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Dei punti da cui partire

Anche io come molti altri – Fabrizio Barca l’ha spiegato benissimo in un’intervista ieri su La Stampa – sono rimasto più che disorientato nel vedere che la campagna elettorale di quel campo che dovrebbe essere il centrosinistra sia partita dalla cosiddetta “agenda Draghi”. Al di là del fatto che usare l’agenda di un governo tecnico come bussola politica è una cretinata enorme sono abbastanza vecchio per ricordare che con l’agenda Monti finì male, malissimo.

Quando poi ho cominciato a vedere i nuovi ingressi nel “campo largo” ho avuto ancora più dubbi: l’agenda Draghi ha tutta l’aria di essere un perimetro politico, ovviamente spostato a destra. Anche perché per l’ennesima volta assisteremo alla truffa del “voto utile”, del “meno peggio”, e della “destra da battere” con cui poi questi hanno governato per tutti questi anni.

C’è un documento, che è di un’associazione quindi non ne avranno male i partiti, che mentre tutti parlano di alleanze mette nero su bianco un’idea che forse sarebbe la pena percorrere. L’ha scritto la rete di attivisti Up – Su la testa!:

«Una delle più strane crisi di governo che si sia mai vista, apertasi nonostante la maggioranza bulgara di cui godeva il governo Draghi in Parlamento, si è chiusa col colpo di grazia finale delle destre di governo. Si tornerà alle urne dunque, le cittadine e i cittadini italiani sono chiamati al voto il prossimo 25 settembre.

Draghi e una parte dell’establishment hanno provato a spaccare sia la destra sia il centrosinistra per costruire un blocco di centro neoliberista che portasse avanti l’agenda del governo (privatizzazioni, smantellamento del reddito di cittadinanza, riforma fiscale a vantaggio dei redditi alti, politica di riarmo, investimento sulle fonti fossili) anche dopo le elezioni.

La destra, come sempre accade quando c’è l’obiettivo della conquista del potere, si è mantenuta unita ed è ora in pole position verso le elezioni. Il centrosinistra, invece, si è diviso, con il Pd che ha deciso di rompere con il Movimento Cinque Stelle e di presentarsi alle elezioni come l’erede della continuità con “l’agenda Draghi”, magari abbracciando il centro liberista di Renzi, Calenda, del neo arrivato Di Maio e addirittura dei fuoriusciti da Forza Italia come Mariastella Gelmini e Renato Brunetta, tra i principali responsabili dello smantellamento della scuola e dell’università pubblica e dei diritti di lavoratori e lavoratrici dei servizi pubblici.

Il rischio è che le elezioni di settembre si riducano allo scontro tra una destra reazionaria, razzista e omofoba, guidata da Giorgia Meloni, e un centro liberista e tecnocratico guidato da Enrico Letta, se non da Draghi stesso. Un quadro che porterebbe con ogni probabilità all’insediamento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi: il ritorno della stessa destra berlusconiana di sempre, che già troppi danni ha fatto al nostro paese, per di più ora guidata da una persona e da un partito eredi diretti del fascismo ed espressione della destra più radicale e pericolosa.

La scelta del Pd di rincorrere Draghi rischia di regalare tutti i collegi uninominali alla destra: l’unico modo per impedire questo scenario, dati alla mano, è che il blocco centrista non sia l’unico ad opporsi alla destra ottenendo un risultato significativo.

In questo scenario di campagna elettorale scomparirebbero completamente — o peggio ancora verrebbero assorbite da una destra che in campagna elettorale è sempre pronta a definirsi “sociale” — le questioni che stanno a cuore alla maggioranza degli italiani: salari insufficienti a reggere l’aumento dell’inflazione, un sistema di welfare sotto attacco, la povertà energetica crescente, il riscaldamento globale che minaccia la stessa esistenza della nostra specie.

Eppure non partiamo da zero: questi anni hanno visto emergere nella società proposte utili e unificanti: un salario minimo che assicuri una retribuzione dignitosa a tutti i lavoratori; la difesa e il potenziamento del reddito di cittadinanza come strumento di lotta alla povertà e di liberazione dal ricatto del lavoro sottopagato; una transizione ecologica giusta che metta al centro le energie rinnovabili e la trasformazione della nostra economia, facendone pagare i costi a chi inquina. Chi porterà avanti questi temi? Due liste di sinistra contrapposte? Il Movimento Cinque Stelle?

Le forze politiche che condividono queste proposte hanno la responsabilità di portarle avanti, e di costruire a partire da esse un fronte comune di alternativa, come avviene del resto in tutti i paesi europei.

Ci rivolgiamo alla alleanza tra Sinistra Italiana e Verdi, al Movimento Cinque Stelle, all’Unione Popolare lanciata da Luigi De Magistris a tutte le forze di sinistra, civiche, ecologiste: serve un’alleanza per il salario minimo, un vero reddito di cittadinanza, la pace, il disarmo e la transizione ecologica: un’alleanza per la pace, il pane, il pianeta.

Una proposta politica che abbia l’ambizione di rappresentare la maggioranza delle persone alle prossime elezioni, e che poi in Parlamento si misuri alla luce del sole con la capacità di costruire accordi programmatici chiari per avere finalmente un governo che lavori nell’interesse della maggioranza sociale del Paese.

In questi giorni abbiamo sentito parlare troppo a sproposito di “responsabilità”, come fattore che avrebbe dovuto unire tutti intorno all’agenda Draghi.

Crediamo invece che la responsabilità di tutti e tutte, oggi, sia di rivolgersi alla maggioranza delle persone, prendersi carico dei temi che stanno loro a cuore e farne proposta politica e di governo. Non c’è alternativa al discredito della politica, all’astensione, al rifugiarsi nella peggiore destra da parte delle classi popolari, se non in una politica che metta al centro gli interessi concreti delle persone. Salario, reddito, clima, pace: ripartiamo da qui».

Non sembra così difficile.

Buon lunedì.

Nella foto dalla pagina fb di Up-Su la testa, sciopero del 16 dicembre 2021

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