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rinzivillo

Toh, i Rinzivillo, a Milano

Rosario Marchese è un nome molto conosciuto dalle parti della movida milanese. Ed è amico di quelli che mi vedrebbero volentieri con una pallottola in testa. Come al solito il bravissimo Milosa ne ha scritto (non me ne vorrà che gli rubi l’articolo). Forse è arrivato il tempo di riaccostare gli assetti di ‘Ndrangheta al nord.

L’articolo di Davide Milosa per Il Fatto Quotidiano

Mafia: blitz contro il clan Rinzivillo. 37 arresti. Anche due carabinieri.

Avrebbero passato notizie riservate ai membri del clan: per questo motivo due carabinieri sono stati arrestati insieme ad altre 35 persone nell’ambito di un’operazione contro il clan mafioso Rinzivillo di Gela, da sempre alleato dei Madonia e con i corleonesi. Sequestrati beni e società per oltre 11 milioni di euro. Il blitz di carabinieri, finanza e polizia (italiana e tedesca) è stato condotto in Italia (Sicilia, Piemonte, Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna) e in Germania (italiana e tedesca). La maxi operazione è stata coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e disposta dalle Direzioni distrettuali antimafia di Roma e di Caltanissetta. Tra gli arrestati anche un avvocato di Roma, che sarebbe il trait d’union tra i mafiosi e i professionisti. Nei confronti dei due militari l’accusa è di accesso abusivo alle banche dati delle forze dell’ordine: in sostanza avrebbero passato notizie riservate ai membri del clan.

Il clan gelese dei Rinzivillo fu decimato nel 2006 con una operazione dei carabinieri, denominata “Tagli pregiati“, che portò in carcere 79 persone e il sequestro di beni per 20 milioni di euro, tra la Sicilia, il Lazio e la Lombardia. In manette finirono anche sei donne, accusate di avere garantito i collegamentitra i boss detenuti e i luogotenenti che operavano all’esterno. L’inchiesta antimafia scattò dalla denuncia di un commerciante che denunciò un caso di estorsione. Con le successive indagini i carabinieri riuscirono ad accertare l’esistenza di un racket delle carni controllato dai Rinzivillo che riciclavano, in aziende del settore alimentare e nell’edilizia, i proventi degli affari illeciti come estorsioni, traffico di droga, usura, caporalato, furti e rapine. La loro organizzazione aveva stretto alleanze con il clan Santapaola, a Catania, e con le famiglie della ‘ndrangheta calabrese in varie regioni d’Italia e perfino all’estero. Anche allora, tra gli indagati, fu fermato un maresciallo dei carabinieri, accusato di avere passato ai clan informazioni riservate.

(fonte)

Tranquilli, hanno ragione: da noi a Lodi la mafia non esiste

Lodi è una piccola città a forma di paesello che fa finta di essere in provincia di Lodi. Marudo è un paesello che nemmeno finge di essere provincia ma si ritrova in provincia di Lodi. A Lodi la mafia non esiste e comunque se esiste non se ne parla perché è maleducazione. Qui è passato praticamente indenne Giampiero Fiorani che, in fondo, è una brava persona che fatto del bene per la propria città. Dicono i benpensanti che nelle ultime operazioni di ‘ndrangheta Lodi è stata schivata: è vero, il boss dei gelesi collegati a Ri ha nzivillo scorrazza come un lodigiano qualunque nel centro di Lodivecchio. La mafia è così: se non ne scrivi o ne parli, in fondo non esiste.

Questa storia che sto per raccontare è una storia da tre soldi e, per molti, una delle solite invenzioni dei professionisti antimafia. Per questo sono sicuro che verrò convocato al più presto per pagare le mie falsità.
Ma andiamo con ordine. A Marudo in provincia di Lodi c’è bella fabbrichetta a forma di cartiera. In alcuni locali in affitto c’è la lei di una bella coppia di famiglia da Mulino Bianco. Lei sposa lui, cavallo bianco, castello e tutti felici e contenti, residenti a San Angelo Lodigiano. Un giorno, però, sfogliando con commozione il proprio album di nozze lei riconosce tra i propri invitati la crema degli arrestati e latitanti casalesi e gelesi. Proprio un bel regalo di nozze, a Lodi dove la mafia è un’invenzione e la provincia ne è immune. Lui, messo alle strette, si dice che in questi giorni si sia redento. Non proprio per amore, ma forse per i trent’anni di condanna che gli ciondolano sul gozzo. E comincia a parlare, l’infame. È amico intimo di Casalesi non proprio modello di giustizia e legalità, se la spassa con i 4 ridicoli picciotti di Lodivecchio che giocano a fare i boss gelesi amici di Rinzivillo e che probabilmente si incontrano ancora tutti come ai vecchi tempi (fino a qualche tempo fa al ristorante Cà Bianca di Castiraga Vidardo). Lei trema per l’eroismo parlante del marito convertito. Casalesi, gelesi e un pizzico di Calabria. Nessuno sa, nessuno ne parla. L’importante è che scorra tranquilla la vita della provincia immune dalle mafie in questo soleggiato ferragosto. Adesso aspettiamo che ne parlino tutti o smentiscano. O no?

*Siccome rimane immutato il mio disprezzo per qualsiasi consorteria criminale ma allo stesso modo ci tengo alla gente che lavora; mi preme precisare che l’azienda a cui si fa riferimento nell’articolo nulla ha a che vedere con la Lodigiana Maceri srl. Se non per una “prossimità geografica”. Tanto dovevo, per onestà intellettuale, ad un paese che (come spesso succede in queste zone) si ritrova a dover “subire” la presenza di questi personaggi che pascolano nell’oscurità.