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Tra Fiano e Rauti

Emanuele Fiano è figlio di Nedo, rimasto orfano a diciotto anni con la matricola A5405 a Auschwitz. La famiglia Fiano venne sterminata perché ebrea, Nedo ha partecipato a centinaia di incontri nelle scuole. «Porto con me l’odore, il buio, l’orrore e la ferita di quel tempo lontano. Lotto ancora e recito la parte di un uomo comune, come tanti altri. Ma sento spesso un inferno dentro, anche se cerco di apparire sereno e felice», raccontava.

Emanuele Fiano non è solo figlio di Nedo. Emanuele Fiano è uno di quei parlamentari che non è caduto nell’irresistibile tentazione di normalizzare l’indicibile e di annacquare l’antifascismo. Crede nella reale applicazione della legge Mancino (che per troppi, anche nel presunto centrosinistra, è semplicemente una raccomandazione ornamentale in memoria del tempo passato), indica il razzismo chiamandolo per nome.

Isabella Rauti è figlia di Pino. Pino Rauti è stato un neofascista della primissima ora. Subito dopo l’avvento della repubblica si è impegnato a ricostruire l’estrema destra sia istituzionale (con l’Msi nel 1946) sia d’azione (con la rifondazione, agli inizi degli anni 50, dei Far – Fasci di azione rivoluzionaria). I Far erano la destra estrema dell’estrema destra italiana. Filonazisti dichiarati si distinsero durante la loro breve vita per due attentati, uno al ministero degli Esteri ed uno all’Ambasciata Americana di Roma, entrambi nel 1951. Nel relativo processo per i due attentati gli appartenenti ai Far furono tutti condannati. Tutti tranne tre: Evola, Erra e Pino Rauti. Ha fondato l’organizzazione Ordine Nuovo. Rauti fu indagato per le stragi di Piazza Fontana a Milano e Piazza della Loggia a Brescia. Da assolto Rauti stesso rivendicava “la responsabilità morale delle stragi”. Poi anche Rauti è stato “normalizzato” da Silvio Berlusconi (che ha responsabilità enormi sullo sdoganamento del fascismo, ma ce ne siamo già dimenticati).

Fiano e Rauti in politica provano a trasmettere i valori dei propri padri. Lo ripetono entrambi. Sono candidati, l’uno contro l’altro, nel collegio di Sesto-Villa Pizzone-Legnano che copre anche la zona nord di Milano città, Cinisello e Paderno Dugnano. Collegio uninominale: chi prende più voti viene eletto. Isabella Rauti ha però un comodo paracadute in collegi plurinominale offerti dal partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia. Per capire il senso della sfida si può raccontare un episodio recente. Rauti chiede il voto perché «Sesto San Giovanni non torni ad essere la Stalingrado d’Italia» e lo dice con l’ignorante formuletta di chi spande anticomunismo senza conoscere la storia. Fiano le risponde: «Quel titolo Sesto l’ha guadagnato per la similitudine con la città industriale del Volga per la resistenza, poi vittoriosa ai nazisti. Stessa cosa che fece Sesto, fin dal 1943, nelle sue fabbriche e nei suoi quartieri, pagando un prezzo atroce con deportazioni nei campi di sterminio, fucilazioni, torture e violenze e ricevendo per questo, la Medaglia d’oro per la Resistenza. Quando ci vedremo, davanti alla Parrocchia di Santo Stefano, che fu sede del Cnl cittadino, avrò modo di raccontare a Isabella Rauti questa grande ed emozionante storia. La aspetto».

Cosa accade? Che i seguaci di Meloni (e di rimbalzo di Isabella Rauti) ricoprono Fiano di insulti antisemiti e qualcuno scrive: «Un confronto con te si dovrebbe fare solo davanti a un buon forno acceso». Si tratta di “odio dei social”? No, no. È il profumo di impunità per topi che escono dalle fogne. Fratelli d’Italia simula qualche spicciolo di solidarietà (sono diventati bravissimi a fingersi educandi in attesa di mettere le mani sul potere) e invita a «non parlare di storia del ‘900». Come se noi non fossimo la nostra storia.

Io non ho condiviso alcune posizioni di Fiano nella sua carriera politica. Chi ci legge sa quanto siamo critici con il Partito democratico (e anche su questa candidatura, ne parleremo a tempo debito) ma ogni volta che penso alla sfida di Sesto San Giovanni mi prende la sensazione del limite del dirupo a cui siamo arrivati. Decenni di antifascismo spolpati da un centrosinistra sempre timido (se non addirittura connivente) e una destra che ancora oggi viene chiamata “centrodestra” (solo da noi) sempre alla ricerca delle “anche cose buone”. Non posso non pensare che la sfida tra Fiano e Rauti sia una spaventosa carta tornasole di questo tempo. E mi dico: noi siamo ancora quel Paese in cui vince Fiano in quel collegio, vero?

Buon lunedì.

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