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Salvini il filorusso. Ormai sulle sanzioni parla come Putin

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Ci vuole molto coraggio e molta malafede per non voler vedere che la sedicente coalizione di centrodestra non riesce a stare insieme nemmeno sul tema delle sanzioni e sulla crisi del gas. Matteo Salvini e Giorgia Meloni avevano già offerto un pessimo spettacolo al Forum Ambrosetti a Cernobbio dove il leader della Lega ha messo in discussione le sanzioni dell’Europa contro la Russia di Putin.

Salvini già al Forum di Cernobbio aveva messo in discussione le sanzioni dell’Europa contro la Russia di Putin

In quell’occasione, solo due giorni fa, la Meloni imbarazzata si è messa le mani nei capelli di fronte alla platea contribuendo all’immagine perfetta dello stato dell’arte dell’alleanza al di là degli utili selfie in riva al mare postati dalla propaganda leghista.

Il leader della Lega aveva chiarito in seguito che “Russia e Cina non sono i miei modelli” e che “un governo di centrodestra non cambierà la collocazione internazionale dell’Italia”. “Staremo con i Paesi liberi e io voglio la democrazia”, aveva detto Salvini. Ma che la frattura sia tutt’altro che sanata lo racconta la giornata di ieri in cui Salvini e Meloni ancora una volta sono entrati in collisione.

Matteo Salvini, resosi conto di avere sulle sanzioni la stessa identica posizione (e curiosamente perfino alcune identiche parole) della portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, che prospetta per gli italiani un periodo di “sofferenza” per “il piano gas di Cingolani imposto da Bruxelles e da Wasghinton” prova a correggere il tiro: “Andiamo avanti con le sanzioni alla Russia ma l’Europa intervenga proteggendo operai, imprese e artigiani.

L’Italia non può stare ferma, il governo deve mettere subito sul tavolo almeno 30 miliardi per limitare gli aumenti delle bollette”, ha detto a Radio Capital il segretario della Lega, proponendo di approvare uno scostamento di bilancio. “Preferisco 30 miliardi a debito che non metterne 100 per pagare un milione di cassaintegrati tra un mese”. È già qualcosa.

Dopo giorni in cui il leader della Lega ha finto di essere vittima di un complotto ordito dai giornalisti ora finalmente riconosce di avere posizioni diverse da Giorgia Meloni. Questo è il primo dato politico: i due leader dei partiti che trainano la coalizione di destra non sono in sintonia su punti fondamentali.

Forza Italia sullo sfondo prova con la senatrice Licia Ronzulli a dire la sua: “Non dobbiamo ammorbidire le posizioni della Lega. Noi di Forza Italia pensiamo che le sanzioni siano state necessarie, perché c’era un paese aggredito ed uno aggressore”, scrive in un comunicato, dimenticando che il suo capo Berlusconi qualche giorno fa abbia dato una versione molto diversa dell’accaduto.

Salvini prova a correggere il tiro ribadendo che “Putin è in torto marcio: ha scatenato una guerra orrenda, ha invaso un Paese, ha riportato morte e distruzione nel continente europeo. Bisogna punirlo, fermarlo, metterlo in ginocchio. Le sanzioni sono operative da 7 mesi, in ginocchio ci siamo noi e non Putin e la guerra va avanti” ma aggiungendo che «la Russia nel frattempo non sta mandando gas. La Lega ha votato tutte le sanzioni”.

Siamo alle solite. Giorgia Meloni passa le sue giornate di campagna elettorale a smussare differenze non colmatili con il suo alleato, Salvini passa le sue giornate di campagna elettorale a dire tutto e il contrario di tutto nel giro di qualche ora. Così quando Salvini a Radio Capital propone: “Ai segretari degli altri partiti dico, domani ci vediamo a Roma e firmiamo un impegno comune – come hanno fatto in Germania – per bloccare immediatamente gli aumenti di luce e gas”, non c’è nessuno che gli faccia notare che a quel tavolo sarebbe in disaccordo proprio il partito suo principale alleato, Fratelli d’Italia, che di scostamento di bilancio non vuole nemmeno sentir parlare.

Si arriva a sera: tanti commenti e riposizionamenti ma dalla destra non arriva una proposta che sia una. Forse una soluzione ci sarebbe: pagare le bollette in 80 anni come accade per i 49 milioni della Lega.

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