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Se la Regione Veneto ha bisogno di una condanna per capire che non si possono discriminare gli stranieri

La Corte d’appello di Venezia ha accolto un ricorso per discriminazione collettiva proposto da Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), dichiarando discriminatoria la prassi adottata dalla Regione con la delibera della Giunta n.753/2019, che nega l’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale ai familiari extracomunitari a carico di cittadini italiani, imponendo viceversa la cosiddetta “iscrizione volontaria” che comporta mediamente il pagamento di 1.500-2.000 euro annui pro capite. Ancora una volta, a qualche leghista serve un tribunale per capire che la discriminazione è una prassi non consentita dalla legge (oltre che dall’etica, ma questo è un altro discorso). E, ancora una volta, gli elettori leghisti (in questo caso di Zaia) devono fare i conti con promesse che non hanno nulla a che vedere con le nostre leggi e la nostra Costituzione.

La Corte d’Appello di Venezia è intervenuta smentendo completamente l’Amministrazione regionale e affermando il diritto di iscrizione al Sistema sanitario dei genitori extracomunitari a carico di cittadini italiani e di cittadini comunitari a parità di trattamento con i cittadini italiani come imposto dalla direttiva europea 38/2004. I giudici hanno così ricordato a Zaia che le disposizioni contenute nell’Accordo Stato-Regioni hanno carattere vincolante e che “l’autonomia” del Veneto è roba buona solo per la propaganda. E hanno chiarito che l’assistenza sanitaria ai familiari a carico del soggetto economicamente attivo che versa i contributi al Servizio Sanitario Nazionale è prevista dall’articolo 63 della legge 833/78, e che quindi negarla ai familiari stranieri di cittadini italiani costituirebbe addirittura discriminazione verso il contribuente di cittadinanza italiana. Ovviamente la notizia di Zaia che negava le cure agli stranieri è rimbalzata su tutti i giornali (con gli urrà di alcuni giornalisti tifosi) mentre la sua goffa bocciatura difficilmente la leggerete in giro. La propaganda del resto attira i voti e i clic, la realtà molto meno.

L’articolo originale scritto per TPI è qui