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Giulio Cavalli

La strafottenza della Giunta Lombarda: l’acqua è privata!

Alla fine, quatti quatti ce l’hanno fatta (per ora, prima che si passi in Commissione): l’acqua lombarda ora è privata per Progetto di Legge. Lo scrive bene e ce lo spiega Roberto Fumagalli del Contratto Mondiale sull’Acqua

Salve,

nonostante la mobilitazione dei Comitati Acqua della Lombardia e le oltre 7 mila e-mail inviate ieri agli Assessori regionali, oggi pomeriggio la Giunta della Regione Lombardia ha approvato il Progetto di Legge sulla gestione dell’acqua, che di fatto consegnerà ai privati la gestione dell’acqua di tutta la Lombardia!

La Giunta Formigoni con la solita mistificazione respinge le accuse di privatizzazione, intitolando il proprio comunicato stampa (che potete leggere qui sotto): “Riforma del servizio idrico: l’acqua rimane un bene pubblico”.

La verità è invece che l’affidamento della gestione dei servizi idrici (che nel comunicato appare solo alla fine con 2 righe) avverrà secondo i dettami del Decreto Ronchi, cioè tramite gara europea o tramite società miste pubblico-private, quindi di fatto sarà una vera e propria svendita degli acquedotti ai privati e alle multinazionali!

Inoltre le competenze in materia di servizio idrico vengono consegnate alle Province (ma resta l’ATO della città di Milano, ) e pertanto sottratte ai Comuni, i quali si dovranno accontentare di esprimere un parere alla loro Provincia.

Il progetto di legge passa ora al vaglio del Consiglio Regionale, che dovrà votarlo il prossimo 23 novembre.

L’invito è quindi quello di partecipare numerosi sabato 13 novembre (dalle ore 10) alla manifestazione a Milano in piazza Duca D’Aosta (Pirellone), organizzata dal Coordinamento Regionale dei Comitati Acqua, col sostegno della Cgil Lombardia.

Saluti fraterni,

Roberto Fumagalli

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LN-LOMBARDIA.RIFORMA SERVIZIO IDRICO: L’ACQUA RIMANE PUBBLICA

LA GIUNTA REGIONALE HA APPROVATO OGGI IL PROGETTO DI LEGGE

RAIMONDI:FALSI ALLARMI DA CHI URLA A SCANDALO PRIVATIZZAZIONE

(Ln – Milano, 26 ott) L’acqua è e rimane un bene pubblico, le

tariffe non aumentano, le Province assumono le competenze delle

ex AATO (Autorità di Ambito Territoriale Ottimale) e i Comuni

vanno ad acquisire un ruolo di fondamentale importanza

all’interno della Consulta nella quale saranno inseriti. Questi,

in sintesi, i contenuti del Progetto di legge di riforma del

Servizio idrico integrato, approvato dalla Giunta regionale

lombarda, su proposta del presidente Roberto Formigoni, di

concerto con l’assessore all’Ambiente, Energia e Reti Marcello

Raimondi. Il testo, prima di essere definitivamente trasformato

in legge, dovrà passare al vaglio del Consiglio regionale.

L’intervento legislativo, che è nato da un lungo e serio

confronto con i Comuni e le Province durato tutta l’estate, si è

reso necessario per adeguare l’organizzazione del Servizio

idrico integrato agli obblighi normativi che derivano dalle

nuove disposizioni statali e dalle sentenze della Corte

costituzionale: “Prima di tutto – ha spiegato Raimondi – dalla

legge nazionale 42/2010, la finanziaria dello scorso anno, che

ha decretato la soppressione – a partire dal 1 gennaio 2011 –

delle AATO e ha imposto l’obbligo di attribuire le loro funzioni

ad altri soggetti, da individuarsi con legge regionale”. “Senza

di questo – ha aggiunto l’assessore – si arriverebbe alla

paralisi dei servizi idrici, perché gli eventuali atti adottati

dalle ex AATO, dal 2011, saranno illegittimi e come tali

perseguibili. Compreso il pagamento degli stipendi ai

dipendenti”.

La legge non è dunque un’attuazione del cosiddetto “decreto

Ronchi”, come falsamente sostenuto da alcuni.

Il progetto di legge fa anche chiarezza circa due sentenze della

Corte Costituzionale: la 307/2009 e la 142/2010.

A questo punto la Regione ha scelto di attribuire le funzioni

amministrative delle soppresse AATO alle Province e,

limitatamente all’ambito della città di Milano, al Comune.

La riforma in pillole:

1)LA GESTIONE TRAMITE L’UFFICIO D’AMBITO DELLA PROVINCIA –

L’organizzazione del servizio idrico integrato sarà gestita

dalle Province tramite una struttura apposita, l’Ufficio

d’Ambito, costituito come Azienda speciale (cioè soggetto dotato

di personalità giuridica), che può operare con una contabilità

separata rispetto a quella della Provincia e pertanto non

influire sul Patto di Stabilità di quest’ultima. L’istituzione

dell’azienda speciale deve avvenire “senza aggravio di costi per

l’ente locale”. Gli incarichi di presidente, consigliere e

revisore dei conti devono essere svolti a titolo meramente

onorifico e gratuito.

Un’importante novità riguarda i rapporti di lavoro: saranno

infatti garantite le condizioni contrattuali, collettive e

individuali, in godimento.

Per assicurare un coinvolgimento concreto ed operativo dei

Comuni nell’organizzazione del servizio, nel CdA dell’Azienda

speciale deve essere garantita una rappresentanza significativa

(di maggioranza, cioè almeno 3 consiglieri su 5) dei Comuni

dell’ambito.

2)LA CONSULTA DEI COMUNI – Come detto, i Comuni avranno un ruolo

di primo piano, grazie anche alla costituzione della Consulta:

ne faranno parte tutti i sindaci dei Comuni dell’ambito. La

Consulta deve rendere un parere preventivo e obbligatorio su

tutti gli atti della Provincia relativi alla pianificazione

d’ambito e alla determinazione della tariffa.

3) LA SOCIETÀ PATRIMONIALE – Gli enti locali hanno la facoltà di

costituire una società patrimoniale (proprietaria delle reti),

cui spettano le funzioni di progettazione preliminare per nuovi

interventi programmati dal Piano d’Ambito, le attività di

collaudo delle nuove infrastrutture e l’affidamento del

servizio.

Il nuovo modello di società patrimoniale è coerente con la

sentenza della Corte Costituzionale n. 307/2009, che ha

dichiarato incostituzionale il modello regionale di separazione

tra gestione delle reti ed erogazione del servizio. Infatti le

società patrimoniali non svolgeranno compiti connessi alla

gestione delle reti, che restano di competenza esclusiva del

gestore unico affidatario del servizio.

La società patrimoniale potrà reperire risorse economiche a

tasso agevolato, come è possibile a soggetti pubblici,

mettendole poi nella disponibilità del soggetto realizzatore

degli investimenti e delle manutenzioni straordinarie delle reti

e degli impianti, che ne hanno grande necessità. Ciò consentirà

di tenere le tariffe a carico dell’utente a livelli più bassi.

4) L’ESAME REGIONALE DEL PIANO D’AMBITO – Prima della loro

approvazione, i Piani d’Ambito dovranno essere inviati alla

Regione, che ne verifica la coerenza con gli atti di

programmazione e pianificazione regionale (Piano di tutela delle

acque e Piano di distretto di bacino).

Tutto ciò consentirà alla Regione di esercitare le proprie

competenze in materia di tutela della salute e del governo del

territorio, soprattutto a fronte delle diffuse criticità del

servizio di depurazione delle acque reflue sul territorio

regionale.

5) L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO E LE TARIFFE – Il servizio si

prevede sia affidato ad un unico gestore per ogni ambito, in

modo da poter meglio beneficiare della grandezza del soggetto,

per ottenere maggiori economie di scala nella gestione del

servizio, specialmente nel settore degli investimenti e, quindi,

ridurne l’impatto sulle tariffe.

“Chi dunque grida a un presunto ‘scandalo privatizzazione’ –

conclude Raimondi – altro non fa che seminare falsi allarmi. In

Lombardia l’acqua resta un bene pubblico”. (Ln)

Milano: primarie in salsa grigia

Alla fine Costanzo Ariazzi rassegna le proprie dimissioni dal “Comitato organizzatore” delle primarie di Milano. Un “Comitato organizzatore” che visto da fuori ha avuto il sapore troppo spesso di un comitato elettorale appiattito sulla candidatura di Stefano Boeri (che ha ricevuto l’investitura ufficiale di uomo gradito alla dirigenza, e mica tutta la base, del PD lombardo): l’accusa arriva dal solitamente mite Valerio Onida durante una sua serata dopo che ne aveva parlato (tra gli altri) in un suo scritto Gad Lerner, Nando Dalla Chiesa e lo stesso Davide Corritore. Tutti (si badi bene) iscritti al Pd per cui non ascrivibili alla colata di detrattori professionisti che si infilano ovunque con l’obbiettivo di distruggere piuttosto che dibattere.

Nella sua “lettera d’addio” Ariazzi scrive “Obiettivo del Comitato è dare vita a un’ampia partecipazione popolare e lavorare per tutti i candidati, per questo tutti i partiti della coalizione e i candidati che vi prendono parte hanno condiviso e sottoscritto delle regole. Il nostro lavoro è stato fin qui equilibrato e rispettoso di tutti, ogni decisione è stata presa con ampio consenso e con uno spirito fortemente lontano dalla definizione di primarie falsate“; poiché sia Onida che Pisapia lamentano uno squilibrio di dinamiche e comunicazioni mi viene da chiedere come venga misurato il “consenso” che, dentro gli uffici degli organizzatori, viene definito addirittura “ampio”. E un’errata visione e sensazione della soddisfazione dei candidati è un ottimo motivo per dimettersi. Meglio così.

Mi spiace che Stefano Boeri abbia reagito stizzito alle osservazioni di Onida senza cogliere la palla al balzo per scrollarsi finalmente di dosso un alito pesante che sta circondando la sua corsa verso le primarie. Ho già avuto modo di scriverlo e mi sento oggi di ripeterlo ancora più forte: Ho sempre creduto che le primarie (come ogni consultazione diretta con i cittadini) siano un passaggio necessario per costruire credibilità: primarie che siano una partecipazione senza mediazioni, senza recinti e senza argini accomodanti. Primarie che siano l’occasione per i cittadini di spiazzare i partiti e non che siano il modo per i partiti di piazzare cittadini. Primarie che siano una libera circolazione di opinioni e sostegni dove i cittadini (politici, intellettuali, impiegati, ragazzi e genitori) decidono di sostenere questo o quel candidato per un’affinità libera da disegni di partito. Lasciare le primarie alle primarie quindi per non trasformare tutto in un gioco messo in ballo in attesa di conferme. Per questo ho più volte espresso i miei dubbi sulla “discesa in campo” istituzionale di alcuni partiti (nostra opinione personale e, bontà nostra, ora nostra linea politica essendo noi chiamati a farla, la politica) che hanno certificato più o meno questo o quel candidato addirittura all’alba della candidatura. E’ un’opinione, condivisibile o non condivisibile, ma è la nostra opinione che ci portiamo in tasca con fierezza. La sensazione, qui fuori, è che  tutti parlino di entusiasmo e vivacità ma alla fine la maestrina ci voglia tutti seduti in silenzio e ben composti ai banchi.

E mi fa sorridere chi mi bisbiglia all’orecchio (senza farsi sentire troppo in giro) che Italia dei Valori dovrebbe entrare nella competizione. Abbiamo parlato di libera scelta e di igiene dei meccanismi delle primarie, abbiamo espresso i nostri dubbi su un “partitismo” infiltrato nelle contrapposizioni tra candidati, abbiamo rivendicato un reale potere di giudizio e di scelta dei cittadini ugualmente informati sulle attività dei candidati, abbiamo chiarito i nostri dubbi su una coalizione che si definisce e si “cementa” (mi si passi l’ironia) sui modi e sui valori che emergono lungo il percorso e non “di forma” ai nastri di partenza, abbiamo (e stiamo continuando a farlo) lasciato indipendenza ai nostri iscritti nel collaborare con uno o con l’altro candidato. E oggi, a guardarle da fuori, le primarie lasciano un profumo con aromi previsti e prevedibili. Senza comunque perdere il gusto di una vittoria di partecipazione. Una delle poche rimaste ai cittadini. E quindi, ancor di più,  una di quelle da preservare incondizionata.

Formigoni e l’acqua pubblica: nuovo blitz, di nuovo in piazza!

Sottovoce ci riprovano. Ad agosto (come un topo d’appartamenti in calzamaglia) aveva tentato il blitz per privatizzare l’acqua lombarda sfruttando (o meglio, credendo) le coscienze in vacanza a costruire castelli di sabbia. Adesso ci riprova sfruttando il torpore del freddo entrante e l’oblubinamento da Grande Fratello. L’allarme arriva da Roberto Fumagalli che, ostinato e dietro le file, continua a tessere una battaglia che non si può permettere respiro. Questo il suo appello:

Salve,  dopo che ad agosto (con la mailbombing e il presidio davanti al Pirellone) siamo riusciti a bloccare le intenzioni della Regione Lombardia, il 26 ottobre la Giunta Formigoni intende di nuovo mettere in votazione il Progetto di Legge sulla gestione dell’acqua, in applicazione del Decreto Ronchi, lo stesso di cui si chiede l’abrogazione attraverso il Referendum nazionale che ha raccolto 1 milione e 400 mila firme in Italia, di cui ben 237 mila in Lombardia.

Quindi anche il Progetto di Legge della Giunta Regionale porterà a consegnare ai privati la gestione dell’acqua.
Vi invitiamo quindi a mandare un’
EMAIL agli Assessori Regionali per dire NO alla privatizzazione dell’acqua in Lombardia.

Concentriamo la spedizione delle email il giorno LUNEDI’ 25 OTTOBRE, in modo da intasare la posta degli Assessori.
In fondo vi riportiamo gli indirizzi e il testo dell’appello (se volete modificate l’oggetto, per evitare che cancellino l’email come spam).
Vi ricordiamo che il Coordinamento Regionale dei Comitati Acqua sta organizzando per sabato 13 novembre una manifestazione a Milano.
Saluti fraterni,
Roberto Fumagalli

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INDIRIZZI:

roberto_formigoni@regione.lombardia.it,

marcello_raimondi@regione.lombardia.it,

andrea_gibelli@regione.lombardia.it,

giulio_decapitani@regione.lombardia.it,

romano_colozzi@regione.lombardia.it,

domenico_zambetti@regione.lombardia.it,

stefano_maullu@regione.lombardia.it,

massimo_buscemi@regione.lombardia.it,

Giulio_Boscagli@regione.lombardia.it,

raffaele_cattaneo@regione.lombardia.it,

gianni_rossoni@regione.lombardia.it,

romano_la_russa@regione.lombardia.it,

Luciano_Bresciani@regione.lombardia.it,

carlo_maccari@regione.Lombardia.it,

Alessandro_Colucci@Regione.Lombardia.it,

monica_rizzi@regione.lombardia.it,

daniele_belotti@regione.lombardia.it

p.c.  roberto@circoloambiente.org

OGGETTO: NO alla privatizzazione dell’acqua in Lombardia.

TESTO:

Agli Assessori della Giunta Regionale della Lombardia

Egregio Assessore,
ci riferiamo alle intenzioni della Giunta Regionale di approvare un Progetto di Legge inerente la gestione dei servizi idrici integrati (S.I.I.), in applicazione del cosiddetto Decreto Ronchi (art. 23 bis della Legge 133/2008, così come modificato dall’art. 15 della Legge 166/2009).
Le anticipazioni sui contenuti del PDL riguardo le modalità di affidamento dei S.I.I. ci preoccupano, poichè obbligherebbero alla privatizzazione della gestione dell’acqua.
Infatti con l’applicazione del Decreto Ronchi, l’affidamento della gestione dei S.I.I. a soggetti privati – ovvero a imprese italiane o straniere interessate solo a fare profitto – diventa la modalità ordinaria di assegnazione del servizio; in tal modo si porrebbe fine alle virtuose gestioni pubbliche che, in alcune province della Lombardia, risultano all’avanguardia a livello europeo.

Ricordiamo in questa occasione che a sostegno del Referendum per l’abrogazione del Decreto Ronchi e per la ripubblicizzazione del servizio idrico, in Italia sono state raccolte 1 milione e 400 mila firme, delle quali ben 237 mila nella sola Lombardia (www.acquabenecomune.org).
Si rammenta inoltre che ben cinque Regioni hanno impugnato per incostituzionalità l’art. 23 bis (così come modificato dall’art. 15 del Decreto Ronchi), ritenendo la norma lesiva delle prerogative delle Regioni stesse in materia di servizio idrico.

E’ inopportuno che vengano adottati provvedimenti fintanto che la Corte Costituzionale non si esprima sui ricorsi delle Regioni e sull’ammissibilità dei Referendum abrogativi sottoscritti da 1 milione e 400 mila cittadini.

Inoltre è utile ricordare che negli scorsi anni in Lombardia si è attivata una vasta mobilitazione popolare contro le precedenti Leggi Regionali in materia di servizi idrici, in particolare contro le  L.R. n. 21/1998 e n. 18/2006, per le parti che imponevano la privatizzazione dell’erogazione dell’acqua. A sostegno di tali mobilitazioni si sono attivati i Comuni; nel 2007 ben 144 Consigli Comunali della Lombardia hanno deliberato contro la L.R. 18/2006; con la successiva L.R. 1/2009, “concordata” coi sindaci referendari, è stata reintrodotta la possibilità dell’affidamento diretto ad aziende totalmente pubbliche.

A tale proposito, ci preoccupa l’eventuale attribuzione delle competenze del governo dei S.I.I. alle Province, che di fatto esautorerebbe i Comuni (ovvero gli Enti più vicini ai cittadini) dalle decisioni su un bene vitale e di interesse per tutti i cittadini qual è l’acqua, cancellando il federalismo rappresentato dai Comuni stessi.

Alla luce di quanto sopra, si chiede di non approvare il suddetto Progetto di Legge per le parti in cui si applica il Decreto Ronchi (che di fatto consegnerà ai privati la gestione dell’acqua) e in cui si esautorano i Comuni delle decisioni in materia di governo dei servizi idrici.
Certi che prenderete in considerazione le nostre richieste, porgiamo distinti saluti.

COMITATO _________ oppure NOME COGNOME

rif.: Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica – email: roberto@circoloambiente.org

Dire le cose in faccia al Consiglio comunale di Bollate

A Bollate l’amministrazione comunale decide di tenere una seduta di Consiglio “aperta” per affrontare il problema delle infiltrazioni di ‘ndrangheta emerso violentemente dopo gli arresti di Luglio. In mezzo alla sonnolenza filosofica antimafiosa qualcuno ha cercato di fare nomi e cognomi e parlare di responsabilità. Nel poco tempo a disposizione io ho provato a raccontarlo così:

http://www.youtube.com/watch?v=1L16gzTdTWo

Chi si mangerà Expo

Il piatto ricco di Expo parla molte lingue: quella dei turchi di Smirne che si godono lo spettacolo della disorganizzazione padana sperando di diventare il terzo che gode, quella tribale-leghista di chi sconta l’ansia da prestazione sul territorio, quella radical chic della sindachessa Moratti che pensava di giocare con “la casa delle bambole” e invece si ritrovata con in mano uno dei più impegnativi eventi della storia di Milano in questi ultimi anni. Ma la lingua ufficiale di Expo, non ci sono dubbi, sarà quella calabrese. Tanto per citare qualche esempio Francesco Valle (72 anni, postura da boss e tanto di villa-bunker a Bareggio, in via Aosta, sul confine milanese): nell’ordinanza di arresto è raccontata con dovizia la strategia modello per mangiarsi l’Expo: “La totale condivisione di interessi tra Adolfo Mandelli (imprenditore del campo immobiliare, tra gli arrestati) e i Valle emerge anche in data 23 gennaio 2009, quando Valle ha contattato Mandelli per avvisarlo di aver ottenuto dal Comune di Pero le licenze per aprire un ‘mini casinò’, una discoteca ed anche attività di ristorazione, in quanto in quella zona il Comune, in virtù del prossimo Expo, aveva intenzione di riqualificare l’area. Tutto ciò è avvenuto anche grazie all’amicizia con Davide Valia (assessore comunale a Pero)”. In un’intercettazione Mandelli dice: «Minchia, meglio di Davide che è a Pero… cosa dobbiamo avere?». Dalle intercettazioni, si legge sui documenti, «è emerso inequivocabilmente che la licenza per il mini casinò è stata ottenuta anche grazie all’interessamento del politico, il quale si adopera pure per altri favori». E in å della Mobile di Milano si afferma che Valia «si prodigò per far ottenere» a Fortunato Valle «le autorizzazioni per l’avvio di esercizi pubblici e a metterlo in contatto con altri amministratori locali di altri Comuni da lui conosciuti per favorirlo nei suoi affari».

Il padrino, i servi a disposizione e le amicizie politiche: gli ingredienti perfetti per mangiarsi l’Expo. Per concimare gli affari di famiglia piuttosto di quel noioso “nutrire il pianeta” che dovrebbe essere il tema dell’esposizione internazionale.

La famiglia Valle (ma sono molte e diverse le famiglie mafiose e paramafiose in Lombardia) è già al lavoro su Expo mentre nelle pubbliche amministrazioni coinvolte (Comune di Milano, Provincia di Milano e Regione Lombardia) ancora si litiga sui terreni e sull’indirizzi di progetto. L’antistato funziona meglio dello stato legale: conosce i luoghi e ha già fissato i propri referenti. Si è impratichito negli ultimi anni in tutte le attività vicine al mondo dell’edilizia, ha scoperto i trucchi per infilarsi nelle regole, ha scaldato i camion per la movimentazione terra e trovato i prestanome per i ristoranti, gli hotel e i centri commerciali con cui soddisfare i visitatori.

Expo per la ‘ndrangheta lombarda è un piatto ricco e la politica ha il dovere di farglielo andare di traverso

http://www.youtube.com/watch?v=xRvwd27dwg0

Bollate, giovedì 14 ottobre: NO MANDALARI DAY. Fuori la mafia!

Un losco figuro si aggira per le campagne lombarde. Ha la lingua lunga (e intercettata) ed è il nuovo che avanza della ‘ndrangheta lombarda. I nuovi boss che si nascondono sotto il tappeto. Ad ascoltarli fanno tenerezza. Lontani anni luce dall’icona del boss tra cacchette di capra e ricotte che scriveva in codice sui pizzini stropicciati come Binnu Provenzano, oggi gli aspiranti boss lombardi sono un misto di prepotenti con la cazzuola ed esosi da periferia. Il guappo Vincenzo Mandalari al telefono nel febbraio del 2009 si incensa come fanno le sciantose sotto il portico della Scala: “C’è stato un momento, in cui ad Assago comandavo io! credimi! per mia negligenza, sempre per il fatto di essere abusivista, io ce l’ho nel sangue di essere abusivista!”. Poi, resosi presto conto che “i politicanti vedi che sono scemi” decide di scendere in campo. Aveva in mente di darsi da fare a Bollate per le elezioni comunali. Una strategia precisa: far cadere l’attuale amministrazione, prima, ed eleggere un sindaco amico, poi. “Adesso riusciamo a farla cadere, perché io mi sono intrufolato in politica»”dice in una conversazione del 13 febbraio 2009 Mandalari, e poi l’idea di fondare un partito “non è importante destra o sinistra a livello locale”. Un politico con le idee chiare, senza dubbio. Se è vero che Calderoli è diventato ministro non possiamo che ringraziare la Boccassini per avere frenato la rincorsa di Vincenzino verso la Presidenza del Consiglio. Ma la lingua lunga, nell’opera buffa della ‘ndrangheta milanese si paga: così oggi al Mandalari latitante per la sgarrupata periferia milanese forse converrebbe una residenza certa in carcere piuttosto che un bossolo lucido infilato nella schiena. Le malelingue dicono che stia facendo le primarie per decidere se costituirsi.Intanto, di sicuro, ha chiesto che vengano dissequestrati i suoi beni perché in questi tempi di crisi anche le latitanze costano.

Domani, giovedì 14 ottobre, dalle ore 18.30/19.00 nella piazza di fronte al Comune di Bollate (MI) proveremo tutti insieme a raccontare e fare chiarezza sulle vicende che qualcuno vorrebbe taciute con una manifestazione tra le gente: NO MANDALARI DAY.

Siamo scesi in piazza per condonati, prescritti e salvati. Domani scendiamo in piazza per sgretolare l’onore.

Chi è Vincenzo Mandalari? Ecco cosa scrive l’ordinanza di cattura:

MANDALARI Vincenzo è il capo della locale di Bollate. In apparenza è un incensurato imprenditore, impegnato nel settore edilizio e delle compravendite immobiliari. Nel contesto ‘ndranghetistico ha ereditato il ruolo dal padre Giuseppe, da lui indicato come uno dei fondatori della “Lombardia”. Unitamente al fratello Nunziato ed a numerosi altri soggetti fu denunciato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. dai Carabinieri della Compagnia di Rho nell’ ambito di indagini che prendevano lo spunto dall’omicidio ALOISIO e da altro evento omicidiario, sempre commesso in Rho il 18.01.1991 in danno di STASI Giuseppe (vedasi comunicazione di notizia di reato dei CC Rho del 18.11.1991). Il suo nome era emerso in occasione delle indagini sul sequestro SGARELLA, poiché, come si è già evidenziato trattando della “ Lombardia”, già all’epoca gli orti di Novate Milanese erano luogo di ritrovo degli affiliati ed egli ha paretecipato al summit del 30 maggio 1998 (come l’esame dei nastri allora registrati ha mostrato). MANDALARI Vincenzo era presente presso la pensione “SCACCIAPENSIERI” di Nettuno il 30 aprile 1999 in occasione di quello che fu definito dagli investigatori un summit di ‘ ndrangheta. In tale occasione erano presenti oltre a NOVELLA Carmelo, all’epoca capo della lombardia, GALLACE Giuseppe, figlio di GALLACE Vincenzo, BARRANCA Cosimo, BARBARO Domenico detto “l’australiano”, attualmente detenuto per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., MOLLUSO Giosofatto, affiliato al locale di Corsico, MINASI Saverio, affiliato al locale di Bresso, RISPOLI Vincenzo, capo del locale di Legnano, MANDALARI Nunziato, affiliato del locale di Bollate, PANETTA Pietro Francesco, PANETTA Salvatore, LAVORATA Vincenzo e BELCASTRO Pierino, capo ed affiliati del locale di Cormano, dunque, un nutrito gruppo di affiliati della “lombardia”. MANDALARI Vincenzo, come si è detto, si intrattiene quotidianamente a bordo della propria autovettura con PANETTA Pietro Francesco, con il quale è legato dalla comune appartenenza alla ‘ndrangheta, ma anche da vincoli di amicizia. Le conversazioni tra i due sono state una inesauribile fonte di informazioni sulla regole di ‘ndrangheta, sulla struttura e sulla organizzazione delle cellule di base, le locali, e degli organi di rappresentanza, la Provincia. La figura di MANDALARI è quella di un navigato uomo di ‘ ndrangheta che esprime tutta la sua ammirazione ed il suo sostegno nei confronti di un soggetto carismatico quale era NOVELLA Carmelo (anch’egli originario di Guardavalle).

Legge quadro antimafia: sia un comitato di responsabilità

Ha il sapore buono della responsabilità la decisione di oggi in Regione Lombardia di istituire un comitato (di cui faccio parte) che in tempi stretti possa scrivere una proposta di legge quadro sulla questione della criminalità organizzata. Innanzitutto perché nasce da un’idea fresca e senza tatticismi intorno ad un tavolo di prima mattina con i buoni consigli di LIBERA LOMBARDIA e si trasforma in metodo operativo in meno di un’ora nella II Commissione; e poi perché è una visione ancora più ambiziosa del punto di partenza (la nostra proposta di legge 12 presentata il 18 maggio di quest’anno).

Oggi, almeno questo è ottenuto, la mafia in Lombardia esiste e la Lombardia vuole parlarne. I “negazionisti” si avviano, finalmente, ad essere un’ingiustificabile razza in estinzione e sul tema non c’è più possibilità di non parlarne come copertura: una proposta di legge diventa, nei suoi passaggi in Commissione e Consiglio, un percorso obbligato di sì o di no, di dichiarazioni di voto e discussioni a viso aperto. Uno spiffero di consapevolezza e responsabilità sotto gli occhi di tutti.

Eppure questo è il primo passo di un cammino che non sarà né facile né banale: qualcuno giocherà a fare il più antimafioso degli altri, qualcun altro potrebbe essere sospettosamente garantista, qualcuno vorrà allargare tanto perché alla fine non se ne faccia niente oppure potrebbe sbucare all’ultimo momento l’artifizio di qualche leguleio che affossa il passo. Oggi il passo è di quelli che contano: dimenticare (tutti) la casacca di partito e vestire la maglietta della responsabilità.

Lavoro e ricatti: manifestazione per i lavoratori del 16 ottobre.

Il diritto di sciopero, sancito dalla nostra Carta Costituzionale all’art. 40, in questi ultimi mesi sta subendo affronti impensabili fino a pochi anni fa.

La progressiva delegittimazione del dissenso dei lavoratori è riuscita ad oscurare e, a volte, come nel caso del licenziamento dei tre operai della Fiat di Melfi, a cancellare il diritto di astensione dal lavoro per la difesa o la promozione di interessi collettivi, sia giuridici che economici.

Bisogna, del resto, soffermarsi sull’importanza fondamentale che assume il diritto di sciopero in una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art.1 Cost.) che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto (art.4 Cost.). Se è vero che ogni cittadino ha il diritto di avere un lavoro, è altrettanto certo che non può esistere in uno Stato di diritto la possibilità per alcuno, tantomeno per il datore di lavoro, di calpestare quei diritti che i lavoratori hanno ottenuto attraverso faticose lotte sindacali.

In questo quadro, inoltre, si inserisce il grave problema del precariato. Sembra che la Costituzione sia stata cambiata sotto i nostri occhi e non ce ne siamo accorti. Mi colpisce molto il fatto che si continui a parlare di diritto al lavoro e poi si permetta di sfruttare i lavoratori con la minaccia di un contratto che non verrà mai rinnovato. La flessibilità, utilizzata spesso come scriminante di una forma contrattuale che si mostra come un insulto alla dignità dei lavoratori, è solo un concetto astratto che non ha alcun contatto con la realtà del mondo del lavoro. In un periodo di crisi economica e di disoccupazione non esiste flessibilità bensì solo instabilità e incertezza. Utilizzare come arma di ricatto un contratto a tempo determinato, che non assicura alcun futuro ai giovani e alcuna certezza a padri e madri di famiglia, è una concessione che una Repubblica realmente fondata sul lavoro non dovrebbe permettere.

Ritengo necessario manifestare il dissenso a una concezione aziendale del diritto al lavoro, a una continua denigrazione del diritto di sciopero ed a una costante offesa del lavoratore precario. Per questo aderisco alla manifestazione indetta dalla Fiom per il prossimo 16 ottobre a Roma. È giunto il momento che i lavoratori facciano sentire ancora la loro voce che in troppi ormai cercano di soffocare.

Discarica di Bollate: la risposta della Regione su una storia che non è chiusa per niente

La vicenda della discarica di Bollate (ex cava Bossi) è la metafora di un settore che anche in Lombardia è diventato il banchetto ricco delle mafie, in particolare delle famiglie di ‘ndrangheta che infestano l’hinterland milanese. A Bollate si vocifera con una certa insistenza che l’ombra di un latitante arrivi in molti campi che lambiscono la movimentazione terra. Un video già pubblicato su questo sito ha dimostrato come nella discarica esistessero evidenti falle legali. Oggi, leggendo le risposte date in commissione dagli assessori Marcello Raimondi e Romano La Russa, possiamo aggiungere già qualche tassello in un puzzle che è tutto in divenire:

L’Assessore all’Ambiente Marcello Raimondi dice “L’ultima autorizzazione della ditta Rip.Am. risulta la numero 163 del 24 aprile 2009, rilasciata dalla Provincia di Milano, relativamente alle operazioni di messa in riserva, recupero, raggruppamento e ricondizionamento preliminare, miscelazione e deposito preliminare di rifiuti speciali non pericolosi, nonché all’accorpamento dell’attività svolta in regime semplificato da parte della medesima ditta” e aggiunge “risulta agli atti della Provincia di Milano un sopralluogo, effettuato in data 27 luglio 2010 dalla Polizia provinciale stessa, unitamente alla Polizia locale di Bollate. Dal verbale redatto, risulta che sono state contestate violazioni in merito alla qualità di materiale stoccato, alla pavimentazione dell’area, alla separazione dei rifiuti e per aver accettato rifiuti senza il prescritto formulario.

L’Assessore La Russa dichiara di avere subito interpellato “peraltro ripetutamente, perché non è stato proprio facilissimo ricevere risposta, e non si capisce bene perché – il Comune di Bollate che “ci comunica che, per quanto riguarda problemi di sicurezza ai cittadini, non sussiste assolutamente nessun rischio, nessun pericolo, né sono stati segnalati negli ultimi mesi eventuali allarmi nelle adiacenze, in prossimità o sulle strade della cosiddetta cava”.

Ora il Comune di Bollate ci dovrà chiarire un paio di cose. L’ostinazione è un mio difetto che porto con una certa fierezza.

“ITR numero 3010: Interrogazione concernente le informazioni circa i gestori della cava di Bollate”

PRESIDENTE

Passiamo all’ITR/3010 ancora a firma dei Colleghi Cavalli, Sola, Patitucci e Zamponi, annunziata in Aula in data 28 luglio 2010, con risposta dell’Assessore Raimondi e dell’Assessore La Russa.

RAIMONDI Marcello

Signor Presidente, l’interrogazione numero 3010 chiede informazioni circa i gestori di una cava, ossia la ex cava Bossi di Bollate. La cava di cui si parla nell’interrogazione risulta cessata da oltre trent’anni, ossia anteriormente all’entrata in vigore delle leggi regionali numero 18 del 1982 e numero 14 del 1998. Pertanto, tale attività estrattiva non fu soggetta alla disciplina di queste leggi.

Il contenuto dell’interrogazione, quindi, si riferisce ad attività di discarica e deposito e non ad attività estrattiva. Ho comunque chiesto agli Uffici di effettuare ulteriori ricerche per agevolare il lavoro dei Consiglieri, nello spirito di collaborazione instaurato con questa Commissione.

Chiaramente la mia struttura non può rispondere su aspetti inerenti le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano o delle Procure coinvolte.

Da una ricerca effettuata presso gli Uffici regionali risulta che, in data 21 aprile 1993, la ditta Rip.Am. Srl presentò istanza di autorizzazione per la costruzione di un impianto di trattamento di materiale lapideo. L’Ufficio competente, al rilascio delle autorizzazioni per le emissioni in atmosfera, ritenne di predisporre un atto di diniego, citando il parere negativo espresso dal Sindaco di Bollate. Dal 1994 in Lombardia le Province sono titolate ad autorizzare le discariche di inerti, in forza di deliberazione della Giunta regionale, ai sensi della legge numero 142 del 1990 e della legge regionale numero 94 del 1980. La successiva legge regionale numero 26 del 2003 ha dato un assetto organico a tali competenze provinciali in materia.

Da informazioni assunte presso la Provincia di Milano – grazie al lavoro degli Uffici dell’Assessorato, che ringrazio – risulta che in data 23 aprile 1999, a seguito di un’istanza di autorizzazione per attività di discariche inerti, presentata alla Provincia di Milano dalla medesima ditta Rip.Am., funzionari della Provincia effettuarono un sopralluogo e dietro parere favorevole, non riscontrando elementi ostativi all’accoglimento della domanda, in data 30 giugno 1999 venne rilasciata l’autorizzazione, con disposizione dirigenziale numero 18 del 1999. Parliamo sempre della Provincia. In data 21 ottobre 1999 la Provincia di Milano ha segnalato la ditta in argomento all’Autorità giudiziaria per non aver ottemperato a tutte le disposizioni contenute nella sopracitata autorizzazione provinciale.

L’ultima autorizzazione della ditta Rip.Am. risulta la numero 163 del 24 aprile 2009, rilasciata dalla Provincia di Milano, relativamente alle operazioni di messa in riserva, recupero, raggruppamento e ricondizionamento preliminare, miscelazione e deposito preliminare di rifiuti speciali non pericolosi, nonché all’accorpamento dell’attività svolta in regime semplificato da parte della medesima ditta.

Relativamente ai controlli effettuati, risulta agli atti della Provincia di Milano un sopralluogo, effettuato in data 27 luglio 2010 dalla Polizia provinciale stessa, unitamente alla Polizia locale di Bollate. Dal verbale redatto, risulta che sono state contestate violazioni in merito alla qualità di materiale stoccato, alla pavimentazione dell’area, alla separazione dei rifiuti e per aver accettato rifiuti senza il prescritto formulario.

Chi volesse accedere a ulteriori informazioni, può assumerle presso la Provincia di Milano e il Comune di Bollate, che permangono competenti per il controllo delle attività esistenti nel territorio.

PRESIDENTE

Assessore La Russa, a lei la parola.

LA RUSSA Romano

Signor Presidente, in riferimento all’ITR ho poco da aggiungere, per quanto riguarda le competenze del mio Assessorato, ben poche in questo caso. Comunque, abbiamo provveduto ben volentieri a interpellare – peraltro ripetutamente, perché non è stato proprio facilissimo ricevere risposta, e non si capisce bene perché – il Comune di Bollate, il quale ci comunica che, per quanto riguarda problemi di sicurezza ai cittadini, non sussiste assolutamente nessun rischio, nessun pericolo, né sono stati segnalati negli ultimi mesi eventuali allarmi nelle adiacenze, in prossimità o sulle strade della cosiddetta cava, che peraltro – mi pare lo abbia già detto l’Assessore nel suo intervento – è una ex cava. La chiamiamo impropriamente “cava”, perché ormai è da anni che non ha questa funzione.

Noi – lo ripeto – ci siamo attivati e questa è stata la risposta del Comune di Bollate, dove non hanno assolutamente rilevato niente di inconsueto o di strano. Questa è la risposta che ci ha dato il Comune e questa è la risposta che do io alla Commissione, naturalmente.

Milano: lasciare le primarie alle primarie

C’è un (bel) dibattito a Milano negli ultimi giorni sui modi e sul profilo delle primarie che indicheranno a novembre uno dei candidati contro la Moratti per le prossime amministrative nel 2011. Un dibattito che si apre a opinioni e visioni talvolta fortemente contrastanti e a tre personalità (Giuliano Pisapia, Valerio Onida e Stefano Boeri) che sicuramente hanno da dire e raccontare storie e futuri per questa città. Ho sempre creduto che le primarie (come ogni consultazione diretta con i cittadini) siano un passaggio necessario per costruire credibilità: primarie che siano una partecipazione senza mediazioni, senza recinti e senza argini accomodanti. Primarie che siano l’occasione per i cittadini di spiazzare i partiti e non che siano il modo per i partiti di piazzare cittadini. Primarie che siano una libera circolazione di opinioni e sostegni dove i cittadini (politici, intellettuali, impiegati, ragazzi e genitori) decidono di sostenere questo o quel candidato per un’affinità libera da disegni di partito. Lasciare le primarie alle primarie quindi per non trasformare tutto in un gioco messo in ballo in attesa di conferme. Per questo ho più volte espresso i miei dubbi sulla “discesa in campo” istituzionale di alcuni partiti (nostra opinione personale e, bontà nostra, ora nostra linea politica essendo noi chiamati a farla, la politica) che hanno certificato più o meno questo o quel candidato addirittura all’alba della candidatura. E’ un’opinione, condivisibile o non condivisibile, ma è la nostra opinione che ci portiamo in tasca con fierezza. Mi sono ritrovato nelle parole di Valerio Onida, nei dubbi di Nando Dalla Chiesa e perfino nell’analisi di Davide Corritorela sensazione, qui fuori, è che  tutti parlino di entusiasmo e vivacità ma alla fine la maestrina ci voglia tutti seduti in silenzio e ben composti ai banchi.

Per questo l’IDV a Milano non “molla le primarie” né “si chiama fuori” ma, più semplicemente, lascerà ai cittadini l’onere e l’onore di essere il motore di questo percorso (e quindi lascerà ai propri iscritti il diritto ed il dovere di votare ognuno con la propria convinzione ) continuando a fare il “partito” sui temi, sui punti irrinunciabili e le proposte. Perché la cottura di un programma e della “famiglia” oggi è una speranza, un disegno e non deve essere strategia. Ed è grossolano e svilente pensare che uscito il candidato ci si sieda per cercarsi di aggiustare: quanto potremmo piacerci (noi al candidato e il candidato a noi) si annuserà cammin facendo e ascoltando quanto parleremo la stessa lingua. Tutto il resto sono stanzette dove quattro dirigenti di partito aggiustano il tiro. E questo proprio non ci interessa.