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scelta civica

Il PD è cambiato: ora quelli di Scelta Civica sono di casa

Bisogna scegliere “di competere al centro”: non usa mezze parole il senatore di Scelta Civica Alessandro Maran, appena tornato all’ovile PD. Leggere la sua intervista rende chiara la forma del PD di oggi, e perché non c’entri nulla con l’idea che hanno molti suoi elettori.

«Su lavoro, riforme istituzionali e della pubblica amministrazione. Le nostre idee sono diventate le idee del Pd. Credo sia vero che abbiamo fornito un contributo decisivo alle riforme. Dopodiché…».

Dopodichè?

«Siamo anche consapevoli che nessun passo avanti sarebbe stato possibile se non ci fosse stato Renzi. Senza Renzi non ci sarebbero riforme. E questo dev’essere ben chiaro a tutti».

Ritiene davvero che Renzi sia così essenziale per le riforme?

«Prendiamo il Job act. Tutti sanno che si chiama di fatto Pietro Ichino. Ma tutti sanno anche che senza Renzi quella riforma non avrebbe fatto un solo passo avanti. Oggi la nostra agenda di allora è quella del Pd. Anche di quelli che ci avevano messo ai margini del partito».

Adieu, borghesissimo Monti

Monti esce dal partito fondato da se stesso e fin qui la notizia già fa sorridere, he. Del resto si dimette da Scelta Civica ma rimane senatore, ora nel Gruppo Misto e poi a vita come la nomina che si porta dietro grazie a Napolitano. Eppure a fallire non è Monti ma un progetto politico che è già fallito altre volte come sottolinea Alessandro nel suo post di oggi:

Un giorno bisognerebbe farla, la Spoon River dei partiti centristi-borghesi italiani: dalla lista di Massimo Severo Giannini (era il 1993, ci stava dentro pure Galli della Loggia), giù giù fino a Scelta Civica, passando per il Patto Segni, Alleanza Democratica (ve lo ricordate Adornato?), la lista Dini (sì, abbiamo avuto anche quella, fu un’invenzione di D’Alema) ma anche la montezemoliana Italia Futura, che a un certo punto sembrava dovesse spaccare tutto.

Sigle che nascono sull’onda di un portentoso sostegno da parte dell’establishment economico e mediatico, ma poi vanno a scontrarsi con un’indifferenza totale nel Paese reale, che curiosamente obbedisce poco alle indicazioni degli editorialisti del ‘Corriere’.

 

Il manuale del professore per “i professori”

Monti stila un manuale di buoni consigli per i suoi candidati al Parlamento e si occupa di messaggi politici e comunicazione:

“In generale, ma soprattutto in tv, bisogna farsi capire dalla gente comune e il tempo a disposizione per riuscirci è poco. È indispensabile parlare chiaro e può essere d’aiuto immaginare di rivolgersi a un ragazzo di 12 anni”. Dunque frasi brevi, concetti facili, no inglesismi, numeri e statistiche. Si ricorda che “che la gente giudicherà il messaggero prima del messaggio”.

Li chiamavano tecnici  e professori, per dire.

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