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Agosto 2013

La mia intervista per lindifferenziato.com

Rubrica mensile del portale www.lindifferenziato.com

Nel 2009 ha messo in scena il suo spettacolo Do ut Des, sui riti e conviti mafiosi. A causa delle minacce mafiose ricevute a seguito della messa in scena della sua opera, gli è stata assegnata una scorta. Proprio in questi giorni è stato svelato da un pentito un piano della ndrangheta per eliminarla. Qual è la cosa che le manca di più della vita “normale”? Nei momenti di sconforto cosa le da la forza per andare avanti e cosa pensa per farsi coraggio?

Devo confessare che trovo molta normalità nella vita che faccio e sono più portato a scandalizzarmi per la pavidità diffusa; non per eroismo o per inseguire il superuomo, per carità, ma perché continuo a credere che l’isolamento sia sempre provocato dal silenzio dei giusti piuttosto che dal rumore dei “cattivi”. Certo c’è un’intimità che diventa molto più complicata e una programmazione da cui non si può sfuggire ma la privazione vale la lotta. Per questo quando mi capita un momento di sconforto posso pensare che l’appoggio delle molte persone che mi leggono o vengono a vedermi a teatro è una protezione che non posso deludere.

Come spiegherebbe ad un bambino cosa è la mafia?

Quando tre o più persone si mettono d’accordo, con mezzi e metodi fuorilegge, di arricchirsi impoverendo tutti gli altri. La mafia è egoismo organizzato in un tempo di solidarietà parecchio sgangherata.

Nel 2012 ha scritto un libro “L’Innocenza di Giulio”. Nella sua presentazione sostiene che “legittimare l’illegalità è la sfida della politica italiana. La vicenda Andreotti è il simbolo di una storia che parte da lontano, sale su fino agli albori della Repubblica e scivola fino a oggi, alle leggi fatte apposta per fermare i processi e alla prescrizione dei reati. Prescritto è diventato sinonimo di innocente.” Cosa pensa quando sente dichiarare in tv o sui giornali che Giulio Andreotti era innocente ed è stato un perseguitato politico? Come crede sia possibile il fatto che la maggioranza degli italiani ritengano veritiera questa opinione?

Proclamare continuamente l’innocenza di Giulio Andreotti è un metodo per discolpare gli italiani e per questo la sentenza manipolata viene accolta spesso con un moto quasi di sollievo. La maggioranza degli italiani ha trovato comodo credere a ciò che le veniva raccontato da una larga parte (servile) dell’informazione perché accettare il verdetto televisivo costava poca fatica e non richiedeva un particolare allenamento del muscolo della curiosità; muscolo parecchio atrofizzato in questo Paese.

Recentemente sul suo blog ha scritto: “Puttana la cultura. E’ la vera prostituta del Parlamento. E non solo. Nei Consigli Regionali e in centinaia di Comuni grandi o piccoli. La Cultura è la puttana che tutti usano per garantirsi un aplomb responsabile e intellettuale in campagna elettorale o mentre si sta all’opposizione e che viene poi lasciata appena ci si ritrova a governare in un posto qualunque. A parole la scopano tutti ma poi in fondo non la vuole nessuno. Perché la Cultura richiede sacrificio, chiede che ci venga messa sopra una testa pensante prima di qualsiasi decisione e la Cultura ha bisogno di avere lo spessore politico di sapere giudicare al di fuori delle tonnellate, dei trend, dei risultati finanziari e del “ce lo chiede l’Europa”. Alla luce di questa sua denuncia, quanto reputa profonda la crisi culturale che attanaglia l’Italia? Vede una via d’uscita a questa situazione?

La crisi che stiamo vivendo è soprattutto culturale. Lo sentiamo ripetere da anni, l’abbiamo letto benissimo tra le pagine di Pasolini, lo manifestiamo spesso nelle piazze o nei convegni eppure non riusciamo a declinare l’indignazione in azione. Ci siamo affidati all’economia credendo che l’etica dei numeri non chiedesse la responsabilità di una guida culturale e oggi paghiamo il prezzo di una mancata capacità di elaborazione di pensiero collettiva.

Nell’estate del 2011 ha lasciato l’IDV ed è approdato in Sel “per contribuire a costruire il cantiere della sinistra”. Quanto dovranno aspettare ancora gli elettori di centro-sinistra per veder nascere realmente questo cantiere?

Questa è la domanda più difficile: stiamo aspettando Godot.

Le propongo un gioco molto semplice: le scrivo dei nomi e lei mi dice quale personaggio cinematografico o letterario le fanno venire in mente, spiegando brevemente i motivi dell’accoppiamento.

Matteo Renzi: una tartina da aperitivo. Stuzzica ma non sfama. Non scomoderei cinema e letteratura.

Giovanni Falcone: Ulisse. Solo che non siamo stati capace di farlo tornare a casa.

Silvio Berlusconi: un bravo che è riuscito a diventare Don Rodrigo.

Roberto Calderoli: uno gnu del monologo di Fo. Corre solo per fare polvere.

Giorgio Ambrosoli: credo che Stajano l’abbia raccontato meravigliosamente. Giorgio Ambrosoli è quel Giorgio Ambrosoli.

Giorgio Napolitano: Gargantua. Onnivoro al di là della giusta misura.

Beppe Grillo: uno Zanni, che non riesce ad educarsi.

Toto Riina: un bluff. Sta ai boss come Moccia sta all’amore.

Peppino Impastato: per l’antimafia è un vangelo che qualcuno vorrebbe apocrifo.

Antonio Gramsci scriveva che “ L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.” In che misura la nostra società è indifferente e omertosa?

E’ il vero cancro di questo tempo: gli indifferenti inutili che si sentono legittimati.

Quali sono i progetti futuri di Giulio Cavalli? Cosa si augura per il suo futuro professionale e cosa spera, invece, per l’Italia?

Sto scrivendo il mio primo romanzo. Sto preparando due nuovi spettacoli. E immagino (e lavoro) per un’Italia all’altezza delle aspirazioni delle sue persone migliori.

La lobby del bene

Arnaldo Capezzuto è giornalista e antimafioso. Sono due buoni punti per leggerlo, di solito, e usare una riflessione sui suoi pezzi. In più è napoletano di Napoli e in questo momento Napoli è molte cose tutte assieme, positive e negative. Ma Napoli è anche una nuova modalità di assegnazione dei beni confiscati che prevede la trasparenza (il totem di questo tempo, nelle pubbliche amministrazioni) e si permette di contestare il rapporto “fiduciario” nell’antimafia. Ed è una cosa buona, buonissima. Le lobby fanno male, nella mafia e nell’antimafia.

Un’industria, quella dell’anticamorra pronta a fare del bene, il loro, e spillare convenzioni dirette, protocolli d’intesa, finanziamenti esorbitanti (senza bandi e controllo pubblico), gestione dei beni confiscati con svariate e fantasiose attività, sportelli, centri di documentazione, biblioteche, festival, manifestazioni, anniversari, monumenti alla memoria tutto chiaramente in nome e per conto della legalità. Del resto la lotta alla camorra e alla sua cultura dev’essere un impegno quotidiano. Non solo interessi di parte ma sopratutto clientele dei soliti amici : i vecchi e i nuovi. Sì, perchè all’ombra della “lobby del bene” si concedono incarichi, contratti, consulenze, chiamate dirette e distacchi retribuiti. Una cinghia di trasmissione del potere che per osmosi accoglie e smista segnalazioni di questo e quel politico che poi si attiverà per l’inserimento di un codicillo o la scrittura di un bando ad hoc. Il tutto a buon rendere.

E’ bastato che il Comune di Napoli, in particolare l’assessorato ai Giovani, bandisse un avviso pubblico(no la solita telecomandata trattativa privata) rivolta ad associazioni, gruppi informali, volontariato organizzato dal basso per assegnare dei beni confiscati attraverso una regolare, trasparente e rara graduatoria che si creasse verso la giunta presieduta dal sindaco Luigi De Magistris un vero e proprio fuoco di fila.

Cosa dire, cosa aggiungere per ora nulla. Il timore è serio. Adesso oltre a liberarci dai clan della camorra dobbiamo difenderci e liberarci dalle “lobby dell’anticamorra”.

L’articolo di Arnaldo è qui.

Non è che abbiamo voglia di delinquere

“Non è che abbiamo voglia di delinquere … Ci si deve dare una mano … non si può pensare che chi deve fare delle cose, specie un gruppo come il nostro, abbia chissà quale interesse a volere effettuare operazioni contro la legge, non se ne capirebbe il motivo … Poi dovremo affrontare il problema delle rocce di scavo (dopo la verifica dell’idoneità della fresa, nda), capendo quale legislazione dobbiamo rispettare.”

Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato

Per capire di cosa si parli basta andare a leggere qui.

La camorra a Brescia

La Dda di Brescia è convinta che nella provincia esista un’imprenditoria gestita da elementi legati a clan camorristici, attraverso una rete di «teste di legno». In un rapporto degli inquirenti, si parla di «collegamenti personali ed economici tra l’organizzazione criminale camorrista bresciana, nonchè tra membri della cosiddetta Alleanza di Secondigliano ed alcune imprese commerciali medio-piccole aventi natura lecita».
Usura, estorsioni, ricettazione, traffico di droga sarebbero le attività che danno profitti al gruppo di origini napoletane.
Un gruppo – sostengono gli inquirenti – attualmente « in stretto contatto con l’associazione criminale denominata Alleanza di Secondigliano, composta dalle famiglie camorriste campane Licciardi, Mallardo, Bocchetti, Contini, Lo Russo e Giuliano, risultate vincenti nella guerra che le vide contrapposte alle famiglie Misso e Mazzarella».
La Dda è sicura che la cocaina che passa per Napoli, che arriva al mercato della nostra città sia fornita, in «via esclusiva», dal gruppo bresciano.
Cocaina, ma anche eroina e hashish.
Ma la specialità della “camorra bresciana” sarebbe l’acquisizione di attività imprenditoriali, attraverso prestiti ad usura (con tassi fino al dieci per cento) ed estorsioni. I malcapitati che non riescono a onorare il debito usuraio, o che non ce la fanno a pagare le richieste del racket si sarebbero visti private della proprietà di imprese finite nelle mani dei prestanome dei camorristi.

I bravissimi amici della Rete Antimafia di Brescia segnalano un articolo (guarda caso) già di qualche anno fa.

Vorrei

Imparare ad avere il cuore pulito. Vorrei imparare a perdonare. Vorrei imparare a trattare la paura per quel poco che conta. Vorrei riconoscermi  sempre ogni volta che mi raccontano senza assistere a proiezioni eroiche o millantatrici. Vorrei imparare a chiedere scusa sentendo anche scuse. Vorrei rispettare tutti, anche quelli più lontani da me senza dovere ogni volta cadere nella trappola del banale per forza. Vorrei avere un cuore e una testa abbastanza grandi per non incorrere nelle semplificazioni.

Vorrei restare umano: tra la resistenza e il silenzio c’è tutto quello che puoi provare ad essere.

#Tifiamoasteroide l’opposizione culturale (a gratis)

Immagine-43A metà mattina ho sentito il telefonino vibrare: era qualcuno che mi menzionava su Twitter. Ero impegnato e non ci ho badato. Sono andato a controllare pochi minuti dopo ed erano i Wu Ming.
Due anni fa li avevo conosciuti di persona, così: «Ma sei a Bologna? Allora stiamo facendo un chiasmo perché noi invece siamo a Pavia».
Un chiasmo. Miracolo che ricordassi dal liceo, per giunta scientifico, che diamine fosse un chiasmo.
Avevo proposto un caffè per l’indomani a Pavia, loro in partenza per tornare a Bologna e io appena rientrato nella mia città. In effetti mi avevano poi chiamato per far colazione: «Ciao, siamo i Wu Ming».
Questo è per dire che sono dei tipi che a volte saltano dei passaggi.

Su Twitter avevano scritto che nominavano «ufficialmente e a sua insaputa» me curatore di una raccolta di racconti che era stata appena immaginata. Ero perplesso ma lusingato. L’hashtag che stavano utilizzando era #TifiamoAsteroide. L’idea, che veniva fuori dal cazzeggio antigovernativo sui social network di Alberto Biraghi, era abbastanza essenziale: un ebook, scaricabile gratuitamente dal celebre sito dei Wu Ming, Giap, fatto di un gran numero di racconti tutti con lo stesso finale. Il finale era semplice ed efficace: un grande meteorite, forse addirittura un asteroide, colpisce e annienta il governo Letta.

La nota/prefazione scritta da Mauro Vanetti per Tifiamo asteroide, l’antologia di racconti che annichilisce il governo Letta e le sue basse intese, e lo fa non una volta, ma cento volte, cento volte cento, cento volte cento volte cento!
A cura di Mauro Vanetti.
Da un’idea di Alberto Biraghi.
Postilla di Wu Ming.
Editing e revisione a cura di Simona ArditoRoberto GastaldoNatale aka VecioBaeordoMauro Vanetti e Alessandro Villari.
Copertina di Luigi Farrauto.
Progetto grafico e impaginazione di Simona Ardito

Il libro si scarica gratuitamente qui.

in PDF e in ePub

A Napoli cadono le Mele

Giuseppe e Salvatore Mele sono fratelli criminali. Comandano la cosca della periferia occidentale di Napoli e da due mesi hanno messo a ferro e fuoco il quartiere dopo la loro scarcerazione di qualche mese fa; le vecchie cosche dei Pesce e dei Marfella andavano “rimesse a posto” dopo avere esagerato nel prendere piede. Storie di Napoli e di camorra che rimangono poco conosciute al di fuori della cronaca cittadina. Ora sono stati arrestati dalla Squadra Mobile e dei carabinieri del Nucleo Investigativo a Pianura e in zona ci si aspetta un nuovo riequilibrio. E noi dobbiamo essere qui ad ascoltare, con attenzione. Le faide fanno poco rumore, in estate.

Cadaveri in spiaggia

Il viaggiare per profitto viene incoraggiato; il viaggiare per sopravvivenza viene condannato, con grande gioia dei trafficanti di “immigrati illegali” e a dispetto di occasionali ed effimere ondate di orrore e indignazione provocate dalla vista di “emigranti economici” finiti soffocati o annegati nel vano tentativo di raggiungere la terra in grado di sfamarli.

Zygmunt BaumanLa società sotto assedio, 2002

Immigrazione: 6 morti a Catania, annegati durante lo sbarco