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sfuggire

Per niente geni ma guastatori

Eppure l’avevamo scritto più volte proprio su queste pagine che le manovre che hanno portato alla nascita del governo Draghi non avesse nulla a che fare con il civismo e con le competenze, che quella fosse solo la confezione con cui ci è stata messa sullo scaffale ma che dietro, gratta gratta, ci fosse una riflessione politicissima, della politica peggiore, di quella che studia giorno e notte come disarticolare gli avversari e che poi ci si presenta come innovatrice e riformista.

E così accade che ieri il Movimento 5 Stelle in fondo si sia spezzato nel suo asse ormai logorato con Casaleggio e con l’associazione Rousseau (pronta a farsi partito) e che il Partito democratico abbia viste rassegnate le dimissioni di uno  Zingaretti che potrebbe essere molto meno rassegnato di come appare.

Del resto, piaccia o no, la strategia di un fronte formato da Pd e M5s per combattere la destra ha, per il momento, fallito e il fatto che Conte, indicato più volte dal segretario Pd come «punto di riferimento riformista» e «federatore» di questo nuovo centrosinistra, abbia deciso sostanzialmente di diventare organico al M5s ha maggiormente logorato il suo partito.

Ma nella discussione generale, con tutte le sensibilità che ci sono in campo, continua a sfuggire che il Partito democratico guidato da Zingaretti in Parlamento sia una truppa scelta in tutto e per tutto dal principe guastatore segretario precedente, quello che ora con i suoi fuoriusciti guida il suo partito personale e che continua ad avere stretti rapporti con molti rimasti ancora nel Pd. In sostanza: in un partito che è sempre stato dilaniato dalle correnti (che favoleggiano di ricambio e poi invece sono sempre lì, perfino sempre con gli stessi capibastone) continuano a resistere anche le scorie di una corrente precedente che è stata fortissimamente maggioritaria.

Ha buone ragioni Zingaretti nel denunciare (peccato, su Facebook) la «guerriglia quotidiana» e le «vergognose polemiche sulle poltrone» (a proposito, quando lo si scriveva si veniva additati come visionari, ricordate?) ma per coloro che sanno fare politica solo architettando sgambetti, solo dedicandosi alla costante usura del leader in carica, solo occupandosi di preservare il proprio piccolo spazio di potere, solo immaginando un mondo di continui nemici interni, solo dedicandosi a strategie di cortile, per quelli il Pd è il campo perfetto per potere esercitare le proprie brutture. Ed è così da anni.

Una cosa è certa: questo governo è perfetto per riabilitare la destra e per fare implodere il centrosinistra. Qualcuno evidentemente ne era consapevole. Ora fatevi due conti. Sono quelli che si credono geni e invece sono solo guastatori.

Buon venerdì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Lombardia in tilt, ancora

La vaccinazione antinfluenzale fallita e finita. La “scoperta” che creare zone rosse era possibile. L’improvvisa rimozione del dg alla Sanità. Sì, si va proprio alla grande nella Regione amministrata da Fontana e Moratti

Varrebbe la pena andare a rivedere le immagini di Fontana e Gallera mentre assicuravano di non avere nulla da rimproverarsi sulle azioni messe in campo da Regione Lombardia per fronteggiare la pandemia. Varrebbe la pena scrutare con attenzione, tenerle bene a mente, quelle facce così convinte, quasi con sicumera, mentre accusavano noi giornalisti di voler remare contro, di vedere errori che non esistevano, mentre garantivano che tutto andava bene, che tutto sarebbe andato bene, che i vaccini antinfluenzali sarebbero stati fatti, che la Lombardia era solo vittima di una serie sfortunata di circostanze. Quelle circostanze sfortunate in effetti erano loro.

Gallera non c’è più, silurato perché ingenuo nelle dichiarazioni e perché gran collazionatore di figure di tolla (come si dice in Lombardia). È stato il capro espiatorio perfetto per essere linciato in nome della salvezza di tutti gli altri. Qualcuno ha osato pensare che avere cacciato Gallera fosse un’ammissione di colpa ma anche in questo caso Fontana se l’è presa sul personale e ha avuto il coraggio di dirci che no, che Gallera era solo un po’ “stanchino” (ha avuto il coraggio di dire davvero così). Peccato che qualche settimana dopo proprio Gallera si sia lasciato sfuggire in una trasmissione di una televisione locale che no, non era stanco, e che era stato Salvini a silurarlo.

Poi è arrivata Letizia Moratti con una nomina che ha tutto il sapore di un commissariamento. Ma come? La fulgida Lombardia aveva bisogno di una perdente per risollevarsi? Niente, non hanno mai risposto. Tra l’altro Moratti non ha fatto rimpiangere per niente Gallera in tema di figure barbine iniziando subito a bomba con la sua proposta di un vaccino in base al Pil. Intanto la campagna vaccinale antinfluenzale è miseramente fallita e finita. Poi ci hanno detto che entro giugno avrebbero vaccinato tutti i lombardi. Ora dicono che no, che si erano sbagliati. È arrivato pure Bertolaso. Ma come? Ma mica la Regione era talmente brava e competente?

Poi è successo che Regione Lombardia abbia chiuso dei comuni, trasformati in zona rossa per le varianti del virus. Ma come? Ma mica Fontana ci aveva detto che era compito del governo? E ora invece si può? E perché allora non si è chiusa la bergamasca? Quanti morti si potevano risparmiare? Nessuna risposta.

Ieri è stato fatto fuori il direttore generale alla Sanità Marco Trivelli. Sono rimasti sorpresi anche i consiglieri di maggioranza. Il comunicato della Regione è imperdibile: «Si tratta di destinare un’importante risorsa in termini di competenza ed esperienza alla guida di un’area strategica per la quale l’assessorato al Welfare di Regione Lombardia vuole riservare la massima attenzione». L’hanno spedito all’ospedale di Vimercate, il direttore generale, e vogliono farci credere che sia quasi una promozione.

Per inciso: Trivelli aveva sostituito 8 mesi fa, sotto Gallera, Luigi Cajazzo, oggi indagato dalla procura di Bergamo per il caso dell’ospedale di Alzano Lombardo, riaperto il 23 febbraio 2020 nonostante l’accertamento dei primi casi di Covid. Trivelli era quello che difendeva Fontana sui dati sbagliati inviati da Regione Lombardia, quello che ci assicurava che i vaccini antinfluenzali stavano andando alla grande.

Alla grande, proprio, sì, si va alla grande in Lombardia.

Buon venerdì.

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Willy ha pagato lo scotto più atroce, ma la sua morte può cambiare la percezione del razzismo in Italia

Raccontiamolo dappertutto il sorriso di Willy Monteiro Duarte. Ascoltiamole bene le parole degli amici che lo raccontano, riportiamo dappertutto il racconto di quelli che lo conoscevano, la descrizione del suo datore di lavoro che racconta come Willy fosse un aiuto cuoco che svolgeva con serietà e passione il suo lavoro, come i suoi amici lo raccontano pieno di altruismo e di allegria. Raccontiamo la vita diversa che aveva questo ragazzo esile, che voleva fare il calciatore e giocare nella Roma che era la sua squadra del cuore, che ha fatto tutto quello che non si dovrebbe fare in questo tempo di menefreghismo che è diventato un vizio sociale, in questo tempo in cui conviene sempre farsi “i fatti propri” e invece lui, Willy, ha deciso che quella rissa andasse sedata, che quel suo amico andasse aiutato, che avrebbe potuto ritardare anche qualche minuto pur di soffocare una violenza che invece poi gli si è tutta rivoltata contro mentre per terra per interminabili minuti chiedeva di smettere, gridava di non riuscire più a respirare e l’orda di calci e di pugni gli fracassava la vita.

Raccontiamolo perché Willy, che piaccia o no, è il simbolo di un’Italia che ha bisogno di esempi di umanità che abbiano la pelle nera, perché siamo un Paese intossicato tutti i giorni (anche da quelli che in queste ore stanno facendo le vittime) da una narrazione che ci propone gli stranieri, specialmente neri, come pericoli da cui dobbiamo sfuggire, che insiste nell’urlacciare per ogni ruba galline che non sia italiano e invece in questo caso abbiamo un italiano (perché Willy era italiano, nonostante qui da noi si insista a credere che un italiano debba per forza essere bianco come professa qualche cretino anche in queste ore) che ci ha dato una lezione di cittadinanza, che ha finalmente invertito la rotta spezzando il racconto di chi insiste ogni giorno, goccia dopo goccia, a dirci che tutti quelli che arrivano siano sporchi e cattivi.

Forse servirà a poco, forse non servirà a niente, ma quel sorriso di Willy potrebbe cambiare, forse lo sta già facendo, la percezione tossica di un Paese che con il razzismo non ci ha mai fatto i conti davvero e che ora si ritrova a non poter non empatizzare con quel giovane ragazzo. Chissà che alla fine possa almeno servire, la morte di Willy, oltre ad avere la giustizia che invocano tutti, anche un nuovo atteggiamento generale, che una morte così orrenda valga più di mille numeri e di mille dati e che dica che continuiamo a temere i mostri sbagliati.

Leggi anche: 1. Il vuoto politico e sociale produce i mostri inumani di Colleferro (di G. Gambino) / 2. Se a uccidere un bianco fossero stati 4 neri sarebbe scoppiato il finimondo (di G. Cavalli) / 3. Omicidio Willy, i familiari degli arrestati: “Era solo un immigrato, non hanno fatto niente di male” / 4. “Per noi era come un figlio, sarebbe diventato un bravo chef”: parla il direttore dell’hotel dove lavorava Willy

L’articolo proviene da TPI.it qui

Piccolo manuale di discontinuità

Rispetto ai disperati che stanno in mezzo al Mediterraneo e che vengono torturati in Libia, rispetto agli schiavi che lavorano nei campi, rispetto all’Egitto, non basta dire di essere discontinui, bisogna agire in modo differente (se non addirittura opposto) rispetto al governo precedente

Per essere discontinui non basta dirlo, non basta ripeterlo, non basta annunciarlo. Quello vi rende annunciatori e, alla lunga, ipocriti. Per essere discontinui bisogna agire in modo differente (se non addirittura opposto) rispetto al governo precedente. Il resto sono moine da narrazione tossica.

Essere discontinui rientra nel campo del fare e non in quello del dire: se volete tenere un atteggiamento diverso rispetto ai diritti dei disperati che stanno in mezzo al Mediterraneo e che vengono torturati in Libia non basta (vi do questa terribile notizia) trattenersi dal dire che devono essere affondati, no. Bisogna tenere un atteggiamento diverso rispetto ai diritti dei disperati che stanno in mezzo al Mediterraneo e che vengono torturati in Libia. Sembra facile ma evidentemente vi sfugge.

Per essere discontinui non si può attaccare il proprio avversario politico perché ha lasciato una barca in mezzo al mare e poi lasciare una barca in mezzo al mare. Lo capirebbe perfino un fesso. E infatti lo sta capendo benissimo anche quello che prima contestavate a gran voce, e lo sta dicendo in giro.

Per essere discontinui non bisogna andare a teatro e al cinema per mostrare la differenza rispetto a quelli che vedono come massima espressione culturale la sagra della salsiccia. Per essere discontinui bisogna aiutare il teatro e il cinema e tutte le persone che ci lavorano. Tra l’altro, a bene vedere, è un mondo che non ha proprio bisogno di testimonial, di quelli ne ha in abbondanza.

Per essere discontinui non basta dire “adesso che ci siamo noi con l’Egitto cambia tutto” ma bisogna fare in modo che cambi qualcosa, se non tutto, con l’Egitto. Anche questa sembra banale ma pare sfuggire ai piani alti del governo.

Per essere discontinui non basta dire che fanno schifo i caporali sporchi e cattivi che schiavizzano le persone nei campi ma bisogna sostenere gli schiavi che lavorano nei campi.

Per essere discontinui bisogna avere il coraggio di essere diversi, ma diversi davvero, e per essere diversi bisogna avere il coraggio di parlare a quelli che non si sono sentiti rappresentati nel governo precedente. Badate bene: fare più o meno quello che facevano gli altri ma con buone maniere vi rende al massimo educati, mica discontinui

Buon lunedì.

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I lavoratori pagano, i manager incassano

Sotto la guida di Bonomi, Confindustria si è lanciata in uno scontro con il governo per ottenere un posto riservato agli industriali al banchetto dei miliardi che arriveranno dall’Europa per il coronavirus. È la stessa associazione che critica lo strumento della cassa integrazione e poi “mette” in cassa i giornalisti del Sole24ore

Arriveranno soldi, molti soldi, su questo non ci sono grandi dubbi: sono almeno 172 miliardi dall’Europa oltre i 36 miliardi del fondo salva Stati Mes che potranno essere usati per la sanità e che il governo italiano, nonostante le enormi fibrillazioni nella maggioranza, sembra intenzionato a richiedere. Ciò che sembra sfuggire a molti commentatori politici è che in Italia si vedranno cifre che sarebbe stato folle anche solo immaginare prima della pandemia e ogni volta che all’orizzonte si intravede il denaro le lobby, dalle più fameliche alle più ostinate, si preparano a aprire le fauci per ingerire la propria fetta.

All’odore dei soldi si è mossa subito la nuova Confindustria di Carlo Bonomi, quello che non ha nemmeno fatto raffreddare il festeggiamento per la sua elezione e si è già lanciato in uno scontro a muso duro con Giuseppe Conte e il suo governo per chiedere che Confindustria possa avere il suo lauto posto riservato per il prossimo banchetto.

Curiosa la storia del capo di Confindustria: colui che dovrebbe rappresentare tutti gli imprenditori d’Italia, e che quindi dovrebbe presumibilmente esserne un fulgido esempio, è a capo di una piccola azienda biomedica che fattura qualcosa come due milioni di euro all’anno, una miseria nel panorama imprenditoriale italiano che già di suo non eccede nelle dimensioni medie. Ma Bonomi è stato scelto per fare la parte del cattivo e lui ha preso molto sul serio il copione eccedendo perfino nella sua libertà lessicale: giusto qualche giorno fa ha dato lezioni di diritto costituzionale lanciando l’idea di una nuova democrazia che ha chiamato «negoziale» auspicando «una grande alleanza pubblico-privato» in cui «il decisore politico non ha delega insindacabile per mandato elettorale» ma dialoga «incessantemente attraverso le rappresentanze del mondo dell’impresa, del lavoro, delle professioni, del Terzo settore, della ricerca e della cultura».

Letta di primo acchito potrebbe anche sembrare avere un senso se non fosse che…

L’inchiesta prosegue su Left in edicola dal 26 giugno

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