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La Svizzera nella preistoria dell’antimafia

Per tutti quelli che vedono l’Italia come fanalino di coda di qualsiasi cosa e in primis nell’applicazione delle leggi vale la pena sottolineare come in Svizzera (angolo tanto caro alle mafie che nascondono i soldi in mezzo a tanti soldi perché si notino il meno possibile) sia praticamente impossibile condannare una persona per “associazione mafiosa”. Lo spiega bene il procuratore generale della Confederazione, Michael Lauber:

“La semplice appartenenza ad un’organizzazione criminale non è sufficiente per una condanna”, precisa Lauber in un’intervista diffusa oggi dalla “NZZ am Sonntag”. Bisogna provare che la persona abbia sostenuto concretamente l’organizzazione con attività criminali.

Nell’autunno 2012 è stata presa una decisione di principio sul tema. Da allora, vengono aperte procedure solamente in presenta di fatti provati. “In tutti gli altri casi, non apriamo procedure. Non possiamo più partire all’avventura”, ha detto il procuratore.

Lauber propone al Parlamento di modificare la legge, in modo da rendere la lotta al crimine organizzato più efficace. “L’articolo del Codice penale svizzero sulle organizzazioni criminali è molto difficile da applicare alle strutture mafiose”, ha sottolineato.

Finanche gli svizzeri se ne accorgono

Raccogliere prove su organizzazioni criminali, ben strutturate e accorte, è molto difficile e costoso. Ci vorrebbero procedure più vicine alla realtà e soprattutto più mezzi, anche moderni. Penso ad esempio all’intercettazione o alla sorveglianza.

(Nicolas Giannakopoulos, presidente dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata di Ginevra, intervistato qui)

Ndrangheta in Svizzera. Ovviamente.

Svolgeva indisturbata i propri traffici da 40 anni in Svizzera, ma conservava un rigido legame con la base in Calabria, la cosca scoperta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria che hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo della Dda nei confronti di 18 persone con l’ausilio delle autorità elvetiche.

L’organizzazione criminale operava nella città svizzera di Frauenfeld, capoluogo del Cantone elvetico di Turgovia. Dalle indagini è emerso che l’organizzazione, legata al “locale” di Fabrizia (Vibo Valentia) ed ai Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica, è di fatto un clone del modello calabrese ed è strettamente dipendente con l’organismo di vertice in Calabria. Anche dal punto di vista gerarchico, la cosca svizzera ha riprodotto la struttura calabrese con riferimento a ruoli, cariche e gradi ed agli incontri in “società” con le stesse modalità, formule e rituali. 

C’era dunque una suddivisione “verticale” tra “maggiore” – di cui fanno parte gli esponenti più anziani e con pregressa militanza nelle cosche reggine – e la “minore” di cui fanno parte gli esponenti di più recente affiliazione. Nel corso delle riunioni, il presunto boss Antonio Nesci impartiva le disposizioni per la conduzione delle attività illecite, incitando i più giovani ad occuparsi del traffico di droga (“chi vuole lavorare può lavorare, c’è il ‘lavoro’ su tutto: estorsioni, coca, eroina! 10 chili, 20 chili al giorno ve li porto io! Personalmente!” – si sente nelle intercettazioni). Altri riferimenti ad attività delittuose sono emersi dalle intercettazioni, quando i presenti facevano riferimento ad altri “locali”, a ‘ndrine ed a regole mafiose, a contrasti con altri “locali”, alla dipendenza da Fabrizia, ad omicidi ed estorsioni la cui decisione era demandata a chi disponeva di cariche speciali (“se dobbiamo parlare di omicidi, di estorsioni, ci riuniamo quei tre, quattro, cinque, come ho sempre detto”).

Le indagini dei carabinieri hanno consentito di individuare associati, ruoli e cariche, ma, soprattutto, di verificare la dipendenza della cosca dal “Crimine” calabrese grazie a Giuseppe Antonio Primerano, indicato come il capo del Locale di Fabrizia e dipendente dal “Crimine” Domenico Oppedisano, già coinvolto nell’inchiesta denominata, appunto, “Crimine” nel cui contesto è stato condannato a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa. Da quella indagine, secondo l’accusa, era emerso il ruolo apicale di Primerano e la sua influenza nella risoluzione delle controversie criminali, anche internazionali. E proprio a Primerano, Nesci doveva far riferimento per ottenere l’autorizzazionead estendere il dominio territoriale anche in altre località tra cui Singen – comune tedesco del Baden – Wuttemberg. E dopo il suo arresto gli affiliati svizzeri avevano dato il via ad una colletta per la sua famiglia.


L’operazione, denominata “Helvetia”, è stata avviata la notte scorsa quando i carabinieri hanno avuto conferma della presenza in Calabria di Antonio Nesci in compagnia di Raffaele Alòbanese, di 60 anni, anch’egli sottoposto a fermo.

(link)

Terroni e fili spinati

So che ultimamente lo sto citando spesso ma non posso che essere d’accordo con quanto scrive oggi Alessandro:

Ma a me il ritorno agli stati nazionali dell’Ottocento – confini, muri, chiusure, fili spinati, gente che urla contro lo straniero – fa un po’ sorridere: mi sembra un tentativo di fermare il mare con le mani. Le tecnologie ci portano ogni giorno di più nella casa comune, i ragazzi vanno all’estero con l’Erasmus e non solo, questo straccio di post lo possono leggere pure in un cyberbar di Dakar.

Insomma non è cosa.

La scommessa semmai è provare a fare, gestire e governare in modo umanista l’altra cosa, cioè lo stare insieme. E mai come adesso mi vengono in mente i rompiscatole che di sovranità democratica transnazionale parlano da anni, ma anche gli utopisti tipo Jacque Fresco, Emery Reves o Daisaku Ikeda: gente che oggi vediamo come strampalata, domani chissà.

Bobo Maroni: razzista (e imbecille) a comando

Interior Minister Roberto Maroni puts hi«La Svizzera non può considerare i lavoratori lombardi come dei topi. Sono dei lavoratori che operano oltre confine, hanno una dignità che va rispettata». 

La frase è di Roberto Maroni e questa volta gli sporchi terroni sono gli italiani che in Svizzera vorrebbero stessero a casa loro. Senza entrare nella complessa questione dei frontalieri (che abbiamo seguito e approfondito già dalla scorsa legislatura in veste tutta politica in Consiglio Regionale) la dichiarazione di Maroni rasenta l’imbecillità del credo leghista che frana davanti agli interessi elettorali. Leghisti al contrario con il culo degli altri. Roba da funamboli. O da imbecilli. O da leghisti.

Le formiche svizzere e la difesa del territorio

Poche settimane fa in Svizzera si è votato per alcuni referendum (ce lo racconta Massimo Pillera): …riguarda la limitazione a costruire seconde case o case vacanza. Un vero e proprio limite che impedisce di fatto la costruzione nelle zone di montagna e nelle valli, limitando al 20% di un Comune l’area di potenziali costruzioni. Poiché ogni Comune ha già delle seconde case, le possibilità rimanenti in tutta la Svizzera sono molto limitate. Formiche al lavoro quindi che impediscono la cementificazione del territorio già complicata in quel paese. Pensate che prima di farsi approvare un progetto per edificare, è necessario “piantare i pali”, cioè simulare ciò che verrà costruito, con dei pali che descrivono esattamente larghezza, lunghezza ed altezza del progetto. In questo modo chiunque vive nelle vicinanze può capire se la costruzione simulata da questa leggera impalcatura virtuale, può toglierti panorama, o impedirti di vedere altre case, o limitarti ore di esposizione al sole. Il cittadino quindi può impedire la realizzazione di questo progetto oppure, decidere di non ricorrere se il costruttore risarcisce l’eventuale danno. Possono opporsi naturalmente anche organizzazioni di quartiere o associazioni che abbiano interesse culturale a mantenere un assettopanoramico storico. Insomma una Valutazione di impatto ambientale strategica affidata direttamente ai cittadini ed ai residenti della zona. Solo dopo aver superato questo test, è possibile richiedere al Comune tutte le autorizzazioni a costruire. Grazie a questo sistema, oggi esiste in Europa un territorio come l’Appenzell, che visto dall’alto appare come enorme distesa di verde cangiante inframmezzata da cime e laghi, con qualche villaggio e casette inserite qua e là, collegata da piccole striscioline mai lineari che rappresentano le strade. Una regione dove le case sembrano quelle delle favole, poiché le abitazioni non superano l’altezza di un metro e ottanta centimetri (per esigenze di riscaldamento e non spreco energetico). Un posto dove anni fa il megacampione di Formula 1, Michael Schumacher, voleva costruire una villa con annesso circuito di prova per auto e dopo aver “piantato i pali” fu costretto a scappar via perché altrimenti il popolo li avrebbe piantati chissà dove.

Eppure la costruzione avrebbe comportato interessanti investimenti, indotto turistico, esposizione mediatica (pensate alla villa di Clooney sul lago di Como), a fronte di un raro disagio dal suono “roarr” che il pilota avrebbe provocato durante le sue poche permanenze nel luogo. Invece niente, nonostante il clamore austro-elvetico sulla vicenda il Campione non riuscì ad ottenere alcuna autorizzazione. Gli appenzellesi difesero il silenzio e l’aria pulita di quei luoghi, come i loro antichi parenti. Ancora oggi per tradizione, in Aprile, le votazioni cantonali ed i referendum si tengono nella piazza all’aperto e per alzata di mano, anzi di spadino.

Tanto per dire le differenze. No?

Si sbilancia anche la Svizzera

Sull’imbecillità di questa manovra anche gli svizzeri perdono il loro leggendario aplomb. Ora Berlusconi cerca – improvvisamente – di spacciarsi per un grande statista, che, per salvare la nazione dalla cattive conseguenze della speculazione e della crisi causata dall’estero, persegue un programma di draconiana austerità. E non si ferma nemmeno davanti alla bugia che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani e quindi che avrebbe fatto ricorso al «contributo di solidarietà» previsto inizialmente per i redditi più alti. In realtà il «piano di austerity» procede non solo con massicci tagli alla spesa pubblica, ma, soprattutto, con le entrate fiscali. Se volete farvi del male l’articolo completo lo potete leggere qui.