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L’Ue vota un nuovo Patto sulle migrazioni, ma è tutto sbagliato

“Oggi è davvero un giorno storico”, ha detto ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dopo che il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione finale al nuovo Patto su migrazione e asilo. “Abbiamo fatto la storia”, ha detto la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.

Il Patto sulle migrazioni non risolve il problema della responsabilità del Paese di prima accoglienza e sdogana l’Ue come fortezza

Il pacchetto di dieci regole approvato ieri a Bruxelles è un ulteriore passo verso l’Europa chiusa e fortificata, in piena contraddizione con lo spirito per cui è stata fondata. Il superamento del regolamento di Dublino – da sempre contestato per la pesante ricaduta che comporta sui Paesi di primo ingresso – riesce addirittura a peggiorare la situazione: aumenta la responsabilità dei Paesi di approdo (Italia in primis) e rimane labile qualsiasi principio di solidarietà che consentirebbe un’equa collocazione dei richiedenti asilo. A favore del Patto – o comunque di buona parte – si sono espressi la delegazione di Fratelli d’Italia (in dissenso dal resto del gruppo del conservatori dell’Ecr) e di Forza Italia. Sono stati contrari invece la Lega, il Pd (anche in questo caso in dissenso dal Gruppo di appartenenza, S&d) e il Movimento 5 stelle.

L’accelerazione sulla votazione del Patto è stata impressa dalla presidente di Commissione von der Leyen con la speranza di arginare l’estrema destra in previsione delle prossime elezioni europee. Obiettivo fallito: i parlamentari di Orban, Le Pen e Salvini hanno votato contro assicurandosi la deresponsabilizzazione nel caso in cui fallisse e ora con le mani libere possono prepararsi alla tornata elettorale. 

Le nuove procedure prevedono la creazione alle frontiere di appositi centri dove identificare i migranti entro sette giorni, sottoponendoli a visita medica e ai controlli di sicurezza. Anche ai bambini con più di sei anni potranno essere prese le impronte digitali. Chi proviene da un paese che ha una percentuale di richieste di asilo accolte non superiore al 20% verrà rinchiuso in centri di permanenza speciali dai quali non potrà uscire e la sua richiesta di asilo esaminata entro tre mesi. In caso di respingimento dovrà essere espulso nei successivi tre mesi. Da questa procedura sono escluse le famiglie con figli minori e i minori non accompagnati, a meno che non siano stati ritenuti un rischio per la sicurezza.

È previsto anche che l’Ue accolga fino a 30 mila migranti l’anno e viene introdotta la cosiddetta solidarietà obbligatoria ma ogni stato membro potrà scegliere se farsi carico di una quota di richiedenti asilo oppure aiutare i paesi di primo approdo con un sostegno tecnico operativo oppure con contributi finanziari (è prevista la creazione di un fondo di 600 milioni di euro che gli Stati membri dovranno utilizzare in progetti destinati all’asilo o alla gestione delle frontiere). Infine nel caso dovessero crearsi situazioni di particolare emergenza in seguito a un numero particolarmente alto di sbarchi, un paese può chiedere al Consiglio Ue la dichiarazione di stato di crisi che prevede la distribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo tra gli Stati membri. Per chi si rifiuta è previsto il pagamento di 20 mila euro per ogni mancato ricollocamento

Uno dei (molti) punti deboli del Patto sta nel meccanismo dei rimpatri che così com’è scritto potrebbe funzionare solo con la collaborazione dei Paesi di provenienza. La mancanza di accordi ripropone un meccanismo solo teoricamente funzionante, pronto a collassare appena i numeri aumentano sensibilmente. 

Per la CEI si tratta di “una deriva nella politica europea dell’asilo e il fallimento della solidarietà europea, che sembra infrangersi come le onde contro i barconi della speranza”

Poi, come al solito, ci sarebbero i diritti umani. Per monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa dei problemi dell’immigrazione nonché presidente della fondazione Migrantes il testo segna “una deriva nella politica europea dell’asilo e il fallimento della solidarietà europea, che sembra infrangersi come le onde contro i barconi della speranza”. “Confidiamo – dice Perego – che l’art. 10 della nostra Costituzione rimanga come presidio sicuro per tutelare i richiedenti asilo. Le prossime elezioni europee saranno un banco di prova importante per rigenerare l’Europa a partire dalle sue radici solidali e non piegarla a nazionalismi e populismi che rischiano di dimenticare la nostra comune storia europea”.

161 Ong hanno firmato una nota criticando “a detenzione di fatto alle frontiere anche di famiglie con bambini di tutte le età, procedure accelerate e inferiori agli standard per la valutazione delle richieste di asilo, tendenza a favorire procedure di rimpatrio anche per via dell’ampliamento dell’accezione del principio di “paese terzo sicuro”. Inoltre, in assenza di percorsi sicuri e regolari, le organizzazioni avvertono che “le persone in cerca di sicurezza o mezzi di sostentamento saranno costrette a intraprendere rotte sempre più pericolose, tanto che il 2023 si è configurato come l’anno più mortale mai registrato dal 2015: solo nel Mediterraneo, sono morte più di 2.500 persone”.

Infine, si avverte che il Patto “rappresenta un ulteriore passo avanti nell’uso delle nuove tecnologie per la sorveglianza di massa dei migranti e delle persone razzializzate, poiché tecnologie più intrusive verranno impiegate alle frontiere e nei centri di detenzione, i dati personali delle persone verranno raccolti in blocco e scambiati tra le forze di polizia in tutta l’Ue o l’identificazione biometrica i sistemi saranno utilizzati per tracciare i movimenti delle persone e aumentare il controllo dei migranti privi di documenti”. In Italia esulta sorridente il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. E questo basta per capire la natura dell’accordo. 

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