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Giorgia Meloni ha un problema. Una classe dirigente travolta dal malaffare

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Chi le sta vicino racconta che Giorgia Meloni stia già giocando alle figurine per il prossimo giro, ipotizzando un fantagoverno con ministri, sottosegretari e occupandosi con largo anticipo anche delle aziende di Stato dove poter far sedere i suoi fedelissimi.

Chi le sta vicino racconta che Giorgia Meloni stia già giocando alle figurine per il prossimo giro

Dalle parti di Fratelli d’Italia, forti dei sondaggi sul centrodestra e della debilitazione del concorrente interno Matteo Salvini, quasi tutti sono convinti che la prossima classe dirigente del Paese sia una cucciolata meloniana e Giorgia Meloni, che non disdegna il potere come tutti i leader, è pronta a distribuire le prebende.

L’abilità di scelta della classe dirigente però per FdI continua a essere un problema non da poco se è vero che solo ieri nel Comune di Terracina hanno arrestata la sindaca Roberta Tintari (leggi l’articolo) insieme a due suoi assessori e al presidente del Consiglio comunale. Ma gli arresti che pesano sul partito della Meloni sono sopratutto quelli in odore di mafia.

In Calabria, ad esempio, terra di conquista per FdI, il neo consigliere regionale di FdI Domenico Creazzo è stato arrestato nell’ambito di un’operazione antindrangheta della Dda di Reggio Calabria. Era febbraio. A luglio dell’anno scorso, dopo un altro filotto di arresti, il capogruppo di FdI alla Camera Francesco Lollobrigida aveva dichiarato che “gli anticorpi ci sono e funzionano”.

Un mese dopo Giorgia Meloni in Calabria aveva fatto una sorta di “campagna acquisti” e il gruppo di Fratelli d’Italia alla regione era diventato in poche settimane il secondo nel Consiglio regionale, subito dopo quello del Partito democratico. Tra questi spiccava, Alessandro Nicolò, ex berlusconiano, e detentore di un bel gruzzolo di voti nella provincia di Reggio Calabria. Meloni lo aveva sponsorizzato come capogruppo in regione ed era una sorta di fiore all’occhiello della campagna calabra di Fratelli d’Italia.

Ma ad agosto la polizia, su mandato della Dda di Reggio lo ha prelevato dalla sua abitazione e tradotto in carcere. Le accusa contestate a lui ed altri indagati sono a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno e tentata corruzione. Ancora prima, a luglio, c’erano stati gli arresti nel giro di pochi giorni di altri esponenti di Fratelli d’Italia per inchieste legate alle infiltrazioni ndranghetiste nelle amministrazioni pubbliche. Erano finiti in carcere Giuseppe Caruso, presidente del consiglio comunale di Piacenza, e il consigliere comunale di Ferno (Varese) Enzo Misiano.

Il mese scorso è stato condannato Roberto Rosso, ex assessore regionale del Piemonte per Fratelli d’Italia, a 5 anni per voto di scambio politico-mafioso. Rosso è stato a lungo uno degli uomini più importanti di Forza Italia in Piemonte, nel suo curriculum compaiono anche esperienze da deputato e da sottosegretario nei governi Berlusconi. Poi è diventato classe dirigente nel partito della Meloni. Rosso intratteneva rapporti con Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, ‘ndrnaghetisti della cosca Bonavota di Vibo Valentia, insediata nell’area di Carmagnola, in Piemonte.

Rosso aveva promesso 15mila euro a Garcea e Viterbo (a fronte di una loro richiesta di 50mila euro) in cambio del loro impegno a racimolare voti. E Rosso sapevo benissimo chi fossero visto che nel 2012, insieme ad altri deputati, aveva sottoscritto un’interrogazione parlamentare chiedendo di far luce su una vicenda di mafia in cui era coinvolto proprio Onofrio Garcea quale uomo al vertice della locale di ‘ndrangheta a Genova.

A Meno di 48 ore dal voto per la città di Palermo è stato arrestato Francesco Lombardo, 54 anni, inserito nella lista di Fratelli d’Italia, sempre per voto di scambio politico-mafioso. Poi c’è l’inchiesta a Milano sui legami del partito con ambienti neofascisti e sui contributi in nero per la campagna elettorale che vede coinvolto l’europarlamentare di FdI Carlo Fidanza, indagato anche per corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio in relazione alle dimissioni del consigliere comunale di Brescia di Fratelli d’Italia Giovanni Francesco Acri).

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