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Altro muro Ue all’immigrazione. La nuova Libia è la Mauritania

L’Unione europea ha scelto il prossimo tappo per fermare con le buone o con le cattive le migrazioni di disperati: la Mauritania, paese del Sahel occidentale da cui passa la rotta che porta decine di migliaia di sub-sahariani a tentare la traversata per raggiungere le Isole Canarie, e quindi la Spagna. In ballo ci sono 210 milioni di euro che verranno riversati nel casse del paese africano per fare il lavoro sporco, come già avviene per la Libia, la Tunisia e i paesi a cui l’Ue ha subappaltato i confini. La commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, ne ha parlato con grande soddisfazione da Nouakchott, insieme al ministro dell’Interno e della Mauritania, Mohamed Ahmed Ould Mohamed Lemine.

L’Unione europea ha scelto il prossimo tappo per fermare con le buone o con le cattive le migrazioni di disperati: la Mauritania

Il terreno era stato concimato da tempo dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che in Mauritania c’era stata giusto un mese fa accompagnata proprio dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. Von der Leyen aveva annunciato che la cooperazione sarà “basata sulla solidarietà, sulla responsabilità condivisa e sul rispetto dei diritti umani e fondamentali“. Le promesse sono sempre le stesse. Si parla di sostegno alle iniziative del Global Gateway come investimenti, infrastrutture e creazione di posti di lavoro, soprattutto nel settore dell’energia. In realtà il punto fondamentale è la gestione della migrazione, “con l’imperativo della lotta a quella irregolare e al traffico di migranti”.

E con la promozione di una mobilità qualificata di studenti, ricercatori e imprenditori. “Anche l’Europa ha bisogno della migrazione – ha dichiarato Johansson in conferenza stampa da Nouakchott -, ma di una migrazione regolare”. Il sottotetto è chiaro anche per i più distratti: le competenze sono ben accette, con la soddisfazione di svuotarne il continente, ma i fragili e i disperati verranno respinti. Una colonizzazione per estrarre talenti con l’aiuto ben pagato di uno Stato che accetta di essere muro. La commissaria Ue, che nel 2020 aveva visitato Nouadhibou, uno dei punti di partenza per le Canarie, ha sottolineato che quel tratto di 800 chilometri di mare “è quello che registra il maggior numero di vittime e di tragedie”.

La soluzione pensata da Bruxelles è di affidarsi a Frontex, travolta in questi mesi da scandali umanitari e amministrativi. L’accordo ha sollevato polemiche a livello locale. I commentatori mauritani temono che l’obbiettivo non dichiarato sia di insediare i migranti sul territorio mauritano in cambio di un pacchetto di aiuti finanziari. Le autorità, non serve nemmeno scriverlo, negano. Resta da vedere come la Mauritania possa “garantire il rispetto dei diritti umani” senza l’ombra di una legislazione che regoli lo status di rifugiati. Senza un quadro legale chiaro che regoli le procedure di asilo e immigrazione, e garantisca la protezione necessaria, rifugiati e migranti rimangono in una posizione legale precaria, esposti a rischi e senza diritti tangibili.

Come già successo con la Tunisia l’Europa rischia che i flussi migratori siano usati come arma di ricatto

Resta da capire come si possa garantire il rispetto dei trattati internazionali che proibiscono il trasferimento di migranti in paesi dove potrebbero affrontare il rischio di incarcerazione o discriminazione, e subire trattamenti inumani e degradanti. Resta da capire come l’Ue possa ritenere credibile per un memorandum sull’immigrazione uno Stato che non compare nemmeno nella lista dei paesi considerati sicuri stilata proprio dell’Ue. Come andrà a finire si può facilmente immaginare. La Mauritania che già ora fatica a controllare i propri confini potrà riempirsi di migranti da usare come arma di pressione e ricatto nei confronti di Bruxelles, decidendo di aprire o chiudere i rubinetti delle partenze per usare le persone come arma non convenzionale.

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