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Non ce la fanno

Il senso di responsabilità del centrodestra sta tutto nelle giornate che abbiamo passato a sorbirci Silvio Berlusconi, intendo a cacciare il suo ultimo trofeo in carriera, inseguendo il Quirinale come se fosse l’ultimo e esclusivo modello imperdibile di un accessorio introvabile che avrebbe accresciuto il proprio prestigio.

Se qualcuno, ottimisticamente sbagliando, ha potuto pensare che quello stallo fosse il tributo dovuto al padrone ma poi si sarebbe finalmente tornati a fare sul serio (come prevederebbe la serietà e la responsabilità della Costituzione), ieri è stato smentito dal tris di proposte “di alto profilo” che ha partorito i nomi di Marcello Pera, Letizia Moratti e Carlo Nordio come papabili presidenti della Repubblica.

L’occasione è stata un’ottima opportunità fotografica anche per mostrare l’unità del centrodestra che non esiste (ma che serve in proiezione delle future elezioni) e per sentire spaventose parole in libertà di Salvini e Meloni, ormai talmente abituati a essere scollegati dalla realtà da dire che Moratti e Lombardia sono stati grandi protagonisti nella gestione della pandemia o che Pera potrebbe essere un ottimo presidente perché ha scritto un libro con il Papa. Di Letizia Moratti proprio su queste pagine abbiamo già raccontato la parabola (da ministra all’Istruzione e sindaca di Milano) che avrebbe teso qualsiasi credibilità politica se non fosse che tra la borghesia milanese la credibilità si può ricomprare al chilo potendoselo permettere. Di Carlo Nordio vale la pena, solo in tempi recenti, ricordare quando ci disse che la pedofilia è “un orientamento sessuale”. Ma si sa che dalle parti di Silvio normalizzare e invertire le sessomanie è un esercizio praticato da anni. Marcello Pera indicò la legge Zan come “un suicidio dell’Occidente” e da ministro durante un suo viaggio in Spagna bollò il matrimonio gay come “nessuna conquista ma solo un capriccio”.

Molti editorialisti concordano nel credere che il tris in realtà sia un bluff (sempre a proposito di responsabilità) per estrarre dal cilindro alla quarta votazione la presidente del Senato Casellati, quella che andò in televisione a giurarci che Ruby fosse la nipote di Mubarak e che ora vorrebbe giurare sulla Costituzione. La cifra politica e morale del centrodestra sta tutta qui, nella venerazione della mediocrità rivenduta come senso di appartenenza. I nomi che si bisbigliano dietro questo rumore di fondo sono Casini (il cui opportunismo molti scambiano per capacità di mediazione) e il solito Draghi che si è autocandidato esattamente come Berlusconi ma non ha nemmeno il peso di doversi confrontare con un partito poiché è circondato solo da ammiratori.

La giornata scorre così, in attesa di un presidente della Repubblica che possa non essere una bandierina di partiti ai blocchi di partenza per la prossima campagna elettorale ma che possa essere un garante nel suo ruolo (anche su questo noto una certa confusione). Di sicuro dopo la girandola di nomi in questi primi giorni, poiché le persone si abituano a tutto, alla fine scopriremo di ritenere accettabile anche ciò che era una sciagura fino a una settimana fa.

Buon mercoledì.

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