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#save194.

Bloomberg: “Bankitalia sapeva del buco di Mps fin dal 2010”, due anni prima di avvertire i magistrati

Notizie che dovrebbe accendere animi e provocare dibattiti e invece niente:

 

Bankitalia sapeva dal settembre 2010, quindi due anni prima che la procura di Siena venisse allertata, che Mps stava nascondendo una perdita di centinaia di milioni di euro verso Deutsche Bank, generata dal derivato Santorini. L’agenzia finanziaria Bloomberg ritiene che lo dimostri un report ispettivo di via Nazionale emerso nell’udienza del 3 ottobre del processo in corso a Milano. Gli imputati sono 16. Molti di loro all’epoca erano ai vertici di Montepaschi – come l’ex amministratore delegato Giuseppe Mussari e l’ex direttore generale Antonio Vigni – e dirigenti di Deutsche Bank.

Secondo Bloomberg, il report mostra come gli ispettori di Bankitalia fossero consapevoli del fatto che una complessa operazione strutturata in Btp imbastita nel 2008 con Deutsche Bank servisse a Mps per neutralizzare una perdita da 371 milioni prodotta dal veicolo Santorini (che conteneva strumenti derivati sul titolo Intesa Sanpaolo), in modo da evitare che venisse alla luce nel bilancio 2008 e da poterla diluire in un lungo arco temporale. Governatore di Bankitalia al tempo era Mario Draghi.

Nell’udienza dello scorso 3 ottobre – ricostruisce Bloomberg – l’avvocato Giuseppe Iannaccone, difensore di alcuni dipendenti di Deutsche Bank, ha mostrato il report e ha chiesto a un dirigente di Bankitalia, Mauro Parascandolo, se l’organo di vigilanza sapesse che la perdita di Santorini era compensata con la nuova operazione. “E corretto”, ha risposto il dirigente, che, aggiunge Bloomberg, ha invece negato che Banca d’Italia abbia presentato una denuncia dopo la sua ispezione.

Nella sua cronologia dedicata agli interventi di vigilanza in Mps, via Nazionale ha affermato che l’ispezione del 2010 non rilevò niente circa Santorini che richiedesse di allertare la magistratura o imponesse sanzioni. Un portavoce dell’organismo di vigilanza ha poi replicato a Bloomberg che le interpretazioni su cosa sapesse via Nazionale rappresentano “le posizioni delle difese nel giudizio”.

Anche nell’udienza di oggi del processo d’Appello in corso a Firenze sull’operazione Alexandria, che per alcuni aspetti ricorda quella sul derivato Santorini, i difensori di Mussari e Vigni hanno sostenuto che, durante i loro accertamenti, gli ispettori di Bankitalia avevano a disposizione ogni documento utile e che, quindi, non ci fu alcun ostacolo alla vigilanza.

Per l’accusa, invece, agli ispettori fu nascosto il ‘mandate agreement’, ossia il contratto di incarico a Nomura per la ristrutturazione del derivato Alexandria. Quel documento fu trovato anni dopo in una cassaforte.

(fonte)

#apply194 Legge 194 e obiezione di coscienza, tanto per tenere il punto

A 34 anni dall’approvazione della legge proviamo a parlarne al Pirellone. Per tenere il punto (che di questi tempi fa sempre bene) e perché forse è necessario chiarirci. Mentre l’UDC sappiamo bene come la pensa e il “nuovissimo” Renzi definisce la discussione sulla legge “ideologica e poco seria”.

Ecco, in tempi di coalizione confuse sui diritti civili, noi quello che pensiamo ce lo diciamo qui:

#save194 ora applichiamola

La Corte Costituzionale al termine della camera di consiglio svoltasi oggi, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge n. 194/1978 sull’aborto, sollevata dal Giudice Tutelare del Tribunale di Spoleto. La 194 regola da oltre trent’anni l’interruzione volontaria della gravidanza.

La questione di legittimità costituzionale della legge sull’aborto era stata sollevata in seguito alla richiesta di una ragazza minorenne di Spoleto di ricorrere all’aborto senza informare i suoi genitori. A parere del giudice a quo la norma contrastava con gli articoli 2 e 32 della Costituzione, rispettivamente sui diritti inviolabili dell’uomo e sulla tutela alla salute, e citava a sostegno della sua tesi una sentenza della Corte di Giustizia Ue sul tema dell’embrione umano.

Attese adesso le motivazioni della sentenza, che saranno scritte dal giudice Mario Rosario Morelli.

Ora applichiamola. Sarebbe questa la rivoluzione. Magari facendo in modo che anche gli uomini si prendano la responsabilità di non relegare la legge ad una “legge di genere” per delega di responsabilità. Grazie.

#SAVE194 i diritti conquistati vanno difesi in un Paese dalla memoria fragile

Leggo, aderisco e anche io copio e incollo:

“Sembra, ogni volta, di dover ricominciare da capo. Facciamolo, allora, e partiamo da una domanda. Questa: “tutte le donne italiane possono liberamente decidere di diventare madri?”. La risposta è no.
Non possono farlo, non liberamente, e non nelle condizioni ottimali, le donne che ricorrono alla fecondazione artificiale, drammaticamente limitata dalla legge 40.
Non possono farlo le donne che scelgono, o si trovano costrette a scegliere, di non essere madri: nonostante questo diritto venga loro garantito da una legge dello Stato, la 194.

Quella legge è, con crescente protervia, posta sotto accusa dai movimenti pro life, che hanno più volte preannunciato (anche durante l’ultima marcia per la vita), di volerla sottoporre (di nuovo) a referendum.

L’articolo 4 di quella legge sarà all’esame della Corte Costituzionale – il prossimo 20 giugno – che dovrà esaminarne la legittimità, in quanto violerebbe ” gli articoli 2, (diritti inviolabili dell’uomo), 32 I Comma (tutela della salute) e rappresenta una possibile lesione del diritto alla vita dell’embrione, in quanto uomo in fieri”.

Inoltre,  quella legge è svuotata dal suo interno da anni. Secondo il Ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci (per inciso, i cattolici praticanti in Italia, secondo i dati Eurispes 2006, sono il 36,8%): in pratica, si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009 per quanto riguarda i ginecologi, per gli anestesisti dal 45,7 per cento al 51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli. Al Sud ci sono ospedali totalmente “obiettanti”. In altre zone la percentuale di chi rifiuta di interrompere la gravidanza sfiora l’80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano. Siamo sopra l’85% in Basilicata. Da un’inchiesta dell’Espresso di fine 2011, risulta che i 1.655, non obiettori hanno effettuato nel solo 2009, con le loro scarse forze, 118.579 interruzioni di gravidanza, con il risultato che più del 40% delle donne aspetta dalle due settimane a un mese per accedere all’intervento, e non è raro che si torni all’estero, alla clinica privata (o, per le immigrate soprattutto, alle mammane). Oppure, al mercato nero delle pillole abortive.
Dunque, è importante agire. Vediamo come.

Intanto, queste sono alcune delle iniziative che sono state prese:
1) Lo scorso 8 giugno, Aied e Associazione Luca Coscioni hanno inviato a tutti i Presidenti e assessori alla sanità delle Regioni un documento sulle soluzioni da adottare per garantire la piena efficienza del servizio pubblico di IVG come previsto dalla legge. “Siamo altresì pronti a monitorare con attenzione l’applicazione corretta della legge e, se necessario, a denunciare per interruzione di pubblico servizio chi non ottempera a quanto prevede la legge”, hanno detto.
Le proposte sono:
Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;
Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;
Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;
Utilizzo dei medici “gettonati” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori;
Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti. 

2) La scorsa settimana ha preso il via la campagna contro l’obiezione della Consulta di Bioetica Onlus: qui trovate le informazioni e qui il video.

Diffondere queste informazioni è un primo passo. Ce ne possono essere altri. Fra quelli a cui, discutendo insieme, abbiamo pensato, ci sono:

1) Raccogliere testimonianze. Regione per regione, città per città, ospedale per ospedale, segnalateci gli ostacoli nell’accesso all’IVG e alla contraccezione d’emergenza. Potete farlo anche in forma anonima, nei commenti al blog. Ma è importante: perché solo creando una mappa dello svuotamento della legge è possibile informare su quanto sta avvenendo ed eventualmente pensare ad azioni anche legali.

2) Tenere alta l’attenzione in prossimità del 20 giugno. Lanciate su Twitter l’hashtag #save194, fin da ora.
L’intenzione di questo post è quella di informare. Non è che il primo passo: perché la libertà di scelta continui a essere tale, per tutte le donne italiane”.