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Le bestie sono sulla terraferma

Lo chiamano “sbarco selettivo” ma è bestiale razzismo. Scegliere chi far sbarcare a Catania in base a «salute, genere ed età», come spiega Petra Krischok, tuttora a bordo della nave Humanity, e portavoce di Sos Humanity non è solo contrario a qualsiasi legge ma è una selezione di “degni e non degni” tra i disperati. Se non sono disperati, come credono questi al governo, allora non si capisce perché non mandarli indietro tutti.

«I naufraghi sono sfiniti», sottolinea a LaPresse la Ong, facendo presente che uno di loro ha avuto un esaurimento nervoso. E Sos Humanity avverte: «Non ci è stato chiesto di partire, noi restiamo nel porto e abbiamo intenzione di sbarcare anche gli altri 35 naufraghi ancora a bordo». Intanto la procura di Catania ha aperto un’inchiesta sulla possibile presenza di scafisti su nave: le indagini della Squadra mobile mirano ad individuare eventuali componenti dell’equipaggio delle due barche soccorse dalla Ong nel Mediterraneo. “Carico residuale”, hanno chiamato gli altri. Come se fossero merci rispedite al mittente.

Intanto a Catania è arrivata la nave Geo Barents di Msf: la storia si ripete. A bordo ci sono 572 naufraghi, e secondo quanto riporta Candida Lobes di Msf, che è sulla nave, «ci sono donne incinte, bambini, la più piccola di 11 mesi, persone che hanno subìto ripetute violenze in Libia, e hanno bisogno di sbarcare in un posto sicuro».

A Meloni, Piantedosi e Salvini arrivano i complimenti di Orbàn e questo è un ottimo indizio per capire come l’europeismo mimato da Meloni fosse tutto uno schifoso bluff. A Orbàn piacerebbe anche sapere che ai giornalisti è stato impedito di assistere alle operazioni di sbarco e di soccorso. Ricardo Gutièrrez, segretario generale della Federazione europea dei giornalisti, fa sapere che «casi simili si sono verificati in Grecia, Polonia e Ungheria» e la giurisprudenza ha sempre «confermato il principio di libertà di accesso per i giornalisti, soprattutto se intervengono forze dell’ordine. Ciò che accade in Italia non mi pare normale».

Come fa notare la giurista Vitalba Azzollini «il ministro Piantedosi e gli altri firmatari del decreto pensano che per evitare l’accusa di respingimento, vietato dall’art. 33 Convenzione di Ginevra (e non solo), basti l’eufemismo “assicurare l’assistenza occorrente per l’uscita dalle acque territoriali”? Il concetto è uguale». «Oltre il danno, la beffa. Persone rimandate in mezzo al mare, senza assistenza di traduttori, mediatori culturali, legali che spieghino loro come difendersi da questo respingimento, come possono fare ricorso al Tar? Una presa in giro. Svuotare il diritto di difesa: ecco fatto», spiega Azzollini.

Benvenuti nel governo Meloni.

Buon lunedì.

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