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stefano esposito

L’estate a scuola? Se lo propone Azzolina è una scemenza, se lo dice Draghi ha perfettamente senso

Confessiamolo, non è un gran momento per assistere a discorsi lucidi sulle proposte politiche: la spasmodica attesa e le grandi aspettative del possibile prossimo governo Draghi e il fatto che per il momento sembrano volerci entrare praticamente quasi tutti i partiti hanno sdoganato posizioni fideistiche che confidano sul potere taumaturgico del governo che verrà.

E invece un po’ di lucidità fa bene a noi e può essere d’aiuto anche a Mario Draghi, sicuro. In queste ore sta ottenendo lodi sperticate la proposta del premier incaricato di tenere aperte le scuole fino alla fine di giugno “per recuperare le giornate perse” durante la pandemia (riferiscono così i parlamentari che hanno partecipato alle consultazioni).

Si alzano i cori: “Prolungare la scuola è il vero messaggio al Paese”, scrive l’ex senatore del Pd Stefano Esposito. “Dopo un anno la cui preoccupazione del Governo è stata la chiusura delle scuole […] la capite la differenza?”, fa notare l’ex deputato Fabio Lavagno.

E via così: il giornalista de La Stampa Iacoboni scrive del passaggio “dalla propaganda a delle sane, semplici idee di governo” e gli editorialisti esultano.

Tutto bene, per carità. Ma c’è un punto che forse vale la pena rimarcare: la proposta di prolungare l’anno scolastico fino a fine giugno era già stata lanciata dalla ex ministra Azzolina proprio a dicembre dell’anno scorso, poche settimane fa.

In quel caso la reazione della stampa e della politica fu diametralmente opposta (cadendo spesso nella derisione) e il mondo della scuola pose obiezioni che valgono ancora oggi: la Cisl parlò di idea “inopportuna” chiarendo come ci fossero “scuole dove l’attività non si è mai interrotta, anzi, ci sono scuole in cui si è sempre lavorato tra mille difficoltà”. “Le scuole sono aperte, nessuno ha chiuso”.

Il coordinatore nazionale della Gilda Insegnanti, Rino Di Meglio, parlò di “proposta offensiva verso i colleghi che stanno sgobbando con la dad”. La Uil rifiutò la proposta invitando il Governo a “uscire dall’estemporaneità per il lavoro straordinario e confuso”.

Venne poi fatto presente il problema della sovrapposizione degli esami e dei problemi di salubrità climatica di molte classi del sud. Qualcuno fece notare che il problema della scuola in tempi di pandemia sono i dispositivi di sicurezza, i trasporti e l’areazione delle classi (che sarebbe costata meno dei banchi a rotelle).

Un po’ di lucidità, insomma, perché osannare le stesse proposte dell’altro Governo dopo averle derise non fa bene al clima generale e alla presunta serietà che si vorrebbe imporre. E questo non è un problema di Draghi: questo ha a che fare con la credibilità di tutti gli altri intorno.

Leggi anche: 1. Borghi (Lega) a TPI: “Sostegno a Draghi è la scelta più sovranista che possiamo fare” / 2. La moltiplicazione dei pani, dei pesci e dei titoli derivati: Mario Draghi santo subito (di Alessandro Di Battista)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Esposito ci ricasca: la bufala della registrazione (falsa) del poliziotto che ordina di spezzare le braccia

(Valerio Renzi per Fanpage ricostruisce l’ennesima figura barbina del senatore del PD Esposito. Avanti così, eh)


I fatti di piazza Indipendenza, con lo sgombero di decine di rifugiati dall’immobile di via Curtatone, hanno scatenato roventi polemiche, soprattutto in relazione all’operato delle forze di polizia. In particolare, sotto accusa è finito il comportamento di un dirigente di polizia, ripreso da un video di Fanpage.it mentre arringa i suoi dicendo: “Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio”. Una versione contraddetta dal senatore del Pd Stefano Esposito, che attraverso i suoi profili social rilancia un “documento alternativo”, ovvero una presunta versione “integrale” delle parole del dirigente di polizia.

 

La trascrizione del dialogo che difende la polizia, di cui non c’è l’audio
Secondo Esposito, dunque, il dialogo fra un celerino e il dirigente sarebbe stato il seguente:

“Dottore questi ci stendono, vede quanti sono? Noi siamo solo in dieci e loro hanno bombole di gas e sampietrini”. “Ragazzi lo dobbiamo fare, ce lo hanno ordinato e non possiamo tirarci indietro. Quando saremo li in mezzo, saremo soli, noi dieci contro loro cento. Il primo obiettivo è portare a casa la nostra pelle e quella del nostro fratello nel casco accanto. Allora se iniziano a lanciare di tutto spezzategli le braccia ma portate la pelle a casa”.

Una versione dei fatti di cui non ci sono riscontri, rilanciata anche da il Giornale (che parla genericamente di registrazione diffusa sul web), che rimbalza tra gruppi Facebook e catene WhatsApp. Sollecitato dalle domande di chi mette in dubbio la veridicità di questa ricostruzione, Esposito si difende dicendo di aver usato il condizionale e spiega che a fornirgli la trascrizione è stato il segretario Piemonte del sindacato di polizia Siulp, “persona seria che non ha mai raccontato balle”. Ma dell’audio ancora nessuna traccia, mente noi di Fanpage.it possiamo confermare di non aver effettuato alcun taglio e di aver diffuso il video integrale dei concitati momenti della carica a Termini.

La ricostruzione della carica contro i rifugiati alla stazione Termini
Non solo il dialogo appare particolarmente prosaico e letterario per essere avvenuto in un momento così concitato, ma soprattutto la situazione descritta è molto diversa da quello che stava accadendo. È giovedì 24 agosto e sono circa le 13.30. Un gruppo di rifugiati sgomberati da piazza Indipendenza, qualche decina sostenuti da attivisti delle rete antirazziste si muovono in un piccolo corteo tra strade e marciapiedi essendo stati definitivamente allontanati dalla piazza.

Arrivati nei pressi della Stazione Termini la situazione si fa tesa: l’idea è quella di accamparsi davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore a piazza dei Cinquecento, ma le forze dell’ordine chiariscono che non lo permetteranno, chiedendo ai rifugiati di ripiegare sui giardinetti della stazione se proprio vogliono “megafonare”. A quel punto, proprio da piazza dei Cinquento arriva un altro plotone di polizia che carica i manifestanti disperdendoli tra i capolinea. Proprio in quel momento si sente l’invito del dirigente a “spezzare le braccia”.

È una fase molto diversa della giornata rispetto alle prime ore del mattino, quando i rifugiati sgomberati dal palazzo di via Curtatone reagiscono all’ordine di liberare i giardini di piazza Indipendenza, lanciando oggetti contro le forze dell’ordine comprese bombole del gas, come testimoniato dai video resi pubblici dalla questura di Roma e diffusi da tutti i mezzi d’informazione. Episodi per cui già sono stati eseguiti quattro arresti. Dispersi con idranti e manganelli,, costretti a lasciare i loro averi sulla piazza liberata dalla loro presenza, in quel momento i manifestanti non sembrano rappresentare un pericolo per l’incolumità delle forze dell’ordine

Sciaccallaggio. Dice Esposito.

L’accusa più ridicola che sia stata rivolta a Civati e a quelli come lui che ancora difendono un minimo di umanità in politica, in queste ore, è quella di sciacallare sulle dichiarazioni del partito del governo nella sua rincorsa affannosa alla destra più estrema. Lo ha fatto il senatore Esposito, senza smentire l’enormità che aveva diffuso a mezzo televisivo.

Loro dicono cose dell’altro mondo, speculando su qualsiasi argomento legato all’immigrazione, e se glielo fai notare lo sciacallo sei tu. In realtà, lo sciacallo interviene sulle sventure altrui. Quindi hanno per certi versi ragione, a patto di accettare che la loro, appunto, sia una sventura. Una tragedia culturale e politica.

Banalizzare, criminalizzare, purché non se ne parli: il metodo No Tav applicato ai No Tap

Accade così: si alza la polvere facendo in modo di convincerci che la polvere sia il lascito dei violenti, si formano le squadriglie di picchiatori politici contro “quelli che dicono no a tutto”, si scialacqua solidarietà un po’ a caso in favore delle forze dell’ordine anche quando non ci sono disordini e si sventola il feticcio del progresso inevitabile (o del thatcheriano “non c’è alternativa”) per chiudere il discorso.

Ma il discorso, quello vero, quello che parte delle analisi e che per svilupparsi dovrebbe comprendere anche la possibilità che i decisori diano risposte convincenti, quel discorso in realtà non avviene mai. Ora ci manca solo che si faccia male qualcuno e poi anche i “No Tap” sono cotti a puntino per diventare la forma contemporanea dei “No Tav” in salsa pugliese. Le mosse piano piano si stanno incastrando tutte e anche l’ultimo tweet del senatore del PD Stefano Esposito (“Ogni giorno che passa i #NOTAP assomigliano drammaticamente ai #notav un grazie alle nostre #FFOO”) certifica che il processo si avvia a dare i suoi frutti.

Negli ultimi due giorni risuona soprattutto la barzelletta degli ulivi: “i no Tap? ambientalisti preoccupati per qualche manciata di alberi che verranno prontamente rimessi al loro posto” dicono più o meno i banalizzatori di partito. E fa niente se le ragioni della preoccupazione siano tutte scritte in un parere del 2014 di ben 37 pagine dell’Arpa protocollato dalla Regione Puglia (lo trovate qui); non importa che l’Espresso abbia raccontato come (ma va?) gli interessi particolari delle mafie abbiano messo qualcosa in più degli occhi sul progetto (è tutto qui) e non importa nemmeno che le motivazioni della protesta non siano contro il progetto in toto ma sulla località di approdo che era la peggiore delle soluzioni possibili: l’importante è che la protesta No Tap possa essere messa velocemente nel cassetto dei signornò e si divida subito tra le solite fazioni.

A questo aggiungeteci l’italica inclinazione alla servitù (come nel caso della viceministra Bellanova, PD, che si diceva contraria da candidata e ora seduta sulla poltrona da viceministro se la prende con Michele Emiliano perché si occupa più della sua regione piuttosto che della fedeltà agli ordini del capo) e vi accorgerete che di tutto si parla tranne che dell’analisi del dissenso.

 

(continua su Left)

Toh, il PROTAV Esposito è stato condannato per diffamazione contro 4 NOTAV

Il senatore ed ex assessore a i trasporti di Roma (più vari incarichi che ricopre contemporaneamente) Stefano Esposito è stato condannato questa mattina per diffamazione nei confronti di 4 notav.

Un processo lungo e anomalo, dove la PM Quaglino ha tentato in più riprese di cambiare le carte in tavola, mettendo sotto accusa i notav piuttosto che il vero imputato, arrivando a chiedere l’assoluzione di Esposito nei confronti di due dei notav, non ritenuti, in quanto particolarmente esposti (Lele Rizzo e  Luca Abbà), “affidabili” e quindi meritori. Un punto di vista al quanto bizzarro.

Sta di fatto che dopo tante anomalie, sopratutto rilevabili nella tempistica e ben spiegate qui, il processo aperto l’11 aprile 2014 si è concluso con una condanna per Esposito per diffamazione a 600€ di multa, il pagamento delle spese legali e processuali e il pagamento delle provvisionali di 20.000€ in totale, ovvero 5000€ a testa per i quattro notav, Dana, Luca, Luigi e Lele.

Un ottimo risultato ottenuto grazie alle capacità e alla caparbietà del pool di avvocati notav, e anche, permetteteci di dirlo, della presenza di un giudice che non si è lasciato influenzare dal ruolo del senatore e dal codazzo di scorte e poliziotti che si porta appresso.

Diciamo anche da subito che non è la libertà di espressione ad essere messa in discussione, come probabilmente diranno Esposito e i suoi legali, non c’entra nulla. Qui c’era in discussione l’estrema libertà e impunità di un politico che più volte ha indicato con nomi e cognomi i notav addossando loro ogni tipo di responsabilità (grazie anche all’estrema confidenza con le forze dell’ordine, ammessa in aula dallo stesso senatore). I notav, che di processi e condanne ne hanno a decine, in tempi ben più celeri e con condanne ben più elevate, non hanno fatto altro che utilizzare uno degli strumenti preferiti dal senatore, che per una volta gli si è ritorto contro. Lecito e legittimo.

Esposito diceva ai giornali poco tempo fa” vedrete che finisce come per Erri De Luca“: Ste…no, non è andata così.

(fonte: notav.info)

I deliri del’Assessore Esposito (sì, lui, il tifoso pro TAV)

esposito-romaQuanto segue è la trascrizione dell’incontro concesso oggi dall’assessore alla Mobilità di Roma Stefano Esposito (sì, quello che era ultrà, è pro Tav, canticchia canzoni da stadio alla radio, è senatore e recentemente è stato mandato da Renzi a aiutare il sindaco di Roma) ai delegati di una serie associazioni, tra cui #Salvaiciclisti. Sono certo che troverete, nella lunga trascrizione (della cui divulgazione prendo ogni responsabilità e non svelo la fonte, tutelato dalla legge n°69 del 1963). In breve però vi anticipo che secondo l’assessore Esposito le bici non possono andare per strada, che hanno bisogno di ciclabili protette e quindi non autorizzerà “neanche un centimetro di bike lanes”, e che – a sorpresa – ha dovuto fermare la progettazione del Grab, il Grande raccordo anulare delle bici, che invece era stato salutato dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, e dal ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio, come un’opera fantastica, da realizzare entro il Giubileo.
A voi la lettura e le considerazioni: spero che abbiate tempo e voglia di divulgare con ogni modo possibile questa interessante, illuminante e sconcertante conversazione con un politico della seconda metà del Novecento.

[Apertura dell’incontro, saluti, presentazioni eccetera]

#salvaiciclisti: “Come facciamo a far in modo che le persone non abbiano la necessità di usare l’automobile?”

Esposito: “Questa è una cosa che dovete fare voi!”

#salvaiciclisti: Ma noi già lo facciamo, dovete farlo anche voi!”

#vivinstrada: “Gli interventi per la riduzione del traffico devono essere sostenuti da un’adeguata campagna di comunicazione. Ed è l’unico accordo che era stato raggiunto con l’Agenzia per la Mobilità che aveva garantito le risorse e le competenze”

Esposito: “I lavori si sono interrotti perché non ci sono i soldi. Io sono arrivato e ho trovato i conti a zero. Adesso con il Giubileo un po’ di soldi li troviamo per fare delle zone 30 (limite di velocità di 30 km/h, ndr). Ma non c’è un vero piano. Sono dei palliativi. C’è un titolo, e la segnaletica verticale. Ma in realtà le zone 30 se non le controlli in maniera elettronica non fai le zone 30. C’è una certa ritrosia ad usare gli autovelox”

#vivinstrada: “E anche i tutor?”

Esposito: “I tutor costano”

#vivinstrada: “Si possono fare in leasing”

Esposito: “A Roma le competenze non ci sono. I vigili hanno detto chiaramente che se non ci sono 10.000.000 di euro per gli strordinari loro non lavorano. Io ho chiesto un nucleo di 600 vigili per l’assessorato alla Mobilità. Il Comandante Clemente mi ha risposto di mandare la lettera per aprire una trattativa sindacale. Io le cose da fare ce le ho abbastanza chiare: così come, ad esempio, ho dovuto fermare la progettazione del GRAB. Hanno concepito le piste ciclabili come se fossero due linee tracciate per terra. Non possiamo fare a Roma delle ciclabili non protette”

#vivinstrada: “Ma le bike lanes noi le DOBBIAMO fare”

#isfol: “Ma il punto è la volontà politica. A Londra chiudono le strade e nelle ore di punta possono passare solo autobus e biciclette. E questo è a costo zero.”

Esposito: “Ma voi non potete non vedere qual è la situazione del traffico a Roma!”

#salvaiciclisti: “Ma veramente noi la vediamo tutti i giorni!”

Esposito: “A Roma la mobilità è fuori controllo. Non c’è un piano per la mobilità che abbia un senso (sic!)”.

#salvaiciclisti: “Ma il piano per la ciclabilità esiste dal 2008″

Esposito: “Ma ne ho parlato anche con [omissis] domenica, gli ho spiegato qual è il punto: qualcuno che ha progettato un GRAB a tempo. Che passa nei parchi che di notte sono chiusi: il GRAB è questo. Ma per tornare alle bike-lanes, io non faccio una bike lane che non sia protetta perché non intendo avere i morti gratis sulle strade. Le ciclabili devono essere protette. Altrimenti ditemi: dove dovrebbero passare le biciclette?”

#salvaiciclisti: “Sulla strada”

Esposito: “Sì, ma fatemi un esempio, sulla Colombo una bike lane dove la facciamo? Non vi nascondo che io ho dei dossier che sono, dal mio punto di vista, molto più urgenti: devo far funzionare ATAC durante il Giubileo. Io capisco il vostro punto di vista ma vi invito a non fare voli pindarci: 1) sulla mobilità privata non potremo mettere le mani, in assenza di un servizio pubblico degno di questo nome; 2) tutta la questione, messa in campo dal sindaco per il Giubileo, riguardo la questione del GRAB, qualcuno aveva raccontato che si aprirà a dicembre: non si aprirà nulla; 3) intendo rivedere tutte le piste ciclabili presenti, quelle sui marciapiedi – le ciclopedonali – per la mentalità romana non possono funzionare”

#salvaiciclisti: “Ma certo, le biciclette devono andare in strada!”

Esposito: “Ma non si può!”

#salvaicilisti: “Ma no, DEVONO andare sulla strada”

Esposito: “Se un ciclista vuole andare sulla strada lo fa a suo rischio e pericolo. Io devo metterli nelle condizioni di andare su delle corsie… a me questa cosa delle bike lanes mi convince poco. Abbiamo fatto un sopralluogo per le bike lanes, si possono spostare i parcheggi verso l’interno per garantire il passaggio delle bici. Ma io non vado a restringere corsie dove già ci sono tempi di attesa di 15 minuti”

#salvaiciclisti: “Ma se non si fa questo non si va avanti”

Esposito: “Eh lo so, su questo abbiamo approcci diversi”

#salvaiciclisti: “Questo lo sappiamo”.

Esposito: “Conosco la vostra filosofia ma su Roma io non mi metto a incolpare ulteriormente la viabilità (privata, ndr) se non ho dato risposte precise, certe su una mobilità pubblica degna di questo nome”

Associazione vittime della strada: “Va bene, allora fino ad ora ci ha detto cosa non si può fare. Adesso abbiamo anno e mezzo: cosa si può fare nel prossimo anno e mezzo?”

Esposito: “Ciclabili protette, fuori dal contesto GRAB”

Associazione vittime della strada: “Quanti Km?”

Esposito: “Non lo so, non mi sbilancio. Il punto è che qui la filosofia è ‘strisce per terra’. Io non mi assumo la responsabilità a Roma di fare bike lanes senza protezione (fioriere, macchine che spostiamo). Il fatto è che non c’è lo spazio”

#vivinstrada: “Ma perché non facciamo almeno delle sperimentazioni? Noi siamo SICURI che questa sperimentazione sarà positiva. Lei faccia il progetto per le ciclabili protette. Ma sperimentiamo anche le bike lanes segnate in terra”

Esposito: “Io la bike lane non ve la faccio. Ve lo dico con molta franchezza. Con me assessore non ci sarà un solo cm di ciclabile disegnata in terra”

#vivinstrada: “Ma neanche se lo chiedono i ciclisti?”

Esposito: “Ma voi potete chiedere quello che volete, ma poi che succede se vi ammazzano su quelle piste, bike lanes o come si chiamano?”

#salvaicilisti: “Ma veramente ci ammazzano se non ci sono…”

Esposito: “Allora lo dico in maniera cinica. Oggi un ciclista che sceglie di andare in strada rischia di essere ammazzato ok? Se io realizzo una bike lane e la bike lane non è protetta dalla cultura che c’è a Roma e in Italia, poi ci sarà un magistrato che viene a cercarmi. E io – ve lo dico con molto affetto – non mi faccio venire a cercare, chiaro? Questo è il punto. Mi devo portare sulla coscienza la gente che viene arrotata?”

#salvaiciclisti: “Ma è il contrario! La gente viene arrotata perché non c’è niente”

Esposito: “Ma se io faccio una bike lane e poi succede qualcosa. Il magistrato viene a cercare me”.

#salvaiciclisti: “Ma c’è anche una responsabilità di ‘non fare’…”

Esposito: “Di non fare cosa?”

#salvaicilisti: “Di non fare niente!”

Esposito: “Ma io non ho detto che non faccio niente. Ho detto che faccio poche ciclabili e le faccio garantite”

#salvaiciclisti: “Ma le biciclette vanno ovunque!”

Esposito: “Io vado in bici a Torino con mio figlio, sono un ciclista della domenica, a Torino le ciclabili sono tutte protette, tranne qualche tratto”

#vivinstrada: “Ma a Roma le ciclabili sono impraticabili. In ogni caso non vorremmo parlare solo di ciclabilità il discorso è molto vasto”

Esposito: “Per quanto riguarda i pedoni si può fare un piano di rifacimento della segnaletica a terra”

#vivinstrada: “Il minimo sindacale. Li possiamo fare gli attraversamenti rialzati?”

Esposito: “Non ce n’è nessuno in programma. Considerate che a Roma adesso ho una pedonalizzazione in corso non mi ricordo il nome della via, dove c’è l’antiterrorismo, mi ha detto il prefetto che la pedonalizzazione crea dei problemi di sicurezza”.

#vivinstrada: “Quindi la pedonalizzazione è pericolosa?” (ndr: raccontatelo ai responsabili sicurezza della Casa Bianca)

Esposito: “La pedonalizzazione non si può fare, ci vogliono i controlli elettronici”

#vivinstrada: “O anche umani…”

Esposito: “Ma io non li ho. Fate quello che vi pare, fate la rivolta, ma io i vigili non li ho”

[…qua c’è un lungo pippone sui vigili che non lavorano e sulle mamme che accompagnano i bambini a scuola a Porta San Sebastiano…]

[ Sul finire ]

Esposito: “Non è che il modello Roma lo cambi in 20 giorni. Bisogna mettersi in testa che prima di cambiare la testa ai romani bisogna cambiare la testa della struttura”

#salvaiciclisti: “Noi la testa dei romani la cambiamo, facciamo i BikeToSchool, accompagniamo i bambini a scuola, ma la struttura dovete cambiarla voi”

#vivinstrada: “Allora non si tratta solo di cultura, si tratta di anche di governo”

Esposito: “Non mi chiedete di fare i miracoli. Ci vuole tempo. Ci vuole anche il duro braccio della legge. La legalità! Il punto è come si è arrivati a Roma a questa situazione di illegalità…”

#salvaiciclisti: “No, la domanda è come si è arrivati ad avere tutte queste automobili…”

Esposito: “No, vabbeh: ma questa è una posizione ideologica”

[…pippone su privacy, uso dei tutor e risorse a disposizione…]

[…infine mentre ci alziamo per andare via…]

Esposito: “Allora va bene, io vi convoco la consulta. Io però sono qui per fare delle cose, non sono l’interlocutore per la prospettiva”

(fonte)

Illuminati sulla strada della TAV

attenti al tavAll’integralista piddino Stefano Esposito (quello che ci ha riempito di bufale tecniche e allarmismi sconsiderati sulla protesta dei No Tav) ieri è arrivata un’illuminazione: a queste condizioni, dice, l’opera è antieconomica. Scemi noi allora a non esserci spiegati per benino e per tempo, si vede.