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Una grande opera

E sicuramente non nasceranno movimenti “NO FIBRA OTTICA”. Ne parlano tutti. Da un’eternità ormai.

Punti di Pil perduti, risparmi e posti di lavoro mancati. La fibra ottica o banda ultralarga (che viaggia a 100 megabit per secondo – Mbps, velocità superiore rispetto alla banda larga, definita tra i 2 e i 20 Mbps) non significa soltanto connessione a Internet ma prospettive di ricavi e di occupazione, specie in tempi di crisi. La sua diffusione, secondo la Commissaria europea per l’Agenda digitale Neelie Kroes, potrebbe valere un aumento dall’1 all’1,5% del Pil. Ancora più significative le stime elaborate dall’osservatorio “I costi del non fare” di Andrea Gilardoni della Bocconi di Milano, secondo cui la fibra ottica vale ogni anno fino al 2030 il 3% del Pil. Eppure per l’Italia rischia di essere un’occasione persa. Analfabetismo digitale e scarsa conoscenza delle potenzialità di Internet, da parte di aziende e utenti privati, generano il circolo vizioso per cui la banda ultralarga in Italia non decolla. Il costo è assimilabile a quello di una ‘grande opera’. Se la Tav Torino-Lione costa all’Italia tra i 15 e e i 20 miliardi di euro ne servono altrettanti (15) secondo l’Agenda digitale del Ministero dello Sviluppo per collegare il 100% dei cittadini a 30 Mbps e il 50% a 100 Mbps, come prevede l’Agenda digitale Europea.

L’articolo è qui.

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La svolta, i confini, le idee. Appunto.

Giuliano Pisapia cassa l’idea del listone nazionalpopolare dei sindaci (Io la penso così: il compito dei sindaci è portare a termine il mandato che hanno ricevuto, dunque governare le città. Non esistono gli uomini della provvidenza, nemmeno gli unti del Signore, dice) e segna il confine. Molto bene, tra l’altro. Così, mentre qualcuno raglia, in fondo da Milano (e in Lombardia) si lavora. Con le idee chiare e non interpretabili.

Questa idea sembra condivisa oggi da Pd e Sel. Vede la possibilità che possa coinvolgere anche i centristi?
«Questo progetto non passa e non può passare con l`ingresso dell`Udc nella nostra coalizione. Il centrosinistra deve essere capace di rinnovarsi, di aprirsi alla cittadinanza, ai delusi e disillusi della politica. È necessario un cambiamento interno alla coalizione come
svolta, con le elezioni, rispetto all`attuale governo. Un`alleanza capace di governare ma profondamente alternativa al centrodestra e che faccia scelte di politica economica e sociale diverse da quelle del governo Monti, che comunque dobbiamo ringraziare per averci restituito credibilità internazionale ed averci evitato un collasso definitivo».

Però anche Casini sta all`opposizione e potrebbe essere importante per una futura maggioranza…
«Basta leggere la carta di intenti del Pd e le proposte di Sel per comprendere che Casini non è parte di questa coalizione. La sua posizione su temi sensibili e fondanti – non solo su temi eticamente sensibili, ma anche su temi economici e sociali – è diversa. Anche Casini, però, fa una proposta alternativa a quella di Berlusconi. Bene, questo significa che il centrosinistra in Parlamento potrà confrontarsi con il centro e cercare convergenze. Così come potrà avvenire con altre forze presenti in Parlamento non di destra. È indispensabile però che ci sia un denominatore comune condiviso tra chi vuol far parte della coalizione progressista che si candida al governo».

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Le parole sono importanti

Ma chi è parla così? Ma perché i politici parlan così? Ma come si fa, oggi, non dico a credere, ma a leggere, o ad ascoltare, seriamente, delle cose del genere? E, per tornare al documento Italia. Bene comune, come si fa a credere a un documento scritto dai dirigenti di un partito che dice che «va approvata una riforma dei partiti che alla riduzione del finanziamento pubblico affianchi una legge di attuazione dell’articolo 49 della costituzione»? Che bisogna «rimettere il mezzogiorno al centro dell’agenda»? Che bisogna «combattere sprechi e inefficienze»? Che bisogna «avviare il tempo di una società della formazione lunga e permanente che non abbandoni nessuno lungo la via della crescita»? Non sono tanto le cose, che le cose, i valori, bisogna esser più bravi, siam tutti d’accordo, e, per me, nella mia semplicità, è anche un progetto politico che io ci farei sotto la firma, solo che è il modo, in cui sono dette, le cose, che non ci si crede.

Paolo Nori (che di Russia e di parole se ne intende) fa notare giustamente come perestrojka e glasnost’, che sarebbero ricostruzione e trasparenza, sono ormai le parole più in voga in politica. La messa in pratica sembra un po’ accidentata, in effetti. Ma ci si riempie la bocca di trasparenza e ricostruzione. E se proprio non sai cosa dire per cercare di accendere la platea in un comizio post salamella di una festa qualsiasi in giro per la provincia basta che ripieghi sul bene comune che sortisce sempre un mezzo applauso anche nelle serate più tiepide.
Eppure il primo bene comune sarebbe capirsi. Non solo avere idee trascendentali, intuizioni geniali, moralità talmente candide da potere risultare veramente candidabili: capirsi. Capirsi è il bene comune necessario per confrontarsi su tutti i beni comuni di questo mondo.
E invece il gioco è affidarsi a perifrasi sdrucciolevoli in cui ci sta dentro tutto e il contrario di tutto. È stato il mio primo trauma, qualche anno fa, quando ho avuto l’onore di occuparmi di politica e leggere e scrivere mozioni, ordini del giorno e progetti di legge: frasi che non hanno cuore, che non hanno anima e che si sono specializzate nell’essere ampie. Come se il fine sia confezionare un abbraccio importante per quantità, più che qualità. Una prostituzione al consenso che finisce per essere tiepida in tutto: posizioni, obbiettivi, programmi, finalità.
Francesca Fornario mi faceva notare qualche giorno fa come servirebbe in Italia una “legge contro i giri di parole” (qui la discussione) e ha ragione: tra i fanatismi e i tecnicismi c’è in mezzo un torrente di acqua fresca, potabile e facilmente percorribile. Ecco, in tempi di confusione di idee almeno pratichiamo il dovere di essere chiari con le parole. Almeno questo.

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Tra ILVA e guerra dell’ambiente contro il lavoro

Una delle osservazioni da cui partire potrebbe essere nelle parole di Asor Rosa su Il Manifesto:

Ora, un diverso modello di sviluppo non è affare dei capitalisti, i quali vedono e credono possibile solo quello che c’è: è affare dei governi, ed è questo ciò di cui noi parliamo, quando ipotizziamo che possa esserci un ragionevole tasso di sviluppo economico e produttivo senza provocare la distruzione dell’ambiente, del territorio e della salute, per noi e soprattutto per le prossime generazioni. Hic Rhodus, hic salta . La mia impressione è che il caso Ilva, con tutto il suo carico drammatico di conflitti, paure e tensioni, rappresenti tutto sommato un punto di svolta rispetto alle questioni di cui stiamo parlando, a patto, naturalmente, che nessuno pensi di fare un passo indietro dalla giusta e clamorosa denuncia che ne è stata fatta. Per esempio, per la formazione di una coscienza ambientalista, specifica e peculiare, della classe operaia italiana; ma forse anche per una visione più ampia e dialettica dell’ambientalismo, italiano, che spesso stenta a vedere la propria missione come un affare che riguarda la società nel suo complesso, e non solo alcuni suoi episodici e marginali aspetti. Neo-operaismo e neo-ambientalismo sono le categorie nelle quali collocherei, per farmi capire, il senso del mio discorso: stanno benissimo insieme.

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Ecco qui, per chi non vuole sentire

Vendola intervistato:
“Io penso che il centrosinistra si debba allargare, debba proporre punti chiari e forti. Se Casini accetta di fare subito una legge sulla rappresentanza sindacale, se condivide con noi di liberare l’Italia dalla sua ipoteca culturale, di avanzare sul terreno dei diritti civili, dai matrimoni gay, alla fecondazione assistita, al testamento biologico, se decide di difendere l’Europa dai diktat della troika. Ma accetta secondo lei? A me sembra fantapolitica”.
Non è simile a quel Noi crediamo che non sia una questione di ‘veti’ ideologici ma al contrario di pragmatica consapevolezza che una coalizione innaturale non porterà mai ad alcun reale risultato politico, né potrà mai dare all’Italia quella frustata di civiltà e di giustizia di cui ha fortemente bisogno che (giustamente) chiede qualcuno?

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Formigoni, Comunione e Liberazione e la pasta cruda di Daccò

Un illuminante articolo di Pier Vito Antoniazzi:

Ma se la testimonianza e la presenza cristiana in pubblico è “una bandiera” dei ciellini,che rifiutano un’idea privata/intimista della religiosità, dove è il dibattito pubblico su ciò che sta succedendo?
E’ lasciato alla sola difesa “istituzionale” di Formigoni?
Quale elaborazione, quale svolta, quale pratica nuova? Il dibattito è solo interno (se c’è…) come nei vecchi partiti comunisti o nelle sette?
Una sola voce è “uscita dal coro”…
Guarda caso,la voce di una donna (per questo subito bollata: “non rispondo a una signora ” ha detto Formigoni).
Carla Vites, moglie di Antonio Simone,ciellino della prima ora oggi in carcere, ha scritto due lettere e lasciato un’intervista al Corriere della Sera.
La sua piu recente lettera (30 giugno), una specie di apologo, di metafora, non ha avuto molta eco.
Racconta Carla Vites che nelle cene a casa Daccò “c’erano TUTTI” (in maiuscolo nel testo originale) e lei veniva chiamata “zia” con riferimento al suo essere “antiquata” rispetto al contesto trendy ( misoginia?).
L’ospite aveva lo sfizio di cucinare la pasta e decretava che dovesse essere al dente.TUTTI si adeguavano ,compreso Carla impietrita, a “ingollare quella robaccia dura senza fiatare”, quando un bimbetto di sei anni esclamò esterefatto:”Ma fa schifo, è cruda!”.
Costringendo, ridendo, a riconoscere che la pasta era immangiabile.
Insomma “il re era nudo”, molti lo sapevano ma nessuno aveva il coraggio di lasciare la corte.
Brava Carla hai tirato un sasso nello stagno!
Ma possibile che solo tu parli con questo stile allusivo, metaforico, cifrato?
La confessione secondo Michel Foucault è alla base del “discorso” moderno.
Non parte da li la conversione e la purificazione di cui ha parlato Carron?

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Morto a 14 anni. Ma sul lavoro.

Io non so se forse la cosa è troppo poco importante per un dibattito politico così nazionale e perso nelle sue alchimie. Non so se ormai con questo mito dei tecnici tutto ciò che non è analisi europea o secolare non è degno di essere raccontato.
Ma un bambino di 14 anni nel leccese è morto in un cantiere schiacciato da un sasso.
Negli ultimi 5 anni sono morti almeno 29 ragazzini sui cantieri.
Una legge seria sul tema non è mai stata scritta.
Qui parlano di grandi opere, di Expo e non riusciamo a difendere i tempi dei nostri figli: quelli per giocare a pallone e studiare.
Restiamo umani, avrebbe detto Vik.

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La questione settentrionale

La crisi e la dissoluzione dell’asse del nord ha consentito al centrosinistra di conquistare il governo di molte amministrazioni locali nell’Italia settentrionale: ma la sua capacità di intercettare, rappresentare e interpretare la domanda di cambiamento è apparsa indebolita rispetto alle elezioni dell’anno scorso. Le vittorie spesso inattese nelle amministrative del 2011 erano state caratterizzate dal nuovo modo di presentarsi di molti candidati sindaci che riuscivano a intercettare le proteste e le richieste di cambiamento rispetto alle politiche del governo e degli amministratori locali.

Un diverso modo di rapportarsi ai cittadini, più attento alle loro domande e a sollecitare la partecipazione, riusciva a ridimensionare fortemente gli atteggiamenti antipolitici. Queste tendenze sono state meno evidenti nelle recenti elezioni, anche se il centrosinistra nelle regioni del Nord ha nettamente aumentato il numero dei sindaci e governa ormai tutte le città capoluogo di regione.

Una riflessione di Roberto Borcio. Per ripensare anche la Lombardia.

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Ci mancava la Grosse Koalition

Il sottosegretario Polillo:
Grosse Koalition anche qui, dunque. L’hanno già deciso? «In Parlamento la dialettica è molto intensa ma non ideologica. Secondo me ci sono ampi margini». Con buona pace per il toto alleanze. Con Polilllo premier? «Io non sono nell’elenco». Ministro Economia? «Va benissimo Grilli».

Io, a dire la verità, non sono d’accordo proprio per niente.
Ci hanno intervistato insieme e le posizioni sono antitetiche. L’intervista, se la volete ascoltare è leggibile e ascoltabile qui

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Cosa rischiamo di perderci

Mentre sulla scena nazionale ci beviamo le capovolte di alleanze presunte, strillate, precisate, puntualizzate e poi di nuovo messe in discussione qui in Lombardia succede di tutto.

Succede che l’indagine su Roberto Formigoni continua e diventa sempre più imbarazzante. Non solo per gli aspetti giudiziari (che, per carità, ci interessano) ma soprattutto per il cumulo di inopportunità e prese di posizione.

Lui, il Roberto, dice che non andrà a deporre fino a settembre. È occupato, si vede. E intanto sostituisce in corsa la sua schiera di avvocati. Che non è mai un bel segnale.

Emanuela Talenti è stata chiamata per fare chiarezza su alcuni movimenti bancari. Versamenti, avvenuti tra il 2005 e il 2009 per un totale di oltre 100mila euro che la ex show-girl avrebbe definito un ‘aiuto’ ricevuto da colui con il quale per anni ha avuto una relazione.

Costantino Passerino, ex direttore amministrativo della Fondazione, attacca il presidente della Lombardia: “Solo il corrotto è libero”

E intanto la Lega ha staccato il famoso “tagliando mensile” anche per agosto.

Insomma, va sempre peggio. Ma per noi. Per i Lombardi. E per la politica come la vorremmo vedere.

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