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Le convinzioni di La Russa e Fontana sono note da anni e ci si indigna solo adesso?

Dunque il Parlamento ha scelto come suoi più illustri rappresentanti Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Del primo s’è detto tutto quello che c’era da dire ma il gioco della politica confida sempre nella memoria breve degli italiani quindi non è stato difficile riaccendere lo scandalo. Dicono che La Russa sia un fascista mai pentito – verissimo – anzi rilanciano sulla sua abitazione zeppa di busti di Mussolini e ripetono le sue frequentazioni giovanili. Tutto grave e desolante, sicuro. Ma non può non saltare all’occhio come La Russa fosse lo stesso anche 10, 20 anni fa. Per onestà intellettuale si potrebbe dire che è parlamentare dal 1992, non un infiltrato esagitato arrivato per caso alle ultime elezioni. Ignazio La Russa è stato ministro alla Difesa nel quarto governo Berlusconi, vicepresidente alla Camera dal 1994 al 1996, presidente di Fratelli d’Italia nel 2013, prima presidente di Alleanza Nazionale nel 2008, vicepresidente del Senato eletto in occasione del primo governo Conte, fino all’altro ieri.

La normalizzazione di La Russa, dagli anni in Parlamento ai salotti tv

Chi ha normalizzato La Russa Mica noi, qui fuori, che in questi anni abbiamo sempre fatto notare – meritandoci gli insulti – che la matrice del centrodestra italiano (che solo in Italia si ostinano a chiamare centrodestra mentre sui giornali di tutto il mondo viene presentato come di estrema destra) aveva in pancia nostalgici naturalizzati democratici dai loro stessi oppositori. Un parlamentare di lungo corso proprio ieri al telefono mi spiegava che secondo lui dietro l’elezione di La Russa con i voti dell’opposizione non ci sarebbe alcun disegno politico organizzato, «semplice frequentazione per tanti anni in Parlamento», mi ha detto. È la stessa partecipazione dei salotti televisivi, degli occhiolini di certi giornali progressisti e degli inchini di certi liberali. L’allarme fascismo per l’elezione di La Russa è una fiction data in pasto ai giornali a cui non crede nessuno. Non ci hanno creduto gli elettori il 25 settembre e non per colpa loro: tutto diventa edibile se viene descritto come accettabile.

Lorenzo Fontana, un filorusso alla presidenza della Camera
Lorenzo Fontana e Matteo Salvini con le magliette pro Russia.

Davvero fingiamo di stupirci del Fontana pensiero?

Alla Camera dei Deputati lo stesso sconcerto sventolato in prima pagina accade anche per Lorenzo Fontana. Su Fontana ce n’è da dire, eccome. Un ultracattolico (si vanta di recitare 50 Ave Maria al giorno anche se incredibilmente non deve mai averne colto il significato profondo) che è riuscito a pronunciare frasi come «la famiglia naturale è sotto attacco. Vogliono dominarci e cancellare il nostro popolo» (i dominatori sarebbe la comunità LGBTIQ+); «da un lato l’indebolimento della famiglia e la lotta per i matrimoni gay e la teoria del gender nelle scuole, dall’altro l’immigrazione di massa che subiamo e la contestuale emigrazione dei nostri giovani all’estero. Sono tutte questioni legate e interdipendenti, perché questi fattori mirano a cancellare la nostra comunità e le nostre tradizioni. Il rischio è la cancellazione del nostro popolo»; «a sinistra vorrebbero compensare il calo demografico importando immigrati, ma la società multiculturale ha fallito». Rilanciava le maratone di preghiere di riparazione contro il Gay Pride, definisce l’aborto «uno strano caso di diritto che prevede l’uccisione di un innocente» e politicamente si è schierato con i nazisti (sciolti perché illegali) di Alba Dorata, con Orbàn e soprattuto con Putin.  E qui siamo al secondo caso di insostenibile dimenticanza nel giro di due giorni: un uomo con queste idee e con questi punti di riferimento internazionali è stato ministro per gli Affari europei. Uno legittimamente si domanda: avrà fatto più paura Fontana in quel ruolo, più rappresentativo e più operativo, no? E il suo amore per Putin era già sotto gli occhi di tutti da anni, no? Invece i giornalisti che da mesi si strappano gli occhi per cercare putinisti tra i pacifisti, nelle associazioni storicamente dedite alla pace e tra gli ininfluenti giornalisti (solo perché considerati vicini ai loro avversari politici), si erano persi che questa brutta destra (che loro chiamano centrodestra) è amica dell’assassino del Cremlino. Chissà che brutto risveglio avranno avuto stamattina, loro così impegnati a truccare Giorgia Meloni da campionessa di europeismo e di atlantismo (che solo da noi sono due concetti inscindibili) quando si sono accorti che mentre passavano alla lente di ingrandimento i manifesti dell’ANPI i potenti che si ritroveranno a leccare di Putin hanno sempre amato tutto, sia in guerra che in pace.

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