Scrivo un articolo che so già che creerà frastornanti rivoli di tifo da una parte e dall’altra. Ogni volta mi chiedo chi me lo faccia fare di scrivere pezzi così che tornano buoni agli uni per accusarmi di lisciare i no vax e permettono agli altri di dirmi che sono “un servo del potere” che finalmente si è svegliato. Mi permetto di abusare di qualche riga per uso personale ribadendo la convinzione che la guerra vada fatta al virus e non agli strumenti che servono per contrastarlo, come ha detto il presidente della Repubblica Mattarella.
Le leggi e la Costituzione sono una cosa seria, serissima, non l’abbiamo sempre detto? Per un divieto di svolgere cortei sciorinato con tanta leggerezza come sta accadendo in questi giorni in altri tempi leggeremmo lunghissimi editoriali sulla strada ampia, incapperemmo in decine di dibattiti televisivi e, soprattutto, non cadremmo nella tentazione di posizionarci per tifo. Alcuni punti critici forse varrebbe la pena osservarli.
Il bilanciamento tra il diritto di manifestare e altri diritti come quelli sanitari (ma non solo quelli, visto che la circolare allarga a qualsiasi manifestazione) è davvero una competenza solo del ministero degli Interni che possa essere contenuta in poche righe spedite a Prefetti e Questori? Se davvero, come dice l’articolo 17 della Costituzione, una manifestazione può essere vietata “soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” è pensabile che una ministra detti una regola generale senza tenere conto che le variabili concrete sono analizzabili solo caso per caso, per ogni singola manifestazione, coinvolgendo le autorità preposte (come Questura, Prefettura e Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica)?
Una circolare ministeriale non può certe prevedere il singolo caso ma può pericolosamente risultare un condono politico: Lamorgese in quella nota sembra dire a Questori e Prefetti di autorizzare solo presidi pressoché statici per manifestazioni comunicate in anticipo e di usare il pugno duro per tutto il resto. La circolare sostanzialmente dà un indirizzo politico al loro esercizio. E non dovrebbe essere questo un punto di cui dibattere lì dove dibatte la politica (e anche fuori) senza avere paura di essere incasellati da una parte e dall’altra?
Poi c’è la questione sanitaria: svolgere in sicurezza le manifestazioni e non permettere a nessuno di contribuire all’aumento di contagio è sicuramente prioritario per uscire definitivamente dalla pandemia ma non è proprio la ministra Lamorgese la responsabile del rispetto delle regole anche durante i cortei? Si legge da diverse parti che l’urbanizzazione del nostro Paese preveda centri storici con spazi angusti.
La ministra Lamorgese nella sua circolare scrive che “in occasione di tali manifestazioni, si riscontra frequentemente un significativo livello di inosservanza delle disposizioni di prevenzione del contagio, concernenti il divieto di assembramenti, il rispetto del distanziamento fisico e l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie, con potenziale pericolo di incremento dei contagi e, dunque, per la salute dei cittadini”. Se esiste una prescrizione normativa che non si riesce a fare rispettare evidentemente quella norma allora risulta essere inefficace e quindi sbagliata.
Lo so, lo so, qualcuno dirà che sono solo questioni di lana caprina ma uno Stato ha il dovere di agire secondo la legge oppure di promulgare leggi nuove per dare forza alle proprie azioni. Come fa notare giustamente Vitalba Azzolini «se ci sono prove concrete di manovre di destabilizzazione sottese ai cortei no-vax, come qualcuno ipotizza, non basta che il Viminale prescriva di spostarle fuori dai centri storici. Serve fare ben altro, com’è ovvio. E comunque servono motivi “comprovati”, dice la Costituzione».
Siamo tutti consapevoli di essere in un momento storico in cui la compressione delle libertà costituzionali sia dettata dalla straordinarietà del momento ma è concesso vigilare su questa graduale compressione (tra l’altro guidata da un governo che sicuramente piace molto alle élite italiane) e discuterne senza essere additati come negazionisti? Giusto ieri il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni scriveva: «Non sono d’accordo. È una decisione pericolosa e gravida di conseguenze. Se si può lavorare, andare al cinema e a una festa, si deve poter manifestare. Magari impedendo a gruppi di fascisti di assaltare la #CGIL. Ma l’idea che i problemi di consenso si risolvano vietando di manifestare è inaccettabile. Anche quando le ragioni delle manifestazioni non ci convincono, o non ci piacciono proprio. Io per esempio sono del tutto in disaccordo con chi va in piazza contro vaccino e green pass. Ma con il pretesto di colpire #NoVax e #NoGreenpass, non si possono limitare le libertà costituzionali di milioni di cittadini e cittadine di esprimere e manifestare il proprio dissenso. La risposta non è reprimere, ma convincere e vaccinare».
Infine due questioni semplici semplici. Il centro di una città non è il tempio del commercio, checché ne dicano alcuni: il centro di una città è il centro della vita pubblica, sociale e politica. Deviare una manifestazione per concedere ai commercianti di fare cassa è una decisione che decide di propendere per il soldo rispetto alle proprie idee, anche se queste idee in questo momento non ci piacciono per niente.
Le manifestazioni passano per il centro delle città perché altrimenti non le vedrebbe nessuno e il primo obiettivo di ogni manifestazione è quello di manifestarsi e manifestare le proprie idee. Oggi accade con i no green pass, ma se domani dovesse accadere con lavoratori che hanno perso il proprio stipendio o con una manifestazione contro il razzismo? Quando si limitano i diritti poi prima o poi ne facciamo i conti tutti, anche questo lo scriviamo da anni.
Qualcuno dice che si è presa questa decisione per fermare i violenti. Benissimo. Registriamo che il governo ad oggi non ha sciolto Forza Nuova ma ha sciolto i cortei scegliendo la via più facile esattamente come avviene per il vaccino che si potrebbe (e dovrebbe) avere il coraggio di rendere obbligatorio. Forse vale la pena pensarci.