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E chi protegge le “nostre” donne dai “nostri maschi”?

(da leggere Valentina Saini per Gli Stati Generali)

Sei donne uccise in meno di venti giorni. Da Pamela Mastropietro, ritrovata il 31 gennaio a Macerata, fino a Federica Ventura, accoltellata dal marito venerdì in provincia di Foggia. Quanto a numero di femminicidi, il 2018 non promette niente di buono.

In Italia viene uccisa una donna ogni due giorni. Ma a riguardo gran parte della politica rimane silente. Eccetto quando i colpevoli (o presunti tali) sono stranieri. Allora una fetta significativa della destra insorge, tuonando contro la presunta emergenza immigrazione. Se però i colpevoli (o presunti tali) sono italiani, l’atteggiamento di quella stessa parte politica cambia; niente discorsi tonitruanti né in Parlamento né ai talk-show o sui social media; non ci si preoccupa di difendere quelle che chiamano “le nostre donne”. (Nostre?)

In Italia, e non solo adesso in campagna elettorale, si parla molto di immigrazione. Ne parlano i politici, definendola spesso una vera e propria emergenza nazionale che causa pericolo e insicurezza. Ne parlano i media, non sempre in modo equilibrato. Il risultato è che l’immigrazione non è solo uno degli argomenti più caldi di questa campagna elettorale. È anche la seconda maggiore preoccupazione tra gli italiani dopo la disoccupazione. Secondo uno studio della Commissione Europea, nel nostro continente sono pochi i paesi più preoccupati di noi: lo scorso settembre il 46% degli italiani segnalava una percezione di insicurezzalegata al fenomeno migratorio.

Il tema dell’immigrazione da troppo tempo viene presentato in maniera semplicistica e talvolta persino distorta. Si parla di emergenza, a causa dell’insicurezza che esso genererebbe. Sia chiaro: il desiderio di sentirsi al sicuro è più che normale, e del tutto comprensibile; del resto è proprio quel desiderio che spinge migliaia di persone a rischiare la vita per emigrare.

Ma allora perché non definire un’emergenza anche la mentalità maschilista che in Italia uccide una donna ogni due giorni?

Il maschilismo sta alla base tanto dei femminicidi, delle violenze sessuali e di quelle domestiche (sia fisiche sia psicologiche), che della discriminazione di genere nel suo complesso. Le vittime che miete sono tantissime. Più di quelle che pensiamo, dato che molte donne che subiscono violenze non denunciano i loro aguzzini. E del resto, bisogna dirlo, non è che lo Stato si dimostri sempre particolarmente efficiente o decisivo nell’aiutarle, e ne abbiamo avuto due tragici esempi proprio con questi ultimi femminicidi: due degli assassini erano già stati denunciati per stalking (a quando i benedetti braccialetti anti-stalking?).

L’Istat ha appena diramato dei nuovi dati sulle molestie sessuali, subite da almeno 9 milioni di donne. In Italia si registrano 11 stupri al giorno, per mano di uomini italiani nel 61% dei casi (dati dei primi sette mesi dell’anno scorso). Un quarto degli omicidi è classificato come femminicidio, e mentre il numero complessivo degli omicidi è calato del 39% dal 2011 al 2016, quello dei femminicidi è sceso solo del 14%.

E sia chiaro, quando una donna viene ammazzata in Italia di solito il femminicida non è affatto straniero. Nel 74,5% dei casi, il colpevole è di nazionalità italiana. I casi degli ultimi giorni poi, non fanno che confermare una tendenza che purtroppo i dati mostrano già da tempo: circa il 75% delle donne viene uccisa nell’ambito familiare. Ossia, teoricamente, il contesto in cui ci si dovrebbe sentire più sicuri. Lo stesso vale anche per gli stupri.

Il maschilismo non si limita a discriminare, il maschilismo uccide. Non è un’esagerazione, ma una certezza più che appurata ormai. Chiamatelo machismo, maschilismo, patriarcato, la sostanza è sempre la stessa. È la cultura che predica e promuove la superiorità del maschio, il suo diritto a possedere tutto ciò che vuole, incluse le donne. Che ripristina, in chiave moderna, un mostruoso ius vitae necisque. Una cultura malata, che miete vittime anche fra gli stessi uomini.

Ed è una questione che dovrebbe essere trattata con la serietà e la rilevanza che merita. Perché in modo più o meno accentuato, con conseguenze più o meno gravi (di certo letali una volta ogni due giorni), i suoi effetti colpiscono la metà della popolazione italiana. È un problema che deve essere affrontato da tutta la società in modo compatto: istituzioni, media, scuola, uomini e donne.

(continua qui)