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Sicurezza

I ladri di spranghe e biscotti

Caro piccolo Mario,

questa sera la favola al telefono te la racconto di un paese lontano.

E siccome c’è un cielo che piove malinconia te la racconto all’incontrario.

Di quelle storie che non sai mai se la stai ascoltando  di diritto o di rovescio;

quelle storie che per capirle bisogna prenderle per i piedi e guardarle a testa in giù.

Dentro, come una favola che si rispetti,

c’è la squadra dei buoni e dei cattivi,

come nelle favole quelle semplici semplici, rassicuranti, banali, semplicistiche e politicizzabili.

La favola esiste da tantissimi anni,

da quando in casa alla sera si accendeva la candela

e per strada ad andar veloce si pedalava in bicicletta.

Questa storia da tre soldi , caro Mario,

ha tanti di quegli anni

che nessuna si ricorda chi per primo la inventò;

Se furono i nonni dei tuoi nonni

o qualche tizio roccoccò;

questa storia è così vecchia

che a fare il giro in tutto il mondo

non si trova nessun bimbo, babbo o nonno

che non l’abbia mai sentita,

neanche in Cina, in Argentina,

perfino in Africa o Indonesia.

È una favola leggera, senza morale

da ingarbuglio intestinale

che ad ascoltarla a tarda sera

scaccia via la paura nera.

È una favola banale,

di quelle buone per il giornale,

che partono partono in sottofondo,

ma poi fan sparlare a tuttotondo.

Ma è una storia che funziona,

di quelle che resiston come suole

perché ognuno ci ritrova

giusto quello che ci vuole.

Te la dico in tre parole,

prima che si abbassi il sole,

prima che il mio bambino

si prepari al pisolino:

“c’è un cattivo nero nero,

che ruba vero e di nascosto

il cestino al buono vero.

  • Io ti ho visto! – grida il buono

E da cattivo va  a rincorrere

Il mariuolo che soccombe.

  • Era Piero! – urlan questi,
  • No è Mario! Il cugino del fornaio! –  urlan quelli.

E la gente sulla piazza,

via si spinge e poi si accalca,

su quell’uomo moribondo

cattivo in cima e cattivo in fondo,

mentre l’altro che da buono,

pian pianino è diventato

un cattivo che era buono,

sotto sotto non ricorda

perché comincia quella ronda.”

(Una favola scritta nel 2001 o giù di lì. Mi è uscita stamattina da un cassetto.)

La sicurezza sul lavoro

Che, certo, sarebbe folle sottovalutare nei cantieri di EXPO davanti agli occhi del mondo. E invece no:

Per fortuna ad oggi nessun operaio ha perso la vita. Ma che la situazione sia critica lo dimostra quanto riporta il sito dell’Asl di Milano che nella sezione dedicata all’esposizione parla di “numerose e reiterate manchevolezze riscontrate nella organizzazione della sicurezza dei lavori”, nonché della “ripetuta constatazione di gravi situazioni di rischio di caduta e di seppellimento negli scavi, di assenza di parapetti a protezione del rischio di caduta e infilzamento su ferri sporgenti contestate nei nostri verbali, così come l’utilizzo di apparecchi di sollevamento (gru) privi dei dovuti collaudi di sicurezza e così pure le gravi lacune presenti nei piani di emergenza interni”. Valutazioni che nelle 105 ispezioni eseguite dall’Asl fino al 31 dicembre 2013 sul sito Expo e sulle opere essenziali connesse hanno portato a contestare ben 98 non conformità alle 71 imprese controllate. Le cose non vanno meglio nei cantieri delle nuove linee del metrò 4 e 5 e del prolungamento della 1, la cui realizzazione è legata all’esposizione: al 28 febbraio 2014 nei 415 accessi ispettivi, per un totale di 116 imprese controllate, le non conformità sono state 242.

Sicurezza secondo Costituzione

Inutili, ha aggiunto, i “meccanismi di ottimizzazione delle risorse per rendere più efficiente la macchina organizzativa della sicurezza. Comunque il segno resterà meno”. E ancora: “Non è più pensabile – ha spiegato – ragionare come se sul territorio siano schierati 110 mila uomini. Dal 2014 ce ne saranno solo 94 mila”. Pansa ha espresso anche la preoccupazione che i tagli possano penalizzare il comparto della sicurezza a favore di quello della Difesa, impegnato da anni nelle “pattuglie miste” e in compiti di presidio di obiettivi a rischio nelle città. “Bisogna chiarire – ha dichiarato – chi ha la legittimità dell’uso della forza nell’ambito della sicurezza”. “Perché – ha polemizzato con la Difesa – se spostiamo l’asse verso il sistema militare, creiamo qualche scompenso anche rispetto ai principi costituzionali”.

La frase è di Alessandro Pansa. Pansa è al vertice del Dipartimento sicurezza del ministero dell’Interno. Da lui dipendono Polizia, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza. Insomma, è il capo delle forze dell’ordine.

Era il primo maggio

Dal gennaio 2008  al 30 aprile 2013 sono morti per infortunio sul lavoro oltre 5000 lavoratori di cui 2553 sui luoghi di lavoro e gli altri sulle strade e in itinere. (Osservatorio indipendente di Bologna)

Dall’inizio dell’anno sono documentati 145 lavoratori morti per infortuni sui luoghi di lavoro. (Osservatorio indipendente di Bologna)

«Molte vittime non hanno nessuna assicurazione, – si legge nel blog dell’Osservatorio indipendente di Bologna, – e muoiono lavorando in “nero”ed intere categorie non sono considerate morti sul lavoro. Praticamente sono morti sul lavoro invisibili»

Nel 2012 sono morti 1180 lavoratori, di cui 625 sul luogo di lavoro (Osservatorio indipendente di Bologna)

Bollettino dei suicidi nel solo mese di aprile. Le morti della «crisi»:

«Villanovaforru, nel Medio Campidano, a una cinquantina di chilometri da Cagliari. Massimiliano Cilloco, disoccupato di 45 anni, si è tolto  la vita sparandosi un colpo di fucile nella sua abitazione . È l’ennesima tragedia legata alla crisi economica, la quarta in meno di un mese in Sardegna» (23 aprile 2013);

«Milano. Due uomini sono stati trovati senza vita in un appartamento in zona Porta Magenta. I due entrambi di 33 anni sarebbero uccisi con un sacchetto di plastica, e forse con l’ausilio del gas. In due lettere si faceva riferimento alla “mancanza di lavoro” e a “relazioni familiari” che non funzionavano“» (22 aprile 2013);

«Bitonto (Bari) Un imprenditore del settore del marmo, Carmine Mancazzo, si è suicidato impiccandosi nel capannone della sua azienda. Aveva 60 anni. La polizia ha trovato addosso all’uomo un biglietto d’addio, straziante: “Nel momento del bisogno tutti mi hanno abbandonato”» (16 aprile 2013);

«Torino. Luigi Melillo, grossista di ortofrutta di 62 anni, si è ucciso sparandosi un colpo di fucile alla gola» (13 aprile 2013);

«Pesaro. Una donna di 55 anni, di Bologna, si è suicidata gettandosi in mare nel Pesarese. La donna ha lasciato delle lettera di addio nell’auto, parcheggiata vicino alla spiaggia di Vallugola, a Gabicce Mare, in cui chiede scusa per il suo gesto disperandosi per la mancanza di lavoro». (13 aprile 2013)

«Ad Isola del Liri, nel Frusinate, è stato trovato impiccato un uomo di 38 anni, disoccupato da tre mesi con moglie e figlio di pochi mesi a carico. Le ragioni del suicidio sono state spiegate in un biglietto». (13 aprile 2013)

«Siracusa. Un commerciante di Siracusa, Francesco Barcio di 62 anni, si è impiccato con un filo di nylon nella sua abitazione. Sembra che alla base del gesto ci sia il suo tracollo economico, culminato nella chiusura della sua attività, un negozio di abbigliamento in corso Umberto, alle porte del centro storico di Ortigia» (9 aprile)

«Macomer (Nuoro). Un imprenditore in gravi difficoltà economiche si è tolto la vita. Carlo Cossu, 54 anni, si è impiccato nella sua segheria della zona industriale di Bonu Trau. (9 aprile 2013)

«Ortelli (Nuoro)  Gonario Piroddi, 47 anni, impresario edile in difficoltà economiche, si è suicidato sparandosi un colpo di fucile. Il corpo privo di vita è stato ritrovato in una casetta disabitata di proprietà di un parente» (9 aprile 2013)

«Tentato suicidio ad Ancona. Da mesi senza lavoro, aveva perso la speranza nel futuro. E così D.P., 46 anni, ha deciso di farla finita: si è tagliato le vene di entrambi i polsi. Salvato in extremis dalla moglie» (8 aprile 2013)

«Civitanova Marche (Macerata)  Lui, Romeo Dionisi di 62 anni, era un esodato, lei, Anna Maria Sopranzi di 68 anni,  aveva una modestissima pensione di 400-500 euro. Hanno deciso di farla finita impiccandosi, forse proprio per l’impossibilità di far fronte alle difficoltà economiche. I due hanno lasciato un biglietto in cui chiedono perdono per il loro gesto e indicano il luogo, uno stanzino sul retro del palazzo, in cui trovare i loro corpi.Quando il fratello della donna ha scoperto i cadaveri dei due coniugi si è diretto al porto di Civitanova Marche e si è ucciso buttandosi in mare». (4 aprile 2013)

«LipariDopo l’annuncio della chiusura di due alberghi nell’isola di Vulcano, segno della crisi che ha colpito le Eolie, il proprietario dell’hotel “Oriente” di Lipari si è suicidato. Edoardo Bongiorno, 61 anni, uno dei più noti operatori turistici delle Eolie, si è chiuso dentro un furgone dell’albergo e si è sparato un colpo di pistola» (2 aprile 2013).

Il far west nel cervello di De Corato

decoratoCi interessa molto quando De Corato dice che “ormai siamo al Far West: in 7 mesi 5 morti“. E’ molto interessante questa parola, “Far West“. Non la sentivamo dal 1999, dall’anno in cui, a gennaio, ci furono 9 morti in 9 giorni. E chi è che c’era, all’epoca, a vigilare sulla sicurezza dei milanesi? Ma che domande, proprio Riccardo De Corato.

E a proposito di rapine in gioielleria, chissà se il consigliere comunale d’opposizione ma consigliere regionale di maggioranza De Corato ricorda il nome di David Moneypenny, ovvero il killer del gioielliere Ezio Bartocci, ammazzato in via Padova, nel suo negozio, nell’estate dello stesso anno,

Anche allora, chi c’era a far rispettare l’ordine in città? Ancora lui, Riccardo De Corato.

Il giochino della strumentalizzazione fatta sul sangue, oltre a fare schifo, è anche molto pericoloso, come si vede. Si finisce per fare delle figure tali da dover correre a nascondersi.

La sicurezza è un tema molto serio, forse il più serio di tutti. Proprio per questo, certa gente andrebbe immediatamente isolata, e a farlo dovrebbero essere i suoi – molto più responsabili – compagni di partito.

Notevole I Hate Milano nel suo post di oggi. De Corato ora è consigliere regionale. Io mi vergogno di questa maggioranza in Consiglio regionale.

Ci vogliono più armi, non meno armi. Per difendersi. Per essere felici.

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Seguo il telegiornale con gli occhi sbarrati. Mia figlia Sara, otto anni, mi chiede cosa sia successo. Le parlo, con tutto il tatto possibile, di una scuola in America, di bambini più piccoli di lei uccisi da un ragazzo di vent’anni. “Non ho capito” mi ripete, “Cos’è successo?” Ed è giusto che non capisca, perché questa strage non significa nulla, non ha senso, è un paesaggio assurdo che sovverte le leggi del quotidiano. È qualcosa che mina la ragionevolezza, che frustra la mia capacità di spiegarle il mondo, di renderglielo domestico, assennato, socievole.

Dovrei parlarle dell’ossessione tutta statunitense per la ricerca della felicità, vero e proprio diritto costituzionale. Costi quel che costi. E del suo naturale corollario, quello all’autodifesa, al diritto (il più inviolabile di quelli della carta costituzionale) a girare armato. Cercare la felicità restando vivi, difendendosi. Ma anche cercare la felicità a costo della vita degli altri. Già nelle ore successive alla strage la soluzione della lobby delle armi era chiara: la colpa è di una legislazione che proibisce agli insegnanti di essere armati. Ci vogliono più armi, non meno armi. Per difendersi. Per essere felici.

Gianni Biondillo sulla strage nella scuola di Newtown.

Immaginare EXPO con decente pulizia

E’ difficile visti i tempi che corrono. Perché su EXPO le criticità sono state molte fin dall’ideazione di morattiana memoria (e in fondo siamo in tanti a chiederci ancora se fosse così indispensabile) e perché lo sviluppo del progetto ha i tempi e i modi del balletto per politicanti piuttosto che della “grande vetrina internazionale” (Formigoni dixit). Però domani in aula sia parla anche di EXPO (ma credetemi le foto e i microfoni saranno tutti per la preclusa Minetti, perché così vanno le strane priorità in Regione Lombardia) e noi proviamo a puntellare i paletti fondamentali. Presentando come gruppo SEL un ordine del giorno che dice così:

Il Consiglio regionale della Lombardia impegna la Giunta: 

  • A met
    tere in atto tutte le azioni di sua competenza affinché il Protocollo sulla legalità sia sempre e completamente operativo; vigili con attenzione per garantire la regolarità degli appalti e non permetta nessun tipo di infiltrazione mafiosa, nella dichiarata volontà di non permettere che questo evento venga compromesso da attività illegali, davanti a tutto il pianeta;
  • A garantire i controlli sul rispetto dei diritti dei lavoratori, evitando forme di sfruttamento, lavoro nero e a sostenere il potenziamento delle ispezioni nei cantieri a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro e nel rispetto della normativa contrattuale;
  • Affinchè si faccia promotrice della possibilità di inserire nei bandi quote destinate a lavoratori esodati disponibili o a lavoratori di aziende in crisi,  per sostenere concretamente la situazione di lavoratori in difficoltà e dare un vero impulso alla difficile situazione occupazionale della Regione.
Per ricordarsi che siamo lì per questo. Almeno.

Spese militari: il grande imbroglio del Governo

Ne scrive Flavio Lotti (Coordinatore Nazionale della Tavola della pace) sull’Unità. E credo non ci sarebbero parole migliori da scrivere.

Il grande imbroglio. L’Ammiraglio-Ministro tecnico della Difesa, Giampaolo Di Paola, ci sta lavorando incessantemente da parecchi mesi. E oggi, alla Camera dei Deputati, ha uno dei passaggi più delicati. Ad attenderlo ci sono ben otto mozioni sugli F-35 presentate da altrettanti gruppi e sottogruppi parlamentari. Ma andiamo con ordine. Il 14 febbraio l’Ammiraglio Di Paola ha annunciato un progetto di riorganizzazione dello strumento militare italiano che prevede tra l’altro la riduzione degli F-35 (da 131 a 90) e dei soldati (da 180 a 150.000). Dove sta l’imbroglio? Nel dire una cosa e nel farne un’altra. Altro che riduzione delle spese militari. Se venisse approvato il progetto del Ministro produrrebbe un vero e proprio aumento della spesa pubblica. Alla faccia di tutte le manovre rigoriste che stanno mettendo in ginocchio milioni di giovani e meno giovani, famiglie, associazioni, scuole, imprese, Enti Locali e Regioni. La prima parte dell’imbroglio sta nello scaricare una parte del personale e dei suoi costi sulle altre amministrazioni dello stato per poter spendere di più in armi. La seconda, e non meno grave, parte dell’imbroglio sta nel tentativo di modificare radicalmente il profilo delle nostre FFAA senza alcun mandato parlamentare. Il modello del Ministro non ha nulla a che vedere né con il dettato costituzionale né con le “missioni di pace” previste dalla Carta dell’Onu. E’ un modello fortemente aggressivo imperniato sulle portaerei, sui cacciabombardieri e sulla capacità di partecipazione alle guerre ad alta intensità come quella che qualcuno sta progettando in Iran. Ma tutto ciò non si può e non si deve dire. Per questo il Ministro ha messo il veto sul progetto di “Istituzione di una Commissione parlamentare per l’elaborazione di un Libro bianco sulla difesa e sicurezza nazionale” proposto dal Partito Democratico in entrambi i rami del Parlamento. Per questo il Ministro non vuole che si parli di “nuovo modello di difesa” ma solo di “riorganizzazione dello strumento militare”. Per questo il Ministro pretende che il parlamento si affretti ad approvare una “legge delega-in-bianco” che gli lasci il bilancio inalterato e la possibilità di fare quello che vuole. E’ troppo chiedere che qualcuno intervenga? E’ troppo invocare un po’ di ragionevolezza? Può essere che per qualcuno il Parlamento possa costituire un intralcio, ma i parlamentari che ne pensano? Tra le otto mozioni che oggi saranno votate dai nostri deputati ce n’è una dell’IdV che dice di no agli F-35 e a tutto il resto, come la pensano tanti italiani. Ma ce n’è anche un’altra firmata da 22 deputati di diversi partiti (tra cui Pezzotta, Sarubbi, Carra, Giulietti, Castagnetti, Lucà, Bobba) che chiede al governo di “rinviare qualunque decisione relativa all’assunzione di impegni per nuove acquisizioni nel settore dei sistemi d’arma, sino al termine del processo di ridefinizione degli assetti organici, operativi e organizzativi dello strumento militare italiano.” Come a dire: non toglieteci anche la dignità. Prima discutiamo compiti e obiettivi delle nostre forze armate e poi decidiamo gli acquisti di cui abbiamo bisogno. E’ troppo anche questo?

Morti di lavoro

Altre quattro vittime sul più sanguinario punto del contratto dei lavoratori: la morte come se nulla fosse. Stancandosi sul serio di tutto questo misero cordoglio che si ferma ai comunicati stampa potrà essere una priorità sul serio? Con condanne certe, pene non tiepide e controlli seri? Perché essere commissariati dall’Europa per politica economica è già una desolazione ma meritarsi una procedura d’infrazione per la sicurezza sul lavoro ha il sapore dell’omicidio colposo.