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Missione farsa di Giorgia in Libia

Dopo la visita in Algeria del 22 e 23 gennaio il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sbarca oggi in Libia. Il governo continua a programmare la sua fitta agenda nel Mediterraneo, dopo Libano e Iraq nel dicembre scorso, Turchia lo scorso 13 gennaio, Tunisia e Algeria. In Libia, come i suoi predecessori, Meloni fingerà di incontrare un governo che non esiste.

Dopo la visita in Algeria del 22 e 23 gennaio il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sbarca oggi in Libia

Oggi la Libia è straziata tra il premier Abdul Hamid Ddeibah, riconosciuto dall’Italia e dalle Nazioni Unite, e Fathi Bashaga, l’ex ministro dell’Interno del governo di Fayez Al Sarraj, in carica fino al 2021, votato capo dell’esecutivo dal parlamento stanziato a Tobruck. Un esecutivo però con scarso appoggio e riconoscimento internazionale.

A Tripoli la presidente del Consiglio firmerà intese che non piaceranno a Bashaga e di questo il governo italiano dovrà renderne conto. In particolare, come anticipato dal presidente della Noc (National Oil Company) Farhat Bengdara ai media libici, ci sarebbe sul tavolo un accordo da otto miliardi di Euro tra la stessa Noc e l’Eni. L’obiettivo riguarderebbe la creazione di due nuovi impianti offshore per il gas e il trasporto di 24 milioni di metri cubi di gas metano al giorno verso l’Italia.

“Il settore energetico non vedeva un investimento di questa portata da più di un quarto di secolo”, ha detto a Bloomberg il capo della Noc. È “un chiaro messaggio alla comunità imprenditoriale internazionale che lo Stato libico ha superato la fase dei rischi politici”, ha detto ancora Bengdara. Come anticipato mercoledì da dichiarazioni fatte in tv dal presidente Noc, l’accordo riguarda due giacimenti off-shore e Bloomberg ora precisa che sono prospicienti alla “costa occidentale”, dove si trova Tripoli.

Secondo Bengdara per sviluppare i due giacimenti, che hanno riserve stimate per 6 trilioni di piedi cubi, saranno necessari circa tre anni e mezzo. Al ritmo di 850 milioni di piedi cubi al giorno già evocato dal presidente Noc, la produzione potrà andare avanti per 25 anni. Stringere accordi con un Paese diviso comunque sarà molto più difficile di qualche fotografia in bella posa con il sorriso stampato.

La Libia è ancora impantanata in una lotta tra fazioni

In guerra dal 2011, la Libia è ancora impantanata in una lotta tra fazioni. L’impasse politica attuale difficilmente porterà a una transizione democratica senza una deciso contributo da parte di garanti stranieri, il cui intervento, al contrario, fino ad ora non ha favorito la stabilità del Paese. La necessità di una nuova data per presentarsi alle urne, dopo l’annullamento delle elezioni del 24 dicembre 2021, sembra mettere d’accordo tutti, libici e Paesi stranieri, e ha trovato nuova linfa nella nomina da parte delle Nazioni Unite di un nuovo inviato speciale per la Libia, il senegalese Aboulaye Bathily.

Lo scorso anno una legge con tanto di data sulle elezioni è stata promulgata dal presidente del Parlamento libico di Tobruk, Aqilah Saleh, ma è fallita miseramente perché non ha trovato accordo con l’altro parlamento libico, quello della capitale Tripoli. Accordo necessario in base a una legge del 2015. Le milizie di Bashaga sono tornate ad assaltare la capitale a inizio settembre, e oggi la situazione sarebbe molto diversa se a respingere le milizie di Tobruk non fossero intervenuti ancora una volta i droni turchi.

Poi ci sarebbero i diritti. Anche ieri l’Onu ha rimarcato che “lo status di migranti e rifugiati rimane un serio motivo di preoccupazione” facendo riferimento agli oltre 1.100 migranti intercettati e rimpatriati dall’inizio dell’anno. Ieri Peter Stano, portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Eeas), ha detto che la cosiddetta Guardia costiera libica (tagliagole al servizio degli scafisti) non riceve finanziamenti dall’Ue. “Diamo sostegno”, ha precisato Stano. Sosteniamo gli assassini, insomma.

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