”

L’imprenditore Flavio Briatore ha detto che quelli al governo vivono in una bolla e non hanno idea della vita reale

Ieri è rimbalzato in rete un video di un maestro di vita reale, non so se ne conoscete qualcuno, sono quelli che hanno un’opinione di tutto perché trattano tutte le sfumature e tutte le situazioni della complessa realtà come fosse un unico blocco di cemento, immodificabile e inamovibile, e di solito sputano sentenze inappellabili accusando gli altri di essere “fuori dal mondo”, dicono proprio così, come se ci fosse un mondo in cui stare dentro e uno in cui stare fuori. I maestri della vita reale di solito hanno il vizio di categorizzare il mondo in buoni e cattivi, ricchi e poveri, lavoratori e nullafacenti, belli e brutti, bianchi e neri, comunisti e liberal (dicono così) e poi tutto un resto di etichette che non vale nemmeno la pena trascrivere tutte per non rubare troppo spazio a questo articolo e alla vostra mattinata.

Il maestro della vita reale del video che girava ieri era Flavio Briatore che tutto baldanzoso dichiarava: «Quelli al governo vivono in una bolla, non hanno idea della vita reale!» e poi dava tutto un elenco di consigli su come governare l’Italia, come fare funzionare questo Paese e come rendere felici tutti gli italiani. La cosa curiosa è che i maestri della vita reale vengono invitati più o meno sempre negli stessi programmi e piacciono più o meno sempre agli stessi politici. Briatore è un imprenditore con sede legale a Londra, sede fiscale a Dublino, produzione in Pakistan, residenza a Montecarlo ed è molto curioso che ci dia lezioni sulla “vita reale” in Italia dall’alto delle sue bollicine extra lusso. Ti aspetteresti che un maestro di vita reale sia qualcuno che fatica, che si porta addosso le sue cicatrici, che riconosce di avere compiuto errori e cose buone e invece i maestri di vita reale che ci propinano sono quelli che vorrebbero convincerci che nella vita o si vince o si perde e chi perde è un fardello di cui bisogna liberarsi.

Facciamoci un favore, curiamo l’ecologia sociale, liberiamoci dei maestri di vita reale e occupiamoci della nostra vita che, reale o no, è quello di cui ci dobbiamo occupare.

Buon martedì.

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Con l’Egitto non servono “progressi”: serve la verità

Vendereste armi a qualcuno che vi ha massacrato un giovane studente e che si è inventato di tutto prima di ammettere a mezza bocca solo che tutto quello che aveva cercato di dire per depistare è falso? Pensateci bene. Vendereste armi a un Paese che ha poi ripetuto lo stesso schema con uno studente, questa volta non italiano ma praticamente adottato dalla città di Bologna dove studiava all’università, arrestato lo scorso 7 febbraio e tutt’ora in attesa di un giusto processo e sottoposto a una detenzione che solleva più di qualche dubbio?

Il Paese in questione è l’Egitto e i due studenti sono Giulio Regeni e Patrick Zaky. A Regeni, come sappiamo tutti, è andata molto peggio e non è un caso che i suoi genitori giusto pochi giorni fa abbiano ribadito di essere molto delusi dalle istituzioni italiane.

Con l’Egitto l’Italia sta trattando per un affare militare del valore di 9-11 miliardi di euro e il presidente del Consiglio Conte qualche giorno fa ha dato il via libera per la vendita di due fregate Fremm. Vendere armi a un regime è già qualcosa di orrendo, venderle a un Paese che insiste a prenderci in giro sulla morte di Regeni è qualcosa di insulso.

Ieri Liberi e Uguali ha presentato un’interrogazione al ministro Di Maio (se vi chiedete se governino insieme la risposta è sì, torniamo al #buongiorno di ieri della simbologia che annoia) in cui chiedeva conto di questa torbida situazione con Al-Sisi e il ministro Di Maio ha risposto precisando che «resta ferma la nostra incessante richiesta di progressi significativi nelle indagini sul caso del barbaro omicidio di Giulio Regeni. Il governo e le istituzioni italiane continuano ad esigere la verità dalle autorità egiziane attraverso una reale, fattiva ed efficace cooperazione».

Ed è una frase che non vuol dire nulla. Non c’è nessuna cooperazione tra Egitto e Italia sulla questione Regeni: l’hanno detto in molti, tra cui quelli che indagano. Esigere la verità stringendo accordi è quantomeno curioso. Di Maio ha anche aggiunto: «l’Egitto resta uno degli interlocutori fondamentali nel quadrante Mediterraneo, nell’ambito di importanti dossier, come il conflitto in Libia, la lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, nonché la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico».

Ecco, no, non ci siamo proprio. Qui non servono “progressi”, non ci si avvicina ad annusare la verità. La verità è una, limpida e manca.

Grazie.

Buon giovedì.

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«Mi occupo di vita reale»

L’uomo che si fotografa seminudo nel letto con la sua fidanzata, l’uomo che spande sui social le sue colazioni, i suoi pranzi, le sue cene, le sue birre, i suoi aperitivi, i poliziotti che accarezzano i gatti, le sue felpe, i suoi travestimenti con le divise delle forze dell’ordine, la sua pancetta in spiaggia, i baci linguosi con la sua nuova fidanzata, le sue vacanze in montagna, l’uomo che porta su un palco una bambola gonfiabile per rappresentare la Boldrini, l’uomo che si fotografa mentre manda bacioni come un beota sulla banchina, l’uomo che ha innescato una polemica sulla Nutella, l’uomo che va allo stadio abbracciato al peggior pregiudicato della curva, l’uomo che è andato in copertina con addosso solo una cravatta verde, l’uomo che ogni giorno spande veleno sui negri e sui rom, l’uomo che aveva nominato sottosegretario un amico di un amico degli amici di Cosa Nostra e continua a difenderlo, l’uomo che ha rateizzato 89 milioni di euro in ottant’anni, l’uomo che non ha mai lavorato in vita sua (e lo dice anche una sentenza di Cassazione), l’uomo che si è accanito per mesi contro Mimmo Lucano, quell’uomo lì ieri ha detto che lui si occupa solo di “vita reale”.

Può succedere solo da noi che a una frase del genere non si alzi una ola dalle Alpi alla Sicilia per mandarlo a quel Paese. Dice che si occupa talmente tanto della vita reale da non avere tempo per andare in Parlamento a chiarire perché Savoini fosse il suo braccio destro nei numerosi viaggi in Russia. Aveva detto nei giorni scorsi di non conoscerlo e ieri ha confessato di conoscerlo da 25 anni: lo sconosciuto più famigliare che si possa immaginare. Se la prende con gli alleati perché non lo difendono abbastanza e si limitano solo ad annullarsi facendosi calpestare.

Parla di tasse ma non gliene fotte niente delle tasse: deve solo parlare d’altro e purtroppo per lui non ha Ong in arrivo. Qualunquismo e benaltrismo a braccetto e all’ennesima potenza. Il Parlamento ridotto a un votificio. E una vita “reale” che non assomiglia a quella di nessuno di noi. Chissà quanto dura, questa barzelletta.

Buon mercoledì.

L’articolo «Mi occupo di vita reale» proviene da Left.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/07/17/mi-occupo-di-vita-reale/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

«Grottesco, disturbante, disumano ma così reale.» Alessandra Fontana recensisce Carnaio

(fonte)

– Grottesco – 

Carnaio di Giulio Cavalli (Fandango editore) è un libro che non può lasciare indifferenti. Grottesco, irriverente e anche inquietante. La storia è quella di DF, un paese,  o meglio un’isola che assomiglia drammaticamente a Lampedusa, gli abitanti non lo sanno, ma la loro tranquillità verrà sconvolta per sempre. A trovare il primo cadavere è un pescatore, da DF non si è mai mosso, cerca di tirare avanti con la moglie e… dietro si portano un dolore enorme: quello di non essere riusciti ad avere figli.

Il primo cadavere ritrovato è di un ragazzo, difficile individuare la provenienza, il mare l’ha consumato, slavato… snaturato. Ma quello non è l’unico cadavere a DF, a pochi giorni di distanza ne viene trovato un altro e poi un altro ancora. In commissariato si scherza, si ride di quei corpi senza nome e senza storia, si ride delle reazioni delle persone. La TV locale cerca lacrime, paura e indignazione per i primi corpi ma poi… poi succede qualcosa di ancora più terribile, qualcosa che non si può controllare.

Carnaio è così: è continuare a leggere aspettandosi il peggio e il peggio arriva sul serio, perché  il 4 aprile l’onda travolge tutto e tutti.

 Il quadro generale si ebbe quando i primi elicotteri si alzarono per sorvolare la zona, furono prima due e poi il cielo si riempì, e offrirono la città vista dall’alto:DF era ricoperta di cadaveri e qui il lettore deve cimentarsi in uno sforzo di immaginazione figurandosi corpi che non sono morti come si sdraiano i morti appoggiati sulla strada come in una banale strage ma nel nostro caso sono un’onda di carne, senza corpi, a forma di massa, non tutta contenuta nella forma intellegibile di esseri umani, che sommerge la città per un’altezza di almeno cinquanta centimetri nella zona bassa e poi come strato più sottile nelle zone collinari, morti per terra che coprono interamente i giardini, le strade, impigliati sui muretti e gli alberi e tra le ruote delle auto parcheggiate e a riempire fino all’orlo le fontane, corpi che impedivano di rientrare in casa coprendo gli usci fino alle maniglie e che occludevano l’uscita delle abitazioni e dei ristoranti e degli uffici, corpi come fango che avevano sfondato le siepi e le recinzioni di ordinati  giardini e le vetrine dei negozi e i gazebo dei bar sul lungomare.

Le cose si complicano quando le ondate si moltiplicano e i personaggi del libro che avevamo appena cominciato a conoscere sembrano scomparire in quel mare di carne, esistono solo in relazione ai cadaveri spiaggiati.   Quello descritto da Cavalli è un paese tipico: i politici rimandano i problemi della domenica al lunedì, i poliziotti non vogliono “rotture di scatole”, i giornalisti fanno vera e propria opinione, anche ora che in atto c’è un vero e proprio sciacallaggio e poi c’è il medico del paese. Quello che ha visto  tutti i bambini nascere e i vecchi andarsene. Ma uno spettacolo così Quinto non l’ha mai visto e a stento riesce a trattenere i conati quando si trova di fronte quella marea di corpi.

Carnaio - Giulio Cavalli - Fandango libri

L’onda di morti ha ucciso anche quattordici persone del posto e così i morti che vengono dal mare diventano “quelli” mentre quelli di DF sono ” i nostri”. Una contrapposizione fortissima che alimenta l’orrore e lo smarrimento.

I cadaveri che eccezionalmente hanno tutti la stessa età e verosimilmente la stessa provenienza, vanno smaltiti ad ogni costo. Portati via con spazzaneve o con ruspe, stipati nei container e trattati come carne da macello: sono troppi e dopo le prime autopsie è necessario trovare un posto a centinaia, migliaia di cadaveri.

Quello che mi ha colpito di Carnaio è che non conosciamo nulla di questi morti e durante la storia, escluso il momento iniziale, ci chiediamo poco di loro, non sappiamo nulla ed è così fino alla fine del libro. Rimaniamo senza parole quando vediamo gli abitanti di DF sganciarsi dal governo di Roma per autogestirsi, scioccati quando vediamo i rapporti cambiare natura e quasi ci dimentichiamo che “quelli” sono persone, anche dopo la morte.

Carnaio è…

Le navi respinte, quei corpi che sono oggetti, senza storia prima e senza storia dopo, mi hanno colpito perché mi ricordavano una storia già sentita, ma non vissuta. E’ vero, Cavalli ci richiede uno sforzo di immaginazione importante: non è facile disegnare una scena in cui corpi invadono ogni superficie, ma non è difficile immaginare la ferocia delle persone, i disgraziati che sono costretti a differenziare se stessi dagli altri, in nome di cosa?

Chi non si adatta diventa straniero. chi è straniero diventa un impiccio, anche se un’ora prima era tua moglie, tuo fratello, tua figlia.

DF diventa un vero e proprio stato senza contatti con l’esterno, costretto a gestire una situazione troppo difficile come? Inventandosi nuove, grottesche regole.

Mi terrorizza la ferocia di questi, oltre al terrore

Questa mattina, se mi permettete, non scriverò il mio consueto buongiorno. Quindi non mi dedicherò alle notizia di oggi (da Londra alla bagarre sui vitalizi fino alla prossima celebrazione dei trattati europei) ma vi racconto una sensazione.

Nella casella di posta stamattina molto presto mi è arrivato un messaggio, ovviamente da un profilo Facebook che non è riconducibile a nessuna persona reale: la foto del profilo è un soldato ripreso di spalle e il “nome” una semplice sigla “Dem Ken”. Dice, il messaggio, letteralmente:

«cara zecca, prenditela con gli extracomunitari terroristi, volevi anche tu l’europa dell’accoglienza? eccoti servito!»

Mi sono sforzato di immaginare quale strana connessione possa scattare nell’animo di qualcuno per prendersi la briga di scrivere una frase del genere a un insignificante editorialista, quale sia quell’organo così peloso che possa vomitare in una frase del genere gli accadimenti di Londra.

Poi, per immergermi nella meglio nel cassonetto a toccare con mano il percolato della ferocia, mi sono fatto un giro sulle pagine dei fomentatori professionisti (niente nomi, oggi nessuna pubblicità), ancora:

“Ennesimo attentato terroristico islamico a Londra ci conferma che l’Europa è ormai una fabbrica del terrorismo islamico.
Continuiamo ad importare “arricchimento” culturale…i risultati sono questi”

“QUANDO C’ERA IL FASCISMO MIO PADRE DICEVA SEMPRE TUTTI AVEVANO UN LAVORO E NON C’ERA DELIQUENZA!”

“adesso ho capito perche’ la boldrini vuole dare la cittadinanza ha tutti quelli che arrivano nel nostro paese , cosi risultano italiani quando uccidono qualcuno”

“E adesso ?… I buonisti quale caxxata si inventeranno per l’ennesimo attentato facendo passare per un squilibrato un paranoico ecc. senza ragionare un attimino che questi signori perbene attentatori stanno dichiarando guerra ai fessi della UE fallimentare?”

(continua su Left)